a cura di Andrea Lombardi
[Negli ultimi vent’anni il campo culturale italiano è cambiato profondamente. Alcuni dei mutamenti più radicali sono stati generati dalla rete. Dai primi forum ai blog fino ai social network, internet ha mostrato una grande vivacità letteraria e ha prodotto dei fenomeni che troppo spesso, per pregiudizio o timore, vengono ignorati. Oggi questo rapporto è giunto a una fase per così dire istituzionale, una fase che consente di definire o quantomeno di interpretare aspetti che fino a poco tempo fa apparivano poco chiari. Di qui l’idea di un’inchiesta sul rapporto fra gli scrittori e Facebook, il social network più usato, quello che racchiude alcune peculiarità delle forme online sorte in precedenza, ma che ha prodotto tipi di scrittura e di interazione nuovi e dirompenti. Le interviste contengono domande fisse e domande legate all’attività specifica degli autori intervistati. Nelle settimane scorse abbiamo pubblicato le risposte di Francesco Pecoraro, Gilda Policastro, Vanni Santoni, Giuseppe Genna, Giulio Mozzi, Gherardo Bortolotti e Helena Janeczek ].
1) In che anno ti sei iscritto a Facebook e che cosa ti aspettavi quando l’hai fatto?
Mi iscrissi a Facebook nel 2012 quando uscii dalla redazione di Nazione Indiana, dopo quattro anni di attiva presenza. L’esperienza in Nazione Indiana era stata molto positiva nei primi due anni (2008-2010) tanto da permettermi di scrivere Zamel (Marcos y Marcos 2009) e Laico alfabeto (Transeuropa 2010), stimolato dai numerosi interventi nei thread ai miei post.
Naturalmente la mia “militanza” lgbtqi irritò molti, alcuni anche tra i redattori (eravamo una ventina), ma continuai ugualmente per altri due anni, fino alla pubblicazione di Il servo di Byron (Fazi 2012). Poi mi accorsi che avevo contro in toto proprio il webmaster. Allora mi ritirai, subito accogliendo l’invito di Guido Mazzoni a entrare nella redazione LPLC. Dove per un anno pubblicai una sorta di diario pubblico mensile. Anche questa esperienza fu per me positiva, perché mi fornì ottimi stimoli e idee per successivi libri di racconti o docu-fiction (La casa di via Palestro, Marcos y Marcos 2014; Il racconto dello sguardo acceso, Marcos y Marcos 2016).
Quando mi iscrissi a Facebook mi aspettavo la totale immediatezza e autonomia nella gestione dei commenti. Dopo quattro anni devo dire che questa aspettativa è stata pienamente soddisfatta. E tra gli oltre quattromila “amici”, alcuni lo sono diventati per davvero.
Non è un caso che in questa risposta io abbia menzionato solo libri di narrativa o docu-fiction. La poesia, cui principalmente devo la mia immagine pubblica, ha svolto e svolge un ruolo molto marginale nella mia presenza sui social. Per due ragioni: sono un poeta da libro, non da singolo testo, quindi preferisco dialogare coi miei lettori sui libri che pubblico (Avrei fatto la fine di Turing, Donzelli 2015; O Germania, Interlinea 2015; Jucci, Mondadori 2014 e naturalmente l’Oscar Poesie 1975-2012) piuttosto che su qualche poesia apparsa su un social.
La seconda e ancor più incisiva ragione concerne il concetto diario, il journal intime che ho tenuto ininterrottamente dal 1971 al 2006 e che oggi giace secretato fino al 3 marzo 2048 (quando compirò cento anni) al Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia, insieme agli avantesti di tutti i miei libri, all’epistolario e all’archivio della rivista Testo a fronte. Smisi di tenere il diario quando cominciai a scrivere Più luce, padre (Sossella 2006). I social, dunque, e in particolare Facebook, nell’ultimo decennio hanno assorbito in parte la funzione svolta in precedenza dal diario. Ma con una differenza essenziale: il diario era scritto solo per me stesso (difatti adesso è secretato), mentre quando scrivo un post so che migliaia di persone dopo qualche minuto potranno leggerlo.
2) All’inizio hai pensato di dover gestire il tuo profilo tenendo conto del fatto di avere un’immagine pubblica in quanto scrittore o non ti sei posto il problema?
Non mi sono posto il problema perché tutti coloro che mi chiedono l’amicizia su Facebook sanno chi sono. Nessuno si sognerebbe di chiedere l’amicizia a un signore della mia età se non pour cause.
3) Che tipo di materiale condividi nella tua bacheca? Quanto è riconducibile al tuo ruolo pubblico e quanto alla vita privata? Si può parlare, nel tuo caso, di una poetica di Facebook?
La mia vita privata è molto “pubblica” per via dei libri che scrivo sia in prosa sia in poesia: credo di aver trasfuso la vita privata nel ruolo pubblico. Comunque evito accuratamente di invadere i social con le minuzie del mio quotidiano. Una poetica specifica di Facebook? Direi di no. Che però, alla lunga, un social finisca col registrare la poetica di uno scrittore mi sembra abbastanza inevitabile.
4) L’intromissione del privato quale conseguenze ha, a tuo parere, sui lettori? Lo scrittore perde l’autorevolezza che scaturisce da un rapporto fondato esclusivamente sulla lettura delle sue opere?
Nel mio caso credo proprio di no, perché il mio “privato” sui social è sempre agito in funzione letteraria: quei post – debitamente rivisti e pastorizzati – diventano spesso pagine dei libri scrivo.
5) Quando pubblichi un post scritto di solito è per intervenire su fatti di attualità o questioni che chiamano in causa tematiche di natura politica e civile. Che relazione c’è tra questo aspetto e la tua attività di scrittore?
Per la scrittura in prosa la relazione è molto stretta. Con la scrittura poetica invece entro in un’altra dimensione (per fortuna!), poco adatta ai social.
6) Il circuito di Internet prevede l’equivalenza degli utenti in quanto produttori di contenuti, il che mette in crisi la gerarchia autore-lettore ponendoli sullo stesso piano nelle sedi online. Come interpreti tale rapporto, anche alla luce della tua esperienza su Facebook?
Chi mi chiede l’amicizia su Facebook sa benissimo chi sono; se qualcuno se lo dimentica e si comporta in modo irrispettoso, lo cancello. Non accade spesso, però.
7) Da venticinque anni, con i Quaderni italiani di poesia contemporanea, sei impegnato nella scoperta di nuove generazioni di poeti. Che tipo di strumento può rappresentare Facebook per un esordiente e, in generale, qual è la tua opinione riguardo alla presenza della poesia sul social network?
I social oggi svolgono nei confronti della poesia la funzione che, nei decenni scorsi, era svolta dalla riviste cartacee: una immensa funzione di setaccio, lunga e paziente. Personalmente mi trovo in queste settimane alla stretta finale per la scelta dei 7 autori che andranno a comporre il prossimo Quaderno, il tredicesimo. I poeti nati dopo il primo gennaio 1980 (la deadline scivola di Quaderno in Quaderno sempre più lontana dalla mia data di nascita) che si sono proposti sono 181: tutto è avvenuto attraverso la rete. Nulla di cartaceo. La selezione messa in atto fino ad oggi ne ha ridotto il numero a 31. Nelle prossime settimane si entrerà nella fase per me più dolorosa.
8) Da tempo si dice che i social network abbiano aperto una nuova fase della storia del web letterario italiano. Qual è la tua posizione a riguardo e come giudichi, in generale, la loro comparsa?
Necessarissima, avrebbe risposto contino Giacomo. E io con lui.
[Immagine: Ingresso della sede di Facebook a Menlo Park in California.]