a cura di Stefano Dal Bianco
con
Gherardo Bortolotti
Lorenzo Carlucci
Azzurra D’Agostino
Stelvio Di Spigno
Mercoledì 5 aprile 2017, ore 15,30, Palazzo San Niccolò, ex-Cappella, via Roma 56, Siena.
Seguirà una lettura di poesie alle 21,30 presso UnTubo, via del Luparello 2, Siena.
[Immagine: Jörg Sasse, 1499]
E’ su quel che c’è *da fare* che avete poco o nulla *da dire*.
Un incontro pubblico per domande di rilevanza pubblica. Chiederei dunque a questi coraggiosi coetanei che si fanno identificare pubblicamente come poeti che tipo di contributo porta secondo loro il ruolo di poeta in eta’ adulta nell’Italia 2017 e quale contributo specifico li identifica secondo loro individualmente in pubblico. Grazie.
“I poeti si sono chiusi in un giardino d’infanzia, separati dal dibattito sociale, politico. In Italia fare il poeta è come essere amante del baseball in un paese in cui prevale il calcio”.”
(da http://www.doppiozero.com/materiali/umberto-fiori-la-poesia-e-una-comunita-venire)
@Abate – Fiori dice di piu’ e meglio del ritaglio che ne ha fatto lei e peraltro a mio parere lui manca il bersaglio, gli Stormy Six nel 2017 prenderebbero pomodori ad ogni raduno, tutta quella prosopopea oggi e’ davvero sommersa nel mondo iper tecnologico che lascia parola a tutti, non solo agli svelti di scopo. Il mio spunto nasceva dalla considerazione della poesia 2017 come oramai fatto privato da vent’anni, tipo collezionare francobolli, curare ossessivamente il proprio corpo, aderire alla lega per la protezione degli uccelli o andare fino in Medio Oriente a salvare vite umane invece di bussare alla porta del vecchietto o della vedova in condominio, robe cosi’, di sopravvivenza narcisistica di vite uguali tra vite altrettanto uguali. Nel giardino tutto e’ bello & buono & si canta in compagnia, non era in fondo una categoria della sinistra utopica, la comune degli artisti? Un partito non l’hanno mai fatto, una associazione la provarono (Trenta-Quaranta) ma era un sindacato di soli generali e tutti pro domo propria, quindi e’ collassata. Oggi? Dirsi pubblicamente poeti in mezza eta’ e’ francamente bruttarello, roba da reinserimento sociale o psicoterapia, sinistrati piu’ che sinistra. Ci credo che abbiano perso mandato.
@ Il fu GiusCo
Molti, non solo Fiori, dicono ancora «di più e meglio». Se il lettore ha motivo di essere attento e non ha fretta. A me, in questo momento e in riferimento a questo annuncio di dibattito e letture a Siena, la frase di Fiori che ho citato mi pareva particolarmente centrata. Non capisco perciò il tuo (una volta ci davamo il tu e io insisto) lamento/invettiva tra il masochista (perché ne scrivi anche tu e “se ne scrivono ancora”, no?) e l’acido sulla poesia « come oramai fatto privato da vent’anni, tipo collezionare francobolli etc.». Accumuli e appiattisci cose eterogenee che diventano tutte (proprio per una posa sbrigativa e snob) insensate. Dai, non chiamiamoci poeti, ma ragioniamo seriamente e fosse pure in privato *anche e ancora* di poesia. In rapporto (possibile) col/contro il mondo ipertecnologico che l’ha collocata in uno dei suoi loculi marginali.
@ Il fu GusCo
In aggiunta: “Mi confidò anche che stavano preparando una nuova bibliografia dei suoi scritti («Vedrai che bel sepolcro!»). E alla mia solita domanda: che fare adesso che la situazione non era più in movimento, rispose: «Quello che già stai facendo… Rinunciare alla poesia? No…Farla nel vivo delle situazioni reali, senza rifugiarsi nelle istituzioni. Visto che non ci sei arrivato, non hai neppure il problema di mollarle!».” (Da un mio colloquio del 9 dicembre 1991 con F. Fortini)
Cosa si sono detti, dunque? Un’anima pia che faccia un riassunto? O non e’ intervenuto nessuno? O peggio quei pochi che sono intervenuti hanno il mandato di non dire nulla?