di Claudio Salvi
[Pubblichiamo alcuni testi – la serie “Corrispondenze” – da un poemetto inedito di Claudio Salvi, “Sequenze”, (lp)].
francesca
è più lento di quanto pensavo, è un’attesa
andiamo a san pietroburgo oppure a est in una città di fabbriche in transiberiana, prima però dobbiamo formalizzare la nostra posizione (chi sa cosa vuol dire)
sogni di essere in un paese dove fa bel tempo ascolti un carosello russo e pretendi di impararlo
chi sa cosa vuol dire
guardo la villa del conte traverso il parco a pranzo, ho parlato di te, volevo dirlo
jeu de balle è un piazzale come non ce ne sono da noi, proporzionato, un piazzale inclinato sembra di utrillo la gente è come a quel tempo
entro in chiesa, accendo un lumino e sai cosa sta sopra, il quadro di un incontro tra un maschio e una femmina
vorrei parlare in ogni modo
non ti vedo e vorrei
mancano le cose viste insieme, ti chiedo di aspettare
picasso racconta che morto modigliani trovò nel suo studio un paio di scarpe e che queste lo portarono direttamente al bistrot
nessuna curiosità mi spinge fuori, la casa è accogliente, per due persone sarebbe che vogliono abitare
in una foto guardo chi fotografa, vorrei fartela vedere ma l’ho persa togliendola da un album
siete bellissime in modi diversi, mi piace che imiti (forse) la grazia di tua madre
carlo e lucia (in una lettera lei che quasi non sapeva scrivere firmava carlo è lucia)
non vedo niente, attitudine che viene prima che parliamo, parlare, ascolto te a volte penso a un’altra cosa
quante volte ci spostiamo in stanza in cerca di configurazioni, dico solo che è una possibilità
chiedi una differenza in che modo somigliate, le mani il modo di tenere le cose
penso che stai cenando o giù di lì, non ti disturbo ma non resisto a scrivere perché devo dirti ogni cosa che ti riguarda
ecco un esempio di amore, non ti bendo gli occhi se non vuoi
eccone un altro, (il mercato non mi attira, vado in bagno a vederti) sei diventata piccola
mi permetti di sentire il tuo odore, di annusarti io sento un odore nuovo
sono in ritardo sulle cose in generale, una cosa gentile a chi ne ha bisogno sono in ritardo non la dico
sai quando la camera passa sulle cose prima di inquadrare, sono io che osservo
non so quando chiami mi giro come se abitassimo insieme, se non ti spiace
sono una macchina di parole
immagina delle miniature in pose varie ti dico di scegliere, quale prendi
“per alcuni più grande di lui” vuoi dire una donna come sono io
intanto che aspetto guardo la finestra, i nuvoli hanno forma come da noi in estate
in balcone nel posto piccolo
bel cielo
me lo sono voluto
la vertigine è un dato reale perché la senti con gli occhi?
con tutto questo sole deve essere l’una (dopo tutta questa pioggia deve essere l’una di notte)
un ragazzo ungherese dice che dopo la prima guerra la vita gli appariva una cartolina sbiadita
nel mercato chi vende cibo crudo, chi vende quello cotto, pane, ostriche, mango, insaccati, vino, cioccolata e insalate. tutti ugualmente cortesi
io mi apparto che non amo stare tra la gente
nel parco mi trovo bene, mi pare di farne parte perché posso camminargli intorno, stare su tutti e quattro i lati e letteralmente starci dentro
un passero perfeziona il suono di un linguaggio cifrato
pruno susino tiglio che confonde l’odore
trattengono il passaggio di una frase su una nota
è il dito che batte un tasto
il gambero di fiume
dalle corte zampe
risale il canneto che fa sponda al fiume
— un passo furtivo
un voltarsi
susino stecchito, era in fiore poche settimane fa, portava un frutto malato — segno di assenza dalle cose umane
guarda in alto, come chiami in alto
— cielo
quindi vanno nel cielo
la amava tanto che verso la fine piangeva sugli steli delle piante
anche il distacco si vede da quello che fai, io temo di mancare
si sente che sottrae la voce, nella stessa stanza
dal buio non metto insieme chiarezza, io penso se guardo una finestra che vedono dentro
che succede al tu — viene dopo ma che ne è di lui, fai delle domande (come fa lui)
le cose vanno dietro, che uno si volti o no
informano dell’ambiente che sta intorno, non percepito — se escludi la voce
andiamo volentieri sotto inchiesta, siamo esposti che la gente guarda
sento un baccano, il piccione batte le ali, penso sono nati i piccoli
ma no
dal muro si vede il viale, sei a posto nel poco che sta
aggira l’ostacolo, ogni deviazione descrive un segmento, è analisi di figura
a proposito di frammento, ogni segmento puoi prolungare
disegna una linea, non colma la distanza
il suono — dici — è il cappotto di una cosa che non ricordo, così bello che ha bisogno di accortezza
non ancora educato segna la casa di numeri, la musica non è altro che un abito della matematica
nei canali di amsterdam si trovano delle cose, in un museo le hanno raccolte differenti per età
qui è freddo, ci sono alberi ma non betulle che amo anche io