di Franco Arminio
scrivo su facebook e penso alla morte. la mia vita è finita il 29 maggio del 1985 eppure sono ancora qui. oggi c’è un poco di vento, ma viene ancora da sotto. lo scrittore è un mendicante. l’undici ottobre esce un mio libro di 360 pagine. sono un vanitoso che vuole solo complimenti o credo veramente che ci vuole la rivoluzione e il mio libro possa servire? ieri mattina mentre andavo a scuola ho avuto una fitta alla tempia sinistra, sono stato per un’oretta sotto osservazione nel mio ospedale privato, poi mi sono dimesso. ieri sera sono stato a bari a presentare un libro che parla contro le pale eoliche. in sala erano quasi tutte persone anziane. i libri anche quando parlano di una questione pubblica ormai sono un fatto privato. poco fa ho messo su facebook un piccolo post per dire che il sindaco di grottaminarda alla presentazione di un mio libro ha detto che il libro non l’ha letto e che se lo glielo regalo magari gli dà uno sguardo e mi fa sapere. sto scrivendo col computer sulle gambe, ho mandato vari messaggi su facebook per dire che l’undici ottobre esce il mio libro. si chiama terracarne e lo pubblica mondadori. dovevo presentare il libro il quindici ottobre a grottaminarda. un mio amico di roma mi ha detto che non può venire perché a roma c’è la manifestazione degli indignati. me lo ero scordato. ho annullato la presentazione, anche se penso che forse me ne andrò in un paese della daunia quei giorni, né libro né manifestazione, andrò in giro da solo. domenica prossima mi hanno invitato quelli di sel alla festa regione. dovrei parlare in un dibattito sul lavoro. sono preoccupato per la lingua dei miei interlocutori. ieri sera a bari si lamentavano di vendola. la chiesa di san nicola me la ricordavo più bella, specialmente la cripta. sono le dieci del mattino, vorrei avere quanto prima il mio libro tra le mani, magari serve a calmarmi. ieri a scuola mi sono sentito bene per un paio di minuti, leggevo il testo di un’allieva con una voce che mi piaceva. già mezz’ora dopo ho letto il testo di un’altra allieva con un voce che non mi piaceva più. ho una persona molto cara che è ammalata e non sa se vuole guarire. a mia madre le cure per il cancro hanno fatto passare il reflusso esofageo. ad andretta c’è una pizzeria dove puoi invitare venti amici e spendere cento euro. mio figlio in questi giorni sta pensando a come festeggiare i suoi diciotto anni. il secondo figlio ieri ha fatto la panna cotta. ho già scritto in un articolo che lui suona benissimo e sa fare la pasta fatta in casa. ad aprile pubblicherò un libro di poesie con la casa editrice transeuropa. il blog che ho creato con alcuni amici si chiama comunità provvisorie. quello che avevamo prima si chiamava comunità provvisoria. ho uno slip nero, ho l’iphone in carica, di fronte a me vedo nello specchio un pezzo di una stampa di klimt. ricevuta telefonata di angelo castelluccio, assessore pd a foggia originario del mio paese. è uno di cui non mi posso lamentare. il fatto più importante di questi giorni è che ho fatto una bella lettura al mio paese e questo mi ha gettato un poco nello sconforto. le cose riuscite mi mettono in crisi. è come se mi dicessero: e adesso? le cose riuscite ti danno l’idea che dopo di esse c’è solo la morte. è invece l’imperfezione che ci porta avanti, l’errore. la gente morirebbe a vent’anni se non facesse tanti errori. le nostre cellule vivono nell’equivoco, nel disagio. il cielo si è coperto di nuvole, è la prima volta che accade dopo molti giorni di caldo sprecato. al paese dopo la fine di agosto non esce più nessuno. sto scrivendo con un computer inventato da quello che è morto. la cosa che mi ha colpito è che era del 1955, un anno più giovane di mio fratello. io temo che mi venga un linfoma perché ormai sono cinque anni che scrivo col computer sulle gambe. ieri sera con l’amico giornalista parlavamo di berlusconi e delle sue abitudini sessuali. io pensavo al fatto che per fare quello che faceva doveva essere molto annoiato e deluso dalla sua vita. un politico alle prese con grandi progetti non ci pensa alle cose a cui pensava lui. il cordless è appoggiato sul letto, l’iphone sul comodino, mia moglie è a scuola, oggi alle tre del pomeriggio viene una ragazza da avellino che vuole parlare con me per una tesi che adesso non ricordo cosa riguarda. non mi devo scordare di mandare una mail a uno per dirgli che lunedì prossimo sono impegnato. fra poco mando questo testo e vedo cosa è successo su facebook e poi vedo se mi è arrivata la posta. mo che esce il libro sicuramente mi metterò ad aspettare che mi giungano tante lettere, ho messo il mio indirizzo in fondo al libro. l’assessore mi diceva che ognuno ha i cazzi suoi per la testa. ma il guaio è che ognuno pensa che i cazzi suoi siano più importanti dei cazzi degli altri. il giornalista ieri sera diceva che berlusconi è finito. dopo che ho scritto questa frase ho guardato la maniglia sul balcone e non mi ha detto niente, la maniglia del balcone non sa nulla di berlusconi. io ieri sera ho detto al giornalista che berlusconi è un best seller della politica. sto scrivendo essendo stanco di scrivere. non mi ricordo i nomi di tutti i miei alunni. ieri sera in libreria c’era uno che dice che mi segue, ogni tanto qualcuno mi dice che mi segue. un’ora fa mi sentivo peggio. ho votato per il premio dedalus ieri sera. non ho capito se uno può votare anche i suoi libri. ero tentato di votare per il mio oratorio bizantino. il giornalista ieri sera mi diceva che conta di vendere venticinque mila copie del suo libro. sento in lontananza la voce del falegname che sta di fronte. lui un testo così lo troverebbe una cosa da pazzi, la letteratura è una cosa da pazzi o non è. ecco, ho tirato fuori la sentenza. posso cominciare a pensare di finire questo testo e spedirlo. in un blog ci vogliono cose brevi.
p.s.
il testo spedito non è questo che avete letto, ho fatto alcune correzioni. visto che ci sono ci aggiungo ancora qualche riga. l’avvenimento di questi giorni è morte di quello che ha inventato i computer belli. fuori fa freddo, in una poesia messa su facebook ho scritto che il mio paese è il mio sterno, ma solamente d’inverno. ho messo anche un piccolo post che ha avuto molti commenti e moltissimi mi piace. eccolo: è bello vivere a sud, è bello aspettare l’uscita di un libro senza la paura che arrivi un politico a dirti: però ricordati che il posto te l’ho dato io. è bello aver vissuto qui mezzo secolo senza aver mai avuto una poltrona, senza aver mai chiesto un favore. cerco un sud folle e rigoroso, utopico e scrupoloso.
Questa scrittura istantanea di Franco , mi da l’impressione di uno stile “blob” (si, come la trasmissione di rai tre! ) . ha il merito di dare a chi legge un quadro caotico , ma reale del mondo che ci avvolge nel quotidiano . Spesso siamo cosi immersi in esso che non l’ho vediamo . La scrittura ci insegna a riconoscerlo , e Franco Arminio in questo è un vero maestro .
@ d’agostino
magari a volte basterebbe anche un maestro di scuola elementare…
@ sconsolata : che vuoi dire ?
L’attacco “scrivo su facebook e penso alla morte”, il flusso di coscienza, i versi – con la rima sterno/inverno, nati anch’essi come notifiche di fb – e, per finire, l’ epiteto “quello che ha inventato i computer belli”, qualficano questa scrittura come esito puro della rete, fenomeno ancora in fieri, tutto da indagare. Parte rilevante del paesaggio mentale odierno, il web disegna e proietta anche vie d’accesso, mappe cognitive, incroci, scambi su quello esterno, ridisegnandole forme di scrittura, i campi metaforici e i generi. Creando vincoli percepibili, benché liquidi. Rimettendoci forse in dialogo con gli stili del modernismo, che ci stanno davanti anziché alle spalle.
@ emanuele zinato : ha espresso con chiarezza quello che penso . non aggiungo altro .
il testo l’ho scritto direttamente sotto forma di mail
e spesso le poesie le scrivo direttamente su fb
per me i blog sono un luogo di sperimentazione, non ne capirei l’utilità se fosse diversamente.
la letteratura con la parrucca la lascio ad altri. a me intessano l’ustione, l’esposizione, i passaggi scoperti…
Arminio, ma mi facci il piacere
Quoto alessandro
questa non è una cosa scritta per piacere e per fare proseliti. capisco i dissensi. in effetti mi aspettavo una maggiore virulenza. e il titolo dichiara esplicitamente che siamo di fronte a un testo scritto senza voglia di scrivere. forse bisognerebbe leggerlo senza voglia di leggerlo….
(con tutto il rispetto, ma…)
1. se non ha voglia di scrivere non lo faccia che altrimenti fa danni -o spreca spazio e tempo, non solo suoi-
2. “il titolo dichiara esplicitamente…” è noto che chi è mezzo avvisato non è mai davvero mezzo salvato
3. oggi ho aperto questo bel blog da cui avevo raccolto, fino ad ora, spunti interessanti e versi preziosi (per non parlare delle playlist), e mi sono chiesta: cos’è successo?!
p.s.
ci vediamo il 15 in piazza? (…)
Ma perché è un testo scritto?
signore e signori, buonanotte.
non faccio perdere tempo a nessuno. nessuno è obbligato a leggere, su questo non transigo. il mio lavoro si svolge su molti piani, non è che posso bazzicare solo zone garantite…..
La parrucca su internet se la mettono alcuni in attesa di qualche coroncina; insomma, su, è un fuori luogo.
Sta bene una scrittura all’acqua di rose, ma non credo che non avesse voglia di scrivere… quanto simulano sti scrittori! e fanno bene.
e invece è proprio così. provare a scrivere senza voglia. è come andare a vela senza vento, ci vuole più bravura….comunque per uno che vive a bisaccia da mezzosecolo il cavalcavia mediatico e i suoi sassi non fa problema
Molte delle poesie di Otto-Novecento sono state scritte su pezzettini di carta da poeti seduti ai tavolini dei café europei, adesso lo si fa su fb. Dunque, il punto non è dove si scrivono le cose, ma come si scrivono. E francamente rimpiango quei pezzettini di carta di café e bistrot.
Arminio : mi piacciono le tue parole come sassi sulla strada polverosa, mi piace che uno possa guardare il cielo, ma anche l’erba e le bottiglie di plastica abbandonate.. uno sguardo è uno sguardo e non è che gli occhi di qualcuno sono più adatti al mondo degli occhi di qualcun altro…
ma se non fanno un pò di prove gli scrittori chi le deve fare? i salumieri quando tagliano la mortadella o il gommista che ripara la ruota? fare lo scrittore significa arrischiarsi
C’è gente che va in giro colle scarpe da scrivere e lascia tante di quelle impronte sgorbie, certe fregnacce lungo la contrada… che, se fossimo veramente civili, dovremmo urlargli in faccia “carolei ma che c’ha la coda imbrattata… questo non è mica lo zoo, con tutto il rispetto, chiuda la porta se vuole fare… !”. Invece per quieto vivismo…
Ma stavolta no, davanti alla domandina sciocchezzola di tale scrittore Franco Arminio sul rischio di scrivere in un certo modo (NB: il suo, che a me tutto sembra tranne che arrischiato), tirando nel folto della mischia pizzicagnoli e gommisti, chiede se non rischiano gli scrittori… chi dovrebbe rischiare di più?
i salumieri o i gommisti?
mah, caro Arminio, credo rischino di più i salumieri e i gommisti, sì, perché almeno si sporcano le mani…
e non solo le babbucce…
poi faccia lei. con simpatica simpatia
parlavo di rischi estetici, poi personalmente potrei dire che scrivere costa molto, ma questo lo sanno quelli che scrivono veramente e non sono mai molti in un’epoca….
ammetto: mi impegno poco anche nei commenti…confido in chi ha orecchio…..
Volevo ringraziarla – e con me molti che conosco – per “Vento forte tra Lacedonia e Candela” e per “Cartoline dai morti”, tra l’altro, che sono libri proprio splendidi. Li raccomando molto caldamente sia a chi apprezza sia a chi non apprezza la pagina pubblicata qui.
Ma infatti. “Morte di quello che ha inventato i computer belli”: basterebbe solo questo. Dal mio cavalcavia per lei solo fiori.
Spero almeno che si tratti di un Floyd Rose dal cavalcavia, altrimenti comincio a preoccuparmi..
Arminio, ma come si permette?? Parlare di me con tale irriverenza, anzi peggio: indifferenza! E il mio genio, non lo vede il mio genio? Ne parlano in tutte le trasmissioni pomeridiane per signore, nei tiggì, alla prova del cuoco! E lei? Non sa che sono un guru?? Che diamine, quando si hanno tanti miliardi in saccoccia come me, non è che si muoia di cancro per vedersi snobbati da uno scrittore qualsiasi alla provincia dell’impero. Arminio, io i suoi libri confesso di non averli letti, e me ne dispiaccio, ma provi a usarmi un po’ più di deferenza, e che caspita! Un po’ di sostenutezza, sussù, non dico un panegirico ma almeno mi faccia un’invettiva con tutte le sue cosine retoriche a posto, andiamo. Cos’è questa sciatteria? Si faccia possedere dallo Spirito Santo Americano pure lei, canti in coro con tutti noi, produca, produca, e vedrà che la nostalgia le passa…
Ah, dimenticavo: fate la fame e sbroccate tutti, mi raccomando, che tanto il Precarian way of life non offre altro.
Mica è facile scrivere un brano tanto intenso, con tale ritmo, senza avere voglia di scrivere. Arminio è molto bravo e, come egli stesso dice, il suo lavoro si svolge su più strati. A me questo testo piace, così com’è.
“il giornalista ieri sera mi diceva che conta di vendere venticinque mila copie del suo libro. sento in lontananza la voce del falegname che sta di fronte”
Il contrasto di queste due frasi, ad esempio, è bellissimo.
saluti
“io temo che mi venga un linfoma perché ormai sono cinque anni che scrivo col computer sulle gambe”.
tutto ciò che potenzia il nostro corpo e i nostri sensi diventa una protesi mortale.
ho paura.
il postumano non esiste.
pet lei ha cita la frase cruciale di questo testo. sono le sei del mattino. sono al lavoro col computer alle sei del mattino e ho paura pure io…
jobs è morto a causa del suo lavoro, questa è la prima cosa che ho pensato
e dallo schermo ci ricorda che presto o tardi toccherà anche a noi. ce lo ricorda ogni volta che accendiamo il computer.
ho sempre più paura.