a cura di Massimo Gezzi

[Nell’undicesima apparizione, la rubrica degli inediti a cura di Massimo Gezzi ospita tre prose e alcuni versi di Gilda Policastro, autrice dei romanzi Il farmaco (Fandango, 2010), Sotto (Fandango, 2013) e Cella (Marsilio, 2015) e di libri di poesia tra cui Non come vita (Aragno, 2013), Inattuali (Transeuropa, 2016), Esercizi di vita pratica (Prufrock spa, 2017). Tra i suoi libri di critica, Polemiche letterarie: dai Novissimi ai lit-blog (Carocci, 2012) e vari studi su autori dell’Ottocento e del Novecento italiano. Dal 2017 è docente di Poesia presso la scuola di scrittura Molly Bloom, con sedi a Roma, Lecce, Milano. Le prose che seguono appartengono a una sezione intitolata al momento Bravure].

Avevamo fame pallidi magri mangiavamo niente la spesa l’hai fatta tu e non l’aveva fatta apriva una scatoletta di tonno la impiattava dalla lattina e ci scolava la pasta senza mescolare io affettavo due patate due carote senza cipolla veniva un’acqua tinta e un’ora dopo avevo fame anche lui aveva fame e ci guardavamo magri e disperati sempre più pallidi e pensavamo a cosa mangiare ma non c’era niente aprivamo e niente c’era da mangiare stavolta la spesa la fai tu ma si scordava tanto aveva il tonno che rovesciava senza mescolare e avevamo fame e ci guardavamo magri e disperati e pensavamo a chi vive di stenti non avevamo di che pagare le bollette però ogni tanto ci vestivamo bene e andavamo al ristorante eravamo magri e senza soldi il vino lo prendono no per carità acqua senza gas eravamo talmente magri che quella pasta del ristorante impiattata bene e mescolata non ci bastava eravamo pallidi e avremmo dovuto bere del vino rosso mangiare la carne ma sei pazza guarda quanto costa e niente lo volete il pane meglio di no grazie due euro in più non possiamo ci alzavamo da tavola pallidi magri ben vestiti e con tanta fame adesso torniamo a casa e ci facciamo la pasta di rinforzo col tonno avanzato eravamo debilitati non sapevamo dove sbattere la testa tossivamo di notte ma più spesso dopo pranzo se qualcosa mangiavamo e dopo erano visite lastre ma non usciva che la fame la malnutrizione è causa del vostro malessere e di tutta quella tosse è produttiva chiedevano ma non lo sapevamo se era fame tosse da fame come il tale che sgranocchiava le pietre e piuttosto rubavamo il caffè non lo pagavamo con la scusa che ci conoscono ed è proprio quello il modo in cui li freghi oppure al contrario dov’eravamo solo di passaggio ci alzavamo piano nessuno ci avrebbe fermato e prendevamo anche i vasetti se non c’era l’antitaccheggio o toglievamo i codici e rubavamo anche al supermercato grande rubavamo quando avevamo fame ma anche quando non ne avevamo pensando a quando ne avremmo avuta di nuovo e guardavamo i programmi e mangiavamo i piatti con gli occhi anche quando ci disgustavano e quando qualcosa non l’hai è lì ogni momento e noi pensavamo alla colazione dell’indomani il pasto facile con il latte a 0.99 ci stai bene una settimana razionare il cibo congelare il pane tutto perché abbiamo fame quelli la roba la buttano ma non possiamo noi che abbiamo sempre fame che non abbiamo soldi che non ce ne dà nessuno nemmeno se per ipotesi lavoriamo un giorno o due quando abbiamo fame a volte mangiamo lì all’angolo sotto il sole e quando fa caldo è peggio abbiamo ancora più fame oppure scambiamo per fame quella spossatezza che ci toglie le forze e a stento riusciamo a mangiare e poi c’è sempre il tonno una volta a casa ci condiamo la pasta per rinforzare e l’unica cosa che ci tortura al di là del disgusto che abbiamo certe volte per il cibo è la fame tanta di quella fame che ci saremmo mangiati pure i sassi a quel punto e guardavamo sempre quelli che mangiavano perché quando non hai da mangiare sei come un segugio è sulle tracce del cibo che te ne vai in mezzo agli altri mentre i sazi non ci pensano nemmeno a mangiare sono meno allertati senza quel compito quella fatica di pensare a quanto vorresti mangiare prima o dopo senza pensarci

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Quanto dolore c’è nel mondo lo canto nei miei versi immortali lo porto sulle spalle me ne carico senza risparmio lo assumo lo rendo a voi perché lo condividiate in ogni dove e li commiseriamo li aiutiamo nei loro magnifici rifugi che sono la nostra tana il deposito delle coscienze dilavate dai versi i versi compassionevoli il canto levato alla bellezza del mondo e alla bruttezza dell’uomo o alla bruttezza del mondo e alla bellezza dell’uomo ma non posso farne a meno quando li guardo nei nostri rifugi sporchi che puzzano che non vedono da quanti mesi una stanza tutta per loro nella mia tutta per me io li scrivo dopo che li vedo e li guardo e mi carico il dolore che diventa mio che lo assumo che lo porto per loro che lo prendo al posto vostro interamente che me ne lascio abitare che lo stringo a pugno che non me ne smarco che ci penso ogni notte nel succedersi delle carestie delle inondazioni che non ci credo più alla poesia se non faccio i versi sul dolore del mondo questo angusto atomo di dolore catafratto

Siamo andati a fare propaganda per l’Università in questa cittadina che da sola meriterebbe dieci pagine di mail. Una collina con una poderosa fortezza, case slave e turche a discendere, resti di età romana e una cascata talmente bella da sembrare finta. Di fianco, a pochi chilometri, una mostruosa industria che butta fumo verso la città. […] Danilo o Simone, non ricordo, ha detto che volevano dividerli in gruppi ma lui si è opposto, Danilo che somiglia a Rino Gaetano e vuole studiare letteratura, Danilo o Simone, che abita a Jajce, dov’erano i musulmani. Poi vennero i croati che cacciarono i musulmani poi i serbi che cacciarono i croati poi la comunità internazionale che cacciò i serbi rimettendo i musulmani

E dobbiamo accogliergli e prima forma di umanità è la condivisione dei nostri spazi i nostri spazi cioè quelli di tutti gli spazi che già condividiamo sui muri i muri della mia stanza la mia scrivania il mio computer lo schermo il mio schermo la finestra le chiavi le serrature le mie password gli accessi all’emancipazione dalla miseria che è la mia che la porto sulle spalle che la scrivo che la canto che la estrometto dai tuguri che la dico a voi che la sappiate che ce ne carichiamo nelle piazze nelle piazze della televisione dove diciamo che dobbiamo dobbiamo che si deve si deve tutti noi che uno sforzo che allora il mondo che quando forse un giorno che già una volta e che noi siamo noi siamo ospitali nei piazzali custodiamo il segreto del futuro e della proprietà noi che abbiamo in odio il mondo in cui bambini di tutte le nazioni in quei piazzali ci restano o nei fondali e d’altra parte non si potrà più scrivere domani dopo i fatti dopo gli orribili fatti del mondo la parola muore e può vivere solo nelle anime sensibili di ultracorpi come il mio che assumo il dolore tutto intero senza sconti al posto vostro

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Sono belle le case di chi non le abita case di lusso comfort tre piani mentre sono a Parigi Londra Berlino New York per shooting turismo matrimonio di figlia o nipote business class tuguri stamberghe magazzini quelle dei carcerati della vita intima le macchie di risulta le blatte delle cinque di mattina l’ora in cui ti alzi se non sei morto di angina il minuto prima una volta sono andata a cena a Madrid e sono tornata l’indomani ma dove nel loft anni Sessanta bella quella lampada mansardato soppalcato nell’economia degli spazi poco funzionali diceva dalla sua specola meccanica ingegneria fuori corso a Napoli appartamento in sette bagno unico la pizza più scarola scaldata da impegno settimanale di Madre col pullman il pacco pagare e salire riportare le vaschette riciclabili i piatti celebrities sono tutti diversi dai viaggi indonesiani Taiwan Oman poi tornano e li aspettano Matilda e Mimma i cani col profilo Instagram se sono case piccole è perché vivono a Londra per studio le figlie d’arte ma quando tornano per le vacanze hanno il terrazzo skyview non posso nemmeno fumare diceva tre stanze cinquanta metri quadri vista tangenziale polveri sottili bronchite trimestrale a casa un mese due a riprendersi la casa delle blatte mentre skyview no non hanno i problemi respiratori le nostre vacanze di Natale e la sua bravura nel catturare attimi di Maldive con tutti i mezzi tecnologici vita semplice come raccomanda Francesco (il papa) a Elisabetta (Canalis) dai tetti Wellness and Fitness o Francesco figlio del padre Pooh e padre da dive diverse in queste case coi muri di cinta le rampicanti si rotolano sul pavimento acquario i bambini di tutte le madri e via subito nuovi attimi LA l’aeroporto come pianerottolo a noi la polvere sui tubi gli scarichi a prova di acido il Natale è una festa di tradizione con 100 invitati e dove il cibo soverchia c’è la dieta vegana nelle case tugurio l’occasionale transito dei corpi smentisce l’abituale franchezza del grigio la casa di chi te l’ha fatta è di sicuro meglio della tua lo spumantino naptime&fake husband in Mars Harbour Bahamas le stories imparziali i commenti proletari (tre del pomeriggio walk orizzonte colors #hashtag) le pareti interne a schermare la riabilitazione del pianto su cui cfr. Deleuze abecedario non è come credi la provenienza del nome resta ignota qui è la casa ciò che è in luce ciò che è in ombra passaggio di nuvole da una porta ufficio cinema letto ufficio cinema letto uff tuttavia ma avrei osato ringraziarti non fosse stato per le piastrelle credevo d’esser l’unico ad averle ma era bella bella davvero compiutamente realizzata progetto approvato sottoposto a condono senza visto fuori legge piano rialzato lo stesso muro dove appoggiare la fronte a disperarsi soffitta cucina divano balcone vista like: zero (forse meglio prenotare un b&b)

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Inattualissime

Ogni testa è un tribunale

Ho fatto risveglio interiore

Brutta gente, la letteratura

Io di lavoro farei la morte

Isolati si isolavano stavano sempre da soli

Scrivo molto preso male, introspettivo

La catarsi non è intelligente

 

[Immagine: Wolfgang Tillmans, Still Life].

1 thought on “Inediti /11: Gilda Policastro

  1. Molti credono ciecamente in ciò che fanno, indipendentemente dal successo ottenuto. Ciò può essere un bene perché possono affrontare gli ostacoli, grazie alla perseveranza ed alla determinazione. Ma può essere anche un male perché senza autoironia ed autocritica talvolta possono essere minori i margini di miglioramento e la possibilità di correggere i propri errori. Anche essere troppo critici nei confronti di se stessi può portare all’immobilismo e all’autocensura. La convinzione nelle proprie idee e nei propri mezzi può rivelarsi determinante in alcuni casi, ma talvolta può anche essere controproducente. Talvolta la fiducia in se stessi può diventare ostinazione e può condurre al baratro. Ciò accade quando l’autostima diviene presunzione. Non è assolutamente detto che crederci troppo possa essere una marcia in più. Essere dei caterpillar può essere estremamente dannoso per se stessi e gli altri. Gli psicologi parlano a riguardo di autoefficacia, coaching, performance, convinzione, motivazione, locus of control interno. Eppure la situazione può sempre sfuggire di mano e anche le persone più efficienti non sempre sono in grado di dominare gli eventi. Infatti ci sono anche le circostanze esterne e fattori che non dipendono dagli attori. L’atteggiamento mentale non sempre è determinante perché non sempre dipende da noi. Non sempre è questione di saper fare. Talvolta dipende anche da ciò che gli altri o le circostanze ci lasciano fare. Talvolta le potenzialità restano inespresse. È per questo che molte persone a questo mondo falliscono, non riescono e non raggiungono i risultati sperati. Mi dispiace dirlo ma Bandura, il teorico per antonomasia dell’autoefficacia percepita, è nordamericano ed è vissuto in una cultura intrisa di darwinismo socioeconomico. Ciò la dice lunga sulla sua teoria psicologica, che è una semplificazione grossolana della realtà. Per Bandura la prestazione, la gestione degli eventi, il successo dipenderebbero quasi esclusivamente dalle convinzioni delle persone. Invece a mio avviso ci sono molti più fattori in gioco e la questione è più complessa e confusa. Bisognerebbe comunque valutare sempre ogni caso: non si può generalizzare. Non ci sono delle regole ferree. Sono molte le variabili in gioco. Di una cosa sono certo: non prendersi sul serio può salvare da un disastro imminente e dal ridicolo. Nella vita è difficile autorealizzarsi e fare della propria passione un lavoro retribuito. Ma l’umanesimo può essere un salvagente a cui aggrapparsi quando si fallisce secondo la mentalità comune. È grazie alla lettura di libri e alla coltivazione di una passione che si può evitare di diventare “uomini ad una dimensione”. Bisognerebbe salvaguardare un aspetto di noi stessi da nascondere ai più perché non vale la pena ostentarlo. Purtroppo la maggioranza considera ciò tutto inutile, ma le letture private possono essere fonte di arricchimento interiore e possono essere ad ogni età formative. Come diceva Manzi “non è mai troppo tardi”. Basta pensare alla biblioterapia e all’arteterapia. Le letture aprono la mente e aiutano a prendere con filosofia ed ironia i problemi della vita: di questo ne sono assolutamente certo. Gilda Policastro è una paladina dell’arteterapia e della biblioterapia. I suoi testi sono effficaci. Complimenti a Gilda!

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