[Esce in questi giorni il Dodicesimo quaderno di poesia italiana contemporanea (Marcos y Marcos), a cura di Franco Buffoni, con testi di Maddalena Bergamin, Maria Borio, Lorenzo Carlucci, Diego Conticello, Marco Corsi, Alessandro De Santis e Samir Galal Mohamed (introduzioni di Mario Benedetti, Franco Buffoni, Stefano Dal Bianco, Gian Ruggero Manzoni, Fabio Pusterla, Niccolò Scaffai, Emmanuela Tandello). Presentiamo una antologia di sette poesie scelte dagli autori].
Maddalena Bergamin
Sono dentro la parola
che si ritorce e che cade
sui vetri rotti e si taglia
mentre risorge in forme
sconosciute e grida
all’improvviso come
verità inaccessibile
e irridente. Sono dentro
la tua parola, quando
l’hai detta e io stavo
sulle scale ad ascoltare
di nascosto. Demolisce
con agguati ripetuti
e silenziosi i mobili
IKEA, gli entusiasmi
i programmi per l’estate
dagli abissi di questa parola
guardo le macchine per strada
e mi vedo al volante di una
piccola Volkswagen, assorbita
nel nero dell’inchiostro
*
Maria Borio
Mi sembra strano in questo giorno
quasi alla fine della settimana
mettersi a guardare
le cose e il mondo,
le cose che potrebbero essere diverse
dal mondo e il mondo
che potrebbe esistere anche senza le cose.
Le cose – è stato detto – parola imperfetta,
male educata perfino quando dice
né questo né quello
né alto né basso – e il mondo che è
questo quello alto basso.
Le cose e il mondo dovrebbero dare
lo stesso – perché una poesia identifica
e unisce, quando deve parlare
delle cose e del mondo,
se deve parlare.
Ho vissuto il mondo nella sfera –
le foglie diventano alberi,
le pietre case, la stoffa protegge,
la pioggia non bagna sempre allo stesso modo.
E se le cose prendono nome
all’improvviso la linfa esiste platano,
l’arenaria condominio,
il lino ritorto è la giacca,
le gocce enormi che macchiano il catrame
arrivano prima di un temporale forte ma breve.
Guardo i nomi, sono ancora qui dentro,
stanno per sbilanciarsi sul
mio amore mio
che non può parlare né suggerire,
ma lascia un’emozione in ognuno
di voi, per finire con me
all’interno, ma sempre meno
sempre meno fino a sparire,
nessuna traccia di me,
un alone che dal platano torna all’albero
dalla linfa alla foglia dall’arenaria alla terra
dall’edificio alla casa, da io e te
a una donna e un uomo,
dal nostro conoscerci sui desideri
all’amore – dal mondo al mondo
a un altro mondo, senza storia
eppure lungo nella storia, un mondo
attraverso tutta questa verità
che c’era prima, che c’è sempre stata.
Lorenzo Carlucci
enespace10
Tra una pattumiera e un distributore, su una panchina rossa.
La mia vita è uno straccio.
È evidente, il mio cuore ti accoglie come un cielo.
La panchina è rossa come il distributore.
È evidente che le buste della spesa mi segano le dita.
Evidente.
Io ti accolgo nella mia vita straccio perché sono vuoto.
Sono per voi.
Le mie mani sono vuote. Il mio petto respira il respiro del cielo.
Le mie mani sono vuote, il sangue `e rosso come questa panchina.
Voi andate, avete sangue. Andate.
Tra una pattumiera dalla quale mi aspetto che esca
il viso di uno scoiattolo
un topo
un uccello
e un distributore dal quale mi aspetto che esca
una coca-cola
mi fumo una sigaretta e la butto per terra a metà.
Il mio respiro è uno straccio, voi mi attraversate.
Il mio petto è attraversato dalla sigaretta
fumata a metà.
che butto per terra.
Questo silenzio è insopportabile. Andate.
Lo stare seduto sotto lo straccio del cielo
è insopportabile. Venitemi a prendere.
Dalla pattumiera dalla quale mi aspetto che esca
il viso di uno scoiattolo sporco
non esce nessuno. Voi andate.
Continuate a vendere piante lungo una porta a vetri.
Le mie tasche sono vuote.
Pago ogni piantina con una malattia.
Venitemi a prendere.
Dal distributore dal quale mi aspetto che esca
una coca-cola
esce una coca-cola.
*
Diego Conticello
Sfiniti
Guai a chi costruisce il suo mondo da solo.
Devi associarti a una consorteria
di violinisti guerci, di furbi larifari,
di nani del Veronese, di aiuole militari,
di impiegati al catasto, di accòliti della Schickerìa.
E ballare con loro il verde allegro dello sfacelo,
le gighe del marciume inorpellato,
inchinarti dinanzi al volere del cielo.
Guai a chi sulla terra è sprovvisto di santi,
guai a chi resta solo come un re disperato
fra i neri ceffi di lupi digrignanti.
(Angelo Maria Ripellino)
Ci ammorbava il tempo
da abissi indefiniti,
per gettarci
da scarti del mondo
– ormai sfiniti –
sul sozzo
bancone della vita
a marcire esterrefatti
in attesa si sblocchi
la bieca quadriglia
delle corruttele,
lo spudorato
baratto sociale
(scontato a ribasso)
che prelude all’estremo
blocco atriale.
*
Marco Corsi
da sfumato
oggetto delle tue perlustrazioni
tutto si allontana, diminuisce,
perde valore.
ora come sempre
il cielo concede a tratti l’azzurro
illimpidisce, arriva dentro le cose:
per quanto possiamo reggere
di fronte all’evidenza
per quanta ingenuità si dilati
nello spettro discreto dei colori,
le tue mani sono ancora nere
non c’è più nessuna remissione
abbiamo un freddo lungo di anni
e di anni una debole stagione.
*
Alessandro De Santis
Torre Maura
Ore 10,35. Sguardi ottimisti. Un insolito vento
L’uomo senza braccia
non cerca appigli
l’uomo senza braccia
ha sporte che gli pendono dai lembi
muove il mento
come a voler dire qualcosa
il volto smunto
povero di peli
un tipo biondo lo fissa
segue con lo sguardo
la sua ellittica geometria
un uomo – si sa – esige dei legami
non ha motivo d’essere
quell’albero potato,
senza rami.
*
Samir Galal Mohamed
Effetto Bellezza
(a Dario Bellezza)
Lacerato; lo sterno
troppo sottile.
Nulla ti è più congeniale
della morte
e della vita eterna.
Questi testi di poesia (uno poi a testa per ciascuno dei sette autori!) parlano “da soli”?
In cosa si distinguono dagli altri che vengono proposti su questo blog o su quelli di X o di Y?
E i loro autori sono contenti dei 5 secondi di notorietà loro concessi?
Non voglio dubitare della serietà delle introduzioni che li accompagnano, ma sarebbe stato meglio fornirne almeno un assaggio.
Insomma, pur pronto a essere seppellito dalla giovane poesia contemporanea che si è fatta già avanti sul proscenio dei dodici quaderni di Marcos y Marcos (e perché no delle riviste e poi di Manni, Pordenone legge, Nazione indiana, ecc.), sarei curioso di capire a che punto è un vero lavoro critico (e autocritico) sul sempre agitato *mare magnum* da cui ciascuno degli anziani (per forza di cose autorevoli) tira fuori i propri giovani pesciolini.
P.s.
Se poi ci si limita alle passerelle per non suscitar vespai, come successe a Claudia Crocco (qui: http://www.leparoleelecose.it/?p=16873), prendo atto della prudente amministrazione del potere di scelta (ma non approvo).
Strano e inatteso questo silenzio dei commenti attorno al Quaderno… ahimè, in effetti una poesia per autore non è abbastanza per farsi un’idea anche solo approssimativa di questo Quaderno, che presto avrò il piacere di leggere per intero. Intanto, però, al di là delle valutazioni estetiche (io ho le mie preferenze, e dei testi riportati in alto solo un paio mi convincono interamente), fa piacere osservare che tutte le voci ospitate sembrano diverse tra loro, portando a un pluralismo che conferma i Quaderni come valida mappa del contemporaneo anziché tendenziosa costruzione di un canone.
Infine, mi permetto questo link al mio sito (http://castiglionedav.altervista.org/blog/poem-shot-6-lorenzo-carlucci/) in quanto ospita una lettura della poesia “enespace10” di Carlucci, che già conoscevo e che mi colpì da subito.
ps – a Ennio Abate – non credo che dei testi proposti debbano necessariamente distinguersi da altri proposti su LPLC in precedenza. Anche se questo fosse il caso (e per almeno la metà degli autori credo non lo sia), servirebbe un minimo di argomentazione e di comparazione puntuale dei testi.
@ Castiglione
Lo scoglio (ineludibile) è qui: “sarei curioso di capire a che punto è un vero lavoro critico (e autocritico) sul sempre agitato *mare magnum* da cui ciascuno degli anziani (per forza di cose autorevoli) tira fuori i propri giovani pesciolini”. Parliamo di questo, se possibile…
felice, non vedo l’ora di averlo tra le mani.