cropped-tumblr_mjb9wpCYDq1r60zczo1_12801.jpgdi Giacomo Magrini

[Finora Giacomo Magrini ha pubblicato poco (alcune poesie su «Paragone» fra gli anni Ottanta e gli anni Zero, la plaquette Fari, a cura di Michele Feo), ma i suoi testi hanno suscitato l’attenzione critica di molti, e in particolare quella di Franco Fortini, che ha parlato della poesia di Magrini nel saggio Le figlie che dormono, poi incluso nel secondo volume dei Saggi italiani. Da qualche anno Giacomo Magrini è tornato a scrivere poesie. Questi sono alcuni dei suoi nuovi sonetti].

Scrivo

Ogni tanto, alle carte, io sento ‘scrivo’
e chiedo a Mario cosa voglia dire.
E’ quel piccolo segno che si mette
per turbare o fermare l’avversario.

Una parola che usava Amerigo.
Vedo in un lampo le nocche infantili
di pelle rosea sopraffatta quasi
dall’opaco clamore dell’inchiostro,

la biro presa fra l’indice e il medio
e le labbra pensose che la succhiano,
le dita a perpendicolo sui tasti

nel patto della lettera e dell’unghia,
nervose cascatelle di computer.
Scrivo poco oramai; scrivo ‘scrivo’.

 

Black-out

Cercavamo a tentoni la pelliccia
elettrica e presaga della gatta.
L’inchiostro era là fuori, era nel cielo,
scriveva un tema immane e forse folle.

Come faceva il babbo con i compiti?
E la mamma, a metà del suo stirare?
La lampadina, amica di ogni sera,
ci lasciava per sempre preferiva

un suicidio immediato e dignitoso.
Arcuata e fuori sesto la candela.
Qualche goccia di cera, perché stesse.

Nella cabina là, verso Potenza,
uomini in tuta brandivano ciechi
inutili strumenti bestemmiavano.

IC

IC, imperativo categorico
IC, immacolata concezione
IC, imperativa concezione
IC, immacolato categorico.

Sono su un intercity che mi porta
da Faenza in Ancona, vecchio treno
di crepe sulla pelle dei braccioli,
di finestrino torbido, di annunci

strozzati nella coclea dei microfoni,
di poggiatesta non più reclinabili.
Sembravi concepito o immacolato

categorico andavi imperativo,
hai perso tutto in un batter di ciglia,
di te mi piace questo, che sei me.

 

Lucciola

Era rimasto senza sigarette
mandò sua moglie un po’ lontano a prenderle.
Il fatto avvenne all’ombra della torre.
Galante, l’avvocato Cingolani

le impedì di comprarle, ed un pacchetto
estrasse intero per il professore.
Felice del risparmio e dell’omaggio
ingenua riferì l’accadimento

e lui ridusse in frammenti minuti
a lei davanti il periglioso dono.
Anche mi sembra di poter seguire

la brace intermittente, quella lucciola
errante sopra i fogli e che non trova
la tomba confacente al proprio estinguersi.

 

Tronchetto

Guardavo foto di me stesso un giorno
del settantuno ed esclamai, Somiglio,
sembro Eugè de Pilì nato e sputato.
Non finiva di ridere mia madre.

Già lavorava come pasticciere
la barba custodiva le parole.
Da Pilì si ordinava e si comprava
festosa sommità il Saint Honoré.

Subito dopo veniva il tronchetto.
Gli cerco sulla faccia, se lo incontro,
filamenti di zucchero e di panna,

gli taglio con la mente, la corteccia
il libro il cambio l’alburno il durame
per giungere al midollo di me stesso.

 

COAL

Leo ha voluto un nuovo supermarket,
dei già esistenti non era contento.
COAL lo ha chiamato, e sorge dove un tempo
c’erano il mattatoio e i suoi lamenti.

Si chiama COAL, vale a dire coala.
Leo, che non spreca invano le vocali,
vuole che le sue piante e i suoi animali
maturino con ritmi naturali.

Un giorno COAL diventerà coala,
in un mattino grigio coi suoi prensili
unghioni, delicato, salirà

sino al volto di Leo, lo gratterà
gli dirà nell’orecchio Andiamo adesso,
c’è la carne migliore per il lesso.

[Immagine: Myoung Ho Lee, Alberi (gm)].

 

2 thoughts on “Poesie

  1. Trovo in queste poesie una bellezza che da tanto non mi capitava di trovare. Magrini riesce a fare poesia con quelle poche cose che servono per poter fare Poesia, e non è da tutti riuscirci, specialmente in questi ultimi tempi. C’è una bellezza nuda e cruda che dice quello che c’è da dire senza aggiungere niente; una bellezza autentica che sembra cristallina, quasi democratica, che nasconde invece molto di più di quanto ci è dato vedere, una bellezza che soprattutto, e a mio avviso fortunatamente, non è per nulla democratica:
    se gli diamo ragione va bene, ma se non glie la diamo va bene lo stesso.

  2. meravigliose.
    e ancora la critica si ostina pontificare sui soliti tre o quattro nomi della poesia italiana contemporanea (nomi che per buona creanza mi astengo dal pronunciare).
    solo una cosa mi chiedo e ci chiedo: come mai c’è solo un commento a queste poesie mentre quando la firma è di quegli altri tre o quattro ce ne sono almeno una trentina, non di commenti ma di saggi post-moderni?????????????????????????
    credo che dovremmo farci un esame di coscienza riguardo a dove finiscono i nostri gusti (o inclinazioni) e dove iniziano quelli degli altri…
    insomma credo di tanto in tanto non ci farebbe male tapparci le orecchie e prendercela comoda, in assoluto e autosufficiente relax.

    cordialmente A.R.

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