di Tomas Tranströmer (traduzione di Franco Buffoni)
[In omaggio al Premio Nobel 2011 per la Letteratura, il poeta svedese Tomas Tranströmer, pubblichiamo dieci sue poesie tradotte da Franco Buffoni e incluse in F. Buffoni, Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos 1999].
Mistero per la strada
Si posò la luce del giorno sul viso di un uomo addormentato.
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Si posò l’oscurità sul viso di un uomo in cammino
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
D’un tratto si fece buio come per il temporale.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti –
Un museo di farfalle.
Tuttavia il sole era forte come prima.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.
.
Stazione
Un treno è entrato in stazione. È fermo, vagone dopo vagone,
Ma nessuna porta si apre, nessuno scende o sale.
Ci sono veramente delle porte? Là dentro un brulichio
Di uomini rinchiusi che vanno su e giù.
E scrutano dai finestrini immobili.
Fuori lungo il treno cammina un uomo con un martello.
Urta le ruote che debolmente risuonano. Tranne qui.
Qui il rumore aumenta incomprensibilmente: un fulmine,
Il rintocco dell’orologio della cattedrale,
Il rumore della circumnavigazione del globo
Che solleva tutto il treno e le pietre umide dei dintorni.
Tutto canta. Ve lo ricorderete. Andate avanti.
.
Motivo medievale
Sotto le nostre espressioni stupefatte
C’è sempre il cranio, il vuoto impenetrabile. Mentre
Il sole lento ruota nel cielo.
…………………………………….La partita a scacchi prosegue.
Un rumore di forbici da parrucchiere nei cespugli.
Il sole ruota lento nel cielo.
La partita a scacchi si interrompe sul pari.
…………………………………….Nel silenzio di un arcobaleno.
.Marzo ’79
Stanco di tutto ciò che viene dalle parole, parole non linguaggio,
Mi recai sull’isola innevata.
Non ha parole la natura selvaggia.
Le sue pagine non scritte si estendono in ogni direzione.
Mi imbatto nelle orme di un cerbiatto.
Linguaggio non parole.
.
I ricordi mi vedono
Una mattina di giugno in cui era troppo presto
Per svegliarmi ma troppo tardi per riprendere sonno,
Devo uscire nel verde che è colmo
Di ricordi, e mi seguono con lo sguardo.
Non si vedono, si fondono completamente
Al paesaggio, perfetti camaleonti.
Sono così vicini che li sento respirare
Benché il canto degli uccelli dia stupore.
.
La coppia
Spengono la luce ma la sua bianca campana di vetro
Riluce ancora un istante prima di svanire del tutto
Come una pastiglia in un bicchiere di oscurità. Poi si alza.
E le pareti dell’albergo si slanciano nel buio del cielo.
I movimenti dell’amore si esauriscono e loro dormono
Ma i pensieri pià segreti si incontrano
Come quando due colori si fondono
Sulla carta umida del disegno di un bimbo.
Buio e silenzio. Ma la città stanotte si è avvicinata.
Con le finestre spente. Sono giunte le case.
Stanno molto vicine nell’attesa affollata,
Di gente dal volto inespressivo.
.
Palazzo
Entrammo. Un’unica enorme sala,
Silenziosa e vuota, dal pavimento
Come ghiaccio per pattinare. Abbandonato.
Tutte le porte chiuse. L’aria grigia.
Alle pareti dai quadri si affollavano
Immagini senza vita: scudi,
Bilance, pesci e figure di combattenti
In un mondo sordomuto sull’altro lato.
Una scultura era esposta nel vuoto:
Da solo in mezzo alla sala un cavallo.
Dapprima non lo notammo
Presi da tutto quel vuoto.
Più debole di un sospiro in una conchiglia
Era il suono, e le voci dalla città
Salivano in quella stanza deserta,
Mormorando e cercando un potere.
Ma anche altro, qualcosa di oscuro
Si installò sulla soglia dei nostri sensi
Senza oltrepassarla.
Scorreva la sabbia nelle clessidre mute.
Era ora di muoversi.
Ci avvicinammo al cavallo. Era gigantesco,
Nero come un ferro. Un’immagine del potere stesso
Rimasta dopo che i principi se ne erano andati.
Il cavallo parlò: “Io sono l’Unico.
Ho disarcionato il vuoto che mi cavalcava.
Questa è la mia stalla. Cresco lentamente.
E mangio il silenzio che regna qui dentro”.
.
Verso casa
Corse fuori nella notte la telefonata rifulgendo in campagna e nelle periferie.
Poi dormii preoccupato nel mio letto d’albergo.
Somigliavo all’ago di una bussola portato nel bosco da un fondista col cuore palpitante.
.
Mattina e ingresso
Percorre il suo cammino
Il grande gabbiano dal dorso nero,
Timoniere del sole.
Sotto di lui, l’acqua.
Adesso il mondo sonnecchia ancora
Come nell’acqua una pietra variopinta.
Giorno indecifrato. Giorni –
Come caratteri aztechi!
Musica. E io resto imprigionato
In questo arazzo.
Le braccia sollevate – come una figura
D’arte rurale
.
Le pietre
Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
Cristalline negli anni. Nella valle
Volano le azioni confuse dall’attimo
Gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
Nell’aria più leggera del presente, planano
Come rondini da cima
A cima dei monti finché
Raggiungono l’altopiano più remoto
Lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
Le nostre azioni cristalline
Su nessun fondo,
Tranne noi stessi.
Potessi ancora credere nella “veridicità” del premio Nobel… direi che le poesie sono anche carine. Il punto però è che non credo nelle modalità di conferimento di questo premio (le celeberrime estromissioni dal premio le abbiamo ripetute come l’avemaria, e non danno una ravviata alla polemica ormai secca e giustamente oziosa), ma non ci credo vieppiù quando a vincere è la Poesia che, da reginella delle arti, oggi è il paese dei balocchi dove soprattutto critici e sermoneggianti letterari possono dire fare e disfare quel che gli pare tanto siamo nell’opinabile e nell'”esegetico”; la Poesia, oggi, è peggio dell’altro paesino affianco Romanzificio, dove per lo meno la differenza tra grandezza e sciatteria è meno labile, anche se di bari e saltimbanchi se ne trovan dappertutto.
Le poesie sono carine, ripeto, ma anche quelle di tanti altri sono carine, anche di certi amici miei.
Se poi le volessimo confrontare con quelle di alcuni poeti che l’hanno preceduto nella presa del premio, uno a caso Eliot, mbè, insomma, meglio non pensarci.
Sì, sono carine, nulla di più. Ricordiamoci del Nobel dato a Montale, altri tempi, altro spessore.
Il vuoto. Il fatto che uno sia vecchio e scriva da una vita non significa niente. I baci perugina insegnano di più. Peccato. Un altr’anno buttato.
Seligneri, Saya e Silvestri fanno affermazioni che possono essere condivisibili. Sarebbe opportuno soffermarsi anche sulla traduzione.
Credo che non ci sia insulto maggiore, per una poesia del genere, del dire che è carina. Molto meglio dire che fa schifo. Ma leggetele con attenzione e ascolto. C’è qualcosa, malgrado l’atmosfera eccessivamente rarefatta, c’è qualcosa nella costruzione delle immagini, una qualche potenza che rimane sempre latente, come per un pudore o un pathos della sobrietà. Come in certe traduzioni precise ma un po’ raffreddate (è solo un paragone: senza alcuna idea dell’originale, non mi permetto di avanzare dubbi sui traduttori). Il cavallo “nero come un ferro” è però potente, con tutto ciò che lo prepara e ne consegue. Qui l’allegoria si fa quasi didascalica, e funziona, guadagna respiro, impressiona. Certamente meglio di molti poeti anonimi che praticano il “sublime della sobrietà” – mi si passi l’etichetta critica – senza alcuna latenza di significati, o con intenzioni allegoriche maldestre. Per il resto, ci hanno abituato a non pretendere molto da un Nobel, quindi accontentiamoci. Ma non credo lo si possa liquidare dalla lettura di poche poesie. Concedetegli almeno una raccolta, che diamine. Fare gli anticrociani coi romanzi è facile, ma con le poesie nessuno si toglie il vizio…
Eliot, sia detto per inciso e per gusto della provocazione, è una bufala: almeno rispetto a tanti altri che valgono il doppio e sono stati idolatrati la metà. Al suo meglio, è un giovane erudito decadente o un abile divulgatore di Pound.
(chiaro che lo dico solo per scatenare il vespaio, ma un po’ ci credo).
Forse, prima di dare un giudizio estetico, dato che quello critico qui non compare, quale definire queste poesie “carine”, o “il vuoto”, sarebbe bene
a) conoscere l’opera intera di questo poeta
b) leggerla in originale
c) leggerle.
Tutto si può dire di queste poesie, tranne che siano “carine” o peggio “il vuoto”. Forse una lettura più attenta sarebbe utile?
Nulla di quanto viene pubblicato in Italia oggi può stare loro a paragone. Sono i versi di una ricerca dell’assoluto, visionari, mistici. Una poesia che trascende i tempi e le mode. Una poesia metafisica. Per fortuna esistono ancora poeti che dell’attualità non sanno che farsene.
Consiglio il bell’articolo di Claudio Magris sul Corriere.
Della traduzione non posso dire molto, dato che non conosco lo svedese. Che Buffoni lo conoscesse mi giunge nuova. E’ un ottimo traduttore e poeta, dunque in grado di tradurre un altro poeta, ma spero che non abbia tradotto da una traduzione inglese! Non sarebbe corretto. Infatti Tranströmer è il poeta svedese più noto in USA e Inghilterra e sono varie le sue traduzioni in inglese.
Se così fosse, si ripeterebbe quello che spesso accade in Italia, di chi serve ai lettori traduzioni di traduzioni. Il che non è etico.
@ Francesca Diano
Concordo. Non me la sento ancora, dato che conosco solo questi pochi esempi, di abbracciare tanto entusiasmo, ma nutro una certa fiducia e voglia di approfondire. Non parlerei di “poesia metafisica”, che è stato usato per altro genere di cose, ma una forza visionaria c’è, sarebbe da ciechi non notarla. Dissento su un punto: che in Italia non si pubblichi niente di lontanamente paragonabile; il poco di ottimo che c’è si perde nel marasma, è vero, ma c’è – Milo de Angelis, Antonella Anedda, solo per fare i nomi più ovvi. Che tra l’altro con questo svedese hanno una qualche aria – ma vado totalmente a naso – di familiarità.
credo anch’ io ci sia un fortissimo limite nella traduzione….così di primo acchitto non mi dicono molto ma ricordiamo che si tratta solo di spunti…bisognerebbe leggere l’ opera in una traduzione degna di nota…mi riservo di farlo prima di esprimere un giudizio netto….poi va beh l’ avessero dato a Bob Dylan sarebbe stato meglio….;))))
Io lo trovo meraviglioso.
Ovviamente se si considerano solo le parole queste poesie sono “carine”; purtroppo, lì dentro, la cosa fondamentale sono i silenzi.
Quanti cattivi commenti qui dentro!
Quante lingue avvelenate!
Ma le persone che scrivono con tale veleno conoscono almeno la poesia?
Sanno giudicarla?
O parlano forse sol perché non ce l’hanno fatta loro stessi a prendere un premietto?!
Personalmente debbo dirvi che le poesie del neo Premio Nobèl non mi piacciono particolarmente, ma trovo molte immagini da lui raccontate molto originali e ad ogni modo mi guardo bene dal dire che non merita il Nobèl! Lo merita, lo merita sol perché ha ottant’anni e perché è una persona di terza età che ha vissuto un’intera vita a contatto con la poesia.
A chi dovremmo dare il Nobèl secondo certi sedicenti critici che urlano allo scandalo: oh, speriamo per l’anno prossimo!
Ma chi vi credete di essere?
Come osate giudicare l’opera di un poeta senza nemmeno sapere che cosa è il poeta!
Secondo certi sedicenti critici dovremmo dare il Nobèl a qualche presuntuoso e arrogante poetucolo italiano che, a forza di raccomandazioni e chissà che altro!, è su tutti gli scaffali delle librerie grazie però soltanto al marchio dell’editore che lo pubblica??
Bene, allora tacete per cortesia.
E’ questo il bello… della Poesia: che Eliot diventa il topo e Transtromer la montagna. E’ quello che dicevo nel mio commento: colla poesia si può barare meglio che con altri generi artistici. Ma c’è un limite, ed anche se il signore sopra vuole provocare, dire che Eliot è una bufola equivale a sputare a testa insù… e non c’è medicina, credo, proprio non c’è.
A quelli che parlano di traduzioni dico che sono secoli ormai che mi batto contro la traduzione in sé, e che solo la lettura non mediata rende qualcosa (non tutto perché nessuna comunicazione rende tutto) ma vorrei sapere, visto che è stato amalgamato come argomento di contrattacco, quanti dei sostenitori di questo Nobel L’HANNO LETTO IN ORIGINALE? Sapete lo svedese?
Complimenti.
Il mio discorso, concludo, non è CONTRO questo poeta, le cui poesie non mi esaltano, ma CONTRO un premio deteriorato e danneggiato DA SEMPRE e contro il cattivo status in cui versa la Poesia, isola forfettaria e sovrappopolata, specialmente da bari e compari e dove tutto è come alla mercé d’un caleidoscopio, d’un gioco di specchi, ma non nei contenuti o nelle forme, bensì nelle recezione critica, completamente sballata. Della serie “che poeta estroso!”.
Se poi il premio è stato dato a questo o a qualcun altro a me non interessa, l’accademia di Stoccolma ha lasciato a casa, all’asciutto, tanti di questi Mostri Letterari che il premio stesso è diventato (è sempre stato) una tessera di istituzionalità, la discriminante tra artisti Organici e artisti Disorganici. E io preferisco i secondi (con tutti i limiti della definizione).
Arrisentirci
Le poesie non sono poi così male, ma concordo che il premio sia decaduto e senza nerbo. Da un lato, vorrei leggere molto di più di dieci poesie, dall’altro trovo risibile chi, per elogiare un autore che probabilmente non conosce poi così tanto, si permette di denigrare Eliot.
“Nulla di quanto viene pubblicato in Italia oggi può stare loro a paragone”.
ma per piacere.
Già, Sanguineti e Luzi ( candidati in vita ) si staranno rivoltando nelle loro ceneri…
Rispondo all’opportuna questione sollevata da Francesca Diano. La prima stesura di queste traduzioni risale al Seminario tra poeti italiani e poeti svedesi che si tenne al palazzo ducale di Colorno nel 1997 e al mio successivo soggiorno in Svezia del 1998
http://www.francobuffoni.it/video_nassjo_poesi_festival.aspx
@Dinamo Seligner, @ BP
Oh santi numi, ma siete caduti nella trappola in pieno, malgrado tutti gli avvertimenti del caso! Nessuno si azzardi a toccare Eliot! Caro Seligneri, credo che la sacralizzazione dei Grandi Poeti non giovi affatto alla poesia; il giudizio critico può e deve, quando ne sente l’opportunità, mettere tutto in discussione – cosa che io in realtà non intendo affatto fare in questa sede. Il problema Eliot è semplicemente uno: che il senso comune vuole sia il più grande poeta del Novecento. E questo, sinceramente, non posso crederlo vero, è una semplificazione. Per quanto sia un grandissimo, un gigante, che ha condizionato quasi tutto ciò che è venuto dopo, per quanto i suoi saggi critici, straordinari, hanno fondato una nuova idea di letteratura, tracciato nuove vie alla tradizione. Nessuno si è azzardato a dire che Tranströmer sia “meglio” di Eliot, accusarmi di questo è fare cattiva retorica. E il ridimensionamento di Eliot, gigante un po’ troppo ingombrante sulla scena poetica angolamericana, non è cosa che ho lanciato io, ultimo degli sprovveduti – e qui speravo che si avvertisse l’aria da citazione. Quella del “divulgatore di Pound” è di Mario Praz. Si è sputato in faccia? E che dire dei Trentisti, Auden, Isherwood, Spender, che Eliot non lo potevano sopportare? Pivellini? O del grandissimo Dylan Thomas, che bellamente lo ignorava? Un autodidatta? Che dire di William Carlos Williams, anch’egli un gigante (per quanto ignorato in Italia), che pur essendo amico di Pound disprezzava Eliot per l’aria mortifera da citazione alessandrina che aveva insufflato in poesia? Qualcosa di interessante, tra tutti costoro che certo stolti non erano, che certo non peccavano di dilettantismo né di lesa maestà nei confronti della Poesia, qualcosa d’interessante sarà stata detta? Oppure la Poesia è una religione di cui idolatrare acriticamente i santini? Io preferisco gli eretici, che si fanno bruciare sul rogo “che eleva la loro ribellione”. Guardate in Francia cos’ha creato la “santinificazione” di Mallarmé-Valéry; per un secolo, tranne poche punte acuminatissime, tutta la poesia francese è stata ferma lì, a puzzare di acqua stagnante.
E sì, malgrado la Storia sia finita l’Arte esaurita l’Occidente tramontato e tutte quelle cazzate lì, potrebbe ancora capitare, nel futuro dell’umanità, un qualche poeta più grande di Eliot. Ma non è affatto detto che lo pubblichino.
P.S: io comunque Eliot lo adoro, ce l’ho sul comodino. E questo Tranströmer, a rileggerlo, convince, convince davvero.
non sono una grande lettice di poesia, ma talvolta capita, e queste poesie di questo sconosciuto poeta mi hanno scaldato il cuore
Buffoni, ammiro il tuo aplomb, e non dico altro.
io invece ammiro coloro che non sono servi dei poeti.
@ Franco Buffoni
La ringrazio della risposta e del link. molto interessante. Ho sollevato la questione, per me essenziale, perché ho una non indifferente tradizione di traduzione alle spalle e perché mio padre è stato, tra le molte cose, un grande e il primo traduttore dell’altro poeta e premio Nobel svedese, Lagerqvist e di Sven Hedin, poiché parlava perfettamente anche lo svedese.
Non ho ancora capito però se lei ha tradotto direttamente dallo svedese. La traduzione in ogni caso – e lo dico non conoscendo i testi di partenza – è molto bella e ha in sé una forza che mantiene di sicuro la potenza dell’originale.
Nel tradurre poesia, purtroppo, emerge tutta la limitazione del tradurre, perché inscindibile dalla parola è la sua musica e quella è davvero difficile ricrearla, soprattutto in lingue lontane tra loro.
Per quanto riguarda il tradurre da una traduzione, dunque un’ulteriore mediazione, ho purtroppo l’esperienza delle varie traduzioni dei versi di Tagore che girano in Italia. Sono fatte su traduzione inglese, ma questo non viene detto. Gente che dice di conoscere il bengali e traduce solo testi tradotti in inglese, ma nessuno di quelli che in inglese non è stato tradotto… molto triste.
@Saya. Io mi riferisco ai viventi. Luzi dunque non è nel novero e, ovviamente, nei grandi includo Zanzotto. Quanto a Sanguineti….. meglio tacere. La poesia è altro. E a proposito di traduzioni, Sanguineti ha sfornato delle traduzioni dai tragici greci che contenevano perle come questa: “ecco le orme che camminano”…. a parte gli svarioni.
@ d.p.
Grazie di aver citato l’immenso Dylan Thomas, che amo infinitamente e il davvero poco conosciuto William Carlos Williams, che in un lontano passato ho tradotto anche io. E Ezra Pound e, tra i giganti, Manley Hopkins, da cui Eliot ha attinto a piene mani.
Ma la lista è lunga.
Io il Nobel lo darei a Dino Campana, alla memoria.
solo che AMA la poesia è in grado di recepire la grandezza di queste poesie, la fusione con la natura è tale da sentirsene parte solo leggendole, e le immagini sono così lievi da rendere meno paurosa anche una tempesta come in una notte d’inverno…
Una notte d’inverno (Tomas Tranströmer)
La tempesta poggia la sua bocca alla casa
e soffia per emettere un suono.
Dormo inquieto, mi giro, leggo
il testo della tempesta assopita.
Ma gli occhi del bambino sono spalancati al buio
e il temporale mugola per lui.
Entrambi amano le lampade che dondolano.
Entrambi sono a metà strada dal linguaggio.
La tempesta ha mani infantili e ali.
La carovana si lancia verso la Lapponia.
E la casa avverte la sua costellazione di chiodi
che tiene insieme le pareti.
La notte è immobile sul nostro pavimento
(dove tutti i passi attutiti
riposano come foglie affondate in uno stagno)
ma fuori infuria la notte!
Sul mondo passa una piú grave tempesta.
Poggia la sua bocca alla nostra anima
e soffia per emettere un suono – temiamo
che la tempesta soffiando ci svuoti.
c’è una bella differenza fra chi se ne intende di poesia e chi invece… la ama… e i commenti qui sopra ne sono la dimostrazione più evidente…
Ballata delle donne
di Edoardo Sanguineti
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
Forse vale la pena ricordarsi che il premio Nobel per la letteratura non è un premio all’autore giudicato migliore in sé e per sé. Cioè, non è un “oscar” della letteratura, per intenderci. Come stabilito da Alfred Nobel nel suo testamento, il premio dovrebbe andare “a chi, nell’ambito della letteratura, abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole”. Quindi si parla di idealismo, intanto; e va da sé che questo esclude a priori una buona fetta di letteratura.
Questa di Sanguineti, Matteo, è una poesia che amo. ciascuno di noi vive amori diversi e non condivisi, per fortuna.
chi ama la poesia apprezza Sanguineti e la poliedricità della sua immensa poesia come questa…
ah il mio sonno; e ah?” di Edoardo Sanguineti
ah il mio sonno; e ah e oh ? e involuzione? e ah e oh ? devoluzione (e uh?)
e volizione ! e nel tuo aspetto e infinito e generantur !
ex putrefazione; e complesse ; ex superfluitate; livida Palus
livida nascitur bene strutturata Palus; lividissima (lividissima terra)
(lividissima): cuius acqua est livida; (aqua) nascitur! (aqua) lividissima!
et ommnia corpora oh strutture! Corpore o strutture mortuorum
corpora mortua o strutture putrescunt; generantur! amori !; resolvuntur;
(λ) lividissima l! lividissima (palus)
particolarissima minima: minima petra; definizione; sonno;universo;
Lazso? Una definizione! (ah l) complesse terre; nascinatur!
ah inconfondibile precisabile! ah inconfondibile! minima!
oh iterazione! oh pietra! oh identica identica sempre;
identica oh! alla tua essenza amore identica!
alla tua vita e generazione! E volizione! (corruzione)
perché essenze le origini; essenze;
e ah e oh? (terre?)
complesse composte terre (pietre); universali; Palus;
(pietre?) al tuo lividore; amore; al tuo dolore; uguale tu!
una definizione tu ! liquore! definizione ! di Lazso definizione !
generazione tu ! liquore liquore tu ! lividissima mater:
Confesso che le trovo folgoranti. Non posso fare altri nomi. un poeta è un poeta. Eliot e Pound, Campana e Rebora sono Eliot e Pound, Campana e Rebora. Mi fermo un attimo, stacco le dita dalla recensione che sto iniziando con fatica, perchè alcuni inquietanti lampi li avevo intravisti -li hanno in comune, non si sono copiati, si possono avvertire abissi condivisibili- nel Luzi “gotico” e in Bonnefoy -altra scommessa seria mancata-, nell’algore inumano del ritorno alla “cosa” di Bonnefoy. Ma secondo me qui c’è roba molto buona. Lasciamola decantare.
@dp
Comprendo se lei vuole andare a sfracellarsi contro la vulgata che vuole Eliot meglior poeta del Novecento; se proprio desidera, vengo anche io, si va in sidecar (ci diamo il cambio alla guida) a schiantarci contro tutti i Girolamo che vuole.
Non è questo il punto.
Il punto è che la poesia è quello che è, ognuno ha la sua, ed i premi sono quelli che sono, ognuno si becca i suoi, per bravura e per “patente”. Oggi, purtroppo, o per fortuna, non mi interessano né la prima né i secondi.
Della critica e dei giurati non parlo.
Eliot, poi, ha portato la Poesia ad un punto di arduo ritorno, secondo me. Bisogna, in second’ordine, sempre secondo me, diffidare dei giudizi dei Grandissimi sui colleghi Grandissimi, non perché subentri l’invidia (probabile), ma perché ognuno tende a prendere le misure al prossimo (poeta) coi metri della propria Poetica.
Troppo comodo.
Ps: Transtromer è un tantino in là cogli anni; per quel che vale aver preso un Nobel, premio sputtanato, tanto valeva darglielo quando era giovane, almeno gli rimaneva da disperdere il peculio. Ma è risaputo che è l’età senatoriale quella dove si raccolgono i frutti (secchi)… sono leggi.
Io penso invece che siate tutti stronzi.
Ecco il bello lucido del pathos della sobrietà.
Dal marzo ’79
Stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua
sono andato sull’isola coperta di neve.
Non ha parole il deserto.
Le pagine bianche dilagano ovunque!
Scopro orme di capriolo sulla neve.
Lingua senza parole.
[T. Transtromer: “Poesia dal silenzio”]
@Dinamo Seligneri
Non vale la pena immolarsi per così poco, c’è ben di peggio al mondo contro cui sfracellarsi. Anche se un kamikaze in sidecar sarebbe davvero troppo simpatico per far paura. Per quanto riguarda la logica dei premi, non ultima del Nobel, sono ancora troppo poco compromesso con le macchinazioni politico-editoriali per saperne parlare – son giovane, mi si conceda il privilegio dell’ingenuità – ma ho letto abbastanza scartafacci privati tra i vari Calvino e Moravia per essermi già da tempo disilluso sul panorama italiano – ma ugualmente istruttivo è Gassman nei panni di una Musa in un celebre episodio de I mostri). E parliamo di tempi in cui bene o male lo Strega lo vinceva gente che sapeva scrivere. Il Nobel, che sembra tanto più nobile ma poi non lo è, ci prende e non ci prende, questo si sa: quando fu dato a Le Clézio mi caddero le braccia, ho pensato che il prossimo sarebbe stato Coehlo – magari mi sbaglio perché non l’ho mai letto, ma è più forte di me, non riesco a sostenerne più di una pagina. Ogni premio, critica, giudizio, son fatti da uomini che hanno più o meno competenze, umanità, idiosincrasie, interessi, soggetti a tutti i possibili errori e meschinità che da quando esiste l’uomo si vedono su terra. Però è anche vero che, malgrado tutto, negli ultimi decenni il Nobel ha portato alla ribalta qualche nome più che interessante (dico in ambito poetico) che altrimenti sarebbe rimasto nel buio delle alcove di qualche biblioteca nazionale. Di questo poco bene che ne viene, facciamone tesoro. Per quanto riguarda i tafferugli tra Grandissimi, la questione è molto più delicata a mio avviso, ma proverò a esprimere il mio umilissimo parere, a parole mie. Vero, molto spesso si tratta di conflitti di “poetica”; ma quanto possiamo ignorare la “poetica” – preferisco dire il pensiero, il progetto, o il modo in cui un autore suole leggersi e debuttare in società – nella valutazione di un autore? O prendiamo la letteratura, questa roba spuria e compromessa con la storia, le ossessioni individuali, le convinzioni ideologiche e le frustrazioni degli uomini, e la trattiamo come una cosa seria – e allora la poetica, il pensiero, la rifondazione di una tradizione, la conversione a una fede vanno presi sul serio e non come i vaneggiamenti di un folle – o azzeriamo tutto ciò che è intenzionale e leggiamo le poesie pieni di brividi estatici per quei versi che vanno dritti al nostro cuore. O ancora, interpretiamo a nostro esclusivo arbitrio facendo del nostro gusto una legge, senza nemmeno affaticarci di renderla intellegibile al prossimo – ma questo lo fanno già gli autori, per l’appunto, che sono tutti un po’ despoti. Che Williams, poniamo, odiasse Eliot, non è una cosa che posso ignorare se leggo Williams: ciò che lui intende fare con le parole, l’organicità del suo progetto poetico, e soprattutto le frizioni tra intenzione e realizzazione, sono capitali non solo per una comprensione a freddo, ma anche e soprattutto per la bellezza della sua opera. Chiaro che poi l’intelligenza del lettore, la sua magnanimità – dovuta spesso al fatto che ci mette in gioco molto meno di quanto ci metta in gioco un grande autore – e direi anche la distanza storica che esautora e chiarifica il profilo di certe forze in contrasto, permettono di far entrare nel canone, spalla a spalla, sia Eliot che Williams. Ovvio che in ogni giudizio c’è ben più da coinvolgere che il programma di un autore, questo ci è stato ampiamente insegnato sui banchi di scuola – spesso anzi dei monumenti letterari sono scaturiti dalla frana disastrosissima di un progetto infausto in realizzazioni miracolose (vedi Pound) – ma far finta che le intenzioni non esistano, che non pesino nella storia dell’arte e della cultura, per me è una farneticazione disumanizzante. Non accuso nessuno di questo, figurarsi, ma tanto vale spingere sull’acceleratore del sidecar. Insomma, non sono sicuro che un ateo convinto possa leggere l’ultimo Eliot allo stesso modo di un credente sincero, perché nella sua fede – “poetica”, “programma”, “ideologia”, almeno agli occhi dell’ateo – si gioca qualcosa di essenziale per la sua arte. Ma meglio tornare a Tranströmer , a questo punto, e lasciare la parola a chi ne sappia qualcosa di più, dato che l’omaggio, in questo post, è per lui.
@ Francesca Diano
Dylan Thomas, visto che qui si reclamano i sentimenti, è stato tra i miei primissimi amori. Non posso che pensare tutto il bene possibile, di lui, innamorato di ogni suo difetto. Ci bruciassero tutti i libri, in un fosco prossimo futuro, manderei a memoria tutto Dylan Thomas, e non mi stancherei mai di ripeterlo. Ma questa è autobiografia.
@paco
è un bellissimo verso! Con quell'”invece”! Spero di essere incluso.
Il problema è che i poeti di questi ultimi decenni, non riescono a prescindere dal sentirsi poeti.
Emily Dickinson o T. Eliot ? Quale? uno dei due è superfluo… Qual’è il critico e quale il poeta?
Un poeta se è un poeta cercherà di smettere di esserlo appena può…
Arte, poesia ecc.. Ecco un chiaro discorso sull’artista (leggi clown, leggi poeta…)
“Ciò di cui un clown ha bisogno è riposo, l’illusione di ciò che gli altri chiamano il riposo serale. Ma questi altri non capiscono che l’illusione del riposo per un clown consiste appunto nel dimenticare il proprio lavoro, non lo capiscono proprio perchè loro si occupano della cosiddetta arte proprio nelle loro ore di riposo, cosa del resto perfettamente naturale. Un problema a sè rappresentano invece le persone dotate di temperamento artistico, che non pensano ad altro che all’arte, ma che non hanno bisogno di riposo serale, perchè non lavorano. Quando uno comincia a definire artista un individuo dotato di temperamento artistico, nascono i più penosi malintesi. I tipi dotati di temperamento artistico cominciano sempre con l’arte, proprio nel momento in cui l’artista ha l’impressione di trovare finalmente un po’ di riposo. Il più delle volte colpiscono esattamente il nervo, in quei due, tre, cinque minuti in cui l’artista dimentica l’arte; il tipo con sensibilità artistica comincia con Van Gogh, Kafka, Chaplin o Beckett.”
Heinrich Boll – Opinioni di un Clown-
Un treno è entrato in stazione. È fermo, vagone dopo vagone,
Ma nessuna porta si apre, nessuno scende o sale.
Ci sono veramente delle porte? Là dentro un brulichio
Di uomini rinchiusi che vanno su e giù.
E scrutano dai finestrini immobili.
poesia scontata, banale, vecchia in tutti i sensi. esaltare questo autore fa comodo alla casta per giustificare la propria mediocrità.
@la voce della verità
ma si legga anche il seguito, per favore, che di qualunque poeta si possono isolare due versi per dimostrare che fa schifo:
E scrutano dai finestrini immobili.
Fuori lungo il treno cammina un uomo con un martello.
Urta le ruote che debolmente risuonano. Tranne qui.
Qui il rumore aumenta incomprensibilmente: un fulmine,
Il rintocco dell’orologio della cattedrale,
Il rumore della circumnavigazione del globo
Che solleva tutto il treno e le pietre umide dei dintorni.
Tutto canta. Ve lo ricorderete. Andate avanti.
Un po’ meglio, mi sembra. Ma certo, c’è anche di meglio.
“Banale” non è una categoria critica a mio avviso, gran parte della letteratura traffica con gli stereotipi, e spesso lo fa incredibilmente bene; e il discrimine tra “nuovo” e “vecchio” non è assolutamente sovrapponibile a quello tra “buono” e “cattivo”, altrimenti attenzione, perché la “casta” quella vera – non quel comodo spauracchio che ci solleva tutti dalle nostre colpe di servi del conforto occidentale – ha saputo ormai da tempo annettere le legioni del nuovo e dell’originale ai suoi eserciti, facendo terra bruciata dello scomodo, banale vecchio che le faceva da ingombro. Attenti dunque agli stereotipi che accusate, perché potreste incarnarne uno. Ognuno è liberissimo di giudicare le poesie secondo i suoi gusti e convinzioni, ma voler ratificare il proprio giudizio, da pochi versi isolati sediziosamente, con una qualche vaga velleità politica – o meglio con due parole liquidatorie da snobismo grillino, mi sembra quanto meno adolescenziale come atteggiamento. Ma sono i giovani, si sa, che amano la verità.
Dopo attenta lettura, vi lascio un mio commento a “Palazzo” di Tomas Gösta Tranströmer, Nobel per la letteratura 2011.
Una profondissima metafora, anzi una profondissima allegoria del potere e dei potenti insieme. Come se il poeta voglia farci entrare nell’anima di ogni potente della terra, “Silenziosa e vuota”; entriamo in questo “Palazzo” dal pavimento lucido come ghiaccio, quasi una leggera vertigine si percepisce alla lettura, immagini forti e altamente evocative, come nel distico “Ci avvicinammo al cavallo. Era gigantesco, / Nero come un ferro. Un’immagine del potere stesso”. Infine, una chiusa, quell’ultima quartina, straordinaria, in cui i punti fermi alla fine di ogni verso conferiscono un andamento ostinato, perentorio, come una spada che incombe ad ogni “a capo”.
Questo è almeno quello che ho percepito io.
dopo la notizia del nobel, per curiosità, ho cercato online qualche poesia di Tomas Tranströmer, per farmi un’idea. Quelle riportate qui mi sembrano piuttosto banali e prive di idee o della capacita di descrivere in modo efficace emozioni e immagini. Sicuramente una poesia può essere giudicata meglio in lingua originale, la sonorità delle parole inevitabilmente sparisce nelle traduzioni, ma alla fine direi che resta ben poco.
A me piace moltissimo. Mi ha colpito la grande padronanza del linguaggio delle immagini e della concatenazione metaforica, elementi fondamentali che distinguono il vero poeta dal semplice “facitore” di versi…
Mi complimento di cuore con l’amico Franco Buffoni. Dev’essere un grande onore essere traduttore di un Premio Nobel, ma, prima ancora, di un poeta così straordinario come Transtromer!
Sì, traduzione vuol dire sempre “tradire”, non può restituirci il suono originario, ma, una buona traduzione ci restituisce lo spirito della poesia, anche se l’abito è cambiato, e questo si ripropone al nostro ascolto attento con ogni vera poesia.
Anch’io mi complimento con Franco Buffoni per averci restituito lo spirito di questa profondissima poesia del neo premio Nobel Tomas Gösta Tranströmer, con l’augurio si procede presto alla traduzione in italiano dell’intero “corpus” poetico.
di fronte alla poesia bisognerebbe far silenzio ed ascoltare. la poesia si serve dei poeti, sia sconosciuti che famosi, per offrirsi al mondo.
se è poesia parla da sola a chi la sa leggere, senza bisogno di intermediari che garantiscano per lei.
Trovo queste poesie intense, molto piacevoli da leggere e rileggere, assai più fruibili di altre dello stesso autore.
nulla di nuovo sotto il sole, non mi entusiasmano e poi la poesia del dis-impegno non mi interessa.
Trovo intense queste poesie. Le immagini producono il silenzio, non vi e’ grido, lamento, le parole sono posate con delicatezza e le immagini che producono sono lievi, hanno colori sfumati. Sono espressione di uno stare al mondo in punta di piedi. In un’epoca cosi’ ammalata di protagonismo, mi sembra di aver ‘bisogno’ come lettrice e come poeta, di questa poesia.
Speriamo che venga tradotta presto, mi auguro che un buon editore si dia da fare per far uscire al piu’ presto questa poesia in lingua orikginale e con testo a fronte.
Luigia Sorrentino
buona sera. per potersi fare un’ idea critica costruttiva e costruente- se mai in poesia la critica abbia ancora un valore – meno fragile sarebbe interessante sapere se le poesie sono state tradotte direttamente dalla lingua originale o da una traduzione in qualche altra lingua a sua volta tradotta in italiano. credo sia importante se non nodale saperlo perché se fosse come nel secondo caso sarebbe occorso ben indossare la carne e il sangue altri per due volte e comunque mettere anche i testi in lingua sui quali si è operato . tutto sta nel rendere empatici due linguaggi non tanto le parole ma ciò che funge loro da mastice siderale. a parte “Motivo medievale” trovo queste poesie? traduzioni? fiacche e limitanti per quanto riguarda l’ evocazione delle immagini francamente subdinamiche o forse depotenziante e di strozzato respiro. oserei ridondanti. oserei di poca azione di rottura nel battito del cuore. ma resto nel vago assicurato del quale chiedo scusa non sapendo lo svedese e non sapendo da quale lingua sono state tradotte.
un saluto
paola lovisolo
sarebbe interessante sapere, almeno per me.
@paola lovisolo
… ma lei, mi dica mi dica, come caspita scrive?! trovo il tutto francamente subdinamico…
La risposta al quesito posto da Paolo Lovisolo è già stata data: il 7 ottobre alle h 11.41.
@F.Buffoni
ringrazio per avere rimesso la nota.
paola
Io personalmente sono soddisfatta di questo premio nobel.
Per una volta è stato assegnato a un poeta in “originale” in quanto è un profeta in patria. è stato premiato per la sua bravura, e non perchè va contro a qualche regime, o perchè denuncia qualcosa.
A volte penso: ci vuole tempo, tempo per imparare a entrare intimamente in contatto con l’arte. Ci vuole tempo per lasciarsi prendere da ogni nuova voce.
Io ho letto e dentro me m’inchino all’arte di visionarie nostre immagini, quelle del colettivo multiforme che si muove, in perenne trasformazione.
Tutto è in eterno mutamento, e qui, tutto, in qualce modo è attuale e ci rassomiglia.
Ho un’amica svedese, le chiederò di leggermi le poesie in lingua madre: oltre alle immagini potrò godere della musica.
poesie di tal fatta anche molto più carine le scrivevo quando avevo diciottanni e ancora me ne vien la voglia di scriverle. Un mio amico le ha trovate e me le ha pubblicate e STRANAMENTE ( per me che pensavo fossero giochetti) piacciono molto al pubblico dei lettori. E’ un pò come la metafisica del cantante Battiato… ci si può illudere di scoprire mondi nuovi by by
Trovo la poesia di Transtromer molto interessante. Non essendo un poeta ne un letterato mi accosto umile alla poesia altrui cercando di coglierne i significati nascosti, i sottintesi, i giochi di luce. Credo che lo stile e i contenuti siano derivati da una lunga consuetudine, direi amicizia, con la natura e le sue atmosfere. Considerato che si tratta di uno svedese è facile immaginare i paesaggi e le impressioni conseguenti. Se a questo aggiungiamo una sua personale sensibilità verso la natura e la visione della vita che ne deriva, credo che si possa arrivare ad una chiave di lettura che riesca a decifrare i significati rendendo i versi di Transtromer più comprensibili e quindi più belli.
Trovo comunque molto interessante la discussione su questo poeta al dilà del fatto che abbia preso un Nobel. Grazie a tutti. Un saluto
Maurizio
Nella poesia non ci può essere oggettività, ci sono sensazioni chiaroscuri. Concordo sul deteriorarsi del Premio…e concordo anche sul fatto che le poesie vanno lettere e rilette ma non con razionalità.
Ma scusate comunque il mio campalinismo ma certe poesie della Merini tolgono il respiro da subito senza il bisogno di legge un’intera opera! E la poesia di Saba “ritratto della mia bambina” è un capolavoro assoluto di ogni tempo..questi miei sono solo alcuni esempi.
E’ vero che molto si perde nella traduzione ed è vero anche che la poesia va letta con il cuore.
troppa gente che scrive e giudica. Poca gente che legge e capisce
Io sono italo-svedese. Nata in Svezia, cresciuta in Italia, ritornata in Svezia. Dell’Italia ho imparato non tanto il dono della sintesi ma l’arte delle tante, tante, tantissime parole decorative… come l’architettura barocca! Tranströmer secondo me e’ immagini e sintesi. Il mondo sapete e’ fatto pure di piccole cose.
Cito con un sorriso ciò che disse Carmelo Bene: ‘ Per capire un poeta, un artista, ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista.
Paolo tona.. Parlane con Tranströmer.
chi ama la poesia non potrebbe secondo matteo non apprezzare quella sul sonno di sanguineti. invece a me fa schifo, tale poesia (mentre trovo molto bella quella sulle donne). è difficile che accosti la parola “schifo” a un testo poetico, non succede quasi mai, ma con questa di sanguineti è successo. ma oggi ho letto per la prima volta una raccolta intera di transtromer, un centinaio di poesie, e mi ha rapito. da molto tempo non mi succedeva, avendo ormai esaurito da anni la lettura dei poeti “da scaffale”, cioè dei grandi poeti, i poeti che rapiscono il lettore (non che lo scaffale coincida in toto con i grandi, ma è comunque una misura). per me è un grande, e come sempre soltanto il tempo potrà giudicare. saluti
poeti grandi, poeti minori..perchè non dire che ci sono quelli che ci piacciono, ci “prendono” e quelli che non ci piacciono?..a prescindere dai premi?..
luino ha ragione, troppa gente che scrive e giudica, poca gente che legge…non voglio dire che non capisce…piuttosto non ama veramente la poesia e ne sa pochissimo.
A me non importa del Nobel, questo poeta è molto interessante, le sue poesie ti inchiodano, e rimanere un pò fermi, in silenzio, non può farci che bene (se non si ha paura). Esse evocano tutto il silenzio di questo mondo, la solitudine e l’importanza delle parole, a volte eccessive.
E ancor più la necessità della ricerca di un linguaggio, altra cosa.
L’assenza del linguaggio produce confusione,giudizi arroganti,personali(narcisisti?..), intelletualistico-formali, assolutamente inutili.
Intense, a volte commoventi,le immagini evocate dalle sue poesie, segno di grande capacità (e sensibilità) di lettura e sintesi della realtà. Soprattutto quella umana.
Le pietre
Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
cristalline negli anni. Nella valle
volano le azioni confuse dall’attimo
gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
nell’aria più leggera del presente, planano
come rondini da cima
a cima dei monti finchè
raggiungono l’altopiano più remoto
lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
le nostre azioni cristalline
su nessun fondo,
tranne noi stessi.
Trastromer mi ha mostrato una cosa fondamentale che a molti altri poeti è sfuggita: la poesia non è nelle poesie!
Le poesie sono parole, la vera poesia però sta nella comprensione delle stesse, che per quanto possa risultare ostica verso questo poeta, resta forte il suo essersi incentrato su tale caratteristica.
I precursori sono sempre poco accettati dal pubblico, Ungaretti non vinse il Nobel, ma credo che paragonandolo con questo poeta risulti a questo pubblico nettamente più gradito.
ora, per quanto questo premio, che come tutte le istituzioni umane, volge in momenti di declino, bisogna ricordare che prima delle premiazioni, prima degli autori e prima dei paragoni, è la vera poesia che deve essere protagonista nell’espressione di un parere.
A mio parere questo poeta riesce ad eclissarsi molto bene dietro le sue opere, lasciando un pensiero comprensibile e condivisibile per ogni persona, ovviamente a seconda della situazione alla quale vogliamo riferire una determinata poesia.
Secondo me la vera svolta che Trastromer ha regalato alla poetica umana è proprio l’uscire dalle parole, l’abbandono della mera poesia per la comprensione ultima… ogni frase che scive è parte di un pensiero che nasce solo nella mente di chi legge tra un immagine e l’altra che le sue poesie ci regalano. La poesia che sento viene dal suo saper cogliere un sentimento abbinato ad un istante e a un’immagine, e si sviluppa solo nel pensiero di chi la riconosce propria, come la vera poesia dovrebbe essere, indipendentemente dall’estetica e da chi l’ha scritta.
Purtroppo non siamo ancora abituati a questo genere di arte, è uno stile che stride soprattutto per l’abitudine italiana di considerare molto l’apparenza.
Si tende ancora a restare impressionati passivamente dalla lettura e questa è una disposizione utile più alla prosa che alla poesia. Infatti la poetica di questo utore è cmpletamente attiva, il lettore non può più restare impressionato dalle parole dopo secoli e secoli di lettaratura, la svolta è il pensiero!
La poesia nasce nal pensiero, tutto è incentrato sulle immagini maentali e sui relativi collegamenti che ogni lettore attivo riesce a fare, allora nasce una poesia dinamica, moderna, che si rinnova ad ogni lettura dando sempre un effetto diverso a seconda di quello che di volta in volta riusciamo a capirne e a capire di noi stessi.
Non è il premio a fare la differenza, nè come queste parole si mostrano, ma quello che ogni persona trae dalle poesie che riceve come un dono, cosa che per troppo tempo è rimasta un monopolio di chi scrive quando è proprio da qui che nasce la vera poesia, nei pensieri e nell’anima di chi la vive
@la voce della verità
Solo i poeti non sono servi di poeti
Chi critica e giudica è solo un servo
Trastromer la sabbia nella tua clessidra scorrerà in eterno e nel silenzio di un arcobaleno la tua partita a scacchi prosegue
Caro tomas la tua clessidra scorrerà in eterno e nel silenzio di un arcobaleno la tua partita a scacchi prosegue
C’è tanta arroganza anche in chi sostiene che non c’è poesia o poeta paragonabile alla grandezza di un Trastromer o di un Eliot nel panorama italiano dei nostri tempi. E sarà anche vero, è assai probabile che lo sia, ma questo non può passare come un’affermazione di principio. Infatti su che cosa si fonda? Forse che chi afferma questo conosce tutto quanto è stato scritto e pubblicato in Italia? Troppo spesso ciò che viene pubblicato da noi, ma credo anche altrove, è il peggio, spacciato per il meglio, e lo si esalta come tale, spesso, in modo del tutto acritico, solo perché altri lo hanno dichiarato tale. C’è una grossa magagna, in tutto questo che è difficile da aggirare e da superare. Indubbiamente, i versi di Transtromer sono, al tempo stesso, delicati e intensi per le suggestioni che sprigionano e sanno comunicare, sono versi di straordinaria fattura e bellezza; ma, forse ci sono altri “Transtromer” , affatto sconosciuti, che la critica militante, quella che dovrebbe fornire i parametri per fare chiarezza e permettere un tale discernimento ( tra ciò che è poesia, e buona poesia, e ciò che invece non può aspirare ad esserlo), non ha interesse a scoprire e a rivelare… E non è qui il caso di intrattenerci sui motivi di un tale atteggiamento.
penso che tutte le persone che hanno definito le poesie di Transtromer ”carine” o addirittura ”vuote”, siano abbastanza superficiali, e che non si siano soffermati abbastanza su di esse.