cropped-IMG_0548.jpgdi Adelelmo Ruggieri

[Dal 25 dicembre al 6 gennaio LPLC sospende la sua programmazione normale. Per non lasciare soli i nostri lettori, abbiamo deciso di riproporre alcuni testi e interventi apparsi nel 2011, quando i visitatori del nostro sito erano circa un quinto o un sesto di quelli che abbiamo adesso. È probabile che molti dei nostri lettori attuali non conoscano questi post. L’articolo che segue è uscito il 20 novembre 2011].

9 ottobre 2011, domenica. L’amico Manuel dice che questi miei sono viaggi minimi, tratti di pochi metri in cui è dato cogliere un qualche aspetto dell’esistenza. Non poche volte mi sembra essere proprio così. Addirittura, tante volte, i dieci metri che dividono la sedia dove sto seduto in questo momento dal tavolo dove pranzo mi paiono una traversata. Per fortuna c’è Jim, è un buon rematore, e così fendiamo l’acqua. Ma stamattina i metri sono stati un po’ di più di dieci. Ha fatto un freddo cane stanotte. Sono uscito non più tardi di due ore fa. Volevo scrivere qualcosa per Le parole e le cose. Les mots et les choses. La mediana inesplorata. In pratica mi figuro nella mente una mappa, e anche un tesoro: due ore di una qualche mitezza, sessantadue minuti di una qualche felicità, la macchina che si arresta, era ora, i conti del mese che ritornano, affinità smarrite e rintracciate. Mi fermo. Penso un po’. Vedo se ci sono cartelli, indici. Qualcosa dove sguardo e quel poco che riuscirai a dire s’incrociano. Prendo qualche appunto. Riparto.

Prima tappa al Tabacchi. C’era una signora che voleva un gratta e vinci. Era indecisa di che tipo prenderlo. C’è stata una lunga pausa. Quando ha visto che la rivenditrice e il secondo avventore, io, incominciavano a spazientirsi ha deciso prontamente. Ha preso tre sette e mezzo. Costo del biglietto € 1,00. Vincita massima € 7.000,00. Debbo dire che mi piace. Mi ricorda quando si giocava in casa, durante le feste di fine anno. I ricordi, queste ombre così lunghe. Ogni tanto ne prendo uno. Una volta vinsi € 40,00. Mi parve di aver vinto una lotteria milionaria. Ci andammo a mangiare una pizza con mio figlio. Al Lido. E rimase anche qualche moneta. È che non ci limitammo alla sola quattro stagioni e birra media. Prendemmo anche le verdure grigliate, e anche un dolcetto, che non guasta mai. panna cotta ai frutti di bosco per me, prendo sempre quella, delle volte al caramello, e il giovane prese qualcos’altro, non ricordo, lui varia di più. Fu una gran bella serata.

La lunga discesa. Dopo il tabacchi inizia una lunga discesa che arriva al mare, o meglio al casello autostradale [al mare ci arriva, ma è più accessoria, di questi tempi, la cosa]. C’è una deviazione, dopo un centinaio di metri, a destra, a scendere. In breve si sta dentro le colline. Il mare tra i crinali. Stamattina era tutto grigio, tanto il cielo che il mare. Dopo mesi e mesi di azzurro abbiamo rivisto il grigio del mare. Quando il mare è blu il cielo è azzurro. Quando il cielo è grigio il mare è grigio. Sto guardando la foto che ho fatto a quel mare di grigio. Direi che si va dal grigio 35% delle onde; poi, all’orizzonte, c’è una striscia [un quarto dell’altezza apparente del cielo] molto chiara, sarà un 5% di grigio; e poi c’è il grigio del cielo, intorno al 15%. Molti sono i livelli di grigio. Una ventina. Insomma, stamattina, molto grigio et molto silenzio, direbbe Govoni.

Seconda tappa al Distributore. L’idea era di andare al mare, appunto, proseguire la lunga discesa. È domenica. Fa bene uscire di domenica. Ma faceva freddo, fuori e dentro, e allora ho svoltato a destra, in quella Strada comunale di cui ho appena detto, sopra. Sulla mappa di Google [la sto guardando intanto che scrivo] non c’è il nome, però è riportato il tracciato: dall’incrocio in alto a quello in basso, lungo la valle. Di lì, di nuovo, verso il mare, a sinistra. A destra, lungo il fiume. Verso altre colline. Ma già si vedono le cime dei monti che sorgono in lontananza. Dopo poco c’è un quadrivio, da cui si risale di nuovo verso la città. A metà c’è il distributore di carburante. Avevo poco benzina. Toccava farla. È arrivata un’altra vettura. È sceso un signore della mia età. Ci si conosce di vista. Siamo dello stesso rione. Ci siamo salutati con molta cordialità. Inevitabile accennare al freddo grigio che è arrivato così improvviso: Oggi è grigio come il nostro Paese, gli ho detto. Più che grigio, giallo acido. Ci riprenderemo, volteremo pagina. Non ci credo, sono un coma questi anni; devo andare, buona domenica. Buona domenica anche a te.

Contrada Storno. Forte questa cosa dei colori. Per ciascuna frequenza un colore. Nei casi estremi il bianco o il nero. Comunque penso che sia inesatta, a guardarla bene, la mappa nella rete. No, è esatta. Solo che non è riportata quella strada a scendere, tra le colline. È riportato tutto quanto, ma quella piccola strada non c’è. Ci sono tutte le altre, ma quella lì non c’è. E anche i nomi delle strade che convergono nel quadrivio mi paiono inesatti. No, giusti. Al quadrivio ho preso la strada del ritorno, a destra. Dopo qualche centinaio di metri ha un innesto. È una piccola strada comunale, si chiama Storno. Un posto davvero bello, anche se stamattina i colori non sono quelli dello storno: nero lucente e viola e verde e bianco. All’innesto c’è una croce di campagna, del tipo latino, semplice e ben fatta, con le iscrizioni rivolte a chi lascia la città. È del 1886. L’anno che inventarono ad Atlanta la coca-cola. La città non è distante da qui. C’è un altro innesto, questa volta la piccola strada si chiama Fonte Fresca. Poi arriva una sorta di slargo ampio e pianeggiante fra le colline. Non poche volte ho pensato di organizzarci qualche lettura di poesia in quello slargo verde, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, ma la cosa non mi ha convinto mai per intero. Mi sembra una forzatura, e i mesi miei non sono più quelli verdi, ma quelli bianchi assai del diradare, del lasciar cadere. Ma no, ma no, ma no. Non hai nemmeno sessantanni. Prendi esempio dai politici nostrani, guardali come sono immarcescibili. Sarà. Bene, intanto sono arrivato. Questo viaggio minimo è finito.

[Immagine: Orologio e storni. Foto di Massimo Gezzi (mg)].

 

8 thoughts on “Viaggi minimi

  1. Ho letto questo inventario minimo, e poi di nuovo, perché tutto sembra scorrere via eppure no. Un liberty postnovecentesco, spogliato di eleganze fiorite, o di pretese ; di Govoni non sento solo i grigi ma qualcosa delle ” fiale”, la vita dei sensi – e mi piace più di Palomar.

  2. S’, voleva esser così, spogliato di fiorite eleganze e fantasie fiorite. Grazie a Daniela Brogi per il suo commento, e a Massimo Gezzi per l’immagine di apertura. E’ molto bella. Adelelmo

  3. … come dire… ammutolito… anzi… raggelato… ringrazio…
    un caro saluto a Linnio Accorroni e Franco Arminio
    Adelelmo

  4. “I ricordi, queste ombre così lunghe. Ogni tanto ne prendo uno. Una volta vinsi € 40,00.”

    anche questa scrittura è così, la gratti un po’ e vinci

  5. per lafosca

    sì, tocca grattare delle volte, e magari esce fuori un piccolo tesori oppure un verso di una poesia che si chiama “Passato”, e ti appare, inevitabilmente, più limpido e più limpida

    un saluto

    Adelelmo Ruggieri

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