cropped-Lotto-Annunciazione.jpgdi Francesco Scarabicchi

[Qualche mese fa, per liberilibri, è uscito Con ogni mio saper e diligentia, un libro di versi di Francesco Scarabicchi ispirato dalla vicenda e dall’opera di Lorenzo Lotto. Ne riportiamo alcune poesie].

7

Di che teatro, di quale mai disegno
son stato servo e artefice ubbidiente,
di quale liturgia di carne e fiato
ho abitato la luce che è nell’aria,
da un cielo di combuste nubi buie
all’alba della stella mattutina,
musica che non chiede partitura,
voce che in sé si tace al suo sentire?

 

Epilogo

Un’altra luce torna, un’altra va,
cielo di chiusa tenebra d’azzurro,
muschio di pietra e sogno,
cani lontani salgono quel monte,
umido della pioggia che c’è stata,
stazione del mio essere, svanire.

 

Il nome

E’ quest’ora di notte il tempo del ritratto,
quando li vedo al fondo del mio sguardo
che li percorre come un continente:
quegli occhi che mi incontrano già sanno
che saranno la scena del ritorno,
l’isola abbandonata che s’incendia
dei fuochi della festa, un nome perso.

La voce

Quassù s’avvolge il tempo delle ore,
il libro dove annoto spese e luoghi
è traccia d’eloquenza misteriosa:
voi cercatemi ancora in quella trama
di scrittura ed enigmi, se ci sono,
fra scudi, paoli, bolognini e l’oro
della moneta con cui pago e vendo
quest’ossessione inutile e costante
di dare voce al fiume della vita.

 

Catalogo

La vigna all’Oratorio, Ponteranica,
la messe di ritratti, i santi, gli angioli,
Cristo deposto, le Marie, le donne,
gli alberi, il gatto irsuto, i petali, le tende,
cieli di nubi gonfie, troni, libri,
abiti d’ogni foggia, sandali, bastoni,
gioielli, mani, drappi, lance, croci,
e di quel popolo dentro le cornici
l’immobile festa che resiste.

 

Dell’ora

Senza domandargli niente l’ho riconosciuta
la donna nel dipinto, l’ho guardata
per un intenso istante stando muto,
vedendo andar le cose al loro verso,
sentendo il suo respiro nell’affanno.
Con il Cristo deposto dalla croce,
lei in ginocchio,
nella luce terribile dell’ora,
mi ricordo d’aver penato tanto
a combinar colore,
a tessere degli abiti la forma
e i gesti che si fanno intatto coro
del giorno disperato.

 

Qualcuno

A cosa mai conduce tanta strada,
tanto nulla percorso inutilmente?
Son’io colui che a malapena
traspare dai fogli del diario,
il computista arido e pignolo
che annota d’ogni voce il suo prezzario?
Fossi soltanto quello, mio malgrado,
null’altro ci sarebbe da sapere,
ma poi mi son diviso nelle storie,
son stato a lungo tra la veglia e il sonno,
ho inteso, ho immaginato, a volte visto
l’opera mia compiuta nel presente
non nascosta nei secoli fin quando
qualcuno non l’ha tolta dalle trame
indicandola al mondo, in beneficio.

 

In panni neri

Così mi offro al dio che mi rimane
e porto la vecchiaia nel settembre
dove cerco la quiete mai raggiunta
o forse un dì sfiorata, se a memoria
posso qui ricordarmi del bene senza voce
che m’accostò alla vita, un turbamento
durato quanto un battere di ciglia
e poi confuse me col sogno della tela,
quel tornare a vedermi in panni neri
con l’edera alle spalle, una lapide
e la malinconia di un uomo giovane
che andava somigliando a questo adesso,
se tieni a mente gli occhi e il triste sguardo.

 

I dispersi

Dove sono i dispersi, dove emigrati
i dipinti nell’oltre dei confini?
Parcelle d’universo di cui son stato mano,
sguardo ed inquieta mente che tutti li accoglieva
in un ordine offerto dalle date,
l’ossessione dell’anno e del mio nome
a indicare il tempo della storia
e la ventura d’esser stato artefice
di teatri nell’aria del divino
dove la santità è luogo e fiamma.
Ho visto il precipizio, il solo abisso
a cui ho opposto una bellezza rara
nei frammenti preziosi delle cose,
in quei comuni nomi abbandonati
ai bordi della tela o su una mensola,
centralità in disparte che dà gioia
e tiene a bada quell’ardere infinito
che consuma.

[Immagine: Lorenzo Lotto, Annunciazione di Recanati (particolare) (mg)].

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