di Stefano Nicosia
«A partire dalla seconda metà dell’Ottocento il principio dell’istruzione di massa e l’accesso allo studio furono al centro del dibattito illuminista.». Rigo sesto della prima pagina di uno dei manuali per la preparazione al concorso a cattedra 2016 (Rosanna Calvino, Andrea Gradini, Avvertenze generali per tutte le classi di concorso. Manuale per la prova scritta e orale, Maggioli Editore, Rimini 2016), di quelli che al momento nelle grandi catene di librerie formano una delle isole di libri nel settore Concorsi (uno di quei libri che, ammettiamolo, uno un poco si detesta a comprarlo, ma scende a patti con il futuro sé, dal quale non vorrebbe mai essere rimproverato: “Ah, magari se avessi comprato quel manuale…!”). Ma tornando all’ardito prolungamento dell’età dei lumi fin dentro il nostro Risorgimento, si ammetterà che, come svista, è abbastanza notevole. La lettura di questi manuali è di per sé sgradevole, trovarci pure «soglie» di questo tipo peggiora l’umore.
Ma non è tanto questo il problema. Continuando a leggere il paragrafo L’evoluzione storica della scuola italiana, l’effetto dell’incipit spiazzante si amplia e non riesce a essere sopito in alcun modo. Il percorso è scandito in maniera serrata, le informazioni essenziali, le frasi brevi ed efficenti, la prosa certo non elegante, con qualche inciampo a volte, ma suvvia, tollerabile, non deve essere un testo letterario. Sembra, piuttosto… Non so se Andreotti l’abbia detto sul serio o se faccia parte della sua mitologia, ma non importa: «A pensare male», con quel che segue. Cercando la pagina di Wikipedia sulla Storia dell’istruzione in Italia[1] e alcune pagine ad essa correlate, non è stato molto difficile trovare alcuni brani che appaiono chiaramente un ipotesto delle pagine del manuale (dirò poi perché, a mio avviso, non sia viceversa). Si confrontino i due brani:
Questa legge servì soprattutto per formare i nuovi cittadini: oltre ad imparare a leggere, a scrivere ed a far di conto, agli alunni veniva insegnata educazione civica in modo da introdurre i giovani nella società. Venne dato anche molto spazio alle materie scientifiche e venne cambiata la metodologia di insegnamento, da un rigido dogmatismo alla concretezza, poiché questa legge fu influenzata dalla filosofia positivista del momento. […]Tuttavia, i cattolici criticarono ampiamente questa legge, dato che essa aveva un taglio laico, dovuto all’influenza positivista […]. Perciò molti figli di cattolici intransigenti vennero mandati nelle scuole private, le quali erano in parte gestite dalla chiesa cattolica[2].
Questa legge aveva l’intento di formare alla cittadinanza come diremo [sic] in termini attuali. Infatti, oltre agli insegnamenti di base, agli alunni veniva insegnata a scuola l’educazione civica. La legge Coppino ampliò anche lo spazio di insegnamento dedicato alle materie scientifiche e in qualche misura iniziava una importante rivoluzione nella metodologia scolastica. Grazie all’influenza della filosofia positivista di quell’epoca […]. Fu proprio questo nuovo approccio ricondotto ad una cultura laica che mosse le resistenze dei cattolici i quali scelsero per i propri figli le scuole private, prevalentemente gestite dalla Chiesa cattolica[3].
Nessuna grande differenza. A parte l’uso di gran lunga migliore della punteggiatura su Wikipedia.
Per la legge Gentile del 1923, del resto, il tipo di lavoro non cambia.
Nel primo governo Mussolini (1922-1924) è Ministro della Pubblica Istruzione il filosofo Giovanni Gentile. La sua nomina ed il suo operato segnano la convergenza tra cultura neoidealista e buona parte degli ambienti cattolici. Espressione della sopracitata borghesia conservatrice, la riforma Gentile (definita da Mussolini “la più fascista delle riforme”) prevedeva cinque anni di scuola elementare uguale per tutti, frequentata da tutti gli aventi diritto con iscrizioni in base all’anno di nascita.[4]
La legge Gentile del 1923 segna la convergenza tra la cultura neoidealista e buona parte degli ambienti cattolici. Espressione della borghesia conservatrice, la riforma Gentile fu definita da Mussolini «la più fascista delle riforme». La riforma Gentile prevedeva cinque anni di scuola elementare uguale per tutti, frequentata dagli aventi diritto con iscrizioni in base all’anno di nascita.[5]
Si potrebbe andare avanti ancora, per esempio con le pagine sulla Riforma Moratti (pp. 12-13) , passando dai Decreti delegati (pp. 8-10), scrupolosamente copincollate dalle rispettive pagine di Wikipedia, peraltro con effetti spaesanti dati dallo zapping dei tempi verbali delle diverse fonti: qui passato prossimo, lì presente, lì ancora passato remoto. Confortevole poi il senso di macchina del tempo, dal momento che «la riforma Gelmini ci consegna l’attuale sistema scolastico non avendo l’attuale ministro dell’istruzione Profumo attivato [attivato?!] sostanziali modifiche» (p. 13)[6].
Attraversato questo palinsesto di varia natura – da vellicare ai filologi le più sfrenate fantasie, ma che certo all’aspirante docente, che ha per di più sborsato una buona somma di denaro per l’acquisto, dona solo ulteriore frustrazione – anche il capitolo sulle teorie psicologiche e pedagogiche è un trionfo del Ctrl+C Ctrl+V. Si veda un esempio ancora di questa allegra intertestualità con Wikipedia, a proposito dello psicologo Erik Erikson. Così il sito:
Molto nota è la sua rielaborazione dei processi di sviluppo individuale che, partendo da una matrice psicoanalitica classica, evolvono in direzione dell’analisi delle 8 fasi (ciascuna legata ad un tipo di conflitto bipolare) che caratterizzano l’intero ciclo di vita (Life-Span Developmental Psychology). Il passaggio allo stadio successivo avviene ogni volta che l’individuo, nell’interazione con la realtà esterna, riesce a superare una “crisi evolutiva” e attraverso questi stadi di sviluppo realizza l’integrità dell’Io. Le sue teorie hanno rappresentato un’importante tappa nell’espansione della teorizzazione psicoanalitica, nell’ottica del riconoscimento del dinamismo intrinseco anche ai periodi di vita adulta e senile (e che quindi non si ferma – come processualità dinamica – al raggiungimento dell’età adulta, come invece era teorizzato nei primi contributi psicoanalitici). Il suo modello ebbe molta fortuna sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo.[7]
Così il libro:
Molto nota è la sua rielaborazione dei processi di sviluppo individuale che, partendo da una matrice psicoanalitica classica, evolvono in direzione dell’analisi delle 8 fasi (ciascuna legata ad un tipo di conflitto) che caratterizzano l’intero ciclo di vita. Il passaggio allo stadio successivo avviene ogni volta che l’individuo, nell’interazione con la realtà esterna, riesce a superare una «crisi evolutiva» e attraverso questi stadi di sviluppo realizza l’integrità dell’Io. Le sue teorie hanno rappresentato un’importante tappa nell’espansione della teorizzazione psicoanalitica, nell’ottica del riconoscimento del dinamismo intrinseco anche ai periodi di vita adulta e senile e che quindi non si ferma – come processualità dinamica – al raggiungimento dell’età adulta, come invece era teorizzato nei primi contributi psicoanalitici. Il suo modello ebbe molta fortuna sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo.[8]
Un fallimento se proposto come gioco sulla «Settimana Enigmistica»: le differenze tra i due testi sono tristemente poche, e inessenziali.
Anche l’esposizione della teoria di Piaget, per esempio, è uguale al testo presente su un sito di un privato, che si dichiara autore dei testi del sito (certo, stai a vedere. Andreotti insegna. Ma non è questo il punto).[9] A p. 100 mi sono fermato, ma il resto del libro non deve essere da meno. Il manuale in questione è una riedizione aggiornata di un testo uscito nel 2012 degli stessi autori (si badi, non curatori) per lo stesso editore Maggioli – e non c’è nulla di male – e si trova parzialmente anche su Google Books[10]. “Ma allora forse Wikipedia ha copiato il manuale!”. Secondo me no, e il sospetto che i testi del libro siano copiati e riadattati da internet, e non viceversa, a mio avviso è rinforzato da questi dati: da gran consumatore di Wikipedia, mi suona strano che un autore della piattaforma si sforzi di mutare (goffamente) la prosa della sua fonte; inoltre, aggiungendo dettagli (si veda la voce su Erikson), che nel manuale non ci sono: si lavora più facilmente per sottrazione, quando si copia; nel manuale non c’è nemmeno una nota bibliografica, mentre su Wikipedia sì (e no, non figurano manuali di preparazione ai concorsi); sono così tante le pagine-fonte che o il manuale Maggioli è riconosciuto come Il Libro da cui scrivere le pagine Wikipedia, o è esattamente il contrario; è coinvolto almeno un altro sito internet, citato più su, oltre alla libera enciclopedia, cosa che è ulteriormente anomala.
Passi, volendo, per le citazioni della legislazione sulla scuola – stampate senza soluzione di continuità tra il testo del curatore del manuale e quello ministeriale, quindi non davvero citata – ma per il resto una prassi editoriale del genere è quasi surreale. Probabile che mille altri manuali e di diversi argomenti siano confezionati così, non ho modo di dirlo (ne ho visto un altro dello stesso tipo, della casa editrice Edises, e non sono riuscito a rintracciare pratiche similari). Probabile che i due curatori siano due assistenti della casa editrice, magari precari e sottoposti a ritmi di lavoro feroci, e ancora più probabile è che non siano esperti in senso stretto degli argomenti di cui trattano (Ma sarebbe poi una scusa? Ad ogni modo, non sono riuscito a trovare informazioni professionali a riguardo. Al contrario, Edises, per esempio, per i cui tipi sono usciti contemporaneamente manuali simili, condivide sul proprio sito il profilo degli autori[11]). Cosa dice Maggioli di sé sul sito? «Maggioli Editore pubblica ciò che è rilevante, anticipa gli scenari […]. L’attenzione ai contenuti, la facilità di apprendere e veicolare l’informazione […] è da sempre l’elemento chiave dell’attività di Maggioli Editore. Le ragioni sono in chi scrive, nel modo in cui si accede alle informazioni, nella corrispondenza con i lettori, nel criterio di scelta degli autori: prestigiosi specialisti […], che operano in sinergia con altri professionisti»[12]. E certo nessuno scriverebbe di sé qualcosa di meno lusinghiero, in una presentazione, ma quelle parole, adesso, mi suonano in maniera diversa. Che poi, che un insegnante studi da un manuale copiato è quasi un capolavoro.
Si dirà, Wikipedia è libera proprio per questo. Nemmeno per sogno. «Il contenuto di Wikipedia può essere copiato, modificato e ridistribuito, a patto che la nuova versione garantisca la stessa libertà ad altri e riconosca il lavoro degli autori delle voci di Wikipedia usate (un link diretto alla voce soddisfa l’attribuzione di paternità che richiediamo a tutela del lavoro degli autori).[13]» Naturalmente, invece, di chi è il Copyright del manuale? Di Maggioli S.p.A, e «i diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi». La cosa si commenta da sé.
Che poi, potrebbero pure scriverlo: Il presente libro è un arrangiamento di materiali presenti in rete. Noi vi facciamo risparmiare il tempo di ricerca e sistemazione dei contenuti. E poi vediamo in quanti lo comprerebbero (tanti, di sicuro).
Visto che in Italia gli aspiranti presidi, avvocati (e insegnanti. Oh, gli insegnanti!) non sono certo immuni da trucchi, pizzini e cartucciere, sarebbe inutile additare in questo esempio il motivo della Corruzione Dei Costumi e dello stile di una professione (anche se sono manuali veramente scritti male, per concorsi, del resto, ancor peggio pensati), o sprecare troppi o tempora o mores. Pur tuttavia, dal momento che da insegnante parlo ai miei allievi di onestà intellettuale, editoria e altre amenità, non posso che pensare di venire costantemente turlupinato io, e in fondo forse, tutto sommato, di turlupinare io stesso i miei studenti.
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27istruzione_in_Italia . Creata nel 2005. Ultima modifica 27 febbraio 2016.
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Coppino . Pagina creata nel 2007; brano già presente nel 2009; ultima modifica della pagina 6 gennaio 2016.
[3] Rosanna Calvino, Andrea Gradini, Avvertenze generali per tutte le classi di concorso, cit., pp. 5-6.
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27istruzione_in_Italia . Brano già presente su Wikipedia nel 2006.
[5] Rosanna Calvino, Andrea Gradini, Avvertenze generali per tutte le classi di concorso, cit., p. 6.
[6] Per fortuna poi si tratterà la 107/2015, tranquilli tutti.
[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Erik_Erikson . Pagina creata nel 2005; brano presente già dal 2007; ultima modifica della pagina 24 dicembre 2014.
[8] Rosanna Calvino, Andrea Gradini, Avvertenze generali per tutte le classi di concorso, cit., p. 90. Ma il lettore potrebbe continuare il confronto anche con le pagine successive.
[9] http://www.homolaicus.com/teorici/piaget/piaget.htm . Ultimo aggiornamento del sito il 26 aprile 2015.
[10] Bisogna anche considerare che, quindi, l’operazione su descritta va moltiplicata per il numero di edizioni, oltre che di copie di ogni singola edizione (inoltre, per ogni concorso, manuali diversi hanno parti “generali” uguali).
[11] http://www.edises.it/concorsi/cc1-1-avvertenze-generali.html
[12] http://www.maggiolieditore.it/chi-siamo . Corsivi miei, naturalmente.
[13] https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Copyright#Informazioni_per_i_riutilizzatori . Ultima modifica 22 marzo 2016.
[Immagine: Wikipedia (gm)]
Quello che fa pensare di più quando ci si accorge di qesto voler prendere come riferimento cedibile wikipedia e proprio che wikipedia non per niente credibile come che la usa a piene mani pensa.
Se solo si provasse a mettersi dalla parte di chi le voci di wikipedia le compila si capirebbe il perchè.
Quella italiana poi è di ggran lunga meno credibile i quella inglese al punto che conviene partire dalla voce inglese per essere più sicuri che presenti più fonti.
é sufficiente mettere e confronto voci dall’ambito informatico inglese ed italiano (che in molti casi non esistono ancora) per accorgersene.
C’è di peggio: proprio ieri ho notato in un manuale di letteratura per il triennio dei licei in cui la trama del Don Chisciotte è presa pari pari da wikipedia, con tanto di [modifica] dimenticato dopo il titoletto ‘Seconda parte’ (laddove manca, poco sopra, il titoletto ‘Prima parte’).
faccio l’avvocato del diavolo :-) (disclaimer: diciamo che Wikipedia in lingua italiana la conosco “abbastanza” bene…)
Non è questo il caso, visto che per esempio il brano sulla legge Coppino su Wikipedia è essenzialmente quello del 2011 (basta vedere https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Legge_Coppino&oldid=38451226 ); ma non è così strano che chi scrive su Wikipedia modifichi goffamente la prosa di un testo. La ragione è semplice: copiare è violazione di copyright, quindi si tende a parafrasare il testo. Anche l’aggiunta di informazione e di note è facilmente spiegabile, perché è sempre possibile che qualche altro contributore capiti sulla voce e la ampli, o meglio ancora aggiunga fonti.
Tecnicamente quello di Calvino e Gradini non è plagio, essendo stato (mal) riscritto e immaginando che la parte copincollata da Wikipedia sia relativamente ridotta e quindi entri sotto il diritto di citazione: resta però l’obbligo di citare Wikipedia come fonte. Posso immaginare che Maggioli non trovi simpatico farlo.
(perché è arrivato un video al posto del numero “2011” – duemilaundici – che avevo scritto?)
e le “frasi brevi ed efficenti”? riga 12
@.mau. Grazie della precisazione! Io non conosco molto bene la legge sul plagio, che del resto non credo si applichi a siti come Wikipedia, giusto? Nel senso, puoi copiarla anche tutta per intero, ma non sei perseguibile. Mi piacerebbe sapere, però, se esiste un garante dall’altra parte, nel mondo dell’editoria, che si pronuncia (non penalmente, o civilmente) su operazioni editoriali di tal fatta.
@UgoBerti Non so se il video ha interrotto il tuo commento, non riesco a leggere oltre “riga”. L’aggettivo “efficienti” era voluto, non una svista per “efficaci” :) Perché, per me, non era un complimento per la prosa.
come dicono gli inglesi, “well spotted”. ma avete provato a contattare l’autore o l’editore di quel manuale, per vedere se hanno qualcosa da dire a riguardo? sarei proprio curioso…
saluti,
c.
(per i video embedded, bisogna aggiornare JetPack sul blog. È capitato anche da me)
Non sono un esperto legale, ma se copi tutta Wikipedia senza lasciare il testo con la stessa licenza e indicare la fonte puoi sempre essere citato a giudizio per violazione di copyright. Il problema è ovviamente capire chi ti può citare. E no, non esistono garanti :-(
Gli autori mi fanno un po’ pena, oggettivamente scrivere della storia dell’istruzione in Italia è una tortura (a meno di fermarsi al 1911) e sicuramente sono stati costretti, forse per rimpolpare il numero di pagine.
Non trovo nel sito maggioli.it le istruzioni di stile ecc. che danno agli autori. Sarebbe interessante scoprire come parlano dell’argomento citazione fonti.
Questo tipo di letteratura è sempre stata centonistica: sfogliando libri di questo tipo stampati in passato si potrebbero trovare centinaia di ‘plagi’ di enciclopedie e manuali. L’unica differenza è che oggi è più facile smascherare l’uso compilativo delle proprie fonti. Stupirsene, mi sembra, significa solo non avere il minimo senso storico e retorico del tipo di testo che si sta leggendo.
@theRealGuy sinceramente è il mio primo manuale: c’era da aspettarselo, certo, ma ugualmente mi ha colpito. Ingenuità mia. Scopro però che decine di colleghi, cerebralmente ben più attrezzati di me, non si aspettavano una tale sfrontatezza. Sono pure sicuro che altri colleghi ancora, rispetto a quelli censiti, non si erano mai posti il problema, e magari ho contribuito, un pelo, ad alimentare un minimo di senso storico e retorico comune nella categoria.
Detto ciò, volendo mettere da parte il problema intellettuale (e legale?), rimane un problema di speculazione economica dalle cifre non indifferenti, e non mi pare un argomento di cui non valga ogni tanto la pena parlare.
@Nicosia
La compilazione è il genere letterario su cui si fondano l’università e il lavoro accademico da almeno sette secoli, per non parlare di quello scolastico. Ricordo che quando alle scuole medie mi veniva esplicitamente richiesto di copiare le enciclopedie; viceversa, ‘fare ricerche’ significava copiare in un bel patchwork enciclopedie e manuali.
La ‘speculazione economica dalle cifre non indifferenti’, come la chiama lei, è in atto da secoli ed è l’economia del sapere che abbiamo chiamato trasmissione. Non ha senso gridare allo scandalo economico e legale, è un atteggiamento che non ha nulla di scientifico: significa solo far prova di buoni sentimenti.
Bisognerebbe invece chiedersi perché improvvisamente chiamiamo plagio la compilazione, consideriamo un crimine quello che è stato una pratica fondamentale di tutta la trasmissione del sapere universale. E per un attimo, come si chiedeva a ogni studioso un tempo, sospendere il giudizio e cercare di capire
«Bisognerebbe invece chiedersi perché improvvisamente chiamiamo plagio la compilazione»
Questo è facile: perché non si cita la fonte da cui si è tratto il materiale usato per la compilazione.
Caro @.mau. nella storia dei testi, una compilazione è un centone fatto di estratti di altri testi e composto senza indicare né che si tratta di un centone né la provenienza esatta dei testi usati come fonte.
Tutto non è così facile come sembra.
@TheRealGuy quello che ci chiedevano alle scuole medie era a volte imbecille (e a volte no, eh, senza essere per questo buonisti), ma riconosco a quel lavoro a volte meccanico di avermi fatto prendere una minima confidenza con degli strumenti che altrimenti non avrei conosciuto, figuriamoci saputo valutare. Volendo, è un primo approccio alle fonti: si spera sia sempre mediato da qualcuno, quando si è impreparati come alle medie.
Non condivido la sua posizione sul lavoro accademico, e secondo me non ci crede nemmeno lei in fondo. E’ storicamente infondata, e negherebbe qualsiasi progresso in una perenne digestione di se stessi. Peraltro, non potrei scriverle perche’ probabilmente la tastiera e il pc che sto usando non sarebbero potuti essere inventati. Rimango contrario anche nel caso di perplessità sul lavoro umanistico, ben inteso.
Ci sono mille modi per fare ricerca o trasmissione male, e altri mille per farle bene, come è stato fatto; e se del resto io e lei stiamo discutendo forse vuol dire che una prospettiva critica l’abbiamo acquisita da qualche parte, grazie anche solo a un manuale che non fosse un centone, a un articolo che non fosse rifrittura, a una pratica di trasmissione che non si è limitata a consegnarci acriticamente il sapere ma ci ha insegnato a vederne la complessità. E questo può succedere anche con un manuale.
Non credo di dare prova di buoni sentimenti o di un’ottusità che solo una Vera Scuola del Sospetto, alla quale non sono evidentemente iscrivibile, potrebbe illuminare se affermo che c’è una bella differenza tra un manuale frutto di ricerca, valutazione, intelligenza, lavoro personale e riconoscimento del lavoro altrui, tra questo manuale dicevo e un altro sciatto e copiato.
Certo, non stiamo parlando di un tipo di libri per cui valga la pena scomodare categorie complesse (e mi sa che siamo andati anche troppo lontano): dovevano solo elaborare uno strumento utile allo studio per un concorso. Ma anche in questo c’è un’etica e un’intelligenza, e quindi sì, sostengo che si possa fare una differenza tra questa pratica e altre pratiche migliori.
E comunque – e poi mi fermo perché ho abusato dello spazio e del tempo, me ne scuso – una cosa è un centone letterario/artistico (a cui mi pare lei alluda con “nella storia dei tesi”), una cosa è un centone saggistico/manualistico. Non sono due piani da mescolare.
@Nicosia
No, non stavo parlando di arte, ma dei centoni saggistici/manualistici. E la sfido a fare una ricerca sulla lunga durata e su dati consistenti: provi a mettere insieme la ‘manualistica’ universitaria, dal trecento ad oggi, e provi a vedere quanto di questa è ‘originale’.
Ma non ci vedo alcun problema: la manualistica non deve innovare, deve informare su quello che già si sa e tutte queste polemiche mi sembrano sterili e ingenue dal punto di vista storico. La trasmissione si è fatta sempre attraverso la copia. L’innovazione è un’altra cosa, e è certo a un manuale per dei concorsi universitari che si può chiedere originalità.
Più in generale l’università è stata e non può che essere un luogo di conservazione e di trasmissione del sapere tale quale è stato nel passato. L’innovazione è prodotta soprattutto fuori dall’università e nonostante l’università (proprio l’esempio che lei fa lo dimostra: il pc non è stato inventato da universitari). Questo è il dato storico e istituzionale. Poi ognuno può interpretare il proprio lavoro come crede.