di Anne Carson, traduzione di Matilde Manara
[The Albertine Workout è una plaquette di Anne Carson uscita nel 2014. Questa è la parte iniziale del testo nella traduzione di Matilde Manara].
1. Il nome Albertine non è comune per una femmina in Francia, mentre Albert è diffuso tra i maschi.
2. Il nome Albertine ricorre 2363 volte nel romanzo di Proust, più di tutti gli altri personaggi.
3. Albertine stessa è presente o evocata in 807 pagine del romanzo di Proust.
4. Per un buon 19 percento di queste pagine lei è addormentata.
5. Alcuni critici, compreso André Gide, ritengono che Albertine sia una versione camuffata dello chauffeur di Proust, Alfred Agostinelli. Si tratta della cosiddetta teoria della trasposizione.
6. Albertine incarna un’ossessione romantica, psicosessuale e morale per il narratore, specialmente nel quinto dei sette volumi (nell’edizione Pléiade) dell’opera di Proust.
7. Il quinto volume è intitolato La Prisonnière in francese e The Captive in inglese. Nel suo celebre studio del 1974, l’esperto mondiale di Proust Roger Shattuck lo considera il volume del romanzo che un lettore a corto di tempo può saltare per intero.
8. I problemi di Albertine sono
(dal punto di vista del narratore)
a) inclinazione a mentire
b) lesbismo
e (dal punto di vista di Albertine)
a) essere prigioniera in casa del narratore.
9. Il suo cattivo gusto musicale, benché sottolineato più volte, non rappresenta un problema.
10. Lungo tutto il romanzo Albertine non chiama mai il narratore per nome. Nessuno lo fa. Il narratore suggerisce che il suo nome possa essere lo stesso dell’autore del romanzo, i.e. Marcel. Supponiamo sia vero. Tuttavia, ottanta pagine dopo essersi lasciato scappare questo indizio, lui – e lei – sono più precisi. Il narratore riceve un biglietto da Albertine in cui lei lo chiama “Mon chéri et cher Marcel” e che si conclude con:
“Quelles idées vous faites-vous donc?
Quel Marcel! Quel Marcel!
Toute à vous,
ton Albertine”.
11. Albertine nega di essere lesbica quando Marcel la interroga.
12. Le sue amiche sono tutte lesbiche.
13. Le negazioni di lei lo affascinano.
14. Anche le amiche di lei lo affascinano, specialmente per il contrasto con i suoi amici, che sono omosessuali, ma molto discreti. Le amiche di lei “sfilano” in spiaggia e si baciano nei ristoranti.
15. Nonostante un intenso e assiduo interrogatorio, Marcel non riesce a scoprire cosa di preciso quelle donne facciano insieme (“questa pulsante singolarità del piacere femminile”).
16. Albertine dice che non lo sa.
17. Una volta imprigionata da Marcel in casa sua, i sentimenti di lui cambiano. Era stata la sua libertà ad attrarlo la prima volta, il modo in cui il vento le sollevava l’abito. Questa attrazione lascia ora il posto a un sentimento di ennui (noia). Come dice egli stesso, lei diventa un “pesante schiavo”.
18. Prevedibile, considerata la teoria di Marcel sul desiderio, che associa il possesso di una persona all’annullamento dell’alterità dalla sua coscienza, presupponendo al tempo stesso che sia l’alterità a rendere l’altra persona desiderabile.
19. Ed effettivamente, come può possederla se è lesbica?
20. Lui continua a essere affascinato.
21. Albertine è una ragazza con un berretto da polo che spinge la sua bici sulla spiaggia quando Marcel la vede per la prima volta. Lui continua a tornare su quest’immagine.
22. Albertine non ha famiglia, lavoro, prospettive. Presto si stabilisce a casa di Marcel. Dormono in stanze separate. Lui sottolinea che lei è tuttavia una persona “obbediente” (vedi sopra su Albertine come “pesante schiavo”).
23. Il viso di Albertine è dolce e incantevole di fronte, ma il suo profilo adunco disgusta Marcel. Vorrebbe poter prendere tra le mani il viso di lei e riposizionarlo.
24. A Marcel piace Albertine soprattutto quando è addormentata.
25. Quando si addormenta diventa una pianta, dice lui.
26. Le piante in realtà non dormono. Non dicono bugie e nemmeno bluffano. Tuttavia mettono in mostra i genitali.
27. a) Qualche volta nel sonno il kimono di Albertine si apre e lei resta nuda.
27. b) Qualche volta allora Marcel la possiede.
27. c) Albertine non sembra svegliarsi.
28. Marcel sembra credere di essere il padrone di quei momenti.
29. Forse è così. A questo punto, tra parentesi, se avessimo tempo, cosa che non abbiamo, si potrebbero fare parecchie considerazioni sulla somiglianza tra Albertine e Ofelia – Ofelia di Amleto – a cominciare dalla vita sessuale delle piante, che Proust e Shakespeare si divertono a usare come linguaggio del desiderio femminile. Albertine, come Ofelia, incarna per l’amante fanciullezza in fiore, castrazione, ferita, terrore e puro ostacolo. Albertine, come Ofelia, è presa da un vorace appetito sessuale che le è negato di esprimere. Ofelia spinge l’appetito sessuale nel fiume e lo annega tra piante acquatiche. Albertine trasfigura il suo nella falsa coscienza di una pianta addormentata. In entrambe le scene l’uomo sembra avere il controllo del copione quando invece è invischiato nelle trame della donna. D’altra parte è difficile dire chi stia bluffando chi.
30. La risata di Albertine ha il colore e il profumo di un geranio.
[Immagine: Robert Mapplethorpe, Calla, particolare].
“ Giugno 2004 – « A partire da una certa età, i nostri ricordi sono talmente intrecciati gli uni agli altri che la cosa cui si pensa, il libro che si legge, quasi non ha più importanza. Ovunque si è messo un po’ di se stessi, tutto è fecondo, tutto è pericoloso, e nella pubblicità di un sapone si possono fare scoperte altrettanto preziose che nei Pensieri di Pascal. » (Marcel Proust, Albertine scomparsa I, trad. di Giovanni Raboni, 1993)
“ Mercoledì 16 aprile 2014 – « Te viene la psoriasi », dice l’omone che, come me, ha la stampante in panne etc. Quando arriva la signora che vuole stampare gli inviti per la festa del suo bambino e che dice che, oggi come oggi, con meno di 700 euro a festeggiare non ci riesci, si apre, nel negozietto, un ddibbattito. Sul fatto che le mamme sono buone, e anche troppo. Io, non so perché, azzardo una massima: che le mamme, più sono buone con i figli e più, nel senso di mogli, sono « cattive » con i mariti. È stato a questo punto che il mio « amico di toner » ha detto della psoriasi etc. Poi, quando salgo in macchina, c’è uno che legge qualcosa e, quando dice « Albertine », capisco che è il solito vecchio, « datatissimo », Proust. E, prima, penso che è noiosissimo, ma poi, continuando a ascoltare, penso che non lo è per niente, proprio per niente. Basta non spazientirsi, basta ascoltare… “.
“ Senza data [1982] – Perché Proust chiama Albertine il suo amante? Il nome femminile è solo un accorgimento della pudicizia? O non vuole forse dire che per lo scrittore, nel suo ambito sovrano, quel colui è una donna? “.
“ Sabato 23 ottobre 1999 – Comunque noto anche che la sunnominata Daniela, nel suo scritto Albertine: « figura allegorica » dell’opera e « metafora » della scrittura, cita All’ombra come « OFF ». – « È per chiamarsi fuori? » « Non so, uno di questi giorni dovrò fare anche il punto sulle sigle ». (« Albertine Simonet », scrive la nostra Daniela. Insinuazione-dubbio: ma non era « Simonnet »?) “.
“ 12 luglio 1985 – È una mademoiselle Simonnet – con due n – la vincitrice della tappa odierna del Tour de France. “.
“ Mercoledì 7 luglio 2004 – « Mi dicevo, però, che per altri amici, se la mia salute fosse ancora peggiorata e non fossi più stato in grado di vederli, sarebbe stato bello continuare a scrivere, in modo da avere ancora accesso alla loro compagnia, parlar loro fra le righe, farli pensare a mio modo, piacergli, essere ricevuto nel loro cuore. Mi dicevo questo perché, le relazioni mondane avendo avuto fino a quel momento un certo posto nella mia vita quotidiana, un futuro in cui non figurassero più mi spaventava, e quell’espediente che mi avrebbe permesso di trattenere su di me l’attenzione degli amici, forse di suscitarne l’ammirazione, fino al giorno in cui fossi stato abbastanza bene per ricominciare a vederli, era fatto per consolarmi; mi dicevo questo, ma sentivo che non era la verità, che se amavo figurarmi la loro attenzione come oggetto del mio piacere, questo piacere era un piacere interiore, spirituale, solitario, che loro non potevano darmi e che io potevo trovare non già conversando con loro, ma scrivendo lontano da loro; e se cominciavo a scrivere per vederli indirettamente, perché avessero di me un’idea migliore, per prepararmi a una migliore posizione in società, forse scrivere mi avrebbe fatto passare la voglia di vederli, e della posizione che la letteratura mi avrebbe forse procurato in società non avrei più avuto voglia di godere perché il mio piacere non sarebbe stato più nella società, ma nella letteratura. » (Marcel Proust, Albertine scomparsa II, trad. di Giovanni Raboni, 1993) “.
“ Martedì 14 dicembre 1999 – Ho pensato che forse è anche vero che Albertine era un uomo, ma, settant’anni dopo, è diventata una donna. Che si crede un uomo con un nome da donna. (Sarà per questo che scappa) “.
“ Lunedì 1 giugno 1998 – Nella pubblicità dell’Aprilia una fanciulla in minigonna – un vestitino piuttosto semplice, un po’ Mondrian, un po’ optical, molto anni Sessanta – e con uno scontato paio di occhiali neri fugge su un motorino da due spaventosi mostri – uno squalo e una specie di cagnaccio – che incombono sopra una casa-roulotte nel riconoscibile scenario di un deserto americano. La posizione dell’avvenente fuggitiva – le mani sul manubrio, poggia su una sola gamba, l’altra è alzata, come se stesse correndo su un monopattino -, ricorda tuttavia l’immagine tipica di Mercurio, il dio con-le-ali-ai-piedi, il dio della velocità, del commercio – e, va comunque detto, dell’inganno. Il testo – in basso a sinistra, poco visibile a un’occhiata superficiale – dice: « The sense of wonder ». Il senso del meraviglioso, anzi dello strano. « Per tipi atipici », ribadisce un’altra didascalia. E infatti nella scena tutto è meraviglioso, atipico, strano: la roulotte – da un film americano degli anni Cinquanta -, il deserto – da un film americano di un anno a piacere -, la mercuriale ragazza che, visibilmente, fugge (alla fine i meno strani sono i disneyani mostri sospesi nel cielo). Fugge da almeno trent’anni, a giudicare dal vestito. Ma poi: fugge veramente? O lo dice – lo « mostra » – soltanto? (È una « pubblicità ingannevole »? O ogni pubblicità lo è?) (Sono mostri o è una mostra?) Comunque è ammirevole, anzi mirabile. Non c’è altro da fare che ammirarla. Quel vestitino, quegli occhiali, quel motorino, quel fuggire le stanno così bene… A meno di non essere privi di « sense of wonder », perché quello, come si sa, non tutti ce l’hanno. La ragazza Aprilia – « Come Nanni Moretti? » « Sì, e anche come Pomezia… Acilia… Guidonia… » – è una strana meravigliosa ragazza e la cosa più strana di tutte è che non esiste. Proprio come quei mostri fuggiti da un tavolo da disegno. Proprio come il cinema americano a cui la scena allude. Proprio come, in generale, il cinema. (Cfr., passim, la pubblicità della Vespa: « Marilyn Vespoe », « La dolce Vespa »… « Come Nanni Moretti? » Proprio così, caro diario) (Non esiste ma si vede. Se non ci credi vieni con me a vedere la mattina o la sera, per esempio sul Muro Torto, che motorini, che atipiche ragazze, che fuggi fuggi) “.