di Rino Genovese
“Insomma, i mercati sono riusciti dove la sinistra italiana ha fallito”: così “Le Monde” del 10 novembre scorso. Sia pure in una battuta, è un’analisi ineccepibile. Si ha infatti un bel rallegrarsi (come il Popolo Viola e indignati vari) per la dipartita del presidente del bunga-bunga, ma il dato politico di fondo in realtà è il seguente: la democrazia deformata si sta ormai avvitando su se stessa. Da tempo siamo convinti che la sinistra abbia perso la sua partita contro il leghismo-berlusconismo una decina d’anni fa, nelle elezioni del 2001, quando era ancora possibile contenere l’ondata populistica e tenere Berlusconi e Bossi all’opposizione, solo che si fosse presentata una coalizione di centrosinistra credibile e non sgangherata. A maggior ragione lo siamo oggi, quando il protagonista del berlusconismo è costretto a lasciare e ad aprire al governo Monti sotto l’attacco dei mercati finanziari, contro il parere di molti dei suoi, certo, ma ben consigliato dai figli e dal fido Confalonieri preoccupati per le sorti delle sue aziende.
Un governo di larghissime intese, guidato da un “tecnico”, è la migliore soluzione per un berlusconismo in difficoltà (a parte il serio problema che ciò pone all’alleanza con la Lega), al fine di recuperare consensi. Quando si andrà alle elezioni, infatti, probabilmente nella primavera prossima, il berlusconismo, che in quel momento avrà fatto cadere il governo, potrà presentarsi come una forza di opposizione ai “sacrifici” che saranno stati imposti da Monti. Come al solito, il centrosinistra potrà essere indicato invece come il partito dei “tassatori”; mentre per la Lega una fase di opposizione sarà un bagno purificatore, addirittura una panacea per aggiustare le contraddizioni interne.
Il punto è che dal populismo non si esce da sinistra ma da destra. Ciò è stato vero in Argentina (e in modo terribile…), ed è vero, fatte le debite proporzioni, anche in Italia. Il governo Monti – a cui oggi non c’è alternativa – è la spia di una inconsistenza della sinistra. Si rifletta sulla cosa. Qual è, qual è stata la caratteristica del populismo in Italia? Applicare, nei fatti, ricette neoliberiste ma applicarle male, in maniera episodica e incoerente, condendo la realtà effettuale con massicce dosi di demagogia, di risentimento sociale, di uso propagandistico della paura. Quale sarà, nella sostanza, la linea del governo Monti, dettata dalla Banca centrale europea? Quella di applicare le ricette neoliberiste finalmente in modo serio e coerente. Dopo di che il gioco del populismo potrà continuare: non necessariamente dal governo, anche dall’opposizione, additando una sinistra inesistente (perché distrutta) come l’origine dei mali sociali e come il presidio degli interessi dei più forti. Naturalmente, affinché ciò possa riuscire, è necessario che il populismo nostrano presenti ancora i due volti del leghismo e del berlusconismo. Il rischio per quest’ultimo, accettando la soluzione Monti, sta quindi soltanto nel possibile deterioramento dei rapporti con la Lega.
Intanto i conti pubblici miglioreranno. Le pensioni di anzianità saranno ritoccate se non abolite; la patrimoniale non ci sarà (se non in forma risibile); magari si ritornerà all’Ici, grande vantaggio per la propaganda futura del berlusconismo di opposizione. Una sinistra inesistente sarà sempre più risucchiata in una politica che non dovrebbe essere la sua. E la democrazia deformata, che è essenzialmente una democrazia priva di un’autentica distinzione destra/sinistra, potrà così perpetuarsi.
Un’ultima considerazione riguarda l’Europa. Finché non vi sarà federalismo europeo, il populismo non farà che crescere in tutta l’area. E la sinistra non potrà che autonegarsi, affidandosi alla direzione politica del duo Merkel-Sarkozy e a quella “tecnica” della Bce. Per la semplice ragione che una politica d’intervento statale, oggi, non è più immaginabile a livello nazionale ma solo sovranazionale. Ha scritto Salvatore Biasco nel sito “Caffè Europa”: “Il destino della sinistra è legato a doppio filo a quello dell’Europa: o essa mette all’ordine del giorno la delega di molti dei poteri statali a un governo europeo, o l’inevitabile declino e implosione di un’Europa non governata e paralizzata nelle sue scelte e decisioni ne svuoterebbero e forse travolgerebbero il ruolo politico”. Siamo d’accordo con lui.
[già pubblicato on-line su «Il Ponte»].
Stranamente, nell’articolo non compare minimamente il problema fondamentale di oggi, e cioè l’impossibilità della democrazia. L’unico riferimento che l’autore fa alla democrazia, è quando la collega alla distinzione destra/sinistra: francamente, mi pare che la storia mostri l’opposto, che l’ingessarsi sul dibattito tra un maggiore egualitarismo, posto più o meno strumentalmente in opposizione a una certa forma di libertà, finisce oggi per consegnarci la fine della democrazia.
La questione mi pare altra, e per molti aspetti ben più radicale, ed è costituita da quale ruolo assegnare all’economia. La democrazia muore perchè incompatibile con le esigenze dell’economia assunta non come terreno di scelta discrezionale, e cioè come parte della politica, ma come dogma in sè in una società che vede le persone non più come cittadini ma come consumatori.
Così, lo stesso uso di un termine controverso come populismo, tende inevitabilmente a generare fraintendimenti.
Il rischio più grosso è che in una tale impostazione, l’alternativa divenga quella tra populismo e tecnocrazia economica: dove starà allora la democrazia, dove sarà andata a finire? Potrà bastare occuparsi della questione della distribuzione del reddito per ripristinare la democrazia?
La democrazia, nella mia visione, è stata violata, perfino direi eclissata, quando l’interesse generale smette di essere concepito come oggetto di argomentazione, di dibattito e lotta politica tra partiti e punti di vista differenti, e diviene il punto di partenza, una certezza acquisita che deve essere addirittura difeso dal particolarismo dei singoli partiti.
Insomma, non è che ciascun partito deve basare la sua azione su una propria specifica concezione dell’interesse generale, facendone l’oggetto della propria lotta politica, deve invece rinunciare al proprio punto di vista per inchinarsi all’interesse generale come dato indiscutibile. A me avevano insegnato che sono le dittature che si fanno portatrici di un interesse generale indiscusso ed indiscutibile, ma io non sono sufficientemente moderno.
La maschera di Darth Vader mi sembra l’unico commento possibile al tono e ai contenuti di questo post, e spero che esprima con ironia la presa di distanza di LPLC.
Non diventate guastafeste o piagnoni, per favore.
Concordo in pieno con la lettura dei fatti. “La democrazia deformata si sta ormai avvitando su se stessa.” Frase ineccepibile.
Io, davvero, non capisco il Monticidio preventivo. Il Predestinato è sceso tra noi per smetterla col Quietismo da operetta: lo sappiamo tutti che siamo solo un’appendice del Santo Mercato, che è la forma stessa della Vita, il vincolo di ogni Narrazione, il vettore di ogni Respiro e di ogni Digiuno. Mario Monti, l’Angelo Obbligato, si sfila il pesante spadone e ci sottrae, finalmente, alla Gravità. Se prima ondeggiavamo tutti insieme, piegandoci in due, per la forza dello Spread che ci spingeva verso il Basso Storico, Colui-che-viene-da-Goldman-Sachs, gonfio di Falangi Applaudenti, da buon Borghese Carismatico, con i lazos finissimi del Verbo Liberale ci riporta verso l’Alto. E siamo sul punto di trasferire la nostra Apatia Populista nei dintorni della Democrazia d’Alto Stile, transitando dal Fastidio, ormai nervoso, del Berluska, alla Garanzia Perenne della Tentazione Mercantile. La vostra resistenza è inutile. Inghiottirete pomeriggi di tortura, se non vi lascerete trascinare; una tortura inferna e suprema se non firmerete il Patto di Sangue del Buono-di-Spread che è venuto a salvarci. Firmate, amici, il vostro Auto-Lager. Finalmente la Volpe-del-Mercato, novello Rommel al servizio del Presidente, con le sue Armate Delicate si abbatte contro la Palizzata del Debito. La sentite la muta urlante dei Cani di Bruxelles? E le sinfonie degli Elicotteri di Francoforte? L’ozio è finito. Alle frontiere marciano le Truppe del Riscatto. Levate i polpastrelli dalle tastiere e dirigetevi anche voi verso il Quirinale Feroce. Ex internati, ingrugniti dal Grande Televisore, è giunta l’Ora del Mercamento: l’Auto-Eletto getterà somme ingenti nelle vostre tasche. I sacrifici sono finiti. Comincia l’Era Nuova, la Gloria dell’Equità, l’Alba dell’Impiego per Tutti; comincia la Rendita Generale, la Certezza dell’Onestà, il Salmo della Promessa. Finisce ora la Corrosione dell’Incubo Leghista. Scrittori: scrivete le Lodi del Trasloco. Attori: recitate la Reazione Superiore. Critici: coniugate la Sensificazione del Gesù-sceso-dai-Monti. Cantanti: intonate l’Epifasmìa di Uno-più-di-Uno. Poeti: componete il Verso Supremo dell’Unico-che-vince-la-nebbia. Giornalisti: descrivete il Dolce Tuffo nel Tempo Nuovo della Padronanza. E tutti, tutti ma proprio tutti, incatenati all’Unità Tribale, anche gli Ipoglossalalici, persino i Proletari tra Parentesi, e l’Uman Genere Reietto, tutti cantino senza vaghezza il Coro Universale della Mercatrocità. E il Piatto della Bilancia Rotta – finalmente! – assumerà l’Identità del Delirio Cosmico. Il Sorriso-che-Ghigna, il Ludico che Risana la Finanza, è sceso tra noi in rappresentanza di una nuova Mercatonomia. Vincete ogni reticenza. Aumenterà – vedrete – lo Spread di ognuno e il Fine Mese promette Frittelle di Guano per tutti e le tasche – vedrete, vedrete – si riempiranno di Parole Mielate e di Discorsi di Pane e di Nodi di Vino e di Falsnotizie di cioccolato. Fidatevi e, vi prego, davvero, smettetela col vostro Monticidio preventivo. L’Indignato Padrone, col suo abito di Cerimonia Credibile, ormai nostro Primo Liberatore, è impegnato nell’Operazione Salvamondo. L’enigma della storia è la storia del mercato; e allora siamo messi proprio bene: il Mercato si è personificato e Colui-che-sa, Lui-solo, l’Altissimo che dietro le quinte fa girare la Cassa Assoluta, ha schiuso per noi il Personaggio Grande che farà lievitare le Azioni verso il Sublime Erotismo della Vendita Eterna. Sia lode alla saliva di Monti! Baciamo le mani al Fossile Soleggiato! In ginocchio davanti al Mercato Rassicurato! Comincia l’uscita dall’Agonia Finanziaria! Viva la Lingua Unica! Viva la Padronanza Assoluta!
Genovese, come fa a dire che nel 2001 poteva vincere il centrosinistra? Con quale alleanza? L’unica possibilità era la strana alleanza PD-Lega, tentata secondo me da Bossi fino al 2000, quando La Padania scriveva ancora che B. era un mafioso e quando il mafioso, insieme a Fini, dichiarava pubblicamente che mai più si sarebbe alleato con i padani. Ma il PD non ebbe il coraggio (forse fece male, anche perché la base elettorale della Lega, al nord, pare sia fatta di operai ex comunisti).
Il fatto è che ci sono i numeri, a parlare chiaro. Il rapporto centrodestra centrosinistra è sempre stato 60 a 40. Adesso i sondaggi danno il centrosinistra a 45 solo perché c’è stato il disastro B.; ma basta che mettano candidato premier un qualunque Formigoni per far immediatamente cambiare l’indicatore… per non dire che la ditta Di Pietro almeno per metà non è computabile a nessuna concezione della sinistra, dal partito personale al giustizialismo (per non dire che i voti dell’IDV provengono in gran parte da loschi comitati elettorali del corrotto pentapartito, Scilipoti insegna).
La sinistra, quella comunista tendenzialmente anticonsumista e antiamericana, non c’è più, facciamocene una ragione; e non c’è più prima di tutto nella società, salvo un fisiologico 5-7% (da suddividere tra i cinquecento partiti comunisti presenti in Italia, i quali, a loro volta, lo devono condividere con parte dei grillini, per non dire con gli anarcoinsurrezionalisti, i quali a loro volta si dividono tra brontoinsurrezionalisti e sorcoinsurrezionalisti…). C’è rimasto solo il riformismo, che però non riforma mai…
La Merkel si sta battendo per estendere i principi dello welfare tedesco a tutta l’Europa (così ho letto), ma perderà le elezioni, e i socialdemocratici diranno che c’è la crisi, non è il momento di riforme così lungimiranti… Sarkozy pure perderà le elezioni, e lo stesso i socialisti francesi ridurranno l’eccellente welfare… ché paradossalmente il centrosinistra, in Europa, riduce la spesa pubblica, il centrodestra fa il contrario… Ancora nel 2001, anno dell’avvento del berlusconismo – durato 10 anni, pur insopportabili, e non 20 – la spesa pubblica italiana era a poco più di 500 miliardi; adesso, dopo i dieci anni di governo di destra liberale, è a più di 800 miliardi, almeno 100 in più di quanto avrebbe dovuto essere se avessero mantenuto la spesa ai livelli del centrosinistra. Son robe strane, è qui la corruzione (fisiologica in un paese culturalmente arretrato come l’Italia, ma pare inferiore a quella del modernissimo Giappone)… altro che combattere l’evasione (che a sua volta, potrebbe essere anch’essa fisiologica), come dicono tutti i guru, o paraguru… bastava tenere i conti a posto… Perché se il centrodestra avesse semplicemente tenuto i conti a posto, l’Italia sarebbe oggi il paese più virtuoso d’Europa…
Secondo me l’alto tasso di partiti e movimenti populisti (indignati compresi?) è dovuto al fatto che le politiche riformiste non vengono mai attuate.
Monti deve solo tenere i conti a posto, in modo da rassicurare i creditori dell’Italia. Purtroppo non ci riuscirà completamente, perché ai partiti non gli conviene che un qualunque ispettore delle grandi banche internazionali riesca in pochi mesi dove loro non son riusciti in vent’anni… E tutto sommato non conviene neanche ai pessimi elettori…
SUSSULTI PREAGONICI DEL MENEGHINO
Il grande comunicatore, l’uomo dal fiuto politico infallibile, troppo occupato a sderenare arrendevoli pulzelle, a colmare di doni “nipotine” smarrite e a soccorrere lenoni caduti in disgrazia, non ha avuto tempo di dare ascolto a manifestazioni come “Se non ora quando”, di prestare attenzione a mobilitazioni come quelle contro le leggi “ad personam” o contro il tentativo si sfigurare la nostra Costituzione, né di tenere nella dovuta considerazione referendum come quelli contro il nucleare o le privatizzazioni scriteriate.
L’inossidabile “ghe pensi mi” ha avuto, durante tutto il suo mandato, cinque preoccupazioni sostanziali:
1 – provvedere, innanzitutto, al suo personale sollazzo alla faccia della Veronica-Cassandra;
2 – difendere il suo immenso patrimonio (vedi le norme ereditarie ad hoc, l’abolizione della tassa di successione, i provvedimenti a favore delle sue televisioni, l’opposizione alla patrimoniale…);
3 – rallegrare la sua truppa ora con barzellette condite, a volte, da qualche bestemmione, ora con innalzamento di corna nei convegni e di diti medi nei comizi, ora con offese a parlamentari (pensiamo al “Kapo” rivolto a Schulz) e a magistrati (definiti mentecatti), ora con gli insulti al buon gusto (ricordiamo solo l’Obama “abbronzato”, la Merkel “culona”);
4 – far promesse da marinaio fidando nella memoria cortissima dei suoi concittadini. Ne sono esempi le rassicurazioni a terremotati e alluvionati fatte quasi esclusivamente di sorrisi a 56 denti e di battute grassocce, o le promesse di opere faraoniche, tipo ponti, viadotti, autostrade, linee ferroviarie ecc;
5 – mettere tutto in atto per far vedere di essere un grande tra i grandi. Penosi, a questo proposito, il baciamano a Gheddafi, il “mister Obama” gridato davanti alla regina Elisabetta, il “cucù” confidenziale alla Merkel, il “ti ho dato una moglie” a Sarkozy”, il patetico e risibile sfogo “i magistrati mi perseguitano” fatto ad Obama, il ridicolo atteggiarsi nelle foto di gruppo o l’umiliante questua di un sorriso, di una pacca sulle spalle, di un segno comunque di attenzione da parte di chi abbia un potere foss’anche l’ultimo dei dittatori come Alexander Grigoryevich Lukashenko.
Peccati veniali hanno sempre avuto l’aria di dire i pidielloti che hanno sempre generosamente giustificato il loro impresentabile duce perché, per suo merito, hanno sempre molto riso. Ciò che però non hanno potuto a un certo punto perdonargli, ciò che ha rivoltato anche la coscienze più torpide o acquiescenti è stata la massa di balle stratosferiche con le quali il Gran Pallonaro ha tentato pervicacemente, irresponsabilmente, di negare la crisi drammatica nella quale versa il nostro Paese. Certo, chi si è ingozzato e continua ad ingozzarsi alla generosa greppia del padrone, chi ancora si fregia in questo paese del motto “Pallone, Gnocche e Denaro” può ancora organizzare qualche manifestazione in favore del bauscia che ci ha sgovernato, può anche pubblicare risibili editoriali come il trucido Sallusti, oppure blaterare insanità come il reggicoda Minzolini, ma ormai Berlusconi è destinato a scomparire politicamente sotto il peso delle sue insulse lepidezze, della sue cialtronesche menzogne e della sua totale incapacità a governare uno Stato. (Gino Spadon)
@Larry
Mi sa che Benedetto Della vedova – forse l’ho sognato – ha detto che, in soldoni, se Monti dovesse fare bene, noi politici (che non si schiodan) che figura ci faremmo? Quindi bisognerebbe andare a votare subito… per non far perdere agli italiani il contatto colla realtà politica… (un bel riduzionismo…)
Comunque, non è un caso che a votare vogliano andarci Lega e il manganellaio Di Pietro… così come il PDL che fa il “responsabile” cerchi tempo per costruire un’immagine a qualcun altro (forse non Alfano) e mettere in ghiaccio il cerone del cavaliere…
Il Pd, d’altronde, credo sia stato l’unico schieramento a tentare di combattere Berlusconi sulle cose e non sulla persona giudiziaria e imprenditoriale (non sempre, certo). Purtroppo la cordata dei giornali “amici” (chiamiamoli così) e gli intellettuali d’area amica (sempre sì chiamati) hanno giocato all’indignazione e allo scompiglio, scendendo nella fogna costruita appositamente dall’entourage del premier uscente…
Probabilmente hanno aiutato a edificare un modello di politico che potrà essere facilmente appaltato alla destra (che tanto vinceva coi buffoni, può vincere anche cogli onesti).
Concludo dicendo che il berlusconismo è una filosofia per idioti che assomma al suo interno populismo, arrivismo, facilismo, spontaneismo, anti-politica, clientelismo, impunitismo, maschilismo, italiotismo e quanta merda c’è ancora in giro che, sinceramente, penso che chi ne è affetto, amen, c’è davvero poco da fare… che poi, simulato o reale, (il suo ex scagnozzo Montanelli ha parlato di “un bugiardo che crede alle bugie che dice” quindi non un orditore come credo invece sia), il personaggio Berlusconi ne riassumesse nel suo corpo tutta la simbologia… bei cazzoni gli italiani!
Per Larry Massino.
Una sorta di alleanza del Pds (allora si chiamava così) con la Lega si ebbe alla metà degli anni Novanta, nel sostegno al governo Dini. Poi, dal 1996 al 1998, ci fu il governo Prodi sostenuto da un’alleanza di centrosinistra, che, nella forma dell’appoggio esterno, comprendeva anche Rifondazione comunista. Questo partito, guidato da Bertinotti, fece cadere il primo governo Prodi. Ci fu uno sfilacciamento del centrosinistra e, dopo i governi D’Alema e Amato, le elezioni del 2001, in cui Forza Italia e la Lega erano ormai strettamente alleate. Dunque è impossibile ipotizzare nel 2001 una coalizione tra i Ds (avevano ancora cambiato nome…) e la Lega. Quando si parla della divisione del 2001, ci si riferisce a Bertinotti da un lato, che fece correre Rifondazione da sola (pur non presentando candidati nei collegi maggioritari della Camera, al fine di favorire la coalizione di centrosinistra) e Di Pietro, che invece presentò liste sia nel maggioritario sia nella quota proporzionale, per non parlare del Senato. Alla fine, risultati elettorali alla mano, si vide che il centrosinistra avrebbe potuto battere la destra, soprattutto nei collegi maggioritari, se si fosse presentato unito. Politicamente, pesava certo anche l’errore di avere fatto cadere Prodi qualche anno prima.
“Il punto è che dal populismo non si esce da sinistra ma da destra. Ciò è stato vero in Argentina (e in modo terribile…)”. Non mi pare proprio che l’Argentina sia uscita da destra dal “populismo”. I Kirchner, prima Néstor, poi Cristina, hanno rappresentato l’uscita meno peggio, hanno portato avanti con successo un programma sociale “progressista”, e anche in campo economico, rispetto alla crisi del 2001, ci sono stati progressi molto rilevanti e consistenti (pagamento anticipato del debito totale contratto con il FMI nel 2006; riduzione della metà della soglia di povertà; Pil che viaggia sull’8%; salari aumentati in media del 17% annuo a partire dal 2002, ecc.). Inoltre, sul piano politico continentale, i Kirchner si sono alleati con il blocco dei governi progressisti latinoamericani (dal Venezuela all’Ecuador alla Bolivia), riducendo l’ingerenza di quelli del piano di sopra (Dipartimento di Stato Usa) nei loro affari interni, e svincolandosi progressivamente dai diktat del Fmi (quelli che oggi, per un gioco finanziario e politico perverso, il Fmi viene a “suggerire” da noi). Non mi pare che, sia in termini economici che politici che di sovranità nazionale, l’Argentina se la passi male. Certamente se la passa meglio di noi, che ci troviamo commissariati, non solo dalla Bce, ma anche dal Fmi e, dietro le quinte, dalla Goldman Sachs & C. E’ inquietante vedere come lo scenario di quella che i latinoamericani hanno chiamato la “década perdida” degli anni ’80, ossia la devastante politica degli ajustes estructurales imposta dal Fmi e dalla BM, si riproponga, con tutte le viariazioni del caso, qui da noi. Allora, negli anni ’90, l’Argentina era considerata la migliore allieva del Fmi e dei Chicago Boys, adesso il ruolo di miglior allievo toccherà all’Italia? Se Monti e Napolitano ce la mettono tutta, temo proprio di sì.
Ma quando si dice la capacità profetica della poesia, qui Manzoni aveva previsto già tutto, dall’ammucchiata vincitore-vinto nel governo d’emergenza al Monti nuovo (Presidente del Consiglio) e antico (uomo di G.S., della Trilaterale e del gruppo Bilderberg), ai due “popoli” che ci stanno sul collo (Francia e Germania), alla macelleria sociale (i “campi cruenti”) d’un popolo che ha perduto la sovranità nazionale:
Il forte si mesce col vinto nemico
Col nuovo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta:
Dividono i servi, dividon gli armenti
Si posano insieme sui campi cruenti;
D’un volgo disperso che nome non ha
Per errebì.
Mi riferivo al passaggio tra peronismo e dittature militari, in particolare al secondo passaggio. Dopo la morte di Peron, il governo della moglie Isabelita, pieno di elementi di estrema destra (tra cui gli amici del nostro venerabile Licio Gelli…), vede succedergli nel 1976 uno dei regimi più terribili che la storia abbia mai conosciuto. Il caso dell’Argentina, del resto, è interessante in un senso più ampio. La confusione tra destra e sinistra è infatti la caratteristica generale del populismo (la Lega in Italia, per la posizione “di sinistra” che ha preso oggi sulle pensioni, è un caso esemplare), e il peronismo è stato di destra come di sinistra a seconda delle circostanze. Escludendo il peronismo dei Montoneros, parte della opzione guerrigliera degli anni Settanta, il peronismo di governo è stato di destra come di sinistra. Menem, con il suo ministro Cavallo, negli anni Novanta ha applicato le ricette neoliberiste portando l’Argentina al disastro. Ne è seguito il peronismo dei coniugi Kirchner, che ha un contenuto di segno opposto, protezionista e statalista. Il populismo – di cui quello argentino è in un certo senso il tipo puro – finisce con il togliere il terreno sotto i piedi a una sinistra non solo marxista (come fu negli anni di Peron), ma anche liberale o socialdemocratica di tipo europeo. È il dramma che stiamo vivendo…
Genovese dice nell’intervento precedente:
“La confusione tra destra e sinistra è infatti la caratteristica generale del populismo”.
Allora, Genovese pensa che il PD sia la massima manifestazione di populismo, con la sua pratica di una politica di destra, pur pretendendo di stare a sinistra?
Perchè conta cosa si dichiara o cosa si pratica?
Ed ancora, la vecchia DC era un partito populista, visto che si è sempre rifiutata di essere considerata di destra?
Rimango del parere che il concetto di populismo sia controverso e che si presti pertanto ad un uso strumentale, per scomunicare una certa tesi così da non doversene confrontare nel merito.
Ed appunto nel merito, bisogna assumere che la distinzione politica fondamentale sia quella basata sulla distribuzione del reddito, bisogna farne un dogma, per evitare che sia oggetto di argomentazione.
«È il dramma che stiamo vivendo»…. «la democrazia deformata si sta ormai avvitando su se stessa»
Ma quanta esagerazione! I Kirchner hanno governato benissimo. Magari ci fosse una Cristina anche in Italia.
Sul pezzo: non siamo più negli anni settanta. Il mondo è cambiato e le analisi non possono farsi con gli stessi strumenti. Perché tutta questa paura?
Caro Cucinotta, la ridistribuzione del reddito è appunto ciò che permette, in una certa misura, di classificare a sinistra gli anni di Peron e della prima moglie Evita. Ciò non toglie che Peron sia stato un allievo di Mussolini e di Hitler, e che la sua, almeno in un primo tempo, sia stata un’applicazione creativa dei fascismi europei in Argentina: pensi soltanto al culto del capo. La confusione destra/sinistra è decisiva, ma naturalmente non è l’unico criterio. Anche la Dc, partito di centro cattolico, si spostava un po’ a sinistra o un po’ a destra a seconda delle circostanze: ma nel suo insieme non era che un partito moderato, gestito da un insieme di oligarchie e di correnti, prive di un capo carismatico. Inoltre, nonostante nei lunghi anni del predominio democristiano ci sia stata quella che si chiama una democrazia bloccata, c’era, dall’altro lato, intorno al Pci ma non solo, qualcosa che impediva una deformazione permanente della democrazia. C’erano delle chiare opzioni ideali, per esempio. La confusione destra/sinistra si fa drammatica in Italia con il leghismo-berlusconismo (notare che pongo in continuità i due fenomeni). Il Pd, all’altro capo del sistema politico, è l’effetto della deformazione della democrazia: un partito che vede al suo interno forze liberaldemocratiche e socialdemocratiche, che ovunque in Europa sarebbero tra loro alternative.
@ rino genovese,
mi sembra che il brano che ha causato il mio equivoco sia comunque poco esplicitato. Quanto al “populismo” è un fenomeno storico molto complesso, ed è anche una categoria politica che non ci appartiene, ma è stata sussunta di rimbalzo. Un notevole impulso a questa lettura populista della politica italiana è stato dato dai governi Berlusconi, ma in modo a mio avviso improprio. Mi pare interessante a questo proposito il discorso di Laclau sul populismo, la sua visione di governo populista come di un governo che amplia le basi democratiche della società, ossia di un modo di costruire il politico che garantisce la democrazia, anche se poi Laclau non abbraccia in toto il populismo, ma su di esso fa prevalere la categoria di “popolo”. Comunque, la complessità del fenomeno è innegabile, dal populismo peronista era fuggito l’argentino Cortazar, mente altri intellettuali argentini vi aderirono, e alcuni confluirono poi nel movimento peronista montonero. Lo stesso Peron, quand’era rifugiato in Spagna (franchista), lodava le azioni rivoluzionarie dei montoneros, mentre quando rientrò in Argentina si spostò completamente a destra.
Sui Kirchner vorrei aggiungere anche che il bilancio politico dei loro governi progressisti è a tutt’oggi e a mio parere positivo, ma credo che la loro figura non debba oscurare i movimenti popolari e i gruppi politici extraparlamentari (tra cui i piqueteros con il loro slogan “qué se vayan todos”) che li hanno appoggiati, ma in maniera critica (è anche il caso di Lula e dei Sem Terra ecc.), perché ritengo che dietro ogni governo progressista debbano esserci movimenti politici autonomi che continuino a pungolarli e a criticare certi loro compromessi. Spesso però succede che i leader di questi movimenti vengono cooptati dai governi, e lì finisce la loro funzione critica e inizia la corruzione.
@ rino genovese, in forma di ps. personale: ma eri tu che partecipavi alle riunioni di “palomar” in quel di portovenere?
Sì, ho preso parte una volta a una riunione per la seconda serie della rivista “Palomar”, ma la cosa non ebbe un seguito.
Non capisco perché il populismo non ci appartenga visto che ci siamo dentro. Certo, se restiamo a parlare dell’Argentina rischiamo di impigliarci in una discussione puramente storica. È un fatto, però, che dal peronismo gli argentini non sono usciti più, visto che anche i Kirchner vi si richiamano. Quanto a Laclau, ho letto il suo libro, l’ho anche citato, ma non mi ha affatto convinto. Non mi persuade il “pasticcio” teorico tra Gramsci e Lacan, e le tesi del libro mi sembrano da cima a fondo un prodotto della situazione argentina. Importante non è che alcune istanze “democratiche” vivano nel populismo; l’aspetto decisivo è che queste istanze vi compaiono stravolte in senso antidemocratico. Pensiamo al momento plebiscitario, per esempio. A mio avviso, il populismo in effetti è di destra, anche se la sua caratteristica principale è quella di confondere la distinzione destra/sinistra.
L’eccesso di populismo degli ultimi venti anni italiani segnala che c’è anche uno spread antropologico (questo è lo spread più alto e dannoso che ci ha lasciato in eredità l’appena terminato berlusconismo). Il populismo va combattuto e battuto, anche quello che tira le monetine solo a partita finita… è quello il vero mostro (compresi gran parte di cittadini tra le fila di indignati, leghisti, movimento 5 stelle; compresi Renzi e i partiti personali tipo Di Pietro, e tipo quelli che non ci sono ancora… costole e costolette di partiti e di aziende).
Detto ciò, sapere che da domani Bersani e Berlusconi faranno pare della stessa maggioranza parlamentare, lascia un po’ perplessi.
Caro Genovese, grazie della risposta che però temo non risponda a nulla delle cose che ho detto.
Se il populismo sta nel confondere destra e sinistra, Lega e PD ne sono i massimi rappresentanti ma certo non Berlusconi che non perde occasione per dimostrare la sua avversione per la sinistra.
La mia insistenza nel rifiutare l’uso di termini troppo vaghi quali antipolitica o populismo è che sembrano coniati appositamente per evitare di entrare nel merito delle questioni.
A mio parere, il populismo viene agitato per difendere una forma di rappresentanza parlamentare che non riesce ad essere rappresentativa. Un classe politica che ha violato il patto di rappresentanza scarica sui rappresentati la colpa di questa carenza di rappresentatività. Paradossalmente, non vi è un’incapacità dei parlamentari a rappresentare, ma la colpa starebbe nei cittadini che non si sentono rappresentati. e proprio nel fatto stesso di non sentirsi rappresentati sono vittime del populismo; la responsabilità dei rappresentanti sparisce così magicamente come a seguito di un tocco di bacchetta magica.
Anche per quanto riguarda l’altro punto che sollevavo, e cioè che questa politica tutta ingessata sulle diatribe sulla distribuzione del reddito rischia di uccidere la democrazia, mi pare che lei ribadisca senza argomentarlo il suo punto di vista: nulla di male, basta chiarirlo però.
Se oggi ad esempio il discrimine politico si giocasse piuttosto sulla dicotomia crescita/sostenibilità? Avrebbe ancora senso identificare una destra e una sinistra?
Caro Cucinotta, vedo che lei ha un intero sito in cui è possibile approfondire queste tematiche. La prego di leggere ciò che ha scritto Claudio Bazzocchi, sul sito della rivista “Il Ponte”, a proposito del nesso tra populismo-antipolitica-governo tecnico, che mi pare chiarire alcuni dei punti da lei sollevati.
Per quanto ora ci riguarda, siamo d’accordo nel classificare la Lega come un fenomeno populista. Consideri che io vedo il leghismo-berlusconismo sostanzialmente come un unico fenomeno a due teste. Non mi pare che il berlusconismo non “confonda” la distinzione destra/sinistra, al contrario. Pensi alla retorica plebiscitaria della democrazia, o al fatto di proporsi come un paladino dei “piccoli” contro i “grandi” (identificati con i gruppi di potere della sinistra); pensi al rapporto d’identificazione tra il leader, presentato come “uno che si è fatto da sé”, e il cosiddetto uomo della strada. E pensi, soprattutto, al fatto che questa propaganda è andata così avanti da distorcere il rapporto destra/sinistra: sicché oggi gli autentici liberali (più o meno liberisti) si trovano nel centrosinistra. Per fronteggiare il fenomeno populista a due teste, infatti, è stato pressoché inevitabile mettere insieme alleanze ampie che di sinistra non hanno più quasi niente. In questo senso il Pd è esso stesso un prodotto della deformazione della democrazia indotta dal populismo. Che poi ci sia una crisi (a dir poco) della rappresentanza, e quindi della democrazia liberale, su scala mondiale, mi pare innegabile. Ma questo è un altro discorso, sia pure intrecciato con quello intorno al populismo. Un altro discorso ancora, poi, è quello del rapporto tra la crescita e la sostenibilità, o tra lo sviluppo e il progresso, o, come dicono alcuni, tra la “decrescita” e la “convivialità”.
Ma perché anche su LPLC alla fine si parla di politica come si parla di calcio il lunedì mattina? Perché non si riesce mai a riconoscere che per parlare di politica ci vuole un po’ di competenza?
perché un simile riconoscimento non si verifica in nessun luogo in italia, nel mondo non so. solo perché lei si esprime diffusamente su queste sponde, e su tutti gli argomenti, non implica necessariamente che siano le sponde di un’isola felice=)
ovviamente scherzo, in parte… la prenda come la burla di uno che non riesce ad andare a dormire presto.
Non è che alcuni siano così innamorati delle proprie convinzioni da non sapere neanche leggere qualcosa che, uscendo dai loro schemi mentali, non sono fondamentalmente in grado di comprendere?
“Quale sarà, nella sostanza, la linea del governo Monti, dettata dalla Banca centrale europea? Quella di applicare le ricette neoliberiste finalmente in modo serio e coerente”
“Realta’ vince il sogno” -e anche gli incubi prefabbricati e premasticati. Abbiamo un ministro donna all’interno e un ministro donna alla giustizia: a me gia’ questo basterebbe per invocare l’immediata santificazione di Monti. E per continuare a festeggiare.
Pongo due problemi apparentemente impertinenti :
1. Che rapporto (di “coesistenza pacifica”? di “indifferenza reciproca? o…) hanno su LPLC le discussioni che si svolgono nei (pochi) post politici, come questo, con le discussioni che si svolgono nei (molti) post letterari?
2. I commentatori che ancora s’appassionano a questioni politiche cosa sperano d’ottenere dai “cultori della parola” come sono perlopiù i frequentatori di LPLC? (E viceversa)?
In sostanza, cosa c’entra “la politica” con LPLC ( se fare dei post politici è politica…).
L’AMACA del 17/11/2011 (Michele Serra).
Un governo di onesti professori borghesi, quasi tutti cattolici, quasi tutti ricchi, guidato da un onesto professore borghese, cattolico e ricco. (In pratica: un governo Prodi, però libero dal ricatto bilaterale di Mastella e di Bertinotti). Ognuno è libero di trarne le conclusioni che crede, e ovviamente ogni critica, in questo clima di unanime consenso, sarà la benvenuta. Ma date retta, prima di aprire il rubinetto dei vostri dubbi fate come ho fatto io ieri, subito dopo avere letto la lista dei ministri: cercate in rete il video “Meno male che Silvio c’è”, dura neanche due minuti ma è un sunto fantastico della catastrofe antropologica dalla quale (forse) siamo appena sortiti. Rivederlo e sentirsi miracolati, guariti dalla peste, redenti dalla dannazione è tutt’uno. Il grigio-banca del governo Monti sembra un antidoto alla pacchianeria sgargiante che ci ha sommersi, incanagliti, instupiditi per tanti di quegli anni che quando vediamo passare in televisione, tra gli stucchi di Palazzo, una faccia normale, una persona noiosa, sbarriamo gli occhi per l’incredulità. Per ogni ministro nominato, fate così: cercate di ricordarvi chi era il suo predecessore. Vedrete che in nove casi su dieci il passo in avanti è stato grandioso. A prescindere.
Da La Repubblica del 17/11/2011.
“quando vediamo passare in televisione, tra gli stucchi di Palazzo, una faccia normale, una persona noiosa, sbarriamo gli occhi per l’incredulità. Per ogni ministro nominato, fate così: cercate di ricordarvi chi era il suo predecessore. ”
Quando uno ( in amaca, appunto) SERRA in mano un pugno di mosche ( o di vespe?) e si felicita credendo di possedere un tesoro!
O Sinistra, o Sinistra,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Per Abate.
Credo che quelli che si interessano alla politica possano spingere i poeti a interessarsi un po’ più alle cose e un po’ meno alle parole. Ma vale anche il viceversa: quelli che s’interessano alle cose potrebbero interessarsi di più alle parole, grazie a “Le parole e le cose”.
@Rudi
Anche questo ci toccava vedere, la politica ridotta a fatto estetico.
A me personalmente, la semplice vista di berlusconi, del suo disperato e insensato bisogno di compiacere a tutti i costi tramite la più sconvolgente mimica facciale, fa venire il vomito: ma il vomito è un fatto viscerale. Io spero invece, guarda un po’, che la politica si faccia piuttosto col cervello, e rimango colpito da come ci sia chi si crogiola con le proprie pulsioni viscerali, e le esibisca come se si trattasse di un argomento politicamente rilevante.
Per Rino Genovese
Ottimo. La prendo in parola. Proviamo a entrare più nel merito dei discorsi affrontando qualche punto spinoso delle discussioni che si vanno facendo in giro. Ecco la mail che ho mandato ad alcuni amici. La pubblico qui e vediamo che relazione tra parole e cose vien fuori.
—-Messaggio originale—-
Da: ennioabate
Data: 17/11/2011 19.22
A:
Ogg: da Ennio Abate: Fwd: SALVIAMO L’ITALIA. Appello al popolo lavoratore
Cari amici,
da isolato sento soprattutto che un blocco di forze, che già ha spinto per la guerra in Libia e mai ha frenato da decenni lo spappolamento della società italiana, ha preso in mano alcune leve fondamentali del potere e l’userà per rafforzarsi. Non ho però nessuna reale fiducia in quanti si candidano a portavoce di un’opposizione da costruire, malgrado la indubbia giustezza di molte loro affermazioni. Mi è pervenuto questo appello e ve lo inoltro. Vorrei conoscere le vostre valutazioni nella speranza di trovare punti d’appoggio ai miei dubbi o incoraggiamenti a pensare in un’ ottica nazionale.
Un caro saluto
Ennio
*
La partecipata Assemblea di Chianciano Terme, «Fuori dall’euro! Fuori dal debito», svoltasi il 22-23 ottobre, dopo analisi accurata delle crisi, consapevole del momento storico che attraversa il nostro paese, elesse un Comitato ad interim allo scopo di dare continuità e forma alla comune iniziativa e preparare una seconda assemblea che si svolgerà a Roma entro la fine di gennaio 2012. In questa direzione, per costituire un fronte ampio, va l’Appello che sottoponiamo al giudizio di ognuno, nella speranza che sia condiviso, sottoscritto, diffuso. Sui siti web Sollevazione e Appello al Popolo chiunque potrà seguire il nostro cammino.
Per il Movimento Popolare di Liberazione (Stefano D’Andrea, Massimo De Santi, Leonardo Mazzei, Moreno Pasquinelli)
SALVIAMO L’ITALIA
Appello al popolo lavoratore
«Berlusconi se ne va, defenestrato non dal popolo ma da una congiura ordita dal grande capitalismo finanziario internazionale, di cui egli è stato pedina. Se i poteri forti festeggiano, tra le masse popolari prevale quindi l’incertezza per il futuro e la paura. Con Monti si passerà dalla padella alla brace. Egli è infatti un emissario, incaricato dalla possente mafia finanziaria globale di riscuotere il pizzo, affinché gli italiani siano obbligati a restituire i crediti concessi con i relativi interessi. Debiti raddoppiati da quando l’Italia è entrata nell’Unione europea, contratti da una casta politica corrotta e fluiti in gran parte, sotto forma di titoli e obbligazioni, nei forzieri delle banche e nelle tasche di quel 10% di popolazione che possiede il 50% della ricchezza nazionale.
All’opposto, da quando la curva del debito pubblico è salita in alto, le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza degli italiani sono precipitate verso il basso. Sono aumentati i disoccupati, i precari, gli esclusi, a danno del potere d’acquisto dei salari; spingendo così milioni di cittadini ad indebitarsi per vivere decentemente.
Chi pensa che Monti, per sanare il debito pubbico, metterà le mani nelle tasche del 10% dei milionari, dei parassiti e della speculazione si illude. Da buon liberista che crede nel mercato globale, egli ritiene che solo finanziando questa minoranza di paperoni si potranno spostare i soldi dalla rendita all’investimento rimettendo in moto l’economia. Il futuro governo attuerà quindi una gigantesca rapina a danno della maggioranza dei cittadini. Una macelleria sociale bilanciata da una patrimoniale di facciata, e giustificata col miraggio della futura “crescita economica”.
Occorre respingere la cura da cavallo di Monti non solo perché è ingiusta, crudele e classista, ma anche perché spingerà il paese in una recessione ancor più profonda. Il risultato sarà che la cosca finanziario-bancaria e la minoranza dei milionari imboscheranno le loro rendite e non investiranno, che crolleranno le stesse entrate fiscali dello stato, avvicinando così il rischio che l’Italia si veda costretta a non poter rimborsare il debito estero (default).
Vi è poi un altro pericolo. Ammesso e non concesso che Monti riesca a compiere la sua ignobile rapina di massa, quest’impresa potrebbe rivelarsi vana ove uno qualsiasi dei paesi occidentali conoscesse una nuova crisi bancaria, ciò che renderebbe altamente probabile la deprecata insolvenza. Non sono infatti i debiti sovrani che hanno causato la crisi del capitalismo; non sarà dunque l’eventuale “risanamento” dei conti pubblici italiani a sventare il rischio di un’implosione dell’Unione europea e della fine della moneta unica. Entrambi cadranno comunque, e i sacrifici di lacrime e sangue che si richiedono ai popoli, risulteranno inutili. Sarebbe come riempire un recipiente bucato.
C’è infine un’ultima ragione che ci impone di fermare Monti. Egli ci viene presentato come il Salvatore della Patria, in verità la sua patria non è l’Italia, ma il mercato globale. Salito al potere attraverso un golpe finanziario-bancario pilotato dal Presidente Napolitano, Monti rappresenta quelle grandi potenze che vogliono togliere al nostro paese gli ultimi brandelli di sovranità nazionale (senza la quale non c’è né sovranità popolare né democrazia), che puntano a trasformarlo in un protettorato. Il popolo italiano è dunque posto davanti all’alternativa: perire per l’euro o salvarsi abbandonandolo al suo destino.
Fermare Monti quindi, ad ogni costo. Ma come inceppare la sua macchina? Non si può fare affidamento sulle forze politiche esistenti, tutte avvinghiate al sistema di potere, succubi del 10% dei milionari speculatori e quindi incapaci di indicare valide e radicali soluzioni per uscire da questa crisi epocale. Senza una rivoluzione democratica, il popolo italiano non ha scampo. Questa sollevazione è nell’ordine delle cose. Le forze sistemiche lavorano, per adesso solo con la propaganda, per soffocarla sul nascere, noi dobbiamo invece alimentarla, dargli una prospettiva. Per farlo dobbiamo costruire un ampio schieramento popolare, un fronte che non si limiti a respingere la cura da cavallo di Monti, ma che sappia opporre un programma d’emergenza alternativo.
Un programma d’emergenza per dare uno sbocco all’opposizione sociale diffusa ma ancora incerta e frammentata, che dovrà invece candidarsi a guidare il paese per portarlo fuori dall’abisso in cui è sprofondato. Questo programma deve fondarsi su sette principali proposte politiche: (1) l’uscita dall’Unione europea e dalla NATO, la chiusura della basi americane, il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per riconquistare la piena autodeterminazione politica e porre fine ad ogni politica colonialista. (2) L’abbandono dell’euro e la ripresa della sovranità monetaria. (3) Il controllo pubblico sulla Banca d’Italia e l’intero sistema bancario e assicurativo. (4) La nazionalizzazione e la protezione dei settori vitali dell’economia nazionale, e il rafforzamento della gestione pubblica dei beni comuni come l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’istruzione, la salute. (5) Una moratoria sul pagamento dei debiti esteri affinché gli eventuali sacrifici richiesti al popolo lavoratore servano per salvare il paese e non per ingrassare la grande finanza predatoria straniera. (6) Un piano nazionale per il lavoro, per debellare la disoccupazione. (7) La difesa e il rilancio della Costituzione repubblicana per un Parlamento popolare eletto con legge elettorale proporzionale».
@Abate
Non sono per nulla d’accordo con quello che sostiene il pezzo ultimo che hai riportato. Ritenendoti in buonissima fede, volevo dirti che le posizioni politiche che vi sono contenute sono i capisaldi della destra europea, ultranazionalista e in definitiva
fascista, se non neonazista. Sono le cose che dice da anni Bukowski, uno storico russo speso citato dall’antroimpaurista Ida Magli. Bukowski che del resto non
ha torto a far rilevare le analogie tra burocomunismo sovietico e buroliberismo dell’Unione Europea (che va criticata, ma per andare oltre, secondo me verso il socialismo europeo, non per tornare al socialismo nazionale, o al nazionalsocialismo…). Sono le posizioni reazionarie di Nigel Farage, presidente del gruppo Europa della LIbertà e della Democrazia al Parlamento Europeo; di Borghezio, che fa parte dello stesso gruppo; di Forza
Nuova di Roberto Fiore; di Casa Pound… Purtroppo anche dei ragazzi che in questi giorni manifestano preventivamente contro Monti… Non capisco perché ti ostini a non capirlo. Mica sei un fasciocomunista come Pennacchi? Lo stat(al)ista de Latina… che io mi pensavo facesse una riflessione storica, giusto un po’ di sarcasmo… al contrario, pare che creda al progetto politico di mettere insieme fasci e comunisti… vedessi come s’infiamma, quando ne parla in televisione… recentemente si è pure presentato alle elezioni della sua città proprio con quell’ideale politico, che riteneva fortemente novativo… ha preso poco più dell’1%… grazie, addio… speriamo si convinca anche lui che fascismo e comunismo pari sono, due mostri ridotti così male da essere solo macchiette di sé stessi.
Il mostro da combattere oggi si chiama neoliberismo, siamo tutti d’accordo, ma gli strumenti più prossimi sono quelli delle istituzioni sovranazionali, non il contrario. Altri strumenti andranno inventati, ma prendersela con le banche è sciocco. Anche perché potrebbero insolentirsi e prendersela loro con noi… riducendoci sul lastrico… ché non aspettano altro…
Eccoti il link a un articolo
di Ida Magli, tratto dal sito di destra
disinformazione.it.
http://www.disinformazione.it/potere_banchieri.htm
Intendiamoci, può darsi che mi sbagli io… e che si sbaglino tutti quei brutti tipi che ti ho citato, a saccheggiare da destra posizioni che sarebbero di sinistra. Ma spiegami perché e per come. Ciao.
@ Larry Massimo
sono uno degli autori dell’Appello.
Provo a essere analitico, per mostrare come la tua opinione sia priva di ogni fondamento logico e storico. E naturalmente non ho intenzione di polemizzare (la tua opinione purtroppo è molto diffusa), bensì di cercare di persuaderti.
Seguo un ordine diverso da quello in cui i sette punti programmatici sono elencati nell’appello e pongo in prima posizione i punti programmatici che in nessun modo possono essere tacciati di fascismo o di nazismo.
(2) L’abbandono dell’euro e la ripresa della sovranità monetaria.
E’ una condizione che c’era sotto il cosiddetto trentennio glorioso (1950/1970) e durante tutta l’esperienza della cosiddetta prima repubblica. La decisione di adottare l’euro venne presa agli inizi della seconda repubblica.
Spero che tu escluda categoricamente che si tratti di idea fascista o nazista. Magari non hai studiato a fondo la questione e non riesci a comprendere l’utilità che deriverebbe dalla scelta e chi ne sarebbe avvantaggiato. Ma questa è una ragione per interessarsi alla proposta, non per scartarla come fascista o nazista.
(3) Il controllo pubblico sulla Banca d’Italia e l’intero sistema bancario e assicurativo.
Vale esattamente quanto ho appena scritto a proposito del punto n. 2. La legge bancaria del 1936, che non era stata scritta da un fascista, bensì da un socialista di Caserta, le cui figlie si chiamavano Italia Libera, Vittoria Proletaria e Idea Socialista (Beneduce prese la tessera del partito fascista soltanto nel 1941, quando, colpito da un ictus, dovette ritirarsi e volle ringraziare Mussolini che lo aveva sempre difeso dai fascisti che non lo volevano), fu mantenuta intatta da Democristiani, Comunisti e Socialisti fino al 1991-1993 (ancora una volta il male è venuto dalla seconda repubblica ed è di derivazione comunitaria). Perché quella legge, molto simile a quella che avevano gli stati uniti (e anzi migliore), che non si può dire fascista perché è stata anche democristiana, socialista e comunista (senza che nessuno l’abbia mai contestata), sarebbe fascista o nazista? Meglio tenerci la disciplina bancaria che ci ha imposto l’unione europea?
(4) La nazionalizzazione e la protezione dei settori vitali dell’economia nazionale, e il rafforzamento della gestione pubblica dei beni comuni come l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’istruzione, la salute.
Idem come sopra. Basti citare l’IRI, che non fu smantellato dopo la caduta del fascismo, bensì potenziato, il sistema delle partecipazioni statali, i trattati doganali bilaterali diffusi praticati per tutto il trentennio glorioso e la gestione pubblica dell’acqua, della salute, della istruzione ecc.
Per quale ragione il regime giuridico vigente sotto la prima repubblica sarebbe fascista o nazista?
(5) Una moratoria sul pagamento dei debiti esteri affinché gli eventuali sacrifici richiesti al popolo lavoratore servano per salvare il paese e non per ingrassare la grande finanza predatoria straniera.
Questa è una proposta nuova, che non può essere qualificata né fascista né comunista. Probabilmente si tratta di un provvedimento che sarebbe necessario. In ogni caso, nella misura in cui si potrà evitare sarebbe da evitare. Comunque non vedo ragione per chiamare la proposta fascista o nazista.
(6) Un piano nazionale per il lavoro, per debellare la disoccupazione.
Fascista o nazista?
(7) La difesa e il rilancio della Costituzione repubblicana per un Parlamento popolare eletto con legge elettorale.
Fascista o nazista?
Resta il punto 1): “l’uscita dall’Unione europea e dalla NATO, la chiusura della basi americane, il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per riconquistare la piena autodeterminazione politica e porre fine ad ogni politica colonialista”.
L’uscita dalla NATO e la chiusura delle basi statunitensi sono stati a lungo capisaldi delle proposte del PCI. Dunque che cosa c’entra il fascismo e il nazismo?
Resta soltanto l’uscita dalla UE. Il fondamento della proposta non è né il fascismo, né il nazismo. Bensì la constatazione che quasi tutti i punti del programma che ho richiamato, nonché molti corollari e altre soluzioni normative collaterali o strumentali a quelle indicate non sono possibili senza recuperare la sovranità nazionale ceduta alla UE in ragione di come quest’ultima si è andata configurando dalla fine degli anni ottanta. Dunque la linea politica sociale o socialista della prima repubblica è oggi vietata dalla UE. I provvedimenti che dovremmo prendere per realizzarla sarebbero tutti invalidi per contrasto con il diritto europeo, pacificamente considerato prevalente rispetto al diritto interno (e ora anche in base a una precisa norma costituzionale inserita dal centrosinistra al tempo della “riforma in senso federale” della nostra costituzione).
Spero di aver convinto Ennio Abate e di aver fatto sorgere almeno un dubbio anche a te.
Stefano D’Andrea
@Stefano D’Andrea
mi occupo da sempre di cazzate (arte), perciò non sono abbastanza preparato per disquisire di faccende di politica economica e di sistemi politici (non essendo preparato, non capisco nemmeno cosa voglia dire ” La difesa e il rilancio della Costituzione repubblicana per un Parlamento popolare eletto con legge elettorale “). Però sono vivo, e da quando sono nato (no Nato) mi si obbliga in continuazione a maturare giudizi politici. Sicché, via via, ho letto articoli su giornali e riviste, studiato ponderati libri filosofici e storici, studiato la questione delle divisioni tra cattolici, liberali e socialisti, tra massoneria e vaticano, tra socialisti e comunisti, tra massimalisti e riformisti, tra riformisti liberali e riformisti socialisti ecc. A un certo punto mi sono rotto il cazzo, te lo dico papale papale, maturando pure un disincanto verso qualunque forma di antagonismo sociale di base, a maggior ragione quando favorisce la ferocità del popolo, del quale non mi fido tanto… ché il popolo italiano pare altro non aspettare che un nuovo Mussolini (come dimostra la storia politica degli ultimi venti anni, immaginava di averlo già trovato…). Alla fine, dunque, ho deciso che il liberalismo è il male minore (seguendo Popper). Così come un male minore è la minusvalenza di sovranità, dovuta a due principali questioni:
1) si è pareggiata, in modo abbastanza vile, l’ultima guerra (ci sono più di 100 basi Nato o direttamente americane, sul suolo patrio… regolate almeno in parte da trattati segreti, così si sente dire… nei quali sarebbe definita giuridicamente la cessione di sovranità agli Stati Uniti d’America, che ci salvarono non solo dalla sconfitta in guerra, ma anche dalla sconfitta economica, finanziandoci e facendoci spazio nei mercati internazionali con il piano Marshall);
2) la lungimiranza dei cattolici e dei liberali ci ha fatto aderire, se non promuovere, l’organismo sovranazionale denominato Unione Europea.
Ora, da distratto (no destratto), mi regolo così, da vero massinalista: mi sono eletto dei riferimenti negativi, in parte quelli citati nel precedente commento; quello che pensano loro è quello che a me non mi garba ‘n nessuna maniera (al fine di regolarmi il più precisamente possibile seguo anche il comico in declino Beppe Grillo, che proprio ieri aderiva alle posizioni di Nigel Farage, quanto di più reazionario c’è nell’attuale panorama politico europeo, seguo anche Giulietto Chiesa e Paolo Barnard, se è per questo…).
Nel frattempo, perdendo tempo con l’arte , da lucidaparole artigianale, da linguaio, da facitore di manufatti narrativi, cerco di immaginarmi altri mondi, il più possibile inclusivi, tra parentesi, mondi non disfattisti, né apocalittici, ché questi contenuti sono i migliori alleati degli speculatori che tanti, a parole, dicono di voler combattere. Infatti, gli speculatori si strusciano le mani quando certi contenuti circolano nella società, favoriti se non prodotti dal sistema editoriale (appartenente a chi?). Così come i conservatori si strusciano le mani quando la gente si indigna pubblicamente e massicciamente: come in Spagna, per intendersi bene… dove otterranno proprio oggi forse il maggior risultato elettorale della loro storia.
Insomma, D’Andrea, continuo a non condividere i contenuti del vostro pezzo, ma grazie per la cortesia con la quale hai risposto.
L’articolo è scritto bene e individua alcuni punti chiave ma mi sembra un po’ un esercizio di stile, giocato su categorie che guardano al XX secolo più che al presente.
L’idea di un “a destra” o “a sinistra”….è quello che si è vissuto esattamente negli ultimi 20 anni di berlusconismo…il bi-polarismo concentrico.
“Populismo”: anche il concetto di populismo mi sembra un po’ datato; però sta a riferimento è vero ad un fenomeno che sempre ritorna e che più che essere un fenomeno è il fulcro stesso del “politico”; detto gramscianamente è il problema dell’Egemonia ovvero del fatto che per governare si deve convincere e vincere gli elettori (scusate l’iperbole).
Il berlusconismo ha convinto e vinto i propri lettori perchè propone loro un modello vincente incentrato su una idea di “interesse” che è inopinabilmente individualista, modello usa e getta o triviale (fate un po’ voi) ma al tempo stesso è vincente perchè gruppi interi trasversali della società vi si riconoscono.
E’ sciocco dire che Berlusconi dice le bugie: Berlusconi è forse il politico più vero che c’è stato nell’ultimo ventennio…così vero nei suoi lifting, nei suoi tramonti/rinascite barocche, nella sua idea di imprenditoria/politica mordi e fuggi, che continuerà a convincere e vincere fino a quando non la “sinistra” ma un’ altra idea di interesse e di vision gli verrà contrapposta.
Il Berlusconismo ha vinto perchè ha occupato completamente il teatro della politica, con la complicità degli apparati della sinistra storica conservatrice, proponendo una idea più che sincera ed autentica di società….dall’altra il nulla, vecchi concetti ancora più populisti del berlusconismo perchè mascherati da una idea di giustizia sociale e da rivendicazioni varie in realtà evidentemente non al centro degli interessi delle classi politiche storiche innanzitutto di sinistra, assolutamente alla difesa dei vecchi organigrammi di partito, delle vecchie botteghe, non a caso protagoniste di secondo livello degli ultimi vent’anni di Berlusconismo.
E’ venuto un tempo nuovo e si deve affrontarlo con coraggio, costruendo trasversalmente una politica che sappia rischiare e proporre un interesse nuovo, una nuova ebbrezza, di desiderio, di rivoluzione.
Brevemente su questo post, perché vedo che la discussione si è già spostata su quello firmato da Mauro Piras:
@Massino
Sbagli, secondo me, a mettere con tanta prontezza le etichette ‘destra’/ ‘sinistra’ sugli scatoloni-partiti. Rischi di porle “a memoria”, alla cieca, senza tener conto di quanto sia mutata la situazione o non controllando più il contenuto economico-politico. Che troppo spesso è simile o è lo stesso. Quelle etichette avevano una certa corrispondenza col contenuto al massimo fino agli anni Settanta. Non più oggi. Io parto, perciò, dalla convinzione che ci hanno spento le luci, siamo al buio e ci muoviamo a tentoni. E preferisco la brechtiana lode del dubbio e l’analisi cauta di TUTTE LE POSIZIONI OGGI IN DISCUSSIONE. Sotto queste lampade, e non quella di Pennacchi, esamino e ho chiesto di discutere, qui su LPLC, anche l’appello del «Movimento Popolare di Liberazione», incentrato sull’ipotesi di un’uscita dalla crisi di tipo NAZIONALE; e non per questo nazionalista o “fascista” o “di destra”, come tu dici (la Destra non è più quella di Berlusconi o di Fini che ora appoggiano Monti assieme al PD?). Su di essa ho molte riserve, ma non la demonizzo o esorcizzo. Rino Genovese, che pur velatamente qualche interrogativo su «una sinistra inesistente» e una «democrazia priva di un’autentica distinzione destra/sinistra» l’aveva affacciato, questa posizione sembra ignorarla; ed io ho voluto mettergliela sotto il naso perché si pronunciasse.
Ignoro la composizione e gli equilibri “parlamentari” di LPLC, ma non posso non notare che neppure s’era avviata la discussione sul post È FINITO UN GOVERNO, NON IL BERLUSCONISMO di Rino Genovese e subito è stato pubblicato – chiodo scaccia chiodo, nella logica perversa della gestione dei blog! – il post SUL «GOVERNO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA» di Mauro Piras, che a mio parere sgambetta sia la discussione cominciata da Genovese e cancella quella del «Movimento Popolare di Liberazione», imponendo in modi, secondo me, reticenti e intelligentemente dogmatici (cercherò poi di dirlo nel suo post) l’ipotesi sovranazionale.
Ma siete tutti così favorevoli alla scelta che i partiti maggiori, dopo aver dimostrato ampiamente la propria incapacità di fronteggiare la crisi, sia quando sono stati al governo sia quando sono statiall’opposizione, hanno fatto, chiedendo agli stessi « bocconiani che non hanno minimamente previsto la crisi» (Illuminati) di risolvergliela? Beati voi che vedete la luce dietro i Monti!
@ Stefano D’Andrea
Ho vari amici che sostengono il vostro appello, ma non mi hai convinto. Anche se le vostre idee fossero del tutto ragionevoli (e sicuramente non fasciste, per me il problema non si pone), lo sono in astratto. Non valutano quali siano davvero le forze reali oggi in campo. Dov’è il Principe a cui le volete consigliare? Dov’è più il “popolo” che dovrebbe sostenerle? Come s’inquadra questa vostra proposta nella cornice mondiale, che condiziona tutte le mosse sia delle deboli istituzioni europee sia di quelle ormai debolissime di questo Paese, alquanto asservito (non alleato!) agli Stati più forti (USA in primis)?
@Abate
L’etichetta non la metto sui partiti, ma sui contenuti. Il nazionalismo per me è di destra: anche se con intenzioni di sinistra, favorisce la destra (uguale uguale agli indignati). Io, per comodità, penso che più a sinistra del partito socialista europeo non c’è nulla: vorrei che da lì venissero fuori le ricette di promozione del progresso in questo difficile inizio di millennio: riforma dello welfare a favore delle fasce più deboli, con l’introduzione di un salario di cittadinanza; accoglienza almeno di livello umano degli immigrati, in particolare dei profughi; rispetto per le minoranze; piano di investimenti per creare lavoro, a partire dalla cura del territorio e del patrimonio artistico europeo; protezione per tutte le minoranze, a partire dai Rom, l’unico popolo che non ha mai fatto guerra a nessuno; lotta senza quartiere al rigurgito di antisemitismo; riforma seria dell’Unione Europea (in senso rafforzativo, non il contrario); introduzione di una patrimoniale secca in tutti gli stati europei a favore di investimento sui giovani; tobin tax per creare gli eurobond. Cose così.
Un’altra cosa: che te lo devo dire io che quelli della tua generazione che sempre si distinguevano dal riformismo socialista e dall’ortodossia veterosindacale del PCI, divenendo capi e capetti di lotte di piazza epocali, sono poi divenuti quasi tutti liberali inside al sistema politico editoriale, se non berlusconiani?
@ Massino
E che te lo devo dire io che quelli del PCI, il più grande partito comunista d’Europa, son diventati quasi tutti liberali? Quali dei due gruppi di “anime morte” portano più responsabilità lo diranno i nostri posteri. Aver dilapidato ( e sensa spiegarlo bene né ai loro iscritti né ai loro elettori) un’eredità che cominciava da Gramsci mi pare, però, mille volte peggio che aver dilapidato quel poco che si era tentato di metter su in uno o due decenni di tentativi (falliti) di costruire qualcosa “a sinistra” del PCI.
Ciao
@Abate
Ennio, io non ho nulla contro il fatto che il PD fatto dai liberali ex PCI di cui parli, finisca in malora come e peggio del padredimarina. Meglio ancora, spero che una sua componente fondi il partito socialista europeo versione italiana per tendere a promuovere le cose di cui sopra. Poi, oh, si tratta dei meno peggio, gente che a un certo punto è socialista come Tony Blair, come lo stesso D’Alema che altro non potette fare che concedere le basi per bombardare la Serbia (che ce la farà pagare, perché i serbi sono un popolo, nel bene e nel male…): non è che si sta parlando di chi sa che cosa! Del resto, chi la sa la cosa?
@ Ennio Abate
“Non valutano quali siano davvero le forze reali oggi in campo. Dov’è il Principe a cui le volete consigliare? Dov’è più il “popolo” che dovrebbe sostenerle? Come s’inquadra questa vostra proposta nella cornice mondiale…?
Le forze in campo non ci sono. Questo lo so. Il Principe non c’è e non credo si debba cercare. Su questi due profili dirò qualcosa alla fine di questo commento.
Al contrario, la “cornice mondiale” è, in certo senso, positiva:
1) La creazione dell’euro, i vincoli di bilancio europeo, la completa liberazione della circolazione delle merci e dei capitali e la riforma bancaria avvenuti tra il 1988 e il 1993 sono stati un disegno disastroso e oggettivamente insostenibile. Chi indaga un po’ a fondo arriva a questa conclusione. Persino la Merkl ha chiesto e ottenuto dal suo partito che si persegua (e quindi si ottenga! viviamo in Germopa, anche se alcuni non se ne sono accorti) che si possa uscire dall’euro senza uscire dalla UE (oggi non può avvenire). Perché lo ha fatto? O perché sa che dall’euro si dovrà per forza uscire, magari dopo esserci strozzati con le nostre mani per alcuni anni (purtroppo molti la pensano come Larry Massimo e quindi democraticamente ci strozzeremo come si sta strozzando la Grecia). O perché la Germania, che è una grande nazione, deciderà di uscire, soprattutto ora che l’ultimo dato trimestrale sulla produzione industriale segnala un – 2,8%. La Germania non è come noi. Nell’euro ci sta finché le conviene. In ogni caso la proposta della Merkl è importante perché contraddice tutto quanto ha detto fino ad ora (“se crolla l’euro crolla la UE”; cosa che è vera); e conferma che, a parte gli enormi vantaggi ricevuti dalla Germania in questo decennio (ci siamo indebitati con la Germania per acquistare beni tedeschi, con un deficit della bilancia commerciale nei confronti della Germania, creato dall’euro e che tutta la miserabile classe dirigente italiana ha taciuto per un decennio; e tace ancora, visto che è quello il vero problema; un prblema creato dall’euro), la strada intrapresa tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta è stata fallimentare.
Dunque gli stati recupereranno, in forza della “cornice mondiale” un po’ di sovranità.
2) Prima o poi i cittadini verranno informati che la crisi non è globale o mondiale; bensì della triade e della UE in particolare (la UE: un groviglio di norme e principi globalisti). Prima o poi scopriranno che Cina, India, Brasile, Russia, Argentina (ormai dal 2006) e paesi del sud est asiatico crescono con percentuali che vanno dal 5% al 10%. Prima o poi scopriranno che non è il sottosviluppo che li fa crescere (perché altri paesi sottosviluppati non crescono), bensì il fatto che proteggono le loro economie, come l’europa del trentennio glorioso ha insegnato. Siamo noi che, dimentichi della lezione dei nostri padri, ci siamo invaghiti di principi che ci porteranno alla rovina.
E qui vengo al compito che ci diamo. Già diffondere informazioni su quanto ho accennato nel § 2 è un compito importante. Non è detto che siamo nel 1860 (io non lo credo). E non è detto che siamo nel 1848. Io non lo credo. Forse siamo nel 1821 o forse dobbiamo ripetere la rivoluzione francese, visto che alla fine contestiamo in primo luogo le immani e immonde rendite che abbiamo create e che non sono tassabili a causa del del fatto che abbiamo costretto gli stati a farsi concorrenza fiscale (se tassi le rendite i capitali scappano; perciò serve la sovranità che dica: non potete andare via!). Forse siamo al tempo di Buonarroti. Ma se siamo nel tempo dei profeti che cosa possiamo fare se non profetare?
@ Stefano D’Andrea
Malgrado le mie perplessità, ritengo che la vostra posizione andrebbe discussa a fondo e non accantonata o silenziosamente censurata. Ma qui su LPLC pare che i più siano ipnotizzati da Monti e al massimo tirano per la giacca il PD. Questo passa il convento. Comunque preferisco criticare che profetare.
@Stefano D’Andrea
Devo contestare la sua affermazione, la crisi è globale, ed è stata innescata dalla politica di espansione abnorme della liquidità perseguita dalla FED quando era governata da Greenspan a cavallo del millennio, e la vera ragione di questa dissennata scelta è stata quella di contrastare la nascente importanza della Cina e degli altri paesi emergenti in virtù della loro crescente capacità produttiva. Nel 2007 sono venuti al pettine i problemi nati da quella politica espansiva USA, poi perseguita anche dalle banche del Regno Unito. Il dramma è che si tratta di un problema senza soluzione nell’attuale sistema finanziario globalizzato, e ciò che i paesi europei dovrebbero di comune accordo stabilire è di far cessare questa libera circolazione dei capitali che nelle condizioni date di sostanziale stato di fallimento dell’intero sistema bancario, non può che provocare fallimenti a cascata.
E’ evidente che i paesi BRICS, avendo una bilancia dei pagamenti in attivo, non hanno possibilità di essere attaccati dalle corporations di fatto fallite, e in ogni caso l’Italia rimane il boccone più ghiotto, in virtù delle ricchezze che ancora possediamo e che ci saranno al più presto saccheggiate.
La conclusione della vicenda sarà comunque quella di un big bang finanziario ben più grosso di quello visto nel 2007, e sembra ragionevole tirarsi fuori al più presto da questi mercati, diventati una gabbia di matti. I goveranti europei invece oscillano tra l’inettitudine la criminale complicità con tali circoli finanziari, e davvero non si sa come si potrebbe mostrare ottimismo sull’evoluzione della situazione. Dietro la crisi finanziaria si intravvede purtroppo lo scoppio di conflitti armati di estensione, durata ed esito non prevedibili.