cropped-jessica-backhaus.jpg[Sta per uscire un’antologia di poesie di Jorge Guillén, Amici così, per grazia di lettura, traduzioni rare di Montale, Traverso, Guidacci, Bigongiari, Luzi, Risi, Zanzotto, con una nota di Elisa Donzelli, a cura di Camilla Zapponi (Donzelli 2013). Presentiamo la nota di Elisa Donzelli e alcune poesie di Guillén nella traduzione di Montale, Traverso e Bigongiari].

Poesia al presente, tempo in profondo

di Elisa Donzelli

Se c’è un poeta spagnolo che, per virtù propria e dei poeti che gli furono amici, divenne anche un poeta italiano quello è proprio Jorge Guillén. E questa nostra antologia lo ricorda, a quasi trent’anni dalla sua morte, per ragioni antiche e per ragioni nuove. Perché Guillén, nato a Valladolid nel 1893, poeta della Generazione del ’27, quasi coetaneo di Salinas e Lorca ma anche di Montale e Ungaretti, fu una delle voci più alte del Novecento spagnolo e lo fu con il filtro della distanza, lontano dalla Spagna franchista. Dal paese della luz natal se n’era andato già nel 1938 e ci era tornato – non senza smascherarne le contraddizioni – soltanto nel 1976, dopo la morte di Franco. La vecchiaia l’aveva trascorsa a Málaga dove sarebbe morto nel 1984; ma negli anni di mezzo, dell’esilio volontario, aveva soggiornato negli Stati Uniti e in Canada, poi in Francia e soprattutto in Italia. L’elenco dei suoi luoghi italiani è lunghissimo: Venezia, Firenze, Roma, Lucca, Napoli, la Calabria ionica. Ancor più quello degli amici e dei corrispondenti.

In Italia Jorge Guillén conobbe Montale, Ungaretti, Bo, Betocchi, Bigongiari, Caproni, Luzi, Macrì, Guidacci, Traverso e frequentò soprattutto i caffè letterari di Firenze. Affascinato dalla nostra lingua, tradusse al margen i classici italiani (Dante, Boccaccio, Leopardi) e poi gli amici, primo tra tutti Eugenio Montale. In molti si impegnarono fraternamente per lui, tra questi anche Vanni Scheiwiller grazie al quale, nel 1967, Guillén scelse di pubblicare in Italia, ancor prima che in Spagna, quello straordinario libro di letture, traduzioni, amicizie vicine e lontane che è Homenaje, la sua terza raccolta poetica.

Tutto questo, oggi che i bei libri di Scheiwiller sono pressoché introvabili, lo ricordano in pochi. Qualcuno ricorda più facilmente la corposa antologia curata e voluta da Oreste Macrì uscita nel 1972 per Sansoni, su un progetto che inizialmente doveva essere di Lerici. Ma che il poeta di Valladolid fu tradotto, e molto, dai poeti italiani (e non proprio da «italiani» qualunque) mi è parso lo sappiano quasi solo gli ispanisti o i collezionisti di leggendarie e introvabili riviste letterarie.

Mania o vezzo, il nostro, della carta ingiallita? Può darsi. Ma perdendosi tra le bancarelle dell’usato un editore di poesia non fa altro che interrogarsi su ciò che intendiamo per novità poetica. E non fa altro che rinnovare la volontà degli autori se è vero che, come ha mostrato analiticamente la curatrice di quest’antologia lavorando a fondo negli archivi della Biblioteca nazionale di Madrid, Guillén fu sinceramente grato a Macrì ma avrebbe voluto un’antologia di soli poeti e poeti traduttori, «mis amigos italianos», di cui aveva esplicitamente indicato i nomi in una lettera del 1960.

Voce cristallina e «trasparente», attratta e «stupita» dalla forza sensibile del creato – simile in termini di luce metafisica, più che fisica, al nostro adriatico Diego Valeri – Guillén non trovò da solo la strada per ottenere quel risultato editoriale. Giorgio Caproni che scrisse qualche articolo su di lui, e con lui si scambiò alcune lettere, lo aveva conosciuto per la prima volta una mattina di settembre a Napoli. Sui giornali lo ricordava «uomo capace come poche altre persone di non smentire, con la propria presenza a un tempo così aristocratica e familiare, la prima virtù della sua parola: il dono tutto spagnolo di rendere trasparente e domestica, nel nome ogni volta inventato degli oggetti più comuni, la metafisica luce d’un eterno Presente» (Omaggio a Pound e a Guillén, in «La Fiera letteraria», 11 gennaio 1959).

Il titolo di quest’antologia, Amici così, per grazia di lettura, riprende un verso del poeta castigliano ed è un libro al plurale: di poesie spagnole e di poesie italiane; un libro che ritrova un poeta spagnolo e che appartiene a molte delle voci più alte della poesia italiana del Novecento. Aveva ragione Caproni a dire che il tempo guilléniano era, e resta, un «tempo Presente». Il tempo italiano di Jorge Guillén nasce nel 1931 quando Eugenio Montale traduce per «Circoli» sei poesie tratte da Cántico e si spinge al 1983 con Andrea Zanzotto traduttore di un «fatale» Bilancio poetico. In mezzo ci sono altri cinque nomi: Leone Traverso, Margherita Guidacci, Piero Bigongiari, Mario Luzi e Nelo Risi. E ci sono tre raccolte di versi: Cántico (1928-50), Clamor (1957-63), Homenaje (1967).

Con questo libro ci è parso necessario ricordare che fu anchequesto il tempo di Jorge Guillén. Forse soltanto André Frénaud ha ricevuto in Italia un giusto omaggio poetico declinato al presente quando, nel 1964, proprio All’insegna del Pesce d’Oro aveva raccolto le versioni di poeti come Bertolucci, Caproni, Fortini, Pasolini, Sereni e Ungaretti in un’unica antologia. Ma ci sembra che non basti e che la stessa operazione andrà condotta almeno con Mallarmé, Éluard, Apollinaire o magari con Shakespeare nelle versioni edite e inedite di Montale, Ungaretti, Sereni, Caproni, Betocchi, Bertolucci, Luzi e altri ancora. Ci auguriamo che avvenga anche questo, come ci auguriamo che poeti nuovi – ancora sconosciuti ma «presentissimi» a se stessi e ai lettori – possano fare il loro buon tempo.

Amici così, per grazia di lettura è infine un omaggio a chi di questi tempi vorrebbe continuare a leggere poesia. Ma qual è il tempo per la poesia? Vorremmo rispondere che è quello di ieri e quello di oggi. Mentiremmo, perché sia in un caso sia nell’altro non è sempre vero. Può essere vero se ri-prendiamo alla lettera Eugenio Montale quando, prima che nascessero Le occasioni, aveva scoperto «il vate castigliano» Jorge Guillén. «Tutto che già perdei/ tornerà con gli uccelli». Antica o nuova, c’è sempre tempo per la poesia purché «Tempo in profondo».

Da Cantico
(Cántico, 1928-50)

Advenimiento

¡Oh luna, cuánto abril,
Qué vasto y dulce el aire!
Todo lo que perdí
Volverá con las aves.
Sí, con las avecillas
Que en coro de alborada
Pían y pían, pían
Sin designio de gracia.
La luna está muy cerca,
Quieta en el aire nuestro.
El que yo fui me espera
Bajo mis pensamientos.
Cantará el ruiseñor
En la cima del ansia.
Arrebol, arrebol
Entre el cielo y las auras.
¿Y se perdió aquel tiempo
Que yo perdí? La mano
Dispone, dios ligero
De esta luna sin año.

Avvenimento

O luna! Quanto aprile!
O aria vasta e dolce!
Tutto che già perdei
tornerà con gli uccelli.
Tornerà con i piccoli
uccelli che mattinano
e pìano in coro senza
desiderio di grazia.
È prossima la luna,
ferma nell’aria nostra.
Quel che fui m’attende
di sotto ai miei pensieri.
Canterà il rosignolo
sul vertice dell’ansia.
Porpora, ancora porpora
tra l’azzurro e le brezze!
S’è perduto quel tempo
che smarrii? La mia mano
dispone, dio leggero,
di una luna senz’anni.

(traduzione di Eugenio Montale)

*

Da Clamore
(Clamor, 1957-63)

Elogio de Luca

«Ciudad pequeña, pero muy bien hecha»,
Dijo Cervantes, que vagó sin duda
Por estas plazas, frente a los palacios
En que el tiempo insidioso no hace brecha
Mientras la Historia muda
Sus hombres, que al olvido son reacios
Donde la sucesión de una armonía
Persuade, templa, guía,
Sin cesar envolvente plaza a plaza.
Y la ciudad-ciudad a todos nos abraza.

Lucca

Città piccola, ma ben costruita,
disse Cervantes, ch’errò senza dubbio
per queste piazze, a fronte dei palazzi
che il tempo insidioso non addenta
mentre la Storia muta
gli uomini suoi, tetragoni all’oblio
dove la vicenda di un’armonia
persuade, tempra, guida
senza posa avvolgendo piazza a piazza.
E la città-città tutti ci abbraccia.

(traduzione di Leone Traverso)

*

Da Omaggio
(Homenaje, 1967)

Las gaviotas innumerables

A Isabel y Anita

Inmensa entre mar y dunas,
No se veía la playa
Bajo los blancos inmóviles
De tantas aves posadas.
Dos niñas, rubias al sol
Suyo que las alegraba,
De pronto corrieron, no,
Quietas ya: maravilladas
Ante la brusca ascensión
Unánime de las alas.

 

I gabbiani innumerevoli

A Isabel e Anita

Tra mare e dune immensa
la spiaggia era sparita,
tanti uccelli vi posavano
sotto immobili bianchi.
Bionde al sole due bimbe
e una sola allegria
spiccarono la corsa, no;
già ferme: stupefatte
alla brusca ascensione
unanime delle ali.

(traduzione di Piero Bigongiari)

[Immagine: Jessica BackhausI Wanted to See the World (gm)].

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