di Luisa Lorenza Corna

“Non ti abbandonerò mai” è una frase a cui facciamo fatica a credere. Trasformare il caso dell’incontro in un destino condiviso sembra un’impresa appartenente a tempi lontani. In questo caso, la frase non si riferisce però ad un rapporto d’amore tra individui, ma a quello non meno faticoso tra un’artista e la sua opera. “Non ti abbandonerò mai” è il titolo – in apparenza fuorviante – della mostra in corso al museo del Novecento di Milano su Franco Mazzuchelli, artista che ha fatto dell’abbandono la sua cifra stilistica.

 A partire dalla fine degli anni sessanta, Mazzuchelli progetta strutture gonfiabili di dimensioni varie, che ‘abbandona’ nello spazio senza autorizzazione. I gonfiabili acquistano così vita propria. Riempiono interstizi urbani, si sgonfiano, si dilatano, si muovono sospinti dal vento. E divengono oggetti con cui interagire. Un film super 8 incluso nella mostra ritrae un gruppo di operai mentre salta e scivola su grandi cilindri di plastica, lasciati vicino alla sede dell’Alfa Romeo. La pausa dal lavoro alla catena diviene occasione d’incontro con forme morbide e scivolose, che sfuggendo alla presa generano movimenti grotteschi. L’happening imprevisto dei colletti blu blocca la circolazione del traffico, precorrendo il momento in cui la politica lascerà la fabbrica per spostarsi nella società (e poi morire). L’arte di Mazzucchelli è vaticinio. Ci avvisa che i tempi (e gli spazi) sono già post-moderni. E post-fordisti.

Nel corso degli anni settanta l’artista continuerà a ‘compiere abbandoni’ nelle località più svariate. A Torino sceglierà le periferie urbane, facendo di nuovo incontrare – e scontrare – due mondi: quello cementizio e geometrico dell’edilizia popolare, e quello invece leggero e duttile dei gonfiabili. Non sono più gli operai ora, ma i ragazzi del quartiere a interagire con gli oggetti, trasformando le aree vuote tra i palazzi in veri e propri luna park. Nel ‘73 sarà la volta di piazza dei Priori a Volterra. Un salto ‘istituzionale’, visto che l’installazione è progettata per la rassegna d’arte pubblica a cura di Enrico Crispolti. Per l’occasione, Mazzucchelli progetta un grande pinnacolo giallo che si erge e si inclina fino a quasi toccare gli edifici. In un’immagine, la punta acuminata del gonfiabile sembra colpire una facciata. In un’altra si ripiega su stesso. Il conflitto si annuncia ma non si compie. Si fa performativo.

L’artista assegna un nome alle installazioni – A.TO A – e lo stampa con degli stencil sulle superfici dei gonfiabili. A.TO A è acronimo di “art to abandon”, e parola da leggere alla francese come “A tois” – a te/per te. Inizia ad emergere il doppio significato della poetica di Mazzucchelli, già anticipata nel titolo. L’abbandono non ha valenza solo negativa. Perché, al tempo stesso è anche un regalo ad un “tois” generico, rappresentato da chiunque accolga l’invito lanciato dall’artista; e si renda disponile ad incontrarne l’opera. L’esito dell’incontro sarà sempre imprevedibile, ma solo per chi si lascia alle spalle abitudini consolidate e accetta di scivolare, rimbalzare. E anche cadere.

A ben vedere, la separazione tra artista ed opera non avviene mai per davvero. Dopo aver abbandonato i gonfiabili nello spazio pubblico, Mazzucchelli continua a segurine le vicissitudini con lo sguardo. Scatta fotografie che divengono il punto di partenza per una serie di opere documentarie che evolvono nel tempo. Le immagini vengono parzialmente coperte da fogli di carta o incollate su tavole di cartoncino nere, contenenti dettagli tecnici, commenti dei passanti ed informazioni sullo stato degli oggetti dopo l’abbandono. In alcuni casi, Mazzucchelli include frammenti dei gonfiabili danneggiati; in altri, separa la documentazione dalla reliquia, incorniciando ritagli rettangolari di plastica che occupano l’intera superficie del quadro. Spesso il frammento scelto riporta il nome della serie “A, TO. A” anche se l’oggetto è ritornato ora all’autore. “A tois” si trasforma in “a mois”, ma riporta le i: segni dell’interazione con l’altro o l’altra.

La mostra include un lavoro meno noto e leggermente diverso dagli altri esposti. Scompaiono i gonfiabili, la plastica, lo spazio urbano e l’abbandono. Rimane l’aria. Invitato ad esporre presso la galleria Diagramma di Milano, Mazzucchelli realizza “Caduta di pressione”, un’opera composita in cui mette a tema la respirazione e la sottrazione di ossigeno. Una tabella descrive il consumo d’aria da parte dei visitatori in base alla loro permanenza nella galleria; alcune targhe riportano frasi sull’utilizzo dell’ossigeno. Una serie di fotografie ritrae il volto dell’artista mentre dirige, ironicamente, situazioni che impediscono la respirazione. L’invito ad intervenire nello spazio privato di una galleria suscita una reazione claustrofobica. A Mazzuchelli manca l’aria. Ed è forse il mondo esterno che non vuole abbandonare, quel mondo in cui si corre sempre il rischio d’incontrare un “tois” sconosciuto.

“Non ti abbandonerò mai”

a cura di Sabino Maria Frassà e Iolanda Ratti

Museo del Novecento, Milano.

Fino al 10 giugno.

 

[Immagine: Franco Mazzucchelli, A.TO.A.]

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