cropped-Milo-De-Angelis.jpgdi Milo De Angelis

[Esce in questi giorni il nuovo libro di Milo De Angelis, Incontri e agguati (Mondadori 2015). Ne pubblichiamo un estratto].

Questa morte è un’officina
ci lavoro da anni e anni
conosco i pezzi buoni e quelli deboli,
i giorni propizi, la virtù
di applicarsi minuto per minuto e quella
di sostare, sostare e attendere
una soluzione nuova per il guasto.
Vieni, amico mio, ti faccio vedere,
ti racconto.

*

Tutto cominciò in una cameretta
con i regali e le candeline
che in un soffio spensero mio padre
fermo nella sua giacca per sempre
e un cerchio di puro niente mi assalì
in un solo attimo franò sul tavolo
e mi mostrò cento di questi giorni.

*
………………………………………………..
………………………………………………..
……nel 1967, dopo una lunga guerra
di trincea, dopo una guerra di metri
guadagnati e persi, iniziai
una trattativa con la morte.

*

Iniziai dunque a trattare, sì, a trattare
ma lei recalcitrava, negava la firma,
si dava per dispersa e riappariva sul più bello
nella vela di una carezza o nella voce
che indicava lassù un’orsa favolosa
era lei con un sapore di mandorle bruciate
iniettava nell’alba il suo buio primitivo.

*

Con la morte ho cercato ancora
un patto, ma lei era astuta e discontinua
appariva nei traffici dell’amore,
diventava giallore e numero fisso
era il respiro e l’artiglio nel respiro
un’ora murata
galleggiava nel fradiciume della vasca.

*

E ha cominciato a parlare,
quella figura plenaria,
come il capobranco della nostra fine
soffocava il lievito felice,
affondava con il piede la barca
infantile di due foglie
ci lanciava il suo avvertimento.

*

“Sarai una sillaba senza luce,
non giungerai all’incanto, resterai
impigliato nelle stanze della tua logica
Sarai la crepa stessa
delle tue frasi, una recidiva,
una voce deportata, l’unica voce
che non si rigenera morendo”

*

“Morirai invaso dalle domande
correndo contro vento a braccia tese
ricordando il tepore della sorridente
scaverai nella miniera dell’ultimo vederla
formerai a poco a poco la parola niente”

*

Non puoi immaginare, amico mio, quante cose
restano nascoste in una fine, non puoi
capire il pietrame triturato
che diventa la tua vita
eppure era bella, lo ricordo, era quella
che il vigore cosmico chiedeva, una giovinezza di frutteti,
l’arte suprema che mia madre augurava.

*

Non so, credimi, se riuscirò. Ascolta,
vienimi vicino, posso dirti che il sangue
zampilla scuro ma non riesco a cancellarmi
c’è un silenzio fatato che in me respira,
un sussurro di quaderni scritti a mano
e la parola precisa, dio mio, quella parola
che alla trincea della fine mostrò un frutto.

*

Vicino alla morte tutto è presente
non c’è infanzia né paradiso
tu cadi in un urlo segreto
e non parli
cerchi un arcano
e trovi solo materia, materia
che non trema e ti guarda impassibile
e avvicina muta i due estremi.

*

Sono in un segreto frastuono
sono in questo cortile d’aria
e ogni parola di lei violaciocca
mi fa pensare a ciò che sono
un povero fiore di fiume
che si è aggrappato alla poesia.

 

[Immagine: Milano, Giambellino. Foto d’epoca].

 

3 thoughts on “Incontri e agguati

  1. Mandai, una volta, a Fortini, da Roma, al suo indirizzo di Milano – era forse il 1992? – un tagliacarte – credo fosse dei primi inizi del ‘900 – di piccole dimensioni, che avevo acquistato per me, colpita dal colore del materiale – forse bachelite -. Lo avevo preso perché mi aveva ricordato – il colore – la fiaba di Pelle d’asino, e dei vestiti color del tempo. Molto tempo era passato dalla pubblicazione di mie poesie – una prima – a quella dei versi di “Tesoro da nulla”. E così, inviai a Fortini il tagliacarte, chiamandolo del “color del tempo”. L’avrà ricevuto? Chi sa. Se sì, sua moglie Ruth lo avrà trovato, dopo la sua morte. Sua moglie Ruth con cui parlai al telefono nel 1994. “È in ospedale, lo richiami. Ne sarà contento”. Non osai farlo. Una sorella di mia madre, ammalata, nello stesso anno, di quello stesso tumore: non osai entrare in quei momenti che conoscevo. E, dopo, di quel mio pudore, mi sono sempre dispiaciuta. Molti anni dopo ebbi occasione di parlare ancora una volta con Ruth Leiser, Ruth Fortini. Fu allora che mi disse – ed erano passati anni -, “erano dunque suoi quei fiori. Mi ero chiesta di chi fossero”.
    Mi inviò una pubblicazione di Fortini, dove scrisse una sua piccola annotazione a matita. L’avevo chiamata per dirle che le avrei inviato una plaquette, con una sola poesia “per Franco Fortini”, e che, la plaquette (curata da Enzo Eric Toccaceli, per il Pulcinoelefante), aveva, all’interno, un disegno di Fortini, che egli mi aveva regalato, molti anni prima.
    Emanuele Zinato ricorda perfettamente il momento di quel regalo, e l’anno. Era alla Certosa di Pontignano, eravamo lì in tanti, ad ascoltare gli interventi di un convegno. L’ultima mattina, credo: Fortni, moderatore degli interventi. Disegnava, guardando ora l’uno, ora l’altro, tra il pubblico. Poi strappava, di volta in volta, i disegni. Mi accorsi – ero seduta in prima fila – che guardava verso di me, e disegnava. Erano gli ultimi momenti della mattinata (e non si creda che Fortini fosse, dai suoi disegni, agli interventi distratto). Feci in tempo a dirgli “Professore, per favore, non lo strappi. Me lo regala?”. Mi sembrò troppo chiedergli di firmarlo. Ma ha una annotazione a penna, nella sua grafia inconfondibile, di uno dei nomi tra i relatori, o per un intervento dal pubblico.
    Bello, e molto, vedere, nelle prime ore, oggi di mattina, la locandina del convegno a Siena, che ha i volti di Fortini, e di Leopardi. Convegno su un tema non da poco. E, oggi, di mattina, ho visto la pubblicazione, che un poco stupisce di vedere così, messa di seguito, e che, certo, induce ad un’analisi del mezzo e del messaggio, seguendo, essa, di pochi giorni, la pubblicazione dell’intervista al poeta M.D.A., ed una sua dichiarazione, anche, di come, ad Ameglia – luogo delle estati – o di una loro parte -, di Fortini e della moglie Ruth…: chi ne avrà desiderio, andrà a rileggere, o a leggere la pubblicazione dell’intervista, di C. Crocco, a M.D.A.

  2. Ho finito ora la lettura del volume: forse non sono riuscito ad entrare appieno nel labirinto del libro. Lo trovo notevolmente sottotono.

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