cropped-16_Candida_hofer-1-2.jpg

di Claudio Giunta 

[Da qui a settembre LPLC sospende la sua programmazione ordinaria. Ripubblicheremo alcuni interventi usciti qualche tempo fa. Quello che segue è stato pubblicato il 29 febbraio 2016.
È uscito un manuale-antologia di letteratura per il triennio delle superiori, che ho scritto e coordinato. S’intitola Cuori intelligenti. Mille anni di letteratura (Garzanti Scuola). Il Sole 24 mi ha chiesto tre cartelle per spiegare come dovrebbe essere un manuale-antologia oggi, e io ho scritto quel che segue, facendo in pratica l’identikit del mio].

«E come è stato il suo, di tempo?»

«Tutto sommato fortunato. Ho avuto ai miei inizi due grandi regali: il lavoro con gli altri e un nonno cieco che mi obbligava a leggergli quello che lui da giovane aveva letto. Cioè i capolavori della letteratura francese. Spesso non capivo e arrancavo davanti a questo strano ‘Omero’. Ma mi è servito. Ho imparato ad amare i libri».

Così è stato educato Ettore Scola, classe 1931: sono alcune righe della sua ultima intervista, concessa ad Antonio Gnoli di Repubblica. È difficile dire meglio qual è uno degli obiettivi principali dell’istruzione: trasmettere l’amore per i libri, libri di ogni genere, perché questo amore faccia germogliare intelligenze e sensibilità come quelle di Ettore Scola. Non vorremmo forse che il futuro fosse pieno di persone così?

Ora, una delle buone idee del secondo Novecento è che l’amore per i libri non dev’essere trasmesso soltanto ai pochi predestinati che, come Scola, hanno un nonno che quei libri li ha letti, ma a tutti quanti, perché tutti quanti hanno il diritto di entrare in contatto, per qualche anno della loro esistenza, con nozioni, idee, immagini, parole che non hanno una finalità pratica, come la coltivazione dei campi o la ginnastica, ma che – ci hanno detto, e ci crediamo ancora – servono a vivere la vita in maniera più consapevole.

La scuola dovrebbe assolvere questo compito attraverso buoni insegnanti e buoni libri, e chiunque sia stato a scuola sa che i primi sono più importanti dei secondi, e che il mediatore (l’essere umano che parla in classe) conta più della cosa mediata (ciò di cui si parla in classe). Di qui, quando si scrive un manuale (è il mio caso), un chiaro senso dei propri limiti: si può scrivere il migliore manuale del mondo, ma se finisce nelle mani di un insegnante inadeguato è quasi tutta fatica sprecata. Ma certo, insegnanti e studenti possono essere aiutati, o almeno non ostacolati, da un buon libro di testo. Per quanto riguarda la letteratura, direi che buono significa, tra l’altro, più o meno questo:

1.Niente dismisura. Un manuale per la scuola deve avere dimensioni ragionevoli. Non dev’essere stringato, non deve sacrificare nozioni o idee utili, ma non dev’essere neppure tanto prolisso da scoraggiare la lettura dei testi. Non solo, come si dice spesso, a scuola non si può fare tutto: non si deve fare tutto, perché uno dei compiti della scuola è precisamente quello di selezionare, di separare ciò che ha senso studiare a una certa età da ciò che si può rimandare a un altro momento o a un altro luogo.

2. Non sommergere i testi con le opinioni sui testi. A scuola conta molto leggere e capire quello che dice Dante Alighieri; conta molto meno il parere, diciamo, di Gianfranco Contini su Dante Alighieri. Per quello c’è tempo. A volte, sfogliando i manuali, ho l’impressione che gli autori immaginino che tutti gli studenti delle scuole superiori debbano diventare non dei lettori ma degli specialisti di Petrarca, Ariosto o Montale, a giorno del dibattito, del conflitto delle interpretazioni, della storia della critica; per fortuna non è così. I testi, prima di tutto; il resto sì, ma con moderazione.

3. Scrivere chiaro. I libri scolastici hanno contribuito per la loro parte a generare quella antilingua che molti italiani parlano e scrivono oggi. È ora di finirla. Quasi tutti quelli che vanno a scuola adesso sono nati dopo l’anno 2000; molti non sono nati in Italia. Hanno diritto ad un linguaggio onesto. Bisogna parafrasare con attenzione i testi; bisogna adoperare le note e i box lessicali per far capire, senza troppi tecnicismi, che cosa la storia di una parola può dirci intorno al suo significato. Ma bisogna soprattutto parlare chiaro nelle parti non antologiche, cioè andare dritto al punto, senza retorica, senza ampollosità e senza manierismi, ricordandosi sempre che si sta parlando a degli adolescenti, che alla lettura vanno prima di tutto conquistati. Primo, dunque: non nascondere le difficoltà; secondo: cercare di affrontarle con un linguaggio piano.

4. Lasciar perdere il gergo teorico. Capire com’è fatta, come funziona la letteratura, è giusto e importante. Ma è meglio farlo seguendo la guida del buon senso («chi parla in queste pagine?», «lo scrittore pensa tutto quello che pensa il personaggio o gli sta un po’ a distanza?») che quella dei formalisti russi o di Genette («siamo di fronte a un testo omodiegetico o eterodiegetico?»). Sulle labbra di un adolescente che in vita sua non ha letto più di una decina di libri preferirei sentire frasi ingenue come «Anna Karenina ha capito poco della vita» piuttosto che frasi velleitariamenteblasé come «Qui ci troviamo di fronte a un’analessi interna»: a sedici anni (ma forse sempre) la letteratura dovrebbe sollecitare il primo genere di riflessioni, non il secondo.

5. Non esagerare col formalismo. Leggere libri serve soprattutto a capire ciò che sta al di fuori dei libri. Perciò, se si legge Fenoglio, le prime domande da porsi, e da porre agli studenti, non sono «questo racconto o romanzo è a focalizzazione interna o esterna?», oppure «come definiresti l’impasto linguistico del testo?» (una domanda che metterebbe in difficoltà un linguista di professione, e che sollecita dilettantismi), ma «che cosa ci dice, il brano che hai letto, sulla vita dei contadini piemontesi del primo Novecento? E sulle dinamiche del matrimonio?», oppure «le pagine di Fenoglio ci parlano di una guerra civile? Chi l’ha combattuta? Com’è finita? Quando?». E se si legge Petrolio di Pasolini, le prime domande da porsi non sono «In quante sequenze si può dividere il brano antologizzato?» o «Quali sono le figure retoriche prevalenti?», ma «Come mai il petrolio diventa tanto importante, agli inizi degli anni Settanta?», o «Che cos’è l’OPEC?», o «A quali personaggi realmente esistiti allude qui Pasolini?».

6. Far leggere della buona prosa saggistica. I miei studenti (primo anno di Lettere) hanno letto L’infinito di Leopardi, ma non hanno mai aperto il Discorso sopra i costumi degli italiani; hanno letto Svevo e Pirandello, com’è giusto, ma ignorano Salvemini, Gramsci, Flaiano. La tradizione scolastica privilegia la poesia e il romanzo, ma nessuno dei due generi offre ai ragazzi dei buoni modelli di prosa argomentativa, e invece questi modelli ci vogliono, perché ben pochi di loro scriveranno poesie o romanzi, ma quasi tutti scriveranno relazioni, tesi, o anche solo e-mail. L’Italia ha una suprema tradizione saggistica, è ora di usarla.

7. Storicizzare le nuove arti. Gli studenti leggono versi e prose di romanzi la mattina, mentre nel pomeriggio, a casa, guardano video e film, ascoltano o fanno musica. Penso che la scuola dovrebbe cominciare, discretamente, a occuparsi di queste nuove arti, perché gli studenti non le considerino come un dato ma come qualcosa su cui è opportuno riflettere criticamente. All’ultimo anno bisognerebbe parlare – un po’, non troppo – di film, fumetti, canzoni. Sono anche arti verbali, è anche letteratura.

8. Un manuale dovrebbe anche essere bello: graficamente, visivamente bello. Perché dovremmo evitare che i ragazzi associno i capolavori della letteratura al colore grigio.

[Immagine: Foto di Candida Höfer. (gm)]

7 thoughts on “Come dovrebbe o come potrebbe essere fatto un manuale di letteratura oggi

  1. 9) A sedici anni (ma forse sempre) non si dovrebbe leggere Petrolio di Pasolini.
    10) Parlare a scuola di musica leggera, fumetti, film commerciali è un ottimo modo per rendere noiose agli studenti anche le loro intime e ultime zone di libertà intellettuale. Già si parla poco dei classici.

  2. 9) No: “Petrolio” va letto (non a sedici anni, chiaro: ci vuole un bel po’ di stomaco)
    10) E infatti si dice “non troppo”; e forse sarebbe meglio dare agli studenti la parola su quello che conoscono meglio (e non solo all’ultimo anno, ma farli crescere nella consapevolezza critica)

  3. 11) Antologizzare la guida del telefono, perché “la guida del telefono è un oggetto affascinante, e non è entrata nelle Storie della letteratura forse per la sua giovane età, o piuttosto per le congiure degli accademici.” (Giorgio Manganelli)

  4. Ma caro D.H., tra poesia teatro romanzi saggi raccolte, soprattutto poesia, ci sono almeno dieci libri di PPP migliori di Petrolio. E’ dura, molto dura leggere dieci libri di P al cubo per chi non ne coltiva il culto, ma di un qualsiasi autore direi. Non sbavando per il nostro sono riuscito comunque a gustarmi almeno tre raccolte poetiche tra usignoli ceneri religioni e transumanar, e una decina di film. Almeno il petrolio mi riservo il diritto di non finirlo. Personalmente da lettore onnivoro faccio fatica a terminare anche dieci libri di Agata Christie, considerati di argomento leggero, figuriamoci di P al cubo. Se lei c’è riuscito le avanzo mestamente i miei rispetti.

  5. Prediligere percorsi intradisciplinari (all’interno della stessa disciplina)
    proprio come si insegna agli insegnanti in questi tempi.

  6. Parlando seriamente, bisognerebbe togliere tutte le espressioni “minore”, “modesto” o simili applicate ad autori passati: sia perché sono relative e non scientifiche, variabili nel tempo, sia perché sono offensive verso autori che comunque sono entrati in un manuale (a differenza di centinaia e migliaia di altri e dello stesso autore del manuale che di regola non vi entra), ma soprattutto perché scoraggiano gli studenti che ne avessero voglia ad approfondire tali autori. E’ come se l’estensore del manuale dicesse agli studenti: non leggete Alessandro Guidi o Frugoni tanto sono minori, non Leggete Fulvio Testi o Della Casa, perdereste tempo, limitatevi a leggere tre o quattro poeti per secolo, leggete l’Adelchi, non importa se nessuno la rappresenta più a teatro da un secolo a differenza di Verdi che della stessa epoca invece è rappresentato eccome, abbiamo deciso a tavolino che Manzoni è un maggiore. Ma i gusti sono soggettivi, personalmente trovo Guidi e Frugoni e decine di altri più interessanti di Manzoni, e le opere “minori” di Manzoni più interessanti delle sue “maggiori”. Se avessi dato retta ai manualisti avrei da anni esaurito ogni lettura possibile; per fortuna non l’ho fatto, e ho trovato tra i c.d. “minori” un mondo ricco, interessante, con passioni, tentativi, sperimentazioni tutte da approfondire. Oppure per correttezza l’autore del manuale dovrebbe scrivere ad incipit dello stesso “Io sono un minore”.

  7. Riporto quello che ho già scritto in passato: il più importante cambiamento che si deve fare nei manuali di letteratura è togliere l’impianto non solo italocentrico ma anche cronologico “dal prima al poi” che si può motivare solo con la concezione storicistica che affermava che lo spirito umano svela sé stesso nella storia attraverso un processo a tappe avente un fine ben predefinito (nel caso di De Sanctis il popolo italiano che si rende consapevole della sua identità). In realtà qualunque studioso di storiografia sa che la storia non è una sola ma ce ne sono tante, che la storia si può raccontare non solo con un “dal prima al poi” formato da momenti puntiformi ma che esistono anche ritorni all’indietro e circolarità ed anche aspetti che coprono il lungo periodo e che dunque rendono a volte doveroso soffermarsi prima su un testo del ‘700 e poi su un testo del ‘500 per comprendere questo aspetto, e occorre infine ammettere che certi autori come Petrarca e Leopardi vivono di fatto in un tempo che non è lo stesso dei suoi contemporanei. Sono a conoscenza che manuali del passato come “Il materiale e l’immaginario” hanno tentato strade simili ma mi sembra che alla fine abbiano avuto poco seguito. Un altro problema che ho notato in vari manuali è il sottolineare troppo gli aspetti dei testi dell’epoca strettamente legati a quell’epoca e trascurare gli aspetti che possono essere di valore anche nella vita di oggi.

    A Gabriele: sono d’accordo anch’io di togliere tutte le espressioni “minore”, “modesto” e simili e di conseguenza abolire di fatto il canone, in quanto ci sono autori come Dante, che non hanno neanche bisogno di essere prescritti per legge per entrare nel manuale, ed altri, come Manzoni, che hanno rilevanza solo locale ed italiana e che sarebbero molto più apprezzati se il loro spazio non avesse oscurato altri autori grandissimi, soprattutto stranieri (penso a Cervantes, Balzac, Stendhal, Dostoevskij, Goethe, Mann…). Naturalmente fra gli autori “minori” metto anche i testi legati ai nuovi media (cinema, canzone, fumetto, pubblicità…). Insomma, occorre una nuova visione della letteratura come scienza, dove i testi non parlano soltanto di un semplice contesto storico legato a un certo autore, ma fanno invece comprendere aspetti universali di quanto ogni uomo in ogni tempo può esprimere con il linguaggio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *