cropped-Cocci-Buffoni.jpga cura di Massimo Gezzi

[Inauguro oggi una rubrica di inediti poetici. Ciascun autore ci presenterà l’opera cui sta lavorando con una serie di testi e una breve nota di commento. Inizia Franco Buffoni, che sta per pubblicare il suo nuovo libro Avrei fatto la fine di Turing. Buona lettura (mg)].

Le gocce in fila

Così fino a diventare una signora vecchia
Nella casa che le assomiglia,
La tappezzeria senza colore con gli strappi nascosti dai fiori
La badante che dorme nella stanza del figlio che non torna
E nel bagno degli anni cinquanta le gocce in fila sul marmo nero.

*

Nella poltrona che ti conteneva

Nella poltrona che ti conteneva
La sera prima di morire
Ho trovato una corona del rosario
Finita sotto il cuscino.
Forse all’improvviso ti eri volta
Verso la porta: arrivavo
Ogni tanto, e tu
Cambiavi espressione:
Ti tornava la luce negli occhi,
Uscivi dalla poltrona.

*

La castagna

Ho il riccio spinoso ma il cuor generoso
Mi mangiano cotta bruciata o ballotta
Mi trovo in campagna mi chiamo…

Mi disorienta non saperti al mare
In questa frazione dell’estate
Con le carte in mano e le tre amiche
Uscite a borse a fiori. E spalle nere piene,
Gambe a uncino, frasi dalle sdraio.
Mi disorienta non doverti chiamare
Per mentirti ogni giorno parole.

Che la tua terra sia
Di forma perfetta una castagna.

*

Poi basta una mattina di vero sole

Poi basta una mattina di vero sole
Aprendo le griglie della sala
Luccica al raggio la cima del pino
Ed è la luce del cinquantanove
Coi tre vestiti dell’estate
Pronti per il Corpus Domini
Uno da passeggio seta a fiori
Per la processione
Uno da sera in tinta unita, scuro
O bianco, uno da casa se veniva gente.

*

Le nostre infanzie

Di quando il ventre ti fioriva di me
E lì il nostro tempo si è fermato.
Le nostre infanzie con le fiabe al Caran d’Ache
Nella scatola di metallo
E l’ultima già in età adulta,
Fino al tuo dolore animale
Che si fa quieta disperazione.
Quello è il passaggio che mi fa impazzire,
La trasformazione della fiaba in vita.

*

Nota al testo

di Franco Buffoni

Le strutture di pensiero delle religioni abramitiche, in particolare il binarismo sessuale e l’eterosessismo, oltre ad essere due tradizioni fondanti il nostro ordine sociale, hanno costituito fino al Novecento anche il sostrato del sapere medico-psichiatrico-psicologico e delle prassi cliniche che ne sono derivate.

Partire da un tale assunto per comporre una raccolta di poesie può apparire una scommessa azzardata. Per cercare di vincerla ho intitolato il libro a uno dei padri dell’informatica, il matematico, logico e crittografo inglese Alan Turing (1912-1954), il cui contributo fu decisivo nel decrittare i codici segreti nazisti e quindi nel determinare le sorti della guerra. Malgrado ciò Turing morì suicida, dopo essere stato sottoposto a castrazione chimica in quanto omosessuale.

Poiché all’epoca avevo sei anni, il pensiero è andato inevitabilmente a mio padre, che non sarebbe mai stato in grado di accettare la mia omosessualità e – se l’avessi esplicitata – avrebbe certamente deciso di farmi “curare”. Complice la pavida e sottomessa acquiescenza di mia madre.

Per questo, mentre riservo versi intensi, di un lirismo voluto e sentito, ai miei genitori, ricordo anche la terribile sorte toccata a Giovanni Sanfratello (1944-), compagno di Aldo Braibanti (1922-2014), rapito dai famigliari a Roma nel 1964 e internato dapprima in una clinica privata per malattie nervose a Modena, quindi in manicomio a Verona. “Curato” con elettroshock e coma insulinici – mentre Braibanti veniva condannato a nove anni di carcere per “plagio”, poi ridotti a due – Giovanni venne ridotto allo stato vegetale.

In questo libro il tema profondo consiste quindi nell’analisi del rapporto tra inizio e fine della genitorialità, ma anche nel suo opposto: la necessità di sopprimerla per poter sopravvivere. Col figlio che all’inizio quasi esce dal ventre del padre per rientrare nell’explicit nella madre, assurta a mitologica Venere-Maria.

In precedenti raccolte – I tre desideri, Il profilo del Rosa e Guerra – mi è accaduto di pubblicare qualche poesia avente come soggetto mio padre o mia madre. Scomparsi in epoche diverse – il padre sessantenne nel 1980, la madre quasi novantenne nel 2010 – soltanto recentemente sono riuscito a ricongiungerli nella memoria, a ripensarli insieme, e ho composto nuovi testi strettamente legati all’attuale fase della mia poetica. Fino a decidere di dedicare loro un intratestuale libro unitario.

[Immagine: Foto di Noris Cocci (particolare) (mg)].

3 thoughts on “Inediti: cinque poesie di Franco Buffoni

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