Contro i tagli alla cultura – per le biblioteche come bene comune – per una rivolta del sapere
Martedì 11 ottobre, dalle 17.00 alle 22.00, un’assemblea pubblica è indetta alla Biblioteca Nazionale di Roma.
In una crisi politica e sociale ogni giorno più clamorosa, un’indifferenza feroce, una rabbia contro il valore stesso dello studio e della conoscenza, colpisce le biblioteche, le scuole, le università, l’editoria, i lavoratori della cultura, dello spettacolo, gli studenti, e tutti coloro che ritengono fondamentale la cultura per una comunità che vuole dirsi tale.
Per questo da mesi in Italia stanno sorgendo centinaia di iniziative tra studenti e lavoratori della conoscenza per chiedere non solo la difesa dei propri diritti, dell’articolo 3 della nostra costituzione (dove si scrive che l’istruzione è il motore fondamentale dell’inclusione sociale), ma per immaginare tutti insieme una grande cittadinanza attiva capace di pensare un futuro diverso.
E per questo – in un paese dove si legge poco, dove ci sono ancora due milioni di analfabeti totali, e cinque di semianalfabeti – abbiamo scelto come luogo obbligato per un’assemblea pubblica aperta a tutta la cittadinanza la Biblioteca Centrale di Roma. Lo spazio che dovrebbe essere il cuore pulsante di una polis, un bene comune accessibile a tutti e che tutti abbiano a cuore, è oggi trattato dal governo come un ostacolo a quello che sembra un autentico progetto di desertificazione culturale.
Noi pensiamo che proprio le biblioteche e i luoghi pubblici della cultura possano essere i centri di una rivolta del sapere: perché le biblioteche pubbliche sono come le fontanelle, sono come i pronto soccorsi, sono come le caserme dei pompieri, sono come le scuole materne. Sono necessarie, e dovrebbero essere sempre di più spazi di partecipazione per tutti quelli che si riconoscono nel valore dei beni comuni, nel piacere dello stare insieme, nell’importanza di sentirsi cittadini.
Perché allora un luogo così importante chiude tutti i giorni alle 19 e il sabato alle 13.30, mentre, come invece accade in altri contesti felici, le biblioteche potrebbero restare aperte fino a mezzanotte, o ventiquattro ore, o la domenica, o l’intera estate, come è normale ad esempio a tutte le grandi biblioteche europee, piene degli studiosi che d’estate hanno tempo di consultare i libri per le loro ricerche? E perché i soldi che la Biblioteca Nazionale ha in dotazione sono un milione e trecentomila euro l’anno mentre, sempre per dire, alla British Library – pur con i tagli di Cameron – lo stato dà l’equivalente di 150 milioni di euro l’anno e alla Bibliothèque Nationale de France – pur con i tagli di Sarkozy – 200 milioni di euro l’anno?
Non ci piace parlare di emergenza, ci piace parlare di partecipazione attiva. Per questo abbiamo deciso per un giorno di trasformare la biblioteca in quello che dovrebbe essere tutti i giorni: un luogo restituito alla cittadinanza, una “fontanella” della cultura. E abbiamo indetto un’assemblea per tutti coloro che sono convinti che la cultura debba essere un bene comune.
Abbiamo raccolto gli ultimi dati che indicano la terribile crisi, di investimento e di progetto, che attraversa le biblioteche italiane; potete leggerne anche voi qui
Abbiamo ripreso un decalogo di punti individuati da Antonella Agnoli nel libro Le piazze del sapere, il cui lavoro è un riferimento fondamentale per questa mobilitazione,e il cui link è qui.
Abbiamo coinvolto quelli stanno facendo battaglie parallele alla nostra: gli archivisti che si mobiliteranno dal 12 al 15 ottobre: ne leggere qui.
Abbiamo visto che anche altrove stanno protestando in un modo molto simile al nostro, per esempio qui.
Ma soprattutto abbiamo chiamato a raccolta tutti, i bibliotecari, i lavoratori della biblioteca, gli archivisti, gli utenti della biblioteca, gli scrittori, i redattori, i traduttori, i giornalisti, gli editori, i grafici, i ricercatori, gli insegnanti, i semplici lettori, e soprattutto i semplici cittadini, insomma voi: tutti coloro che – al contrario di questo governo rapace, cinico e triste – sperano che la cultura per una volta possa vincere contro i tagli, e che si possa trasformare un deserto in una sorgente.
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ps. vi diamo anche qualche dato a proposito delle biblioteche italiane ai tempi della crisi
Le biblioteche italiane sono frequentate dall’11,7% della popolazione[1], a fronte di un dato medio del 35% nell’Europa a 27[2]. Le origini di questo ritardo e del divario che, all’interno del nostro Paese, divide il centro-Sud dalle regioni dell’Italia settentrionale, sono complesse.
Un’indagine condotta dall’Associazione Italiana Biblioteche circa quindici anni fa[3] provò a ponderare i diversi indicatori sulle strutture e i servizi delle biblioteche per ricavarne un macroindicatore di qualità, in cui furono sintetizzati i diversi dati relativi a accessibilità, vitalità, efficienza ed efficacia: se osserviamo la graduatoria che ne scaturì a partire dal basso, vediamo all’ultimo posto il Molise, preceduto da Campania, Puglia e Abruzzo; scorrendo la graduatoria dall’alto la prima regione non settentrionale che si incontrava era la Sardegna (che si collocava al sesto posto, dopo Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia), mentre la prima regione del Mezzogiorno continentale era la Basilicata, ottava.
Non disponiamo di dati reali omogenei e di serie storiche complete che consentano un confronto rigoroso delle tendenze di medio e lungo periodo, ma possiamo formulare con buona approssimazione l’ipotesi che il divario tra nord e sud sia perfino aumentato successivamente al 1972, da quando cioè le competenze in materia di biblioteche pubbliche di base sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario. Basta guardare i dati sulle risorse disponibili. Un ulteriore allargamento della forbice si è prodotto in questi ultimi anni di tagli alla spesa pubblica, dove le amministrazioni meno motivate hanno falcidiato i bilanci delle biblioteche in misura molto maggiore di quanto non sia avvenuto in quei territori dove il servizio bibliotecario è più radicato e più frequentato.
Basta citare qualche esempio sui bilanci 2010, a sostegno di questa affermazione: il bilancio della Regione Siciliana è pari a meno di un terzo di quello del 2009; quello della Regione Calabria non prevede stanziamenti per le biblioteche; quello della Regione Campania prevede uno stanziamento di 3.650.000 euro per musei e biblioteche, di cui tre milioni per un solo museo e le rimanenti somme da dividere fra 200 musei e 750 biblioteche. E le dotazioni finanziarie dei comuni sono ugualmente irrisorie.
Le regioni maggiormente penalizzate dalla riduzione di risorse sono quelle del Mezzogiorno, dove lo sviluppo dei servizi bibliotecari risente maggiormente dei ritardi storici e della mancanza di attenzione istituzionale e sociale.
Ma le biblioteche di base non sono le sole a soffrire per questa penuria di risorse. Nell’arco dell’ultimo quinquennio il budget delle 46 biblioteche statali dipendenti dal Ministero per i Beni e le attività culturali è stato dimezzato, passando da 30 a 17 milioni di euro annui[4]. I tagli più consistenti riguardano un settore di vitale importanza, quello delle somme destinate all’acquisto dei libri, sceso da oltre 8 milioni annui a circa 3 milioni: in questo modo le biblioteche sono impossibilitate ad erogare servizi e rischiano di veder calare ulteriormente il già ridotto numero dei loro utenti (ogni anno se ne perdono circa centomila). Gli investimenti in informatica sono calati anch’essi di oltre un milione e le spese per la rete cooperativa del Servizio Bibliotecario Nazionale sono passate a 820mila a 75mila euro. Non va meglio neppure sul versante della tutela e della conservazione, che costituiscono uno dei compiti primari per le biblioteche del Ministero dei Beni culturali: in questo settore si è passati da oltre 3 milioni e mezzo di budget annuo a 650mila euro.
Considerazioni non dissimili possono essere fatte confrontando le risorse per le biblioteche a livello internazionale. Le due Biblioteche Nazionali Centrali vedono i loro bilanci ridursi al lumicino (1,5 milioni quella di Roma e 2 milioni quella di Firenze), mentre quelli delle consorelle europee sono di tutt’altro ordine di grandezza: Parigi 254 milioni, Londra 160 milioni, Madrid 52 milioni. Per non parlare del numero di unità di personale: circa 200 persone o poco più a Roma e Firenze, a fronte degli oltre mille dipendenti della Biblioteca Nacional madrilena, dei duemila della British Library londinese e dei 2.600 della Bibliothèque Nationale parigina, che ha un numero di dipendenti più elevato di tutte le 46 biblioteche pubbliche statali messe insieme. Ma questo numero è destinato a calare ulteriormente, se consideriamo che l’età media supera i 55 anni e che il turn over del personale è di fatto bloccato.
Tutto ciò, naturalmente, si traduce in strutture e collezioni sempre più invecchiate e appannate, servizi sempre più scadenti, orari di apertura sempre più ridotti, demotivando ulteriormente anche i bibliotecari.
Su questa situazione, e sui bilanci che nel 2011 e nel 2012 hanno subito ulteriori decurtazioni, andranno a inserirsi gli effetti provocati dalla nuova normativa sul prezzo del libro. La L. 128/2011 dispone che la vendita di libri in favore di biblioteche, archivi, musei pubblici, istituzioni scolastiche e università (art. 2 c. 4 lett. b) possa essere effettuata con sconti fino ad una percentuale massima del 20% sul prezzo di vendita fissato dall’editore. Questa previsione sta penalizzando molte biblioteche pubbliche, che godevano di percentuali di sconto più elevate grazie alle politiche di vendita effettuate a loro favore direttamente dagli editori o dagli intermediari specializzati che competono sul mercato degli appalti pubblici di fornitura. Nella sola Lombardia, dove ogni anno i comuni investono circa 9 milioni di euro per l’acquisto di libri, per ogni punto percentuale di sconto perduto il nostro potere d’acquisto si ridurrà di 90.000 euro, equivalenti a circa 7.000 nuovi libri; ciò significa che le biblioteche comunali lombarde nel 2012 acquisteranno, a voler essere ottimisti, fra i 30.000 e i 40.000 volumi in meno.
[1] Fonte: Istat.
[2] Fonte: Eurostat.
[3] Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle biblioteche di base in Italia, a cura di G. Solimine, Roma, AIB, 1994.
[4] http://www.aib.it/aib/boll/2010/1001119.ht
(da www.minimaetmoralia.it)
Tutto bene.
L’espressione “lavoratori della conoscenza” però fa venire l’orticaria.
Stucchevole, fasulla, fiore all’occhiello di sindacati che tutelano “lavoratori” comunque garantiti e baby pensionati.
@emma: sento nel tuo commento una (spiacevole) punta di “brunettismo”