di Stefano Guerriero
[Questo intervento è uscito su «Lo Straniero» (n. 167, maggio 2014)].
1889
“Egli si levò; le prese le mani; la trasse nell’altra stanza. Ella obedì. Nel letto, smarrita, sbigottita, innanzi al cupo ardore del forsennato, ella gridava: «Ma che hai? Ma che hai? ». Ella voleva guardarlo negli occhi, conoscere quella follia; ed egli nascondeva il viso, perdutamente, nel seno, nel collo, ne’ capelli di lei, ne’ guanciali.”
2003
“E mentre ero in ostaggio della perizia tecnica di Agota e accompagnavo il suo culo pneumatico colpo dopo colpo solo per mostrare il contrario, ho realizzato di essere senza preservativo e mi sono subito vergognato per quanto offensivo fosse un simile pensiero nei confronti di quella bellissima bambola senza sorriso che sicuramente doveva aver pensato la stessa cosa, ma poi, per non offendermi, mi aveva accolto così, senza. Vergognati, il preservativo. E sentivo le pareti della vagina stringersi come ganasce e tornare docili, lattiginose, dopo ogni spasmo.”
2008
“Così alla fine, quando vede che non ne posso proprio più di continuare a trattenermi, allora questo orgasmo che allontana quando è sul punto di venire e avvicina quando è sul punto di farlo andare via, lo accoglie fino in fondo, e nonostante io sia lì, in pratica quasi non esisto più, esiste il mio cazzo e i miei colpi e il suo corpo che si muove con sapienza e incoscienza allo stesso tempo, senza più controllo ma con la razionalità di essere stato portato fin lì. Valeria viene con una serie di spasimi che appaiono dolorosi per quanto sono profondi.”
2012
“Non è bagnata, brutto segno; maledetta, riesce a far apparire come una concessione quel che ho ampiamente comprato. Keep calm and carry. L’ha leccata all’interno delle cosce, le ha stretto a lungo il clitoride tra le labbra; piccoli schiaffetti sulle natiche, un dito subito respinto; le ha guidato la mano perché si masturbasse da sola, è uscito ed è rientrato cercando l’angolo di incidenza più favorevole – per lei, voleva a tutti i costi portarla all’orgasmo. Sentiva la vagina contrarsi ma solo d’affetto, mentre lei gli contava le cicatrici; non osava un pompaggio violento, tutto era meraviglioso ma inutile.”
Che cosa è successo? Quando gli spasimi della vagina sono diventati narrativamente più interessanti di quelli del cuore? E perché? Perché pagine e pagine sono dedicate a ciò che in altre epoche letterarie finiva nell’ellissi e nella reticenza? Perché tanta dettagliatezza fisioanatomica? È solo un benefico processo di smascheramento di falsi assoluti, quello che sostituisce “il cupo ardore del forsennato” anno 1889, con l’incontro di fisiologie contemporaneo?
Lontani i tempi di Stendhal: “Qualche ora dopo, quando Julien uscì dalla camera di madame de Rênal, si sarebbe potuto dire, en style de roman, che non ci fosse più nient’altro da desiderare.” Un gentiluomo che sa e tace, eppure, nonostante questo silenzio, il tema forse maggiore di Il rosso e il nero è proprio il desiderio (un effetto impossibile da realizzare oggi per un romanzo che fosse altrettanto taciturno sugli eventi della camera da letto). Ma lontani anche i tempi di Proust, delle sue articolatissime metafore floreali, in cui la complessità del meccanismo sembra più importante, o quanto meno più bello, dello spostamento del polline in sé (che avviene generalmente a mezzo di calabrone). Il narratore della Recherche, grande esperto di desiderio e di gelosia, può ancora permettersi di dire che “sotto l’apparenza della donna, ci rivolgiamo in realtà alle forze invisibili accessoriamente unite a lei, come a oscure divinità”.
Se oggi la proliferazione di scene sessuali dettagliate ci lascia indifferenti, negli anni Ottanta avrebbe avuto dotti convegni dedicati e molteplici metodi di indagine. Si può immaginare che cosa si sarebbe detto con un approccio storico-contenutistico: “precursore del passaggio dall’erotismo alla sessualità nel romanzo è sicuramente Moravia, sia negli anni Trenta con Gli indifferenti,che si allontana dalle cineserie dannunziane, sia negli anni Sessanta, soprattutto con La noia. Ma sono gli anni Ottanta che danno inizio a un nuovo periodo del romanzo anche da questo punto di vista, dopo i liberatori anni sessanta e settanta, dopo l’ultimo Pasolini, dopo i giochi metaletterari di Arbasino tra sperimentazione linguistica e resa mimetico-referenziale, dopo il caso Porci con le ali e la letteratura selvaggia. Altri libertini di Tondelli e il Seminario sulla gioventù di Busi inaugurano un altro livello nella tematizzazione del sesso, e tuttavia quel livello è ben diverso da quello attuale: nell’erotismo trasgressivo e borderline di Tondelli o nella cupa disperazione di Busi si sente una componente di rivolta, assente dagli spasimi narrativi attualmente prevalenti. Nel presente, si sente piuttosto il bisogno di stupire un pubblico assuefatto, il languore di formalismi alessandrini: languore e assuefazione che sembrano divenire prevalenti a partire dal nuovo millennio, dal tempo di internet.”
O che cosa si sarebbe detto con un approccio tecnico-formale: “a partire dal Novecento, i frammenti vengono in primo piano, si perde di vista la totalità, perché essa è diventata inconoscibile. Dopo il modernismo, si perde il senso delle gerarchie, la narrazione non può più essere ordinata. Se prima intorno a un nucleo tematico si organizzavano più satelliti, adesso satelliti diversi coesistono nella pagina, vagano come particelle dal moto imprevedibile. I particolari, i dettagli (anche fisiologici), acquistano un’importanza enorme, diventano depositari autonomi di verità. Anche il cinema, il fumetto, le arti moderne per eccellenza, procedono per tagli e dettagli, a cui poi il montaggio si incarica di dare senso. Il quadro d’insieme si perde però, non siamo più nell’ingenuo Ottocento che pretende di spiegare tutto, siamo nella complicata modernità, ci sono solo brevi illuminazioni, epifanie, flashes, brandelli di informazione, bites di verità che si conservano nella catastrofe. Dettagli che fanno intuire una perduta unità.” Ma troppa teoria forse nobilita eccessivamente il fenomeno: se le cose stanno così, la pornografia ha soppiantato da tempo le avanguardie artistiche: è nella pornografia che il dettaglio è sempre in primo piano e, a forza di dettagli in primo piano, non si ha più nostalgia dell’unità perduta, della figura umana nella sua completezza (nuda o vestita che sia).
Nel lontano ’47, in un articolo sulla “Fiera letteraria”, un Moravia che protesta giustamente contro gli arbìtri della censura può dire: “nella vita, l’atto sessuale c’è e se non ci fosse non ci sarebbe la vita. Io voglio che il mio libro sia completo come la vita, ecco tutto”. In un paese che tra l’altro deve ancora conoscere le gemelle Kessler simbolo di erotismo e il film Dottor Zivago vietato ai minori perché parla di adulterio, l’esigenza di Moravia è sacrosanta; ma lo porta a un esempio decisamente infelice: è la volontà di censura, di non volere l’atto sessuale nel suo libro, che renderebbe il Manzoni dei Promessi sposi inverosimile, irritante, inutile (“avete mai capito perché don Rodrigo si accanisce tanto a voler far sua Lucia?”). Brancati non si lascia scappare la scemenza moraviana (più che un ragionamento, un banale tentativo di sconvolgere casti ricordi scolastici) e nel suo Diario romano osserva: “unico movente la libidine? E la scommessa col cugino? È il suo prestigio di potente che è in giuoco”. La libidine di don Rodrigo non è dettagliata perché altro è trattato nel dettaglio da Manzoni: l’esercizio e l’ossessione della forza e del potere; e i due temi–libidine e potere – sono all’epoca ancora antagonisti. Si uniranno in seguito, ma in Moravia c’è già il rischio – o la pretesa – di parlare solo di libidine, pretendendo che si tratti di potere.
È l’Ottocento romantico che aveva promosso a sfondo della letteratura la vita, “a fondamento del pubblico successo l’esemplarità nel bene o nel male del privato” (di un privato sempre più privato con il passare del tempo, e quindi sempre più pubblico). Praz, raffinato cacciatore di perversioni in La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, ha osservato che “in nessun altro precedente periodo letterario, il sesso è mai stato così ostensibilmente al centro delle opere di fantasia”. La sessualità esce dagli enfers dove si nascondevano i libri proibiti di Sade, per collocarsi en plein air sugli scaffali della libreria buona. Per il grande critico, le ragioni dell’ostensione, dei libri in biblioteca e della sessualità nei libri, sarebbero da ricercare non tanto o non solo nel temperamento dei singoli autori, ma anche nella moda del tempo (la moda che si legherà pure ai mutamenti della società, ma è soprattutto, si sa, sorella della morte). Uno degli effetti collaterali del meccanismo della moda è l’iperbole. Oggi, nella letteratura cosiddetta “forte” (e meno in quella di intrattenimento o di consumo…), il sesso è irrinunciabile e sempre più acrobatico e virtuosistico, come in un film giallo il topos dell’inseguimento in macchina è sempre più acrobatico e improbabile (ma come fanno a guidare così?). E il dettaglio acrobatico prevale non solo nei romanzi che tematizzano il desiderio erotico e sono costruiti intorno ad esso, ma c’è sempre, sia pure per poche pagine in una storia che parla d’altro: ci deve essere, direbbe Totò, a prescindere.
Ma se Praz inseguiva le perversioni polimorfe e il “vizio inglese” dei romantici, oggi tutto il polimorfismo sembra ridursi sotto il segno della dinamica narcisismo dell’autore/voyeurismo del lettore, unica veniale perversione a due di fronte al fantasma della letteratura, in cui realtà e finzione, sincerità e menzogna restano inestricabili, nonostante l’autofiction o l’ispirazione autobiografica (e nonostante i diversi fini a cui autofiction e biografismo possono mirare. Per restare agli esempi qui citati: dalla messa in scena di un ego straordinario e unico in Covacich – esempio 2003 –, alla rappresentazione di un io esemplare perché si ritiene fatto della stessa materia di cui sono fatti tutti – Piccolo 2008; vedi a conferma anche Il desiderio di essere come tutti, appena uscito –; al piacere divertito e nichilista di épater le bourgeois, che caratterizzaSiti 2012).
Gianluigi Simonetti, che del desiderio nella narrativa del nuovo secolo ha costruito un ritratto veramente mirabile (Come e cosa desidera la narrativa italiana degli anni Zero, www.between-journal.it), distingue tra un desiderio considerato autentico e vincente nella letteratura di consumo (Volo, eccetera), un desiderio autentico e perdente nella letteratura di “nobile intrattenimento” (Mazzantini, eccetera) e un desiderio di cui viene messa in discussione l’autenticità e che viene equiparato al desiderio di beni materiali nella letteratura “forte” (Siti, eccetera).
Il quadro è suggestivo e convincente, ma forse il finale sempre tragico della letteratura forte, la mancanza di lieto fine che inviterebbe il lettore a meditare sulla natura del proprio desiderio, non vanno sopravvalutati. Anche nelle Relazioni pericolose di Laclos, alla fine il desiderio libertinoè duramente castigato, e così in tanti romanzi gotici e del romanticismo nero; ciò non toglie che per buona parte del tempo esso si prenda la ribalta del palcoscenico (“guardate come viene castigato il vizio” è il trucco del libertino romantico per poter parlare di vizio, magari aggiungendo un pizzico di sadismo). Se di sesso “nudo”, per così dire, e generalmente privo di abbellimenti sentimentali o orpelli metaforici, si parla soprattutto nella letteratura “forte”, viene il dubbio che essa forse stia rischiando di diventare nient’altro che ciò che leggono i lettori forti quando non leggono pornografia.
Lo smascheramento del desiderio ipertrofico di cui parlano Piccolo, Siti e altri, la morale implicita nella letteratura forte, sanno a tratti di ipocrisia: assomigliano al fumatore che ha appena smesso di fumare e non parla che dei danni del tabagismo, pregustandosi segretamente il piacere della resa alla prossima sigaretta. Il desiderio denunciato è come la balena assente di Swift, come l’elefante di Lakoff (“non pensare all’elefante!”: come me lo dicono, penso all’elefante).
Se parlano sempre di desiderio reificato è per dire che dalla degradazione nasce la purezza? Dal letame i fiori? O forse è piuttosto un invito a sostare nell’impurità? Il dubbio è del resto legittimo anche per queste brevi note. C’è ancora, comunque, una paradossale impronta dannunziana: in fondo anche D’Annunzio, da Andrea Sperelli in poi, metteva in scena eroi sconfitti nel loro desiderio, continuando però ad essere il cantore del desiderio, nell’arte e nel suo vivere inimitabile.
Quello che è certo però è che si è passati dalla rappresentazione di una sessualità repressa, e poi trasgressiva e liberatoria (tra l’inizio del romanticismo e gli anni Settanta del Novecento), alla rappresentazione di una sessualità non liberata, ma piuttosto annoiata, ossessivamente annoiata. La crescita della scandalosità sulla pagina è però inversamente proporzionale allo scandalo effettivo che quelle pagine danno nella loro ricezione dentro la società del proprio tempo. Il piacere (1889), da cui è tratta la prima citazione, contribuisce a creare un’aura di leggenda intorno al suo autore, quel D’Annunzio oggetto della riprovazione e della curiosa prurigine dell’Italia fin de siècle. Resistere non serve a niente (2012) ha vinto il premio Strega, rassicurante riconoscimento dell’establishment letterario e garanzia di affidabilità (le attempate signore borghesi leggono sempre l’ultimo premiato, magari nella loro poltrona e in calzerotti di lana).
Sarà per questo che nelle grandi città proliferano i sexy shop? Walter Siti per gli intellettuali e sexy shop per il popolo? Negozi dagli ingressi anodini che sembrano distributori di sigarette o preservativi, negozi di quartiere, che si collocano tra il bengalese che vende frutta e verdura e i bazar dei cinesi (e il gestore: sarà italiano come il venditore di sigarette elettroniche? L’occidentale coltiva ormai vizi giudiziosi). “Perché il desiderio non sia mai spento”, il memorabile slogan pubblicitario di un sexy shop che campeggia su una strada romana, fa pensare a un altro segno dei tempi: il nuovo pseudoreality che la pornostar Rocco Siffredi presenta su un canale Sky, un “intrattenimento ‘terapeutico’ su uno dei principali motivi di crisi nella coppia, il calo del desiderio, condotto dal simbolo dell’eros nel mondo” (simbolo che, in un’intervista giornalistica di lancio della trasmissione, rivendica di essere sempre stato percepito dalle donne come un grande romantico).
È di un paese in cui ormai al desiderio ci pensa Rocco, che parla ormai la letteratura forte? Viene in mente il bel dialogo che nell’ultimo libro (autofiction? saggio? romanzo?) di Antonio Pascale, Le attenuanti sentimentali, pronuncia proprio una regista specializzata nel genere del novello conduttore televisivo: “un’opera d’arte per prima cosa deve essere vera, per essere vera deve essere autobiografica e se fai un buon uso dell’autobiografia allora fai anche un’operazione come dire… politica. (…) Il porno è finto, d’accordo, ma non è quello in ultima analisi il problema, il problema è che forma una generazione di uomini che prende per buono tutto quello vede”.
[Immagine: Thomas Ruff, Nudes (gm)].
c’è anche chi, al di fuori di campi più o meno noti, nell’anonimato che in un genere come questo è concime, scrive di sesso così:
‘Verrò da te, stanotte. Finalmente. Il mio caldo desiderio mi accompagna da molte ore ormai. Verrò stanotte e sarò nuda. E nudo renderò il tuo corpo con una lentezza insopportabile, infilando le mani sotto i vestiti e scostandoli dolcemente. Sbottonerò con pigrizia ogni bottone della tua camicia, per scoprire lentamente la tua pelle, tanto desiderata. Ruberò le tue mani e le guiderò tra gli angoli della mia carne e mi lascerò toccare come non ho mai permesso a nessuno di fare. Perché nessuno ha mai mostrato tanto sapiente rispetto per la mia anima. Le poggerò sul mio seno, le farò correre lungo i miei fianchi regalandomi brividi, regalandoti pressione. Mi chinerò sul tuo viso. Bacerò le tue palpebre con dolcezza, le tue guance e cercherò le tue labbra. Infilerò la lingua nella tua bocca e cercherò la tua, la rapirò, la trascinerò in un vortice bagnato dall’unione dei nostri sapori, inattesa combinazione. Leccherò le tue labbra, le morderò, le bacerò di nuovo, le bagnerò con la mia bocca e berrò il tuo sapore. La mia lingua scenderà lentamente nel tuo orecchio e sentirai il rumore del mare, come quando lo ascoltavi in una conchiglia. Del mio mare, invaso da correnti che non pensavo potessero lambirmi, reso torbido dalla violenza delle mie emozioni che solo mi permettono di riconoscere te, come se non avessi avuto null’altro nella vita. Morderò la carne del tuo collo, lascerò il segno del mio desiderio marchiato su di te, per non farti mai dimenticare quello che abbiamo avuto: un raro abbandono. Conterò ogni vertebra della tua schiena con la mia lingua, l’affonderò fra l’una e l’altra. La passerò sotto le tue ascelle per coglierne il sapore e darti un intimo piacere che sa di te, di amore, di vita. Infilerò i miei denti sui tuoi fianchi, toccherò ad una ad una le tue costole per capire quanto grande è il tuo petto. E se può ospitarmi, nuda, per sempre. Giocherò con la punta delle dita sul il tuo ventre, vi disegnerò forme di cui neanche conosco il significato, ma esso si; le farò correre nella valle tra le tue cosce, rivelando la mutevolezza di ogni millimetro del tuo sesso che, crescendo, vibrerà di piacere, pulsante di voglie. Carezzerò con mani di seta ogni curva del tuo corpo ed ogni angolo si piegherà a me come una foglia prigioniera di una violenta pioggia di istinti. Accarezzerò il tuo petto e ne bacerò ogni luogo. Disegnerò cerchi perfetti sui tuoi capezzoli e li morderò, sfiorandone la punta con la lingua, tesa. E tesa la infilerò nel tuo ombelico per farti conoscere voglie ancestrali. E scenderò ancora più in basso. Imprigionerò tra le mie dita il tuo sesso e poi lo porterò nella mia bocca. Per darti il bacio più caldo, morbido, umido, avvolgente che lascerà lì la sua memoria, perché mai nessuna dopo di me ti darà tanto. Mai nessuna imparerà a memoria quel braille nascosto sotto la tua pelle. Quando il tuo desiderio me lo suggerirà, accompagnerò il tuo sesso dentro di me. Lo infilerò in una stretta sublime e su di te mi muoverò con dolcezza e violenza, in una danza della natura. Per poi chiederti di portarmi sotto di te, ed infilare di nuovo la tua pelle tesa nella mia, calda e madida. E ti chiederò di affondarla dentro di me, con forza crescente. Ancora di più.
Stordiscimi con la tua voglia di me.
Colpisci le mie cosce con le ossa del tuo bacino.
A lungo.
Adesso fermati, un istante.
Rimani fermo lì, più in fondo che puoi.
Stringi i tuoi muscoli e spingi dolcemente.
Profondamente.
Resta lì, immobile, per un istante interminabile ed indimenticabile che finirà solo quando il tuo ego non sopporterà più la forza di tanto abbandono e vorrà tornare ad avere il controllo su di me.
Ed allora ricomincerai ad entrare ed uscire da me. Senza mai abbandonarmi completamente. Per lasciarmi, almeno così, l’illusione che nella mia vita ci sarai sempre. Che questo trionfo di sensi che mi annebbia la ragione non passerà mai. Mai. Spingi forte, tanto da tirar fuori tutte le tue paure, i tuoi incubi. Dammi la tua tristezza. Spingila forte dentro di me ed io la trasformerò: e non ti farà mai più male. Dimmi che mi desideri sopra ogni cosa, lo voglio sentire, me lo devi urlare. E poi sussurrare. Perché io conosca la complessità della tua anima dai toni della tua voce. I miei umori innaffieranno le radici del tuo sesso e lo faranno crescere, crescere ed ancora crescere dentro di me finché non esploderà, ed innaffierà le mie viscere lavando via ogni traccia della paura più profonda. Stringerò i miei muscoli per portarti via anche l’ultima goccia della tua brama, per custodirne l’ombra dentro di me, per sempre. Ti guarderò negli occhi per provare a rubare quella luce che non ti servirà mai più. Perché io l’ho accesa. E la voglio con me. Per illuminare tutte quelle notti in cui non potrò averti ed in cui il desiderio del tuo calore mi tormenterà.
Rimani lì, ora. Abbandonati sulle mie carni profumate dalle nostre acque.
Io muoio
tu muori.
Di quella dolce morte che io non ho conosciuto mai.
Mai così profondamente.’
Ah, non l’avevo capito, i commenti servono allora a pubblicare pezzi erotici?
si rimuova pure il mio commento, se infastidisce qualcuno o turba quella per alcuni è la ‘linea editoriale’ del sito. (cosa che non credo, avendo passato la moderazione.) saluti!
(Di solito ci si espone per avere un riscontro. Le mie impressioni non valgono nulla, Petra, ma voglio dirle che il testo mi sembra particolarmente brutto. A esempio, cose come “angoli della mia carne”, “un vortice bagnato dall’unione dei nostri sapori”, “berrò il tuo sapore”, “pulsante di voglie”, “voglie ancestrali” sono inestetiche e tremende.)
Ma non vedete qualcosa di freudiano in questo sito che il giorno dopo un turno elettorale che ha coinvolto tutta l’Europa in un momento così critico per l’economia mondiale, pubblica piuttosto un articolo sul sesso? Sarà certo una coincidenza non voluta, però la cosa è davvero strana (qui ci vorrebbe un emoticon per indicare il tono scherzoso del commento).
@Vincenzo Cucinotta
«È davvero contemporaneo chi non coincide perfettamente col suo tempo né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale […]. Coloro che coincidono troppo pienamente con la loro epoca non riescono a vederla» (G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?)
In una editoria italiana (parlando di quella indirizzata alla poesia) chiusa tra le mani dei soli poeti e i soliti giri di persone, mi sembra chiaro che la parola usata e abbassata nei confini della volgarità è un mezzo per far parlare di se. Ci vuole talento per parlare di sesso. La letteratura erotica si distingue da questo mercato della parola pornografica. La prova è che la questione non è passata inosservata. Ci hanno pure scritto un articolo. E poi, sul web tutto è posisbile oggi. La bellezza e la genuinità di certe forme d’arte viene violentata ogni giorno. Mi è capitato molte volte di imbattermi nel web in poesie del genere. Nessuno si scandalizza, lo scandalo non c’entra. Ma chi si scandalizza? Davvero vogliamo far passare il messaggio che questo tipo di scrittura coglie l’attenzione di un certo mercato editoriale serio(quel poco rimasto)? Prendiamo ad Esempio la Santacroce. Una è e una rimane. Lasciamo perdere il fatto che possa piacere o no. Ma l’imitazione è la disperazione di chi non ha talento e vuole “fortissimamente” uscire “dal gruppo”.
L’altro giorno una mia alunna di terza liceo classico, reduce da una drammatica delusione amorosa, mi ha mandato delle pagine da leggere, perché nella disperazione riesce solo a scrivere, così dice. C’erano delle poesie e due prose. Prima ho letto le poesie e non erano poesie… poi ho letto le prose, che erano erotiche. Mi aveva avvisato: “riesco solo a scrivere poesie o prose erotiche…” Le prose erano folgoranti… non c’è storia, se un editore le vedesse andrebbero a ruba… gliel’ho detto un po’ ridendo, per invitarla a continuare, ma mi hanno davvero molto colpito. Mentre le leggevo pensavo: ma quando mai al liceo o anche dopo avrei potuto/saputo scrivere pagine così? io che pure so bene cosa vuol dire riuscire solo a scrivere d’amore per la fine di un amore. Ci ho visto un segno dei tempi mutati, una necessità di dire, ma più ancora di SCRIVERE l’amore anche attraverso la sessualità, che non era affatto comune fino a qualche anno fa. Scrivere e leggere la sessualità evidentemente piace molto a molti: se gli editori lo chiedono agli autori è segno che tira, che vende. E nella letteratura europea e mondiale abbiamo infiniti e mirabili esempi, da Houellebecq delle particelle elementari, a tante pagine di Philip Roth, a Eugenides di Middelsex e tantissimi altri.
Il bel saggio di Stefano Guerriero consente di riflettere perché è denso di spunti, ma a mio avviso la sessualità scritta degli anni Zero non è solo ossessivamente annoiata: è una possibilità espressiva di cui anche i ragazzi, con le loro antennine intonse, si appropriano. Rimane importante a mio avviso, sarò antica ma lo dico, distinguere l’erotismo dalla pornografia…. lo so che i confini sono sempre più labili, ma la partita si gioca tutta su questo confine.
@ Francesca Vennarucci
mi ha fatto piacere leggere il tuo commento, però non posso non replicare, senza polemica, ma con stupita disposizione d’animo. Capisco l’attaccamento al mondo classico, ma davvero che se te ne fai di una convinzione, di una distinzione fra erotismo e pornografia? Erotismo e pornografia non stanno sullo stesso piano, quindi non possono essere distinti i loro confini. Una pagina o una scena pornografica possono essere erotiche o meno a seconda di chi legge o guarda. L’erotismo può essere espresso o meno attraverso la pornografia. Porno e poesia sono forme. Soffrite, tu e Guerriero di qualcosa che mi pare si chiami ipostatizzazione o non mi ricordo. Collegare D’Annunzio e Siti in modo da trarne conclusioni. Poi
@ Guerriero, cosa vuol dire “sarà per questo che proliferano i sexy shop”? Qual è il nesso causale? E una pagina può essere oggettivamente scandalosa, per tutti o per nessuno? Sappiamo i nomi di chi si è scandalizzato ai tempi di D’Annunzio? E infine, Walter Siti è un buono (ottimo fate voi) scrittore dal quale ogni conclusione intellettuale e sociologica andrebbe evitata. E speriamo di no, non essendo questo un paese al cui desiderio pensa Rocco, che la letteratura forte non parli di questo paese, dato che non esiste.
@ DFW vs RB,
per quanto riguarda la distinzione tra erotismo e pornografia, sono d’accordo che non ci possa essere un criterio totalmente oggettivo per distinguere le due forme, come dimostra anche il fatto che nel corso della storia sono state ritenute oscene e prive di valore artistico opere oggi ritenute capolavori, come i carmi di Catullo e le novelle di Boccaccio, o più recentemente “L’amante di Lady Chatterley” di Lawrence e “Tropico del cancro” di Miller. Queste due ultime opere peraltro hanno avuto bisogno anche dei tribunali per essere dichiarate non oscene e pornografiche, e quindi occorre comunque precisare che criteri condivisi intesi non come misurazioni scientifiche ma come linee guida condivise sono comunque praticabili per operare tale condivisione.
Potrei abbozzare la seguente definizione intuitiva della distinzione pornografia-erotismo: è che la pornografia ha come fine unico la semplice eccitazione sessuale del fruitore dell’opera (analogamente a come un dentifricio ha il solo scopo di tener pulita la bocca e i denti) mentre l’erotismo è un genere letterario che sì ha al centro l’attrazione fisica e intima tra esseri umani, ma come gli altri testi con valore letterario, ha come fine far comunicare al lettore un particolare “modo di sentire” inscindibilmente legato alla personalità e all’immaginazione di quell’autore, modo di sentire che tuttavia può essere messo a confronto con quello di ogni altro potenziale lettore e che consente di condividere con altri questo valore.
Chiaramente per far sì che tutti i lettori possano condividere almeno in parte questo “valore letterario” occorrono alcune “condizioni di possibilità”, da quelle più banali come comprendere la lingua in cui è scritta l’opera a quelle più complesse come conoscenze culturali del contesto dell’opera, conoscenze di altre opere e così via, ma comunque senza mai far sì che si possa arrivare completamente a un riduzionismo del tipo “Se un opera ha queste caratteristiche allora è un opera che ha valore artistico”, fermo restando che le conoscenze oggettive prima indicate sono condizioni necessarie ma non sufficienti per attingere a questo valore. In pratica si tratta di una estensione in ambito estetico della non possibilità di derivare valori da soli fatti indicata da Hume in campo morale, di cui avevamo già parlato in un altro articolo.
@ Michele Dr
Beh, io posso essere d’accordo con te in linea di massima, ma il mio tentativo è quello di smontare l’equivoco metafisico messo in atto dalla prof e da un mucchio di gente ( Cortellessa su tutti, gagliarde discussioni su Lipperatura ). Anche tu scrivi “come gli altri testi con valore letterario”. È una semplificazione che va bene per capirsi. La pornografia è una tecnica, che poi nell’accezione comune diventi un genere o una qualità è un modo per intendersi, ma sempre tecnica rimane. Così come la poesia o la prosa. Sono contenitori. L’erotismo anche è divenuto genere, ma è una qualità che può assumere un’opera solo in determinati casi e non dipende dalla forma dell’opera. Una scena può essere erotica per me, ma non per te. E il giorno dopo viceversa. Mentre una qualsiasi scena è pornografica o meno a priori. E le due cose non stanno in relazione, per questo non ha senso distinguere come di solito si vorrebbe distinguere. Bolaño ha usato scene pornografiche che a me a volte risultano erotiche. Ma, dato che il mio tentativo in fondo non è così urgente, mi interessa invece capire perché per Francesca Vennarucci la distinzione è importante, e quale partita si giochi su questo confine.
@ DFW vs RB
Ti rispondo portando un esempio: Il petalo cremisi e il bianco, il romanzo di Faber che incredibilmente è diventato una sorta di best seller, pubblicato da Einaudi addirittura. È pornografico e a mio avviso è privo di valore letterario, dico a mio avviso perché siamo su un forum e desidero ammorbidire le affermazioni per non parere apodittica. La pornografia non ha nulla a che vedere con la letteratura, così come non hanno nulla a che vedere con la letteratura tutte le opere che si propongono un fine ALTRO rispetto a quello precipuo della letteratura. La letteratura ha il suo fine in sé. Chi scrive pornografia lo fa perché sa che ci sono molte persone che si eccitano leggendo: il fine è simile a quello che può svolgere una rivista pornografica.
Che poi l’“accusa” di pornografia sia stata spesso in passato, ma anche drammaticamente ahimè nel nostro impoeticissimo presente, usata per processare opere letterarie, censurare e purgare autori che vanno da Catullo a Boccaccio a tanti altri, come nota Michele Dr, mi pare sia un’altra questione ancora. L’erotismo è un’arte sottile e raffinatissima: molti versi di Lucrezio o Orazio e Tibullo sono profondamente erotici, struggenti, ma da sempre l’amore ha una sua eversività che tende a essere minimizzata e ridotta a pornografia, e dunque censurata come tale, da coloro che ne temono il valore dirompente. L’anno scorso i ragazzi hanno scoperto nella biblioteca della scuola una “purgata versione” settecentesca di grandi classici latini: ve lo immaginate “Vivamus mea Lesbia…” senza “da mi basia mille, deinde centum…”: ebbene nella purgata versione i baci erano spariti! I ragazzi sono rimasti stupefatti… perché quella era parsa loro non solo la parte più bella, ma anche dolce, innocente proprio…ma in realtà non è affatto così, non è per nulla così, perché la letteratura non è mai innocente. Per fortuna
Comunque non ho capito cosa pensi tu di tutta la questione
@ Francesca Vennarucci
Beh, io ho un atteggiamento un po’ apodittico e anche polemico, però credo a volte sia necessario, anche se in parte mi dispiace perché davvero non ce n’è bisogno. Io quando leggo “la pornografia non ha nulla a che vedere con la letteratura” oppure “tizio o caia sono scrittori veri”, e sono cose sostenute anche dal mio scrittore suicida preferito ( progressivamente moralisteggiante ), accuso qualche esplosione cognitiva interna. Per me è come leggere “2+2=5”. Tu stai attribuendo dei valori morali a una tecnica artistica, e questo per me è inammissibile, anche volendo credere al soprannaturale. Posso anche capire che si creda in dio o nella bellezza o nell’arte, ma come si fa a sostenere che la pornografia è esclusa? Su quale base razionale? Sono belli i giochi, tipo distinguere i poeti in froci e frocioni e frocetti; oppure gli autori ricci e gli autori volpi. Se un libro ti sembra privo di valore letterario ( preso alla buona ) lo sarà non in quanto pornografico. Sennò scivoliamo lentamente verso la tautologia. Un’opera pornografica ( quando si raggiunge il porno? Qual è il tasso di penetrazioni esplicitamente descritte che deve raggiungere una pagina per poter classificare l’opera come pornografica? Il mondo letterario è continuo o discreto? ) se scritta da dio è divina. La fica ditirambica di Henry Miller è uno schiaffo memorabile all’ultimo dei papi. Capisco quando premetti di essere antica, però detto con leggerezza, non è un po’ rassicurante? Il problema del porno è che spesso è fatto male.
In merito alla questione penso che non ci sia nessuna questione. Penso che questo come altri saggi sulla letteratura o su altre cose del mondo soffra del fact-checking test. Prima ancora di chiedersi che cosa è successo, bisognerebbe chiedersi se sia successo qualcosa. Poi: a) gli spasimi della vagina non sono diventati narrativamente più interessanti di quelli del cuore; b) ci sono più dettagli perché è meglio, perché non ha senso escludere quei dettagli. Avrebbe senso vedere quadri infiniti di nature morte prive solo delle mele? Gli uomini ( e le donne. Cit. e le persone transgender ) sono curiosi. Poi: c) le scene dettagliate oggi non ci lasciano indifferenti, almeno non me. Se negli anni ’80 ci avrebbero fatto dei convegni è solo perché negli anni ’80 avevano poco da fare, oltre a erigere monumenti intellettuali alla fuffa, meglio ancora se in lingua francese. La letteratura forte si dia una calmata, che al resto pensiamo noi.
Io credo che siano interessanti queste scritture. Credo che la censura non sia più molto alla moda e i tempi di oggi corrono troppo per soffermarsi in inutili chiacchere, credo invece che tematiche viste da una nuova luce siano immensamente curiose e stuzzicanti. Saluti