cropped-exhi018118_web.jpgdi Franco Buffoni

[Oggi è morto Seamus Heaney. Per ricordarlo pubblichiamo due poesie tratte dalla sua raccolta di esordio, Death of a Naturalist (1966) e un breve saggio introduttivo all’opera di Heaney. La traduzione e il saggio sono di Franco Buffoni, che ha curato uno dei primi libri di Heaney apparsi in italiano, Scavando (Roma, Fondazione Piazzolla, 1991)].

Scavando

Tra l’indice e il pollice riposa
La mia penna tozza e comoda come una pistola.

Sotto la finestra il suono netto e stridulo
Della vanga che affonda nella terra ghiaiosa:
Mio padre, che scava. E guardo giù

Finché la schiena gli si abbassa fra le aiuole
E torna su come vent’anni di prima
Piegandosi a tempo tra le piante di patate
Dove stava scavando.

Con lo stivale rozzo annidato sul vangile
Spostava l’asta fermamente contro
La parte interna del ginocchio. Sradicava le piante
Affondando la lama lucida e noi raccoglievamo
Le nuove patate, ci piaceva
Sentirle fredde e dure fra le mani.

Per Dio, il vecchio sapeva maneggiare la vanga.
Proprio come il suo vecchio.

Tagliava più torba mio nonno in un giorno
Di ogni altro uomo nella torbiera di Toner.
Una volta scesi a portargli il latte
In una bottiglia col tappo di carta. Si alzò
Lo bevve, e si rimise subito al lavoro
Incidendo e tagliando nettamente, sollevando
Zolle sulla spalla, e scendendo sempre più giù
Per trovare quella buona. Scavando.

E mi torna in mente l’odore freddo della terra
Delle patate, lo scalpiccio sulla torba fradicia,
I colpi risoluti della vanga tra le radici vive.
Ma io non ho la vanga per seguire uomini così.

Tra l’indice e il pollice
Ho la penna.
Scaverò con quella.

Digging

Between my finger and my thumb
The squat pen rests; snug as a gun.

Under my window, a clean rasping sound
When the spade sinks into gravelly ground:
My father, digging. I look down

Till his straining rump among the flowerbeds
Bends low, comes up twenty years away
Stooping in rhythm through potato drills
Where he was digging.

The coarse boot nestled on the lug, the shaft
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked,
Loving their cool hardness in our hands.

By God, the old man could handle a spade.
Just like his old man.

My grandfather cut more turf in a day
Than any other man on Toner’s bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, going down and down
For the good turf. Digging.

The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.

Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.

 

Cascata

Affonda stabilmente il torrente nel suo scroscio
Con gran scompiglio di mussola e di vetro,
E sbanda per fermarsi sollevando schiuma.

Accelerazione simultanea
Ed improvviso arresto; acque urlanti
Come criminali scaricati davanti alla giustizia.

Pare un ghiacciaio atletico
Che si solleva e si rovescia: ed è inghiottito
E rigurgitato da questa lunga gola.

A cavallo di tutto sta il mio sguardo;
Sprofonda con tonnellate d’acqua che si schiantano,
Ricade, e tuttavia coglie il tumulto stando immobile.

 

Waterfall

The burn drowns steadily in its own downpour,
A helter-skelter of muslin and glass
That skids to a halt, crashing up suds.

Simultaneous acceleration
And sudden braking; water goes over
Like villains dropped screaming to justice.

It appears an athletic glacier
Has reared into reverse: is swallowed up
And regurgitated through this long throat.

My eye rides over and downwards, falls with
Hurtling tons that slabber and spill,
Falls, yet records the tumult thus standing still.

 


Introduzione a Seamus Heaney

Quando nel 1975 apparve North – la raccolta che portò a Seamus Heaney trentaseienne unanimi consensi di critica e amplissimo successo di pubblico – il “terreno” era già notevolmente fertile. Le raccolte precedenti – da Death of a Naturalist (Morte di un naturalista) a Door Into the Dark (Porta nel buio) a Wintering Out (Svernando fuori) – erano infatti riuscite a porre nitidamente in luce il nucleo fondante della sua poetica, grazie in particolare a un componimento, “Digging” (Scavando), divenuto proverbiale.

In “Digging” la famosa penna stilografica “tozza e comoda come una pistola” sarebbe servita al poeta come attrezzo di scavo. Nettissimo il proposito: continuerò a scavare come i miei antenati nelle torbiere: muterà solo lo strumento.

In North, probabilmente destinato a restare il libro poetico per eccellenza di Heaney, l’autore riesce a proporre la questione irlandese nel divenire dei secoli e dei millenni (non dell’attualità o dei decenni), incastonandola nel mondo celtico delle incisioni su roccia e dei sacrifici umani grazie a un linguaggio poetico asciutto e godibile.

I corpi degli antenati – conservati intatti dalla torbiera – parlano di se stessi come in una specie di Spoon River preistorica, ma possono persino narrare del presente e del futuro come in un monologo drammatico di Robert Browning. In definitiva, a Heaney in North riesce il miracolo della scrittura poetica a un tempo avvincente e distaccata, dove il dato scientifico bio-antropologico si fonde alla pietà lirica e alla spietatezza narrativa.

North era stato anticipato pochi mesi prima dall’uscita presso Rainbow Press di una plaquette composta di otto poesie e intitolata Bog Poems (Poesie della palude). Il libretto era corredato da una diecina di impressionanti riproduzioni fotografiche, tratte dal volume del danese Peter V. Glob, dedicato al popolo delle paludi, apparso a Copenaghen nel 1965 e a Londra quattro anni più tardi. Impressionanti i primi piani dei corpi di uomini e donne conservatisi intatti nella torba dall’età del ferro, grazie all’acidità dell’acqua, con gli ornamenti, le suppellettili, persino i capelli. Tanto da apparire body più che corpse. La “regina”, per esempio, narra in prima persona di come fosse in attesa sul fondo ghiaioso, tra sogni di ambra baltica e resti di bacche sotto le unghie, finché “si corrose il mio diadema” e le gemme caddero nel banco di torba.

Il 1969, l’anno in cui Heaney scopre il volume di Glob, è anche l’anno in cui riprende sanguinosamente il conflitto nord-irlandese. Le parole introduttive di Glob, che individua in gran parte dei corpi sepolti nella torba delle vittime sacrificali, propiziatorie alla fertilità della dea del territorio, associate alle immagini, sortiscono sul poeta un doppio effetto. Quei corpi raccontavano una storia del passato remoto, ma – morti violentemente come erano: sacrificati – costituivano anche la metafora concreta, tangibile di quanto in Irlanda avveniva ogni giorno in quegli anni. Il sacrificio umano alla divinità assurda dell’antica etnia appariva pertanto al poeta come connesso all’alterigia dei nuovi padroni. Da qui – da questo rapporto violento tra natura e storia, da questa analogia per contrasto tra antichi bog people e contemporanei cittadini dell’Ulster massacrati – scaturisce il senso profondo della poesia di Heaney.

Grazie alle sue proprietà chimiche, la torbiera diviene dunque una specie di hard disk delle persone e degli oggetti. E questi come quelle vengono da Heaney entomologicamente analizzati alla disperata ricerca di un senso alla violenza, tanto del presente quanto del passato. Un passato – naturalmente – a più strati: dall’età del ferro alla conquista romana, dall’invasione vichinga alla sopraffazione elisabettiana e cromwelliana, fino alla pasqua di sangue cantata da Yeats.

I corpi, gli oggetti e le parole vengono quasi posti sullo stesso piano, trattati allo stesso modo. Nel senso che il poeta soppesa il suono e l’etimologia delle parole che lo emozionano, come se fossero pietre. E nel contempo, sfiorando gli oggetti, li rende impalpabili, irreali, astratti, come se fossero concetti o suoni. Parole come bog (palude) o ban-hus (fattoria, casa bianca) finiscono col giungerci talmente materializzate alle proprie radici etimologiche da divenire esse stesse “la cosa”. Oggetti come la vanga abbandonata dallo scavatore di torba, rinvenuta per caso dal poeta avvolta nel muschio, umida e silenziosa, diviene parola e poi persona, grazie alla sensualità che il poeta sa infondere all’atto del suo ripenetrare nella terra dopo anni, e persino del suo uscire dal verde facendo mollemente schiudere le labbra alla vegetazione. E in questo contesto le macine da mulino divengono antropomorfe con quell’unico occhio ciclopico a fissare l’acqua.

Più in generale si può osservare come Heaney, nel solco della più alta tradizione anglosassone, miri esemplarmente alla precisione lessicale (botanica, scientifica). Egli non scrive “alberi”, bensì ontani, tigli, betulle. Allo stesso modo, se si chiama “vangile” l’escrescenza in legno del badile su cui preme il piede del contadino, egli scrive vangile. Peccato per chi conosce poche parole. A conferma dell’iniziale progetto programmatico heaneyano di scrittura: “Voglio fare ingurgitare alla lirica inglese cose che non ha mai mangiato prima; ma alla fine voglio che rimanga comunque lirica inglese”.

Nel 1984 Heaney pubblica un altro libro fondamentale Station Island, titolo intraducibile trattandosi del nome proprio di una isoletta situata nel centro del piccolo lago irlandese di Derg (Lough Derg), il Lago Rosso. Un’isola meta di pellegrinaggi fin dall’Alto Medioevo, dopo che San Patrizio, ispirato da Dio, tracciò col suo bastone un ampio cerchio proprio nel cuore dell’isola, e la terra si staccò e sprofondò, divenendo l’entrata del Purgatorio. Chi vi fosse entrato avrebbe potuto espiare le pene del Purgatorio da vivo, ma pochi di coloro che decisero di sottoporsi alla prova ne uscirono vivi. Perché il rosso del lago è rosso di sangue di mostri d’acqua e serpenti uccisi da san Patrizio.

Memore dei pellegrinaggi lì compiuti nell’infanzia con i numerosi fratelli, Heaney struttura la sezione centrale del libro in dodici parti, come dodici votive “stazioni”. Ma Station Island è anche un viaggio che il poeta compie nel fondo della propria coscienza, del proprio personale “purgatorio”, cercando di rispondere alla domanda: “How should a poet live and write?”. Come dovrebbe vivere e scrivere un poeta? Per sé, nella torre d’avorio, o nella comunità, condividendone le ansie e i pericoli? Heaney sceglie di trasferirsi dall’Ulster nel più tranquillo Eire dublinese e di non scrivere in gaelico, ma in inglese. Seamus, dantescamente, cerca così di risolvere il proprio conflitto depurandosi nel viaggio catartico, compiendo di nuovo da adulto il pellegrinaggio votivo dell’infanzia ingenua. Ma lo fa imboccando il pellegrinaggio al contrario. Il flusso dei pellegrini prende simbolicamente a venire verso (o contro?) di lui. Quasi a significare che il poeta comunque ha scelto di restare al di fuori del gregge, pur se a contatto con esso.

Così alla fine l’Irlanda appare come una sgangherata barca in bilico sull’acqua e l’occhio dell’Atlantico vòlto al nuovo mondo (e quindi alla ricreazione dell’etnia per via di emigrazione) non è che l’immenso occhio del Ciclope. E l’Irlanda diventa l’isola che scompare, “The Disappearing Island”, come recita il titolo di una delle poesie più note della raccolta The Haw Lantern (La lanterna del biancospino), in cui surrealisticamente l’isola viene vista aggrappata all’immagine di un calderone metafisico sorretto da assi di legno sulla spiaggia.

Nelle raccolte successive, in particolare in Seeing Things (Veder cose), apparsa nel 1991, Heaney accentua il suo dialogo con la famiglia e con l’etnia, giungendo a una serena chiarificazione con la sua ombra. Seeing Things è anche l’ultimo libro uscito prima dell’assegnazione del Nobel, e Heaney è ormai un poeta molto noto e amato anche negli Stati Uniti. Con Seeing Things la sua epopea diviene nettamente un’epopea del ricordo, in cui cose, episodi e paesaggi si mostrano fra apparente immobilità e continuo scorrimento, fra presenze opache e luci.

Altrettanto può dirsi dei due libri usciti successivamente. In The Spirit Level del 1996 il poeta sembra voler tornare simile all’artigiano, e nella concretezza della sua opera – quasi come a contatto con la materia – si avvicina al lavoro del minatore e del giardiniere, sempre in costante ascolto degli innumerevoli segnali che la natura intorno continua a inviargli. Mentre in Electric Light del 2001 la sua vena lirica si apre ad ancora più ampi scenari sia spaziali sia temporali: passando dal mondo celtico alla classicità greco-latina. Ma soprattutto confermando l’unicità della sua lingua poetica, capace di destreggiarsi per versi e versi in una simil prosa persino strascicata per poi impennarsi e giungere ad altezze liriche straordinarie, e – proprio per via di ciò che le precede – ancora più efficaci.

Non poco per “Incertus”. Era questo lo pseudonimo con cui Heaney soleva firmare le sue composizioni negli anni giovanili, dubbioso sulla possibilità di poter mai diventare un poeta di lingua inglese: lui un contadino cattolico irlandese.

 

Nota biografica

Seamus Heaney è nato il 3 aprile 1939 nell’Irlanda del Nord, primo di nove figli, in una famiglia della contea di Antrim di coltivatori e mercanti di bestiame. Il nome della fattoria dove vide la luce – “Mossbawn” – ritornerà poi molte volte in poesia, evocato in fantasiose etimologie. Seamus  ricevette la prima formazione scolastica nella città di Anahorish, che in gaelico significa “il luogo delle acque chiare”. In seguito, grazie alle borse di studio, potè frequentare il St. Columb’s College a Londonderry. Nel 1953 la famiglia si trasferì in un’altra tenuta agricola nella vicina Bellaghy, e lì il poeta trascorse le vacanze durante l’adolescenza. Quindi fu ammesso a Belfast alla Queen’s University.

A Belfast il giovane Heaney frequentò assiduamente un gruppo di aspiranti poeti e scrittori – fra questi Seamus Deane, Marie Devlin e Michael Longley – che trovò nel critico e poeta Philip Hobsbaum il proprio nume tutelare. In seguito, nel 1965, Heaney sposò proprio Marie Devlin e da lei ebbe tre figli.

La sua prima silloge Death of a Naturalist (Morte di un naturalista) venne subito accolta dal più importante editore di poesia del Regno Unito, Faber and Faber, che rimarrà il suo principale editore anche nei decenni successivi. Il successo fu immediato perché a Heaney venne subito riconosciuta la grande capacità di saper innovare – in particolare nel lessico e nell’intonazione – mantenendosi fedele alla tradizione. Palese, soprattutto nei primi testi, l’influenza di Wordsworth, ma anche evidente il suo desiderio di autonomia spirituale con la manifestazione esplicita della propria autenticità.

Dopo la laurea in Letteratura inglese, insegnò dapprima a Belfast, nella stessa Queen’s University,  poi a Dublino, e per un biennio in California a Berkeley. Nel 1969, quando apparve la sua seconda raccolta – A Door Into the Dark (Una porta nel buio) – era appena riesplosa in Irlanda del Nord la rivolta anti-inglese, e il poeta partecipa attivamente al movimento per i diritti civili e alle proteste contro la discriminazione della minoranza cattolica.

Rientrato in Irlanda alla fine del 1971, Heaney decide di abbandonare l’Ulster per stabilirsi con la famiglia a Glanmore nella contea di Wicklow nello Eire. Assumendo quindi un incarico di insegnamento a Dublino e ogni anno, per un semestre, a Harvard. Pochi mesi dopo pubblica Wintering Out (Svernando fuori), il volume che anticipa la grande svolta poetica costituita da North (1975), con la fusione della tematica dei sacrifici rituali umani dell’Età del ferro ai sempre più frequenti massacri che avevano luogo in quel periodo nell’Ulster.

Ancora cronaca, politica, storia recente e storia remota appaiono mirabilmente fuse nella raccolta successiva Field Work (Lavoro contadino, 1979), dove – presentando una sua ormai storica imitazione dell’episodio dantesco del conte Ugolino – il poeta allude ai dieci patrioti irlandesi morti l’anno prima in prigione per sciopero della fame. Lo studio di Dante porterà poi il poeta alla pubblicazione nel 1984 di Station Island, l’isola purgatorio.

L’operato di Heaney alla fine degli anni settanta non si manifesta soltanto in poesia, ma anche in una intensa attività critica e pubblicistica, in particolare radiofonica. Il meglio di tale produzione viene raccolto nel volume di saggi emblematicamente intitolato Preoccupations (1980), dove notevoli restano le pagine di approfondimento da Heaney dedicate ai predecessori W.B. Yeats e Patrick Kavanagh.

A partire dagli anni ottanta, sulle orme di Yeats, Heaney si occupò molto anche di teatro, assumendo la direzione del Field Day Group di Dublino, un’associazione di critici, drammaturghi e poeti nata per promuovere la riflessione culturale sui fatti politici e irredentistici irlandesi. In tale ottica Heaney scrive The Cure of Troy, uno stupendo adattamento dal Filottete andato in scena nel 1990, e The Burial at Thebes, una riscrittura dell’Antigone andata in scena nel 2004.

Un’altra pietra miliare della sua produzione saggistica (mentre prosegue il successo come poeta con la pubblicazione delle raccolte The Haw Lantern, La lanterna del biancospino, e The Spirit Level, La livella a spirito) è costituita dall’uscita nel 1988 di The Government of the Tongue, che contiene – rivedute e ampliate – una serie di conferenze tenute da Heaney nel 1986 nell’ambito delle cosiddette “T.S. Eliot Memorial Lectures”.

Nel 1989 Heaney viene chiamato a ricoprire la prestigiosa cattedra di poesia dell’Università di Oxford: un incarico che egli svolse con l’intendimento shelleyano di “difendere la poesia”, in particolare quella che a suo avviso non aveva ottenuto il giusto riconoscimento nel canone delle lettere inglesi e nord americane. Per questa ragione il titolo sotto il quale i testi vennero pubblicati nel 1995 allude alla “riparazione” della poesia. Notevole quell’anno è anche la conferenza che Heaney tenne a Stoccolma il giorno del conferimento del Premio Nobel, pubblicata l’anno successivo con l’accattivante titolo Sia dato credito alla poesia.

Nel 1991, con la nuova raccolta poetica Seeing Things (Veder cose) Seamus Heaney aveva confermato al mondo le proprie virtù poetiche anche e soprattutto sul piano formale: mentre la freschezza dell’ispirazione a tratti viene meno, i testi appaiono sempre più impeccabili sul piano ritmico-rimico e della versificazione in genere. E va dato atto agli italiani di aver riconosciuto i meriti di Heaney prima dell’assegnazione del Nobel, con l’attribuzione al poeta nel 1993 del Premio Mondello e nel 1994 del Premio Flaiano.

Con l’assegnazione del premio Nobel il successo di Heaney diviene planetario, le traduzioni delle sue opere si moltiplicano in tutte le lingue, e lentamente anche la drammaticità degli eventi di sangue in Irlanda comincia a calare. Non vogliamo certo attribuirne a Heaney il merito diretto, ma indubbiamente la sua presenza e il suo prestigio contribuirono alla creazione nell’isola di un clima più favorevole al dialogo e alla pacifica convivenza.

Nel 1996 Heaney viene nominato “Emerson Poet in Residence” a Harvard e nel 1998 pubblica Open Ground, un ragionato collected poems che consegna al mondo il meglio della sua produzione poetica, scelta e commentata autonomamente. Enorme successo su entrambe le sponde dell’Atlantico ottiene anche due anni dopo la riscrittura heaneyana del Beowulf, il poema mitologico fondante della civiltà culturale anglosassone.

Nel 2001, mentre a Urbino gli viene conferita la laurea honoris causa in lingue e letterature straniere, Heaney pubblica una nuova raccolta di versi – Electric Light – e l’anno successivo dà alle stampe un’ampia e ragionata scelta della sua produzione saggistica dal curioso titolo Finders Keepers, con l’allusione a coloro che cercano e trovano e a coloro che conservano e mantengono. In perfetto stile heaneyano, al contempo contadino e modernamente informatico.

Nota bibliografica

Dalla sterminata bibliografia di Seamus Heaney, ci limitiamo a segnalare qui le opere apparse in traduzione italiana. La prima in assoluto fu una plaquette di dodici poesie dal curioso titolo Attraversamenti/Crossings, curata da Tony Oldcorn per Scheiwiller nel 1990; l’anno successivo apparve Scavando. Poesie scelte 1966-1990 per la Fondazione Piazzola, cura e traduzione di Franco Buffoni, con ampia scelta da tutte le raccolte fino ad allora apparse. Nel 1992 Mondadori pubblicò la prima raccolta completa di Heaney, Station Island, curata e tradotta da Tony Oldcorn e Gabriella Morisco. La stessa Morisco cura per In forma di parole nel 1995 una breve silloge intitolata Radure.

 La prima raccolta dei saggi di Heaney – Attenzioni. Preoccupations. Prose scelte 1968-1973 – appare l’anno successivo da Fazi Editore per le cure di Massimo Bacigalupo, con traduzione di Piero Vaglioni. Una scelta antologica vede la luce nel 1996 presso Marcos y Marcos, per le cure di Roberto Sanesi, dal titolo Poesie scelte, mentre complete sono le uscite successive, con le raccolte Una porta nel buio, a cura di Roberto Mussapi per Guanda nel 1996, e Veder cose a cura di Gilberto Sacerdoti per Mondadori l’anno successivo.

E’ Marco Sonzogni a tradurre il discorso di Stoccolma Sia dato credito alla poesia, pubblicato da Archinto nel 1997, mentre Il governo della lingua. Prose scelte 1978-1987 appare da Fazi nel 1998 per le cure di Massimo Bacigalupo. Lo stesso anno Mondadori pubblica North nella traduzione di Roberto Mussapi.

Si torna alla prosa nel 1999 con la pubblicazione presso Fazi de La riparazione della poesia. Lezioni di Oxford, nella traduzione di Massimo Bacigalupo, e di nuovo alla poesia con La lanterna del biancospino tradotta nello stesso anno per Guanda da Francesca Romana Paci, The Spirit Level apparso nel 2000 da Mondadori per le cure di Roberto Mussapi, e Beowulf apparso da Fazi nel 2002 nella traduzione di Massimo Bacigalupo con un saggio introduttivo di J.R.R. Tolkien.

Ulteriori uscite italiane sono la raccolta Electric Light uscita nel 2003 da Mondadori nella traduzione di Luca Guerneri, le prose di Sulla poesia a cura di Marco Sonzogni apparse per Archinto nel 2005 e, ancora, lo stesso anno, Fuori campo, un agile volumetto curato da Massimo Bacigalupo per Interlinea in occasione dell’assegnazione a Heaney del Premio Lerici, comprendente – oltre ad una snella scelta antologica tra le poesie più recenti – anche la traduzione di una notevole prosa autobiografica significativamente intitolata “La mia educazione”.

Le ultime raccolte di Seamus Heaney pubblicate in Italia sono District e Circle e Catena umana apparse da Mondadori rispettivamente nel 2009 e nel 2011 per le cure di Luca Guerneri.

7 thoughts on “Per Seamus Heaney (1939-2013)

  1. ELEGY FOR A STILL-BORN CHILD
    I.
    Your mother walks light as an empty creel
    Unlearning the intimate nudge and pull

    Your trussed-up weight of seed-flesh and bone-curd
    Had insisted on. That evicted world

    Contracts round its history, its scar.
    Doomsday struck when your collapsed sphere

    Extinguished itself in our atmosphere,
    Your mother heavy with the lightness in her.

    II.

    For six months you stayed cartographer
    Charting my friend from husband towards father.

    He guessed a globe behind your steady mound.
    Then the pole fell, shooting star, into the ground.

    III.

    On lonely journeys I think of it all,
    Birth of death, exhumation for burial;

    A wreath of small clothes, a memorial pram
    And parents reaching for a phantom limb.

    I drive by remote control on this bare road
    Under a drizzling sky, a circling rock.

    Past mountain fields full to the brim with cloud.
    White waves riding home on a wintry lough.

    nell’inizio può esserci già la fine di tutto, perché non potrebbe anche essere il contrario? …

  2. Questa poesia mi fa tornare all’adolescenza, alle letture all’ombra degli alberi e alle mie prime poesie, mentre mio padre preparava la terra dell’orto e potava gli alberi da frutto. Nostalgia, tenerezza, semplicità svanita, presente nel ricordo come un sorso d’acqua fresca.

  3. sono profondamente addolorata. durante i miei primi anni di università ho avuto modo di conoscere heaney e la sua poesia, e proporio “digging” è stata quella che mi ha spinto a intraprendere la strada della traduzione poetica. addio seamus heaney.

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