a cura di Massimo Gezzi

[Dopo Franco Buffoni, Valerio Magrelli è il secondo poeta che partecipa alla nostra rubrica di Inediti. Ecco cinque suoi testi, seguiti da una Nota scritta per l’occasione, come prevede la rubrica].

 

I. Gabbiani, dunque

 

La poesia e la fogna, due problemi mai disgiunti
E. Montale

 

Ho fatto male a dirne tanto male
e per questo si vendicano.
Scesi dall’alto dei loro tramonti
vengono a pascolare davanti al mio portone.

Mangiano l’immondizia
l’unica pianta che cresce in città,
nella nostra città,
un rampicante che cresce già morto
e adesso nutre il popolo dei cieli.

Prendevo in giro il Kitsch:
mi ritrovo gli zombie sotto casa.

 

 

 

II. Sunt lacrimae rerum

 

È specialmente nel pianto
che l’anima manifesta
la sua presenza

 

Somiglia all’acqua
che spegne gli incendi.
Invece è l’opposto – cauterio.
Quando il dolore tracima,
allora, contro l’acqua, serve fuoco.
E il pianto è questo:
merca, marchio rovente, fumo
che sale dalla pelle a sigillare
(per quanto?) la ferita.

 

 

III. Ego humus

 

Ogni tanto mi telefona il mio amico malato.
Dovrei dire piuttosto “un” mio amico malato,
visto che non è il solo.
Ma lui è diverso dagli altri,
è “il mio amico malato”.
Da quanto lo conosco? Non ne ho idea.
È un poeta, e abbiamo letto spesso insieme.
Quando? Venti anni fa?
Facciamo pure trenta – mezza vita.
E lui, nel frattempo, ammalatosi,
ha cominciato a chiamarmi, ogni tanto.
Rispondo sempre, ovunque.
Resto a sentirlo a lungo;
resto a sentirmi a lungo.
Se lui è malato, io che cosa sono?
Perché mi cerchi?
Per ricordarmi che anch’io sono malato?
Non come te, ma quasi, dolce
mia ombra sfregiata.

 

 

 

IV. “Saranno cinquant’anni”

 

Sfilano le sacerdotesse del lusso
Elio Pagliarani

 

Saranno cinquant’anni, e sempre, se sto in bagno,
sempre le vedo incedere, altere, corrucciate
contro di me che trepido le osservo.
Camminano, camminano, ma dove vanno?
Dove?

Con quei loro abitini
perennemente nuovi, costosissimi.
E sfilano così da mezzo secolo…
La madre, una sorella, poi la moglie e una figlia,
e trovo in bagno sempre la stessa processione.

Dove conduce? dove?
questa folle,
filiforme Crociata di Fanciulle
che marciano altezzose
in lunghe, liturgiche file?

Forse cercano qualche Terrasanta,
spavalde, nude, disarmate, armate
solo di vestitini
per espugnare una loro remota
Gerusalemme celeste.

 

 

 

V. Addenda alla Guace

 

La lurida Terra dei Fuochi
marcisce sotto il cielo,
ma ormai non è più terra
e non è ancora inferno.

La strega, adesso, non occorre più
(zelante mediatrice della morte),
e Biancaneve può cogliere il veleno
direttamente dall’albero.

 

 

Nota ai testi

 

di Valerio Magrelli

 

Le cinque poesie che presento, nella rubrica e grazie all’invito di Massimo Gezzi, probabilmente andranno incontro a ulteriori riscritture. Se ho scelto di pubblicarle, è stato perché, dopo l’uscita della mia ultima raccolta (Il sangue amaro, Einaudi 2014), sono fra le poche che credo abbiano raggiunto, almeno parzialmente, il loro scopo. Ma cosa significa questo, per una composizione in versi?

 

Oltre dieci anni fa, nella voce Explicit dell’abecedario Che cos’è la poesia? (Sossella 2005, Giunti 2013), ho avanzato una proposta: invece di continuare a chiederci in che maniera nasca un testo, perché non ci domandiamo in che modo finisce? Forse un autore è veramente tale, solo se sa quando arrestarsi, quando cessare l’opera della lima, quando sospendere la proliferazione di varianti: “Come al momento di lasciare un pranzo, i saluti non sembrano più smettere. Il distacco è difficile, e viene spontaneo cercare di rinviarlo. Si chiacchiera così bene, sulla soglia, che non vorremmo più venire via. Lo stesso con i versi. E’ duro dover prendere congedo. Ma l’explicit ci chiama. Serve un dono, un talento: l’ispirazione della conclusione”.

 

Tutto ciò per dire che, per quanto mi riguarda, il prossimo libro è ancora lontano, tanto lontano che la sua fisionomia resta completamente invisibile ai miei occhi. Nel frattempo, vado avanti a tentoni, e ogni verso funziona un po’ come il bastone del cieco, che sonda qua e là lo spazio per poter proseguire il cammino. Ecco che cosa sono queste cinque poesie. La prima (via Montale) corrisponde a una mia vecchia ossessione, relativa alla figura del gabbiano, che ho visto trasformarsi, da mascotte turistica, in predatore metropolitano. La seconda, fa da controcanto a un testo apparso nella mia raccolta d’esordio (Ora serrata retinae, Feltrinelli 1980) e riportato in esergo. Con la terza composizione, tento di abbozzare un autoritratto per interposta persona. La quarta, invece, chiama in causa un’idea Pagliarani sulla manipolazione mediatica dell’immagine femminile. Infine, l’ultimo campione è tratto da un ciclo ad “anello” realizzata assieme a due poeti, Silvia Bre e Claudio Damiani, su uno spunto del pittore Antonio Capaccio. Come si vede, la cronaca fa irruzione in molti modi, ricordandoci ancora, se ce ne fosse bisogno, che noi italiani, volenti o nolenti, abitiamo il Paese delle tre “i”: Illegalità, Impunità, Ingiustizia.

 

[Immagine: Antonio Capaccio, La vita degli alberi (particolare) (mg)].

7 thoughts on “Inediti /2: cinque poesie di Valerio Magrelli

  1. Ottimi questi inediti di Valerio, ma ancor più ottima la riflessione “dove e quando finisce la poesia per un poeta?”. Ecco direi che più che le risposte (le poesie) dovremmo parlare delle domande dalle quali nascono e la riflessione di Valerio è una domanda che lascia aperte tante porte una per ogni poesia che si scrive.

  2. La poesia e la fogna, due problemi mai disgiunti
    E. Montale

    Infatti: mi viene in mente che:

    Quando prima osservavo Vedevo Un occhio che vede Una gola La lingua Ora non più come prima Ritiro il guscio nel mio Non più sole Non più canto Aria di lodola Celeste incantata Strani disegni sul muro Che esprimono sconci desideri Gomme appiccicate Lente affusolate Schizzi sulle pareti E cercare nel cesso Una via d’ uscita

  3. “molto belle le poesie e pure le riflessioni…” : stupenda critica, mirabile e da ricordare!

  4. la frase di Riccardo si può leggere in due maniere diverse:

    1) come sincera
    2) come una presa in giro… una ironia pesante, che colpisce anche l’autore dei versi

  5. Si parla sempre di come una poesia nasca, mai di come un poeta smetta di farla nascere. Molto interessante sia la riflessione che i testi

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