cropped-fidelio3.pngdi Guglielmo Pianigiani

[Stasera si inaugura la stagione operistica del Teatro alla Scala con la Prima di Fidelio diretta da Daniel Barenboim per la regia di Deborah Warner. Fidelio è l’unico lavoro teatrale realizzato da Ludwig van Beethoven. Pubblichiamo una presentazione di Guglielmo Pianigiani scritta per “Le parole e le cose” (dbr)]

Fidelio è un’opera che risente della moda teatrale postrivoluzionaria. Dopo la svolta del 1789, la voga della drammaturgia di ispirazione francese si accentua in tutta Europa, Germania compresa. I soggetti operistici traggono spunto dalle pièces di autori francesi e ciò accade anche con il Fidelio, derivato da un dramma di J. Nicolas Bouilly (fonte anche per Paër e Mayr) e relativo a un vero episodio occorso durante la Rivoluzione. Per motivi di censura, la vicenda viene retrodatata a Siviglia nel Seicento, ma per i suoi contenuti ideali ben si presta a una visione al di là del tempo e del luogo. La vicenda rivela uno schematismo esemplare: Leonora, moglie di Florestano, si traveste da Fidelio per poter accedere al carcere dove il marito è stato rinchiuso per motivi politici. Gli salva la vita, proprio prima che l’arrivo del Ministro conceda la libertà a tutti i prigionieri e condanni il perfido tiranno Pizarro. Ma del resto, l’opera di Beethoven (un singspiel, ovvero con i dialoghi parlati invece del recitativo), l’unica del suo catalogo, testimonia l’adesione a una precisa visione drammaturgica e conferma una visione ideologica netta. Gli assi portanti del suo credo filosofico si possono riassumere nei seguenti punti:

  1. La destinazione universalistica del messaggio artistico: Beethoven si rivolge all'”umanità” nel suo complesso, evitando derive soggettivistiche;
  2. L’opera manifesta una finalità etica e rivendica una prospettiva di emancipazione umana e di libertà;
  3. Il contenuto etico sceglie la rappresentazione allegorica ed esemplare quale strumento privilegiato di comunicazione artistica;
  4. La configurazione del plot secondo il genere delle pièces à sauvetage non è la resa alla moda del tempo, ma assolve a una funzione ideologica. Questo genere si era diffuso in concomitanza con la Rivoluzione francese e indicava una vicenda risolta solo in extremis grazie a un intervento salvifico esterno.

Ne derivano conseguenze dirette. Innanzitutto la difficoltà del compositore nel trovare un libretto che fosse all’altezza della sua richiesta filosofica di fondo. Quindi, la costruzione di un testo in cui la componente affettiva finisce per risultare pretestuosa rispetto al pensiero politico e alle istanze etiche. Il libretto stesso viene sottoposto a una quantità notevole di rimaneggiamenti e tagli, che impegnano vari librettisti (Sonnleithner, von Breuning e Treitschke), per adeguarsi alla mutate condizioni storico-sociali della Vienna di primo Ottocento. Esistono, dunque, tre Fidelio: la versione in tre Atti del 1805 (sospesa a causa dell’occupazione napoleonica), la versione in due Atti dell’anno successivo (non più fortunata), la terza del 1814. Cambia la successione dei brani, diminuisce la durata complessiva, si introducono parti nuove di notevole importanza. Non mutano, tuttavia, le idee di fondo e la sottolineatura di momenti-chiave, quali l’episodio dei prigionieri, l’intervento di Leonora-Fidelio, l’arrivo dell’inviato del re nello scioglimento della vicenda. Esaminiamoli brevemente.

* Il coro dei prigionieri («O welche Lust»). È uno dei simboli di quest’opera nell’esprimere la gioia dei prigionieri che escono dai sotterranei per riconquistare la luce. Apre il Finale dell’Atto I e anticipa il ritorno alla libertà che coronerà gli sforzi di Leonore-Fidelio.

* La figura della protagonista: un esempio di fedeltà coniugale spinta fino al possibile sacrificio di se’. Leonora, nel suo travestimento maschile per poter accedere al carcere e tentare la liberazione di Florestano, sceglie il nome Fidelio proprio a testimonianza della fides verso il marito (imprigionato per motivi politici e per aver espresso la verità). Frapponendosi fra Pizarro (il tiranno) e il coniuge, e impugnando la pistola, respinge l’uccisione di Florestano e si erge a coraggiosa ed eroica salvatrice. Si ricordi che Beethoven avrebbe voluto intitolare Leonore questo suo singspiel, mutato in Fidelio su suggerimento degli impresari teatrali.

* L’arrivo del Don Fernando costituisce il colpo di scena risolutivo della vicenda. Anticipato da marziali squilli di tromba, la sua irruzione sulla scena riporta luce e speranza, e consente il riequilibrarsi della giustizia. La condanna del governatore Pizarro e la decretata innocenza di Florestano chiudono l’opera nel trionfo generale dei valori libertari e democratici.

La faticosa elaborazione del Fidelio è testimoniata anche dalle quattro Ouvertures che Beethoven costruì nell’arco dei nove anni. La tendenza dei direttori d’orchestra è quella di eseguire di solito la n.4, in Mi maggiore oppure la n.3, la più celebre ed esaltante (in Do maggiore). I grandi favori attribuiti alla terza versione sono dati anche da una frequente esecuzione concertistica e dal carattere travolgente del materiale musicale. In effetti, la Leonora 3 sembra riassumere in modo efficace tutto il plot narrativo e con maggiore forza rispetto alla Leonora 2. Vi si ritrovano tutti i principali elementi costitutivi dell’ideologia beethoveniana: la cupezza della tenebre, il tema tenero e composto di Florestano, gli aneliti alla libertà, l’inno di riconoscenza, le trombe di don Fernando, l’apoteosi energica della conclusione. La parte più memorabile è data dall’esplosione del trionfo finale, preparato da un lungo e impetuoso crescendo di tutti gli archi. Tale effetto dinamico deriva da un gesto compositivo di grande significato, ovvero dal progressivo aggiungersi degli strumenti, come nell’unirsi di tutte le forze in vista del successo. La prospettiva allegorica risulta da questa attestazione di potenza che lacera l’oscurità della repressione per aprirsi alla luce della verità e della riconquistata libertà umana.

[Immagine: Eyes Wide Shut (Stanley Kubrick, 1999) (dbr)].

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