Alcune discussioni che sono avvenute nelle ultime settimane su questo sito rendono necessario aggiornare le regole sulla moderazione dei commenti. Ecco le nuove norme:
– verranno rimossi i commenti che contengono insulti personali, anche se espressi in forma ironica o inseriti nel contesto della discussione;
– verranno rimossi i commenti che vanno palesemente fuori tema;
– verranno rimossi i commenti autopromozionali, ripetitivi, autoreferenziali o stupidi.
Ricordiamo che il responsabile della moderazione è colui che pubblica il post; il suo giudizio è insindacabile e non dev’essere necessariamente giustificato. Nei post pubblicati a nome «Le parole e le cose», la moderazione viene gestita dai coordinatori del sito, che in questo momento sono Massimo Gezzi, Guido Mazzoni e Gianluigi Simonetti.
[Immagine: Paul Verhoeven, Robocop (gm)].
Il fatto che sotto questo scandaloso post non ci siano commenti (oppure li avete già robocoppizzati? ah, scusate, ho fatto ironia… come mi sono permesso!) la dice lunga su come vi vede la gente che legge i blog. I miei più sentiti complimenti.
PS: mi permetto un consiglio da ex lettore, toglieteli proprio i commenti. Le vostre pubblicazioni universitarie non ci perderanno nulla.
Caro Dinamo,
a noi non interessa particolarmente cosa pensa “la gente che legge i blog”. A noi interessano i cari vecchi lettori comuni. Ora, questi lettori ci esprimono un’insofferenza sempre più forte verso un certo tipo di commenti un po’ folli quasi sempre postati, guarda caso, dalla “gente che legge i blog”.
Secondo noi hanno ragione.
Ciao, commento anch’io, perché sebbene non ho nulla da dire circa la moderazione, apprezzerei maggiore chiarezza su quali discussioni hanno generato queste modifiche, e soprattutto vorrei capire perché questi lettori che si lamentano non commentano come è possibile fare e non esprimono la loro insofferenza. Senza contare che vorrei capire che tipo di insofferenza possa mai causare un commento su un post, tanto più che non mi pare di ricordare discussioni impossibili e che c’è sempre molta cortesia negli scambi e si vede che i commentatori si leggono reciprocamente.
Suggerisco la modalità discussione a tendina, come sul sito dei wu ming, che consente alle sotto-discussioni di poter essere visualizzate solo da chi è interessato a quella particolare conversazione.
apprezzerei maggiore chiarezza su quali discussioni hanno generato queste modifiche
http://www.leparoleelecose.it/?p=11796
per discussioni di qualità analoga, sia pure senza giungere a simili escalation, raccomando personalmente la lettura dei commenti ai post di luglio e agosto 2013 (senza trascurare maggio e giugno). buon divertimento.
@dfw, ancora
vorrei capire perché questi lettori che si lamentano non commentano come è possibile fare e non esprimono la loro insofferenza
forse questi utenti (fra cui me) hanno scritto privatamente ai gestori del sito per fare presente la situazione? privatamente, puntualizzo, per non intasare questo blog con l’ennesima, inutile discussione su un principio di base come il minimo rispetto e reciproco e dell’intelligenza.
@ Marchese
intanto grazie, ho letto un poco la discussione linkata, e mi scuso, mi sono fatto una gran risata, oltretutto duelli masculi senza donne di mezzo, forse un segno della fine del patriarcato. Non sto sminuendo le tue considerazioni o quelle di altri utenti, sia chiaro. Però mi pare un’opportunità discutere di ogni cosa. Ad esempio sempre in quella discussione c’è un commento interessante di Lo Vetere circa il commentare o meno, sul senso del commentare eccetera. Non so che bilancio hanno quelli della direzione, se sono soddisfatti o meno, e capisco che alcuni utenti si possano allontanare, però trovo che il punto sia un po’ confuso. Al di là dello sbrocco totale, mi pare di aver capito che c’è un’insofferenza verso alcuni commentatori assidui e prolissi. Non so se ci sono persone che vorrebbero intervenire e non lo fanno a causa loro, sarebbe un peccato, ma penso anche che si possa discutere di questo, ovviamente con tutto il rispetto possibile. Non contesto la segnalazione privata, solo penso sia utile e possibile fare una discussione su questo, perché grossomodo i commentatori non sono molti.
Chiudere i commenti e permettere di linkare i post in altre sedi! Così il sito diventa un quotidiano on-line che NON si regge sui commenti. Provare non nuoce.
Però mi pare un’opportunità discutere di ogni cosa. Ad esempio sempre in quella discussione c’è un commento interessante di Lo Vetere circa il commentare o meno, sul senso del commentare eccetera. Non so che bilancio hanno quelli della direzione, se sono soddisfatti o meno, e capisco che alcuni utenti si possano allontanare, però trovo che il punto sia un po’ confuso.
A me non pare un’opportunità. Mi pare solo un andare fuori tema. Se c’è un post su un questionario sulla critica ad Antonio Tricomi, io personalmente non ho alcuna voglia di leggere discussioni sul senso del commentare eccetera. Se ne può parlare anche altrove, privatamente. Questione di ecologia verbale.
Non so se ci sono persone che vorrebbero intervenire e non lo fanno a causa loro, sarebbe un peccato, ma penso anche che si possa discutere di questo, ovviamente con tutto il rispetto possibile.
Sì, ci sono di queste persone. Io sono una di quelle. E con tutto il rispetto, non ho voglia di mettermi a discutere sul perché taluni commentatori adottino atteggiamenti maleducati o inopportuni: fare discussioni sul modo in cui le persone usano male i commenti è una perdita di tempo, e, come tutti, ho cose più importanti da fare nella vita che stare a discutere dell’opportunità di sanzionare chi infrange una regola. Si è discusso di questi pseudotemi, qui e in altri blog, fino alla nausea, senza alcun risultato se non un senso di divertita pena: fai una ricerca e potrai trovare la conferma di quanto scrivo. Non piacciono le regole? Si va altrove, e basta, nessuno è obbligato. Questo almeno è il mio parere.
Ma in coerenza con ciò, non ho intenzione di replicare ancora su questi punti. Mi premeva solo darti i riferimenti precisi per chiarirti il quadro, nel mio commento precedente, e ora mi taccio. Un saluto cordiale =)
Redazione delle Parole e le cose, sono e continuerò a essere un lettore di questo bel blog, malgrado il criterio “verranno rimossi i commenti autopromozionali, ripetitivi, autoreferenziali o stupidi” mi sembri un criterio autopromozionale, autoreferenziale e, permettete, stupido. Inoltre, la rimozione dei “commenti stupidi” lascerebbe spazio solo ai “commenti intelligenti”, il che mi sembra un po’ paradossale.
Solo qualche semplice parola: è paradossale informare democraticamente di avere introdotto la dittatura, se si vuole introdurre la dittatura, lo si faccia senza tutti questi preavvisi che vogliono essere “politically correct”.
A me pare che questa decisione presa da questa redazione stia tutto nel flusso generale della società in cui viviamo, che pretende sempre più di rappresentare il massimo della libertà quando nei fatti la libertà concessa sta tutta limitata negli stretti limiti del pensiero dominante.
Altrettanto paradossali mi sembrano quei commenti che dicono che non vogliono occuparsi (perchè hanno ben altro di cui occuparsi) di fatti di cui nel frattempo si occupano, all’anima della coerenza e della logica.
La verità è che in questi anni i famigerati lit blog, pur professandosi liberatari e tolleranti, hanno progressivamente diminuito lo spazio (e soprattutto le forme) di critica nei confronti delle posizioni dei suoi collaboratori. Per forme intendo il pensiero laterale espresso nelle modalità più diverse, in prima battuta l’ironia, la parodia e le forme umoristiche che in un sito come LPLC sono state fiaccate sin dai primissimi mesi. Questo post lo mette solo nero su bianco dopo che avevate anche adottato la moderazione preventiva come “difesa” (da chi? di chi?)…
Io non ho alcuna intenzione di difendere chi diffama, ingiuria, calunnia o denigra le persone (che sono reati), ma mi fa ridere leggere che si fanno sottigliezze linguistiche tra i buoni vecchi lettori e chi legge i blog quando qua i lettori non ci sono più, e non ci sono per due motivi, uno è che parlate solo tra di voi, pubblicando testi che non hanno nulla a che fare con internet né con chi vi legge, due perché nonostante questo continuate a cacciare i lettori marginalizzando sempre più forme e contenuti periferici rispetto alle vostre posizioni.
Tutto qui.
Saluti
@Cucinotta @Seligneri @dm
Da caro vecchio lettore, mi sento di rispondervi che non solo condivido la scelta dei responsabili di Leparoleelecose, ma trovo che, contrariamente a quanto da voi sostenuto, sia in totale controtendenza rispetto all’andazzo becero della società italiana, dove ogni coglione ha da tempo diritto ad esprimersi in ogni sede possibile e immaginabile, parlamento compreso. Se in Italia esiste un vero problema di civiltà, questo è innanzitutto la tendenza endemica a ciarlare, a esprimersi su tutto e su tutti, di preferenza con malanimo, e senza alcuna cognizione di causa. Non è forse un caso che la quasi totalità delle proteste espresse nei confronti della scelta dei responsabili di questo blog provengano da blogger.
@ dm
l’ho inclusa frettolosamente nella risposta, ma la sua posizione è diversa da quelle di Cucinotta e Seligneri, mi scuso per l’amalgama
Caro Dinamo,
è vero che da sempre cerchiamo di pubblicare contenuti che abbiano poco o nulla “a che fare con internet”; nel senso che cerchiamo, nei limiti delle nostre possibilità, di pubblicare roba buona: pensata attentamente, scritta bene e attendibile.
E’ falso però che cacciamo i nostri lettori – i quali infatti sono sempre di più. Ma tanti di più.
L’adeguamento delle regole non nasce affatto dalla volontà di reprimere critiche agli autori dei post (che come sempre saranno ben accette, se formulate in modo civile), quanto dall’esigenza di fluidificare lo spazio dei commenti, a beneficio dei commentatori stessi. Sono due cose completamente diverse.
Saluti
@Massimo
Io sono sempre stato un lettore civile. Nonostante sia anche un blogger. E nonostante abbia subito nella mia lunga carriera di blogger molti attacchi, alcuni dei quali veramente da cartellino rosso, sia da altri lettori-sentinelle sia dagli autori stessi dei maggiori siti letterari. Se lei dice di essere un veterano di questi ambienti lo saprà. Altrimenti parli di quello che sa meglio… non è forse anche lei malanimato quando conclude generalizzando contro chi ha un blog?
Io non difendo chi insulta (cosa che non ho mai fatto), difendo lo spazio sempre più ridotto all’osso della critica.
Ps: “amalgama” lo dice a qualcun altro.
@LPLC
Non fate gli spocchiosi. Internet non è solo il blog di Beppe Grillo. Quando dico che non fate testi per internet mi riferisco al fatto che i vostri post non sono per la maggior parte pensati e scritti per fare blog. Sono cioè travasi dal cartaceo, e di natura prevalenemente accademica.
@Massimo
Se si pensa che in Italia si ciarla troppo, si chiuda il blog, mi pare onestamente sarebbe, per quanto per me errata, l’unica soluzione coerente.
Se si seleziona secondo un criterio che viene esplicitamente dichiarato arbitrario perchè scelto monocraticamente dallo stesso autore dell’articolo, non vedo davvero in che senso vada controcorrente.
A me veramente pare che sia il mondo dei blog che stia andando a picco (non mi riferisco a questo specifico sito, dico in generale), e questo ciarlare che lei lamenta lo ritrova sui social network.
Converrà con me che in confronto a FB o a Twitter, i blog sono almeno quantitativamente ben poca cosa, e comunque qualitativamente meglio: vogliamo spingere la gente a spostarsi dai blog ai social networks? Mi pare francamente sbagliato per quello che ho già detto.
Con il che, penso di rispondere anche alla redazione che pretende di operare una selezione ottimale pur affidandola al variabile giudizio dei variabili autori.
A “LE PAROLE E LE COSE”
Potrei (da commentatore) scrivere la storia di questo blog avendolo seguito fin dall’inizio. Un po’ perché ho conosciuto in altri ambiti (e stimavo) alcuni dei suoi collaboratori-redattori. Un po’ perché pubblicate (in genere) «roba buona», è vero. Sembra, però, che questa «roba buona» la vogliate offrire sempre più a un pubblico selezionato in anticipo o beneducato o dissenziente, sì, ma solo *cum judicio*.
Eravate (forse) all’inizio un gruppo aperto. State diventando un gruppo chiuso. Avrete anche le vostre buone ragioni. A me sembrano però troppo difensive. Siete minacciati da una folla di commentatori plebei e assatanati? Parliamoci chiaro: Chi essi sono?
I commentatori abituali su tutti i blog si contano sulla punta delle dita. Su questo hanno cognomi precisi: Abate, Barone, Buffagni, Cucinotta, Lo Vetere, Marchese, Massino (ORA PIù SALTUARIO), Seligneri . Più qualche altro che ora non ho in mente. Più alcuni “in maschera” (Ares, Dwf vs Jf, ecc.).
Ora io non frequento questo blog come se fosse un negozio dove vengo a scegliere «roba buona» per poi godermela in privato nella mia mente. O dove vengo a chiacchierare amabilmente con affini. L’ho pensato fino a temi precenti come un luogo *pubblico* (e perciò politico) di discussione(= incontro/confronto/scontro) su questioni dichiaratamente o indirettamente politiche. (Mio riferimento: Fortini, dal quale ho ricevuto l’idea che «cultura e politica sono la medesima cosa, espressa con mezzi diversi»).
Perciò ho solo da dirvi: sarebbe ora che vi decideste.
Se la discussione deve essere tra i collaboratori che hanno dato vita al blog, chiudete coerentemente i commenti; accontentatevi di lettori “silenti” o comunque “indecifrabili” (seri forse o forse passivi o forse in letargio o forse anche superficiali); e controllate – se ci credete – della quantità di clik dei visitatori la buona o cattiva riuscita della vostra impresa.
Se i commenti, invece, li volete (perché aiutano anche al vostro lavoro redazionale o perché professate una visione della cultura tendenzialmente non elitaria, non corporativa, ma democratica) assumetevi *la fatica* di dialettizzarvi al meglio, alla pari, con tutti i commentatori, quelli di oggi e quelli di domani. Non ne fate un mucchio. Imparate a distinguere chi critica anche ferocemente le vostre posizioni da «chi diffama, ingiuria, calunnia o denigra le persone».
Su questo ultimo problema, come redazione, siete stati latitanti. E avete dovuto anche fare autocritica. Avete troppo spesso lasciato che la discussione tra i commentatori prendesse delle brutte pieghe, senza intervenire autorevolmente, sporcandovi magari un po’ le mani, facendo venir fuori le vostre posizioni e non mettendovi nei panni falsamente neutri del “moderatore”.
Sembra, invece, che adesso, allarmati dall’ultimo “incidente” (citato sopra in altro commento), vogliate ricorrere a una maggiore censura.
Potrei persino accettarla, se debitamente motivata. Dire però che «verranno rimossi i commenti autopromozionali, ripetitivi, autoreferenziali o stupidi» è di una vaghezza disarmante. Non possono avere tali caratteri anche i post da voi pubblicati?
Quella che manca davvero, secondo me, è proprio una dialettica aperta e leale tra la redazione e i commentatori. E mi permetto di azzardarne il perché. Avendo individuati alcuni di commentatori come nemici politici o portatori di “idee superate”, pensate di liquidarli con una scorciatoia: presentandoli ai “buoni lettori” come tipi strani che fanno commenti autopromozionali, ripetitivi, autoreferenziali o stupidi.
Siate leali e corretti.
Ditevi chiaramente che alcuni commentatori in varie fasi hanno espresso posizioni politiche, diversificate tra loro, ma in contrasto con quella – è d’obbligo il condizionale – che *potrebbe essere * la linea politica di «Le parole e le cose», desumibile dal fatto che per lo più affidate l’analisi politica ai post di Piras e Genovese.
Ditevi pure che siete una redazione eterogenea (come tante oggi e non me ne scandalizzo affatto). E per questo siete costretti a mediare tra posizioni diverse al vostro interno. E che avete trovato una soluzione (ma a me pare una scorciatoia) affidando al singolo collaboratore *e non alla redazione (o ad un coordinatore)* la gestione dei rapporti con i *suoi* commentatori. Con gli inconvenienti inevitabili: anche quando i commentatori esprimono il dissenso «in modo civile», succede spesso che né il singolo autore contestato né la redazione si prende la briga di rispondere e intavolare una franca discussione con loro.
Mi resta il sospetto ( e ve lo dichiaro apertamente, pronto a cambiare opinione, se necessario…) che l’unica cosa che sembra accomunarvi e che tutti voi collaboratori avete difeso finora a spada sia questa: voi collaboratori siete *per statuto implicito e indiscutibile* al di sopra dei commentatori; e di conseguenza ritenete che mai dei commentatori possano essere alla pari con voi o persino più avanti su qualche questione trattata dal blog.
P.s.
@ massimo
1. «la tendenza endemica a ciarlare, a esprimersi su tutto e su tutti, di preferenza con malanimo, e senza alcuna cognizione di causa» non mi pare abbia a che fare col ruolo politico di dissidenza svolto su LPLC da alcuni dei commentatori sunnominati.
2. Che «la quasi totalità delle proteste espresse nei confronti della scelta dei responsabili di questo blog provengano da blogger» è una prova che chi cura un blog è più pronto a cogliere certe dinamiche e le pone come problema anche qui su LPLC. Non vuol dire che viene automaticamente a far concorrenza o a disturbare. La scelta di fondo da chiarire resta quella del gruppo aperto/gruppo chiuso. Ho sempre pensato che non formare “parrocchiette”, dialogare (quando possibile) tra blogger anche con vedute molto distanti sia una pratica costruttiva. Se poi uno si accontenta di essere seguito da amici e fedeli plaudenti è un altro paio di maniche.
@abate
Il “ruolo politico di dissidenza” glielo riconosco volentieri, a lei come ad altri commentatori, e anche con una certa stima. Purtroppo vi riconosco anche “la tendenza a ciarlare, a esprimersi su tutto e su tutti, di preferenza con malanimo, e senza alcuna cognizione di causa”, in particolar modo quando, col pretesto fortiniano dell’equazione fra cultura e politica, parlate di letteratura a vanvera (vedi E. ABATE, “QUANTE CHIACCHIERE SUI SITI E QUANTO SILENZIO SUI MONTI”, leparoleelecose, 19 ottobre 1012, alle 09:04). Per quanto riguarda la chiusa sugli “amici e fedeli plaudenti”, trattandosi, come le ho già detto, e come è sotto gli occhi di tutti, di cosa completamente falsa e che nulla ha a che vedere, mi pare altrettanto chiaro, con la scelta dei responsabili di questo blog, non so che dirle: la lascio ai suoi curiosi moti dell’animo, forieri di singolari ossessioni.
Benissimo la censura degli insulti, comunque espressi. La censura degli interventi balordi è più opinabile, perché non esiste il balordometro. Però esiste la fiducia nel buon senso e nell’equità dei padroni di casa, che non saranno infallibili ma sono persone onorate. Per parte mia ve la do volentieri.
@ massimo
Non sta bene accusarmi o accusarci di parlare di letteratura “a vanvera”, di indicare il “corpo del reato” (“vedi E. ABATE, “QUANTE CHIACCHIERE SUI SITI E QUANTO SILENZIO SUI MONTI”, leparoleelecose, 19 ottobre 1012, alle 09:04”) e di non argomentare il perché del suo verdetto. Non mi lasci alle mie “ossessioni”, la prego.
Se poi temesse di darmi troppa importanza o di occupare altro spazio pubblico per una quisquiglia, si faccia dare dalla redazione la mia mail o mi scriva a: poliscritture@gmail.com
@ buffagni
La censura degli interventi balordi è opinabile, non c’è dubbio, ma esistono forme di balordaggine rispetto alle quali una condivisione seppure minima di presupposti logici, culturali ed anche etici non può transigere. Personalmente, dopo aver seguito per molto tempo questo blog, ho deciso di intervenire in reazione a certi inverosimili commenti al saggio di Simonetti sul desiderio nella narrativa italiana contemporanea, commenti che non rispettavano nemmeno le elementari norme ortografiche, grammaticali e sintattiche che permettono la comunicazione fra locutori della stessa lingua. Ma, al di là di questo esempio estremo, credo che i commenti fluviali fuori tema siano altrettanto balordi e nocivi, perché, come quelli scritti in una lingua arbitraria e autistica, sicuramente scoraggiano potenziali interlocutori, limitando la funzione dialogica di questo blog. Non a caso il saggio di Simonetti, seppure fra i più interessanti qui pubblicati in tema di letteratura contemporanea, non ha suscitato reazioni. Non a caso, molte discussioni si chiudono dopo commenti pontificatori, e fuori luogo, più lunghi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (il limite massimo di estensione che secondo me dovrebbe essere consentito). Concordo sulla fiducia nel buon senso dei responsabili di questo blog e spero che gli altri commentatori di leparoleelecose diano prova di un buon senso pari al suo.
@ abate
Contrariamente a lei, non sono posseduto dal demone dell’argomentazione, e penso che i suoi commenti su questioni letterarie si commentino da sé.
@ massimo
Lei è il massimo dell’eleganza. Chiuso.
@Larry Massino
abbiamo cestinato il suo ultimo commento perché conteneva un insulto personale.
Quello che avevo da dire sulla restrizione nei commenti lo dissi quando li restringeste la prima volta (al netto dei reati si chiama censura, mettetela come volete)
Qui solo per dire che il signor Lorenzo Marchese, il quale dice ora
” principio di base come il minimo rispetto e reciproco e dell’intelligenza ”
” non ho voglia di mettermi a discutere sul perché taluni commentatori adottino atteggiamenti maleducati o inopportuni ”
lo scorso anno, qui, scrisse in questa maniera, rivolto a me:
” se posso insultare lei, come persona, lo faccio con gioia “.
http://www.leparoleelecose.it/?p=2925
Andate tutti al cinematografo!
a massimo.
Concordiamo nell’insieme. Non credo esistano, in nessun campo, metodi di valutazione neutri e oggettivi. Non esistono neanche qui. La buonafede e l’onestà intellettuale dei curatori, io la do per scontata. L’unico rischio è questo: prendere – sempre in buonafede, ripeto – il dissenso dalle persuasioni che ci sono care per balordaggine inaccettabile. Il pericolo c’è, ma rimedi garantiti non esistono.
Per andare sul concreto. I curatori hanno introdotto queste nuove regole perché nei commenti al post segnalato sopra, c’è stato un litigio tra me e Ugolino Conte; e dopo uno scambio di scortesie, Conte ha minacciato di adire le vie legali nei confronti miei e di altri commentatori. Siccome i responsabili del sito sono anche corresponsabili giuridicamente di quel che vi viene pubblicato dai commentatori, direi che non avevano altra scelta. E’ una cosa incresciosa, ma inevitabile.
Se noi commentatoti cercheremo di controllare le intemperanze e di commentare con puntualità, sarà bene per tutti. Ai responsabili, il compito di sorvegliare le proprie simpatie e antipatie.
Diciamo che io stesso, a volte… (hemm …1 o 2), ho scritto commenti dettati della mia indole un po’ fiammiferina, che avrei voluto subito cancellare se soltanto ne avessi avuto la possibilità. Il moderatore in quel caso ha svolto una funzione utilissima… li ha cancellati.
Altri moderatori invece cancellano commenti che, secondo me, neanche capiscono, a quel punto ho evitato i loro post senza grande rammarico e stop.
AH… questo post lo trovo inutile, perché queste regole sono applicate già dai buoni moderatori, e abusate da tutti gli altri.
Ho letto tutta la polemica innescata dal post dei responsabili del sito. Se il torto è dalla parte dei commentatori che si sono spinti al di là dei limiti dell’educazione, della civiltà nel dialogo, mi permetto di avanzare anche qualche riserva nei confronti dei curatori del sito che hanno posto un veto, un limite di giudizio ‘insindacabile’, trasformando una questione che poteva essere risolta con una segnalazione in loco da parte della redazione, in un problema che coinvolge tutti i lettori, anche quelli potenziali. Il sito ha assunto una nuova fisionomia, elitaria, restrittiva, secondo la tradizione accademica più abietta, che desta molte perplessità. Vi ringrazio se vorrete pubblicare questa mia osservazione. Buona giornata.
Ma gli insulti di fantasia valgono ?
Ad esempio:
“Lei è un “protognocco” e anche un po’ “Stropignaccoloceppolo”. ”
oppure per andare veramente sul pesante:
“Si dissolva come una supposta di “Alcolalifaticotrivalente” infilata nel “deretagnao” di un giro cingalese”
e via dicendo..
“ghiro cingalese” … non giro …
Mi permetto di osservare che questo sito non ha mai individuato il lettore comune quale suo interlocutore. Ciò non mina il pregio dell’operazione, tantomeno la qualità dei contenuti. Questi sono rivolti a / scritti e commentati da: professori universitari, qualche professore di liceo, studenti delle facoltà di lettere e filosofia, scrittori, aspiranti scrittori, i più avveduti addetti ai lavori dell’industria editoriale.
Il caro vecchio lettore comune, mettiamo un architetto, un barista o un programmatore, non ha la minima cognizione dell’esistenza di questo sito, né sarebbe coinvolto dalla maggior parte degli articoli che qui vengono pubblicati, perchè non ha gli strumenti per apprezzarli o perchè affrontano questioni da cui non si sente toccato.
Detto ciò, tagliare quei commenti fastidiosi che porterebbero anche il più ben disposto dei dottorandi a sviluppare forme incurabili di irritazione cutanea non può che aumentare la probabilità che, per caso, un vero lettore comune (categoria osannata nei giorni pari e maledetta nei giorni dispari) capitato su queste pagine non sprofondi nell’angoscia e si rifugi nell’ennesimo titolo mainstream, ma continui a sleggiucchiare per un pò (prima di tornare al titolo mainstream, s’intende).
@Lettore comune
“Professori universitari, qualche professore di liceo, studenti delle facoltà di lettere e filosofia, scrittori, aspiranti scrittori, i più avveduti addetti ai lavori dell’industria editoriale”: ma sono appunto questi, in questo Paese, i lettori comuni. Anche nel senso che praticamente non ve ne sono degli altri. I baristi e i programmatori, secondo le statistiche e il comune sentire degli italiani, non leggono, o leggono un libro all’anno; come non legge o legge pochissimo la maggior parte degli architetti; e si vede.
@altro lettore comune
Non ci lamentiamo poi del fatto che in Italia nessuno legge, o che si legge solo spazzatura. Si rinuncia aprioristicamente a comunicare con chi non appartiene alla propria cerchia, come se architetti, programmatori, matematici e imbianchini non fossero esseri pensanti degni di nota.
Professori, scrittori, studenti di lettere e filosofia non sono veri e propri lettori comuni; sono lettori specializzati. Fanno (o vorrebbero fare) della lettura il proprio mestiere. Poi molti si lamentano però, perchè la rozza audience che sono così bravi a disprezzare si ostina a non tributargli il tanto agognato riconoscimento.
Per fortuna le persone che leggono – indipendentemente dalla funzione che ricoprono nella società – sono molto più intelligenti, spesso, di chi i libri li scrive o li pubblica.
Denigrare il lettore è il metodo più efficace per alienare quella poca rilevanza che le lettere continuano ad avere nel nostro paese.
@Altro lettore comune
Non so dove legga chiusure comunicative, lamentele o denigrazioni. L’Italia è un paese di pochi lettori, e questo è un dato di fatto; quei pochi, che le piaccia o no, sono spesso ciò che lei definisce “lettori specializzati”. Saranno loro, inevitabilmente, gli interlocutori privilegiati di qualsiasi operazione culturale che non sia cialtronesca. Certo, nel gruppo di chi ha interessi culturali ci sarà anche qualche barista, qualche programmatore, qualche imbianchino e magari perfino qualche architetto; speriamo ce ne siano sempre di più; ma niente che autorizzi il montare della sua vuota retorica, quella sì inconsciamente razzista, sugli “esseri pensanti”. L’intelligenza e la dignità di pensiero non c’entrano nulla con la cultura o anche solo con la sensibilità letteraria, ma questo va da sé e non c’era neanche bisogno di dirlo.
@ altro
la mia “vuota retorica” è legata alla vuota precisazione che chiude il suo primo commento (“e si vede” – cosa significa? da cosa si vede che architetti etc non leggono? non so se ci sia inconscio razzismo, mi sembra che ci sia un conscio pregiudizio). Parla spesso di libri con chi non appartiene alla cerchia degli specializzati? o la realtà è fatta da statistiche e “comune sentire”?
non mi illudo, certo, in Italia si legge poco e si legge male; a volte dalla cialtroneria si può anche passare alla qualità però, se si è disposti a considerare il grande pubblico, quello dei best-sellers, come un interlocutore.
Detto ciò, se ha letto il mio primo commento vedrà che non si tratta affatto di una critica nei confronti di questo sito o dell’operazione che sta portando avanti; ho solo voluto fare una precisazione su quelli che si possono definire, a mio avviso, lettori comuni.
@Altro lettore comune
La sua analisi mi trova d’accordo su diversi punti. D’altronde è in parte quello che cercavo di far capire agli autori di questo sito che fingono di non capire di pubblicare materiale, più che esclusivo (lo è anche per carità), “escludente”. Questo per un sito progressista o per lo meno pluralista come si presenta nel suo manifesto programmatico è come minimo un demerito.
Mi pare inoltre un’occasione sprecata di uscire da certi binari intellettualistici e settoriali, proprio perché internet per quanto stia diventando sempre più um’esperienza e avvilente (e le sue derive populiste e demagogico-politiche lo dimostrano appieno) è un mezzo che permetterebbe ancora di rendere inclusivi contenuti e scritture di buon livello.
Invece ormai l’andazzo è quello che c’è nel cartaceo e nella letteratura da sempre (salvo qualche eccezione): contenuti alti/accademici in contenitori di prestigio (vedi LPLC) e contenuti bassi/populisti in contenitori di facile consumo come per dirne uno il blog del milionario Grillo. Insomma, alla faccia della rivoluzione del web!
@ Dinamo
La mia posizione è un po’ diversa dalla sua. Non mi aspetto che questo sito sia progressista o pluralista, e spesso, sotto a molti articoli, leggo solo i primi commenti – che di solito aggiungono ben poco, tranne qualche precisazione.
Così come LPLC non è rivolto “alla gente che legge i blog”, non credo sia rivolto neanche “alla gente che legge i libri”: semmai a quel sottoinsieme di lettori che lavora coi libri, insegna o studia materie umanistiche. Quando penso al caro vecchio lettore comune, precedentemente chiamato in causa dagli amministratori, mi viene invece in mente un insieme più vasto, che comprende quello appena citato, ovviamente, ma non ne fa l’unico interlocutore. A meno che non si pensi, come Altro lettore comune, che il lettore non specializzato sia una chimera, che tutto sommato siamo solo un migliaio di lettori comuni (per cui non sarebbe più necessario alcun aggettivo) a fare il fatturato dell’editoria italiana.
Il mio intervento voleva solo richiamare all’importanza delle parole, non giudicare l’impostazione del sito o la moderazione dei commenti.
Mi scuso in anticipo se questo commento apparirà ingenuo e banale, sicuramente non vuole essere offensivo; sono nuovo a questo genere di blog, ma sento la necessità di approfondire il dibattito in corso per ragioni strettamente personali.
Sono un neo laureato in Lettere, con la remota speranza di futuri segnali incoraggianti dalla scuola pubblica. La minaccia di un sostanziale silenzio critico e dialettico intorno a me è tangibile e inquietante. Per tale ragione, tempo fa, con alcuni amici, avevo pensato di aprire un blog per discutere di argomenti che ci stanno a cuore: letteratura, pedagogia, politica, impegno intellettuale in generale, per mantenere vivo un dialogo costruttivo e stimolante con loro e con chiunque condividesse questa nostra esigenza. Un progetto vago e ingenuo, me ne rendo conto, soprattutto perché non strutturato per obiettivi e modalità: quale il target? Chi selezionare? Come moderare i commenti? Che grado di specialismo? Etc.
Tutti problemi, immagino, affrontati anche dai curatori di questo blog.
L’apparente dicotomia che sembra profilarsi all’orizzonte é quella esposta sostanzialmente da Seligneri: da una parte, rivolgersi al “grande pubblico” significa ridurre la qualità del prodotto e del progetto (spiegherò in seguito quale sfumatura intendo dare, però, al termine “qualità”); dall’altra, puntare ad un lavoro di spessore e profondità comporta necessariamente uno slittamento verso “pochi eletti”. Questo problema, mi sembra di capire, è del resto lo stesso che mettono in evidenza i due “lettori comuni”.
Non parlerei però tanto di contenuto: non credo sia il tema del blog la causa dell’insuccesso, quanto l’attitudine del singolo fruitore a misurarsi con argomenti più complessi del solito (cioè, lo scarso appeal di un blog di letteratura, per intenderci, è la conseguenza, non la causa dell’assenza di interesse critico generale). Non è il contenuto specialistico, dunque, che allontana il lettore, quanto la sua abitudine all’ascolto e alla problematizzazione, spesso poco allenata e anestetizzata da più seducenti alternative.
Provo a spiegarmi meglio: per quale ragione i social network sono così diffusi? Come è noto, perché non obbligano i singoli utenti ad un esercizio di “fatica” critica: anzi, proprio tramite il web è possibile mettere in mostra la propria persona ed evitare di affrontare l’alterità, eliminando il conflitto e la problematizzazione ad essa inevitabilmente legati. In una parola, i social network avvicinano individui sempre più soli, che amano esibire il proprio Io e rifiutano il dolore del confronto.
E nei blog? Il rischio di protagonismo è anche qui molto alto; essendo gestiti da pochi, la percezione di una gerarchia interna è pericolo costante di malumori e insofferenze (come appare evidente in questa conversazione, a partire dal commento di Seligneri inziale), eppure, lo strumento offre molte possibilità: attraverso il dibattito si può crescere; direi anzi che è proprio dalla dinamica combustione di idee che nasce la cultura e l’intelligenza critica oggi tanto rimpianta.
Nulla di nuovo sotto il sole, fin qui.
Arriviamo al nocciolo (perdonate le banalità, ma non volevo esordire in “medias res”): potremmo aggiungere una pericolosa generalizzazione, pericolosa proprio per la sua natura difficilmente confutabile, cioè che solo attraverso un dialogo vero si può parlare di crescita personale; un dialogo che presuppone un necessario ascolto del proprio interlocutore, ovviamente, altrimenti stiamo parlando di “monologo”.
Scendo dall’empireo e vado alla sostanza: in questo blog ci sono interventi molto interessanti, non solo per l’idea (o l’osservazione) in sé proposta, quanto per l’articolazione della stessa, per il modo cioè con il quale tale intervento è offerto alla lettura. Faccio un esempio: sono personalmente interessato alla didattica della letteratura e in questo senso gli interventi di Daniele Lo Vetere mi sembrano quasi sempre puntuali, ben articolati, con un sostrato culturale indiscutibile e palpabile. Quello che mi piace non è però (solo) l’erudizione in essa contenuti, quanto l’approccio aperto e dialogico; l’obiettivo non è mai solo asserire verità, quanto indagare la realtà mantenendo una porta aperta al dubbio e alla confutazione.
Tale precario equilibrio di certezza e dubbio credo costituisca l’essenza innegabile di qualsiasi soggetto voglia definirsi, oggi, “intellettuale” e ogni intervento, per definirsi serio, non può presupporre da questa oscillazione.
Eppure anche qui la tentazione facebookiana è forte: l’Io che rifiuta di abbassare la guardia, che non si mette in discussione, finisce con lo scrivere post che non pensano tanto a costruire un dibattito collettivo, quanto ribadire una propria posizione, far sentire la propria voce a tutti i costi. E’ così che nascono commenti assolutamente sterili, non costruttivi, fuori tema, e nel caso peggiore offensivi (non li cito per rispetto degli autori, ma anche in questo blog, talvolta, la qualità degli interventi lascia molto a desiderare…).
Ripeto: non è la densità erudita, la preparazione tecnica o la precisione formale che rendono un post qualitativamente valido (o almeno, non solo); la qualità del dialogo è veicolata prima di tutto dalla disponibilità al confronto dei dialoganti stessi.
Si apre a questo punto, e mi avvio alla conclusione, il problema principale: stabilire un regolamento che obblighi i commentatori a mantenere questa “disponibilità” all’ascolto e al dialogo è prima di tutto impopolare (per i motivi sopra citati), e allo stesso tempo di difficile verbalizzazione, se non utopico. Quali criteri adottare per censurare un eventuale post giudicato sterile? Credo che su questo punto si potrebbe sviluppare un dibattito interessante, uscendo cioè dall’impasse “è giusto / non è giusto censurare” e cercando soluzioni tecniche più efficaci da quelle sin qui proposte.
Concludo con una precisazione: la libertà di espressione, da enorme conquista del nostro tempo si è lentamente trasformata in strumento per il disimpegno e la pigrizia mentale. Solo affermando con forza l’enorme grado di responsabilità connesso alla parola scritta e parlata, veicolo del proprio pensiero, si può immaginare di costruire una società differente.
Per questo un regolamento è necessario, ma limitarlo a “non insultare il prossimo” non offre alcuna garanzia della qualità del prodotto finale, e non obbliga all’autentico rispetto delle posizioni altrui gli utenti che hanno voglia di dire la propria (manca, cioè, l’esercizio al lavoro comunitario).
Spero di non aver rubato troppo spazio e che da questo commento “scontato” possa nascere qualcosa di costruttivo e stimolante. Grazie a tutti in anticipo.
negli ultimi commenti si è usciti fuori tema, pur tuttavia non sono stati rimossi come è scritto nel post. lungi da me chiederne una rimozione, segnalo l’ironia di questo fatto, nel farlo invito in generale a rilassarsi, in fondo questi son solo bit.
Gentile @Matteo, grazie delle parole di apprezzamento e grazie di aver rilevato con sguardo attento quello che vuole essere il mio spirito nell’interlocuzione.
Anche io sento come te che “la minaccia di un sostanziale silenzio critico e dialettico intorno a me è tangibile e inquietante”. Fra persone che hanno a cuore lo stesso problema ci si scambia un cenno clandestino d’intesa, strappato mentre si è già trascinati via dalla fiumana che va per altri lidi. Anche dentro l’università di massa (absit iniuria verbo) era così, almeno così mi è parso frequentandola; così è dentro la scuola, dove nelle riunioni e negli spazi collegiali parliamo di tutto fuorché di educazione e didattica. E il numero delle riunioni, e del tempo sottratto alla studio e alla lettura degli insegnanti, quelli che studiano e leggono, cresce sempre più…
(Forse le discussioni sulla crisi dell’umanesimo le teniamo sempre su un registro troppo alto. Forse la crisi dell’umanesimo dipende solo dal fatto che gli insegnanti riescono a parlare di libri, di letteratura, di come e perché insegnano, della meraviglia di un’ultima poesia di Luzi scoperta la sera prima o della bella novità di un poeta nato negli anni Ottanta letto su un blog soltanto nel provvisorio e fugace cenacolo davanti alla macchinetta del caffé: mentre il resto del tempo se lo porta via tutt’altro, tutt’altro…. Sì, lo so, è un paradosso, un’esagerazione, una sciocchezza…).
Allora ci diciamo: sarebbe bello potersi confrontare in un luogo che per la sua immaterialità abolisce l’ingombro della fiumana intorno e mette in contatto (per quanto virtuale) persone interessate agli stessi temi. In parte ci si riesce, forse.
Certo è che le discussioni che tematizzano, invece del messaggio, il canale (il suo abuso e le regole che lo governano), il codice (la sua ridefinizione), l’emittente (la sua legittimità come tale) snervano un po’ tutti.
La discussione è importante, ma in rete forse è troppo complicata. Vorrei dire per quali ragioni, ma mi dilungherei troppo e non ha torto chi invoca l’ecologia verbale.
Meglio magari farla privatamente. Se posso esserti utile sull’argomento della didattica della letteratura e ti interessa, puoi chiedere alla redazione di LPLC il mio indirizzo mail, che autorizzo a fornire.
Non intravedo al momento spazi di dibattito culturale fisico, concreto, materiale nelle scuole o fra scuola e università, o fra docenti e docenti. Ma sarò meno reciso: i dibattiti ci sono, gli uomini di buona volontà non mancano, ma non fanno sistema. Basteranno per comprendere e agire su corpaccioni smisurati come quelli della scuola e dell’università? Quegli uomini di buona volontà riescono ad esser protagonisti, non lasciando il campo a tecnici, burocrati, politici, avventurieri e macellai?
Magari la rete… Ma un blog non può surrogare l’esistenza di uno spazio fisico, concreto, materiale che non c’è. Fa altro, e può farlo bene. Non basta, probabilmente. Potremmo osare di più, magari, forse riusciremmo… Ma la discussione in rete è troppo complicata. Io forse sono già abbastanza felice di poter leggere quasi ogni giorno un intervento di livello sempre pregevole. Non so quanti restino tagliati fuori, non so se sia elitismo e non mi piace pensarla così. Però magari anche questo è un problema, non so.
Insomma, pazienza, andrà magari pur bene così. Anche se la minaccia di un sostanziale silenzio critico e dialettico intorno a noi si fa sempre più tangibile e inquietante.
Saluti e in bocca al lupo per la futura carriera da insegnante. Nonostante tutto, è ancora un bel mestiere e val la pena provare a farlo, se si ha una forte motivazione.
@Lo Vetere
Grazie della sentita e puntuale risposta! L’ho apprezzata moltissimo.
Condivido in toto le sue considerazioni, anche se non riesco a fare a meno di pensare che, proprio per la loro intima esclusività dai circuiti del mercato e del consumo di massa, questi spazi di riflessione e confronto, siano essi blog, forum, chat, richiedano una decisa (e coraggiosa) regolamentazione e uno spessore diverso, diciamo pure “etico”: la responsabilità che hanno nel preservare un autentico e profondo spazio dove esercitare uno spirito critico in senso comunitario non può essere ignorata.
Mi rendo conto che questa necessità, un po’ ingenuotta, è figlia di una spinta diciamo pure “giovanile” per la quale non riesco ad accettare l’alzata di spalle e il sorriso compassionevole verso le derive dell’individualismo più superficiale; questo, penso, proprio per l’assenza di quello spazio “fisico” di cui anche Lei sente la mancanza, entro il quale collocarmi come pensatore e nel quale crescere individualmente come futuro docente.
Come giustamente ha fatto notare, però, la comunicazione tramite blog è molto complessa, come lo sono (ipotetiche) soluzioni, quindi evito di addentrarmi in campi a me poco familiari e per i quali non ho alcuna competenza specifica.
Detto questo, accolgo con molto piacere la possibilità di confrontarmi direttamente con Lei di didattica, e se la redazione di LPLC sarà così gentile da farmi avere il suo indirizzo, ne approfitterò sicuramente per conoscere meglio il suo percorso e le sue idee in merito.
Infine, ricambio di cuore il suo augurio! Insegnanti motivati come Lei sono un faro non solo per i suoi studenti, ma anche per noi giovani insegnanti.
P.s. quel suo pensiero messo entro parentesi non è una sciocchezza, almeno non credo: l’impossibilità di vivere “tranquillamente” e con passione il proprio mestiere di docente di letteratura è sintomo di un problema serio, anche se questa sede, forse, non è la più adatta per discutere in merito
@ Matteo. Grazie, cosa ne dici se passiamo al tu? E direi che faro è troppo! Io mi accontenterei già di fare come la Dickinson, accendere un lumicino e poi sparire. Già mi capita troppo spesso di prendermi troppo sul serio, non aumentiamo la dose!
A presto