di Italo Testa
Legioni
Quelli che sono morti prima non contano,
essendo già morti, non potranno morire.
Sono i morti degli altri, non dovrai
defalcarli dalle liste, nel ritratto di noi
tutti, i viventi, non sono mai comparsi,
da sempre immersi negli spazi vuoti
sono i morti degli altri, i morti altrove.
Quelli che stanno per morire non contano,
come lembi d’ombra già si sfrangiano
in letti sfatti si piaga il ricordo
di figure erette, movimenti netti.
Sono i morti della prossima ora,
attendono sul retro la folata di vento,
sono gli altri morti, i morti ovunque.
Quelli che sono ancora vivi non contano,
ad ogni battito incancrenisce il volto,
il fiato si piega mentre vanno ad occupare
i posti che di ora in ora si svuotano.
Sono i morti senza saperlo, in incognito
marciano verso i grandi inceneritori,
siamo noi i morti, i morti da sempre.
Quelli non ancora nati non contano,
per tracce già segnate si trascinano
insanguinando la terra, parti oscuri
che il vento dissemina, l’acqua cancella.
Sono i morti che iniziano a vivere,
dediti all’apparenza, proni all’inganno
sono tutti morti, i morti.
.
Il ritmo di Legioni fa pensare a un’insolità ricorsività melica in contrasto con il tempo presente del consumo e dell’informazione. Dilata le riflessioni di A. Sarchi pubblicate qualche giorno fa.