di Emanuele Zinato
[Questo intervento di Emanuele Zinato è uscito il 21 giugno 2012].
Criticare una voce autorevole di Repubblica equivale tout court a essere, più o meno consapevolmente, “di destra”? Credo di no, anche se molto è stato fatto, in Italia, negli ultimi vent’anni perché le cose potessero sembrare proprio così. Ultima: la larga ospitalità concessa da organi del berlusconismo, come “Il Foglio”, a voci del pensiero critico più indocile e eterodosso, come quella di Alfonso Berardinelli, che ai tempi di “Diario”, della satira contro Eco o Scalfari hanno fatto uno dei propri maggiori cavalli di battaglia. Ultimamente, nel mirino di questi ultimi, ai “guru” di “Repubblica” si sono aggiunti Fazio e Saviano. Personalmente, credo sia necessario distinguere. Credo a esempio che alla volgarità dei talk show urlanti e scosciati la sobrietà, sia pure “politicamente corretta” e talvolta stucchevole, sia di gran lunga preferibile. Credo, insomma, per dirla tutta, che i “socialdemocratici” fossero preferibili ai “fascisti”, che il parlamentarismo borghese, sia pure coi suoi infingimenti e il suo “terrore mite”, fosse più “abitabile” di una dittatura. Sulle responsabilità dei “consumi culturali” nella degenerazione populista e mediatica della nostra vita politica occorrerà, inoltre, prima o poi decidersi a spendere energie cognitive ideologicamente indipendenti e eticamente sensibili: servirà una storiografia critica, contro i luoghi comuni e contro l’oblio controllato, e una saggistica capace di partire almeno dagli anni Settanta (da Piazza Fontana, a esempio, film a parte). Ma non credo nemmeno all’utilità di un approccio adorniano fuori tempo massimo e so bene che le cose sono in generale più “complesse”: rinvio, per questo, alla mia verifica delle parole n. 1, Libertà e comunismo, pubblicata su LPLC.
Tuttavia… tuttavia non posso fare a meno parlare di Alessandro Baricco. L’ho già fatto, una volta, all’uscita di Oceano mare. Ho tentato in seguito in tutti i modi di convincermi che si trattava di un “efficace divulgatore”, uno tra gli altri, buono quanto e forse più di un altro. Ho cercato di pensare, per attenuare e estinguere la mia allergia, alla mia stessa esperienza divulgativa e didattica, a scuola e poi all’università: alla mia necessità quotidiana di interagire con l’immaginario degli studenti, modellato dal rock e dai manga, di non lasciare intentate le vie, anche le più ibride, per far incontrare loro, in forme vitali, i classici.
Ora però Baricco è intervenuto alla bolognese “Repubblica delle idee” con una conferenza che prometteva “Le ultime indiscrezioni sui barbari”. A Piazza Santo Stefano lo ascoltava una folla attenta, onesta, ben disposta alla “civile conversazione”: non in venerazione ma in rispettoso ascolto. L’oratore, assai invecchiato rispetto ai tempi di “Pickwick,”, aveva dunque davanti a sé la sua senile e decisiva occasione per un’autocritica. Poteva dire “ebbene sì, le cose che ho scritto nel 2006 su Repubblica e che poi ho raccolto nel fortunato volumetto I barbari. Saggio sulla mutazione erano approssimazioni ad effetto, vere e proprie rimasticature di cose dette molto meglio da Benjamin, da Debord e poi persino da Lyotard svariati anni fa, e che io ho riadattato per il vostro immaginario distratto e incerto di lettori di gazzette. Confesso: in tal modo non ho rispettato la vostra parte più intelligente e attenta. Le mie rimasticature avevano, però, un pregio: bene o male divulgavano la “perdita dell’aura” e la condizione postmoderna, concetti che non tutti conoscevano. E’ vero: c’era già stato l’11 settembre, il postmoderno scricchiolava, la storia si faceva sentire di nuovo col suo volto di tritacarne, ma una bassa divulgazione ha pur sempre un suo quoziente di dignità. Ora, però, la crisi mondiale ha reso quei miei pretenziosi “bignami” già allora approssimativi e tardivi, completamente superati e del tutto inutili. Siamo mutati, ma assomigliamo di più, di nuovo, ai personaggi di Faulkner o di Conrad che a quelli di Walt Disney. Lo scenario è cambiato del tutto: ecco la vera indiscrezione sulla “mutazione” e sui barbari.
Così avrebbe restituito rispetto al rispetto ben percepibile nello sguardo franco dei suoi tanti ascoltatori. Invece no: Baricco esordisce col dire che quelle sue cose nel 2006 erano del tutto inedite, perfino pionieristiche, e solo ora, e proprio grazie al suo libro, sono diventate di dominio comune. Poi fa vedere su un maxischermo cinque minuti della partita Olanda/Uruguay del 1974 per mostrare in modo non confutabile come una delle due squadre in campo fosse a suo dire già “barbarica” e l’altra no, senza saperlo e anticipando i tempi. Infine riassume, malamente e senza pudore, i contenuti del suo vecchio libretto.
“Ciò che è percepito dai più, soprattutto da noi di sinistra, come un’apocalisse imminente è, in verità, il vero annuncio del futuro”. Per condensare questa oracolare verità in una efficace “immagine di pensiero” sottrae ancora una volta senza ritegno la metafora a Parise che, già nel 1975, nei suoi reportage da New York, parlava più o meno così della mutazione: “quelli che chiamiamo barbari sono una specie nuova, che ha le branchie dietro alle orecchie e ha deciso di vivere sottacqua”.
Nel supponente e ripetitivo discorso di piazza Santo Stefano, esattamente come nel volumetto edito da Fandango, è il palazzo imperiale di Google con i suoi milioni di links a fungere da emblema indiscutibile di mutazione. E la nota dominante di Baricco è, ancora una volta, l’euforia: “la mutazione è la fine delle mediazioni, ed è elettrizzante”: saltano le caste, evaporano gli intermediari mercantili, si dissolvono i critici letterari e i professori. Ma scompaiono anche i dirigenti d’azienda, i giornalisti, le guide turistiche e i preti. “Su e-bay puoi vendere la bici, l’auto, la moglie, su twitter le news girano da sole, e tutto questo è in sé liberatorio”. A dire il vero, tutta questa euforia sembra suscitare perplessità nel pubblico e lasciare di pietra lo stesso oratore, assai freddo nella mimica facciale, nel movimento oculare e nel timbro vocale. Perché ci sia da elettrizzarsi, infatti, non è dato sapere: il messaggio non passa per merito di un’argomentazione falsificabile o condivisibile ma grazie a un mix di sapienza oracolare e di brutale ricatto. Poiché tutti siamo nella metafisica della Grande Mutazione, non possiamo opporci a ciò che ci arriva addosso, che ci pervade, che è ignoto e che chiamiamo barbarie: se vogliamo vivere, dobbiamo sforzarci di considerarlo magnifico.
Una vignetta del grande Altan (ecco un vero “divulgatore”!) riassume e svuota esemplarmente la pochezza di questo assioma baricchiano: “E’ venuta l’ora di rivalutare la merda!” – dice un personaggio ‘rampante’ – “E quando mai è stata svalutata?” risponde Cipputi.
Tutto ciò che è accaduto di recente nel mondo ha cittadinanza per Baricco solo se assunto in questo schema euforico: la “primavera” araba, a esempio, è solo un riflesso dell’immaterialità di Google, della sua velocità e immediatezza. La pesantezza dei morti, il rumore degli spari, l’angoscia della disoccupazione, la tirannia del monetarismo, la democrazia umiliata a intrattenimento…Di tutto questo non c’è traccia alcuna nella meraviglia barbarica e nella elettrizzante fine delle mediazioni postulate da Baricco. Non c’è nemmeno, ovviamente, un briciolo di autocoscienza del proprio ruolo nel campo culturale, del fatto che chi parla è legittimato a farlo come mediatore, dunque come specie in estinzione, e che la stessa festa in cui ha preso la parola voleva essere un atto di mediazione culturale. Quanta mediazione nell’immediatezza! Quanta ideologia nella morte delle ideologie! “E sotto quella cera, senti il teschio” (Franco Fortini). L’argomentazione laica e democratica non doveva essere un connubio di retorica e prova? In Habermas, in Perelman in Ginzburg e già in Keynes? Qui, invece, e proprio come nei discorsi di Berlusconi, (un altro “grande comunicatore”!), si assiste al dominio assoluto della fiction, delle sequenze di asserzioni non disposte a essere smentite, del discorso inteso come puro spettacolo.
È legittimo a questo punto chiedersi: tutto ciò è di destra o di sinistra? Diciamo innanzitutto che è un imbroglio: è assenza di civile argomentazione, lamentata già da Leopardi. Ben esemplifica inoltre il penoso attardarsi di una parte della cultura italiana nelle mitologie del postmodernismo: un po’ come negli anni Settanta alcuni intellettuali erano in attesa di una “elettrizzante” rivoluzione maoista nel momento stesso in cui la Fiat riarticolava il lavoro e nella società prevalevano i ceti medi. Di certo, c’è solo il fatto che, nello spazio tragico spalancato davanti a noi, non c’è alcun futuro per Alessandro Baricco.
[Immagine: Alessandro Baricco, Lezione 21 (2008)].
Per aggiornare: Emanuele Coccia sul dibattito aperto da Baricco: https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2019/01/15/news/dibattito_e_lite-216600163
IL CANTORE DI UN’ILIADE CON FALSI DEI E CON FALSE DEE E UN’ODISSEA CON UN FALSO ULISSE E UNA FALSA PENELOPE …. *
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=== “È legittimo a questo punto chiedersi: tutto ciò è di destra o di sinistra? Diciamo innanzitutto che è un imbroglio: è assenza di civile argomentazione, lamentata già da Leopardi. Ben esemplifica inoltre il penoso attardarsi di una parte della cultura italiana nelle mitologie del postmodernismo (…)” ( Emanuele Zinato, 21 giugno 2012)===
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DALL’ILIADE ALL’ODISSEA: ALESSANDRO BARICCO, IL CIECO OMERO DEL “CAVALEONTICO” ULISSE DI ARCORE. Un omaggio critico [Il Dialogo, Mercoledì, 08 dicembre 2004 – https://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/filosofia/quantointeresse08122004.htm%5D *
Per “Dio” – quanto interesse, e quanto “entusiasmo”!!!
Ma di quale “Dio” tutti sono “pieni”?!
Un omaggio ad Alessandro Baricco e Leonard Boff
di Federico La Sala *
Oggi, e finalmente, abbiamo un’Iliade (quella riscritta da Baricco: bravissimo, ha colto perfettamente nel segno), all’altezza del nostro tempo e della nostra civiltà. Un’iliade senza più gli Dei e senza più le Dee: è proprio quella che dice bene di noi stessi e di noi stesse – quella del tempo che viviamo e che meritiamo, non quella dei Greci e dei Troiani.
Dice della nostra vita e del nostro tempo – di noi, vivi-morti o morti-vivi, senza nessuna più differenza e senza più senso alcuno. In un presente senza passato e senza futuro, abbiamo dimenticato tutto – e non sappiamo più né distinguere, né meravigliarci, e né interrogarci sulle parole che usiamo o meglio ci usano (e non solo le parole!). Tutti gli dei sono morti: c’è un solo dio – e tutto è fatto uguale a tutto, dalla teleologia e dalla teologia del dio-denaro e del dio-capitale. Ancora più di ieri, Marx ha miliardi e miliardi di ragioni: egli conosceva bene i greci ….. e anche Dante!
Gli antichi greci, quando parlavano del “dio” o degli “dei”, sapevano di chi parlavano ………
* Per continuare la lettura, mi sia lecito, si cfr. – http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=3971
Federico La Sala
” 14 marzo 1994 – Quella con il bel culo (e la brutta faccia) cerca notizie su Alessandro Baricco. Vadi in sala linguistica vadi. “.
@Emanuele Zinato.
Il ” terrore mite “… .gli ” infingimenti “… È già da molto che mi chiedo se ” socialdemocrazia ” non faccia rima con ” pornografia “. Sì, dobbiamo parlarne ancora, parlarne meglio. Dobbiamo parlare del cinema, en somme.
P.s. Naturalmente, ormai che ci siamo, sarà bene che parliamo anche della televisione. Per esempio, io, stasera, vedrò la puntata di Piazza Pulita dal tutolo: ” La stagione della caccia “. Si parlerà di Battisti, of course. Io, per intanto, ho ripensato a un diario. Lo scrissi trent’anni fa, diceva: ” Quanti piccioni, signora fava! “.
P..s. Già che ci siamo, sarà bene parlare anche della televisione. Per esempio, fra poco vedrò la puntata di Piazza Pulita dal titolo ” La stagione della caccia “, dedicata a Battisti, ovviamente. Io mi sono preparato rievocando un diario di trent’anni fa. Diceva: ” Quanti piccioni, signora fava! “.
Potrebbe essere che abbia già fatto questo commento, ma ho il pc in panne e sono un po’ in confusione. Sorry.
“ Giovedì 9 gennaio 2003 – Certo, se io non fossi un diarista da strapazzo – da strapazzare -, mi chiederei che cosa penso veramente di Baricco. Oppure, se si preferisce, che effetto mi fa. Diciamo che mi fa un effetto strano. Perché, nel momento in cui penso che quello che sto leggendo non è letteratura, nondimeno non so dire cos’è. È qualcosa d’altro, ma, di certo, qualcosa è – se no, non ci sarebbero quelli che dicono che gli piace. Se io non fossi un forumista [*] per caso, oppure se avessi vent’anni di meno, direi che bisogna riflettere sul fatto che Baricco è, innanzitutto, un musicologo, anzi un melodrammologo. Direi che bisogna pensare all’opera lirica, cioè a questa strana combinazione di musica, azione scenica e parole. Che si deve pensare al librettista, questa figura avventizia, questo « negro », questo ghost writer dell’impresa melodrammatica: che scrive, scrive, ma che cosa capisce, poi, chi lo sente? (E se scrivesse sapendo di non essere sentito?) Direi persino che bisogna spostarsi nel forum qui accanto, e chiedersi perché Tomasi di Lampedusa detestava Verdi, e, nell’occasione, interrogarsi sulla storia delle forme culturali in Italia – nientemeno -, e, per esempio, sul perché in Italia si continui a leggere poco, ma si insista ad andare parecchio al cinema – che il cinema è il fortunato erede dell’opera lirica credo che lo sappiano tutti. In ogni caso su di me un effetto-Baricco c’è stato: l’ho capito quando mi sono accorto che, replicando a certi miei critici, stavo citando certe vecchie arie d’opera fin troppo conosciute. Va bene rispondere per le rime, ma almeno fossero belle… “.
[*] Sì, c’è stato anche un tempo in cui partecipavo ai forum.
[Tanto per festeggiare il ritorno della connessione Internet]
“ 6 aprile 1994 – Ecco Baricco, il Luciobattisti della letteratura. “.
[Ho pensato che, ” dopo la fine “, non si può fare altro che ricominciare.
“ repetendo le volte “: “ Giovedì 1 maggio 1997 – Ora che Tornatore ha fatto sapere che farà un film da un testo di Baricco posso anche convincermi che ormai è stata inventata anche da noi la « letteratura da film » (cfr. « musica da film ») “.
” Mercoledì 7 aprile 1999 – Quando leggo che fra le lacrime di coccodrillo per la morte dell’editore Giulio Einaudi ci sono anche quelle di Alessandro Baricco, e che il suo coccodrillesco lacrimare consiste, innanzitutto, nel ricordare quel libro Einaudi che porta il titolo di Antologia di Spoon River, io, ricordando che quel libro piaceva tanto alla mamma, e a me invece no, considerando che in questa divergenza di opinioni « letterarie » da qualche tempo mi capita di pensare che si riassuma molto di quello che è accaduto fra mia madre e me, penso che ormai è venuto il tempo di decidere se il fatto che è andata come è andata – cioè malissimo – è colpa dell’Antologia di Spoon River, della mamma, dell’editore Einaudi, di Alessandro Baricco o solo mia, cioè di me. “.
“ Venerdì 10 gennaio 2003 – Io, poi, se dovessi dirla come mi viene, direi che la prima impressione che ho avuto leggendo Baricco, diversi anni fa – su una spiaggia, se ben mi ricordo – è stata che fosse falso. In che poi consista questa falsità non è facile dirlo: diciamo come di uno che fa anche bene quello che fa ma si capisce perfettamente che non lo sa fare. Uno che imita, anche con una certa destrezza, e molta buona volontà, ma, quando assisti alle sue performances, ti prende una specie di piccola nausea, un fastidio, un disagio, un imbarazzo pressoché intollerabile, una paura, in sostanza, molto vera. Come quando hai di fronte qualcuno che ti sta dicendo una balla, magari ti viene anche da ridere, ma non sempre. Ti viene – almeno: a me viene – una specie di prurito, di disgusto, non è un fatto morale, è qualcosa di fisico, di stomaco, di pelle. Potrebbe anche darsi che sia l’arte, cioè che l’arte faccia questo effetto, ma non è detto. Perché, certo, la falsità, in un certo senso, è consustanziale al fatto artistico, però una cosa è dire che questa non è una pipa, perché poi tutti, chi prima chi poi, capiscono che quello che voleva dire è che invece è un quadro, un’altra è trovarti di fronte a qualcosa che sei sicuro non è un libro, ma se non è un libro, che cos’è? Sarà un ultra-libro, un libroide, un post-libro, può anche essere che piaccia, e infatti piace. Come certe bevande. Come si dice in quel diario che dice: « 28 febbraio 1987 – Ho capito che la Coca Cola con le sue bollicine è una bevanda choc per i palati atrofizzati dall’industria alimentare. E’ un gusto sexy, un gusto eminentemente astratto, un gusto industriale. Nessun rapporto con la natura. Allusione alla cocaina. Il piccolo chimico. Estate tutto l’anno. Rapidità. L’effimero. Un post-bere. » Ci hanno fatto anche una canzone. “.
“ Sabato 11 gennaio 2003 – Nel 1958, quando Alessandro Baricco vide, come si usa dire, la luce, io facevo la quarta ginnasio… Ed ero molto contento. Non solo perché avevo cominciato il ginnasio, ma anche perché avevo ricevuto in regalo una magnifica Legnano Sport color verde cedrata con i cinque cerchi olimpici e il cambio Campagnolo. Non era la mia prima bicicletta, questo no. Tanta era la mia voglia di andarci che, qualche mese prima, avevo cominciato a farlo con quella della mamma, recuperandola dalla cantina dove era rimasta a impolverarsi per tutti gli anni della mia infanzia. La bicicletta della mamma era, ovviamente, una bicicletta da donna, cioè di quelle che non hanno la canna centrale diritta ma ricurva, per agevolare il movimento di gambe che si suppongono fasciate da una gonna, presumibilmente anche piuttosto lunga. Era una bicicletta neorealista, cioè costruita e acquistata nell’arco di tempo che va dalla promulgazione delle leggi razziali alla vittoria della Dc nelle elezioni del 18 aprile 1948, oppure, se si preferisce, dalla pubblicazione della Nausée di Jean Paul Sartre a quella del Doktor Faustus di Thomas Mann, oppure, se non si è contenti ancora, dalla seconda vittoria della Nazionale italiana nella Coppa Rimet di calcio alla sciagura aerea di Superga, e di conseguenza, usata, « pedalata », negli anni che precedettero ma soprattutto in quelli che seguirono la Seconda Guerra Mondiale (io, che ricordi, la mamma non ce l’avevo mai vista andarci sopra, ma avevo visto certe foto, di lei ciclista, con i capelli lunghi, e l’aria giovane, sorridente di è comunque contenta della vita). Era forse un’Atala, forse una Bianchi, era tutta nera, aveva le impugnature del manubrio di un bel giallo avorio, e, attaccata dietro al sellino – largo, morbido, rivestito di cuoio – una borsetta – di cuoio rigido – piena di tutti i piccoli utensili indispensabili al/alla ciclista per cavarsela nelle emergenze: una o forse due chiavi inglesi, un tubetto di mastice, una toppetta di gomma, e qualcos’altro che ora non ricordo. C’è anche da dire che andare in giro su una bicicletta da donna, per un uomo, non era, ai miei occhi, così disdicevole come si può pensare. Abitava infatti nel nostro vecchio palazzo, proprio sotto di noi, un vecchio signore che ci andava sempre… “.
“ Martedì 14 gennaio 2003 – Poi, mentre facevo la fila al supermercato, ho visto una giovane signora bionda che parlava al telefonino, uno di quelli nuovi, piccoli e molto carini. E ho pensato: però, che bell’oggettino… (il telefonino, s’intende). E poi ho pensato a Baricco, e mi sono detto: è un bell’oggettino anche lui. E poi ho pensato a Calvino, e ho pensato: quello che non aveva previsto è proprio questo, il « mare dell’oggettinità ». Mi è venuto da ridere e mi sono sentito quasi contento, nonostante la fila e la vita (grama) che faccio. Il « mare dell’oggettinità », « mare dell’oggettinità » mi ripetevo, come se avessi avuto paura di dimenticarmelo. “.
Etc. Etc.
“ Venerdì 10 gennaio 2003 – « Buongiorno a tutti, sono Adriana Barra – la sorella di quello lì. Vi dico solo questo: non statelo a sentire, è tutta invidia, biliosa, livida, malefica invidia. E poi, quanto fuma! E quanto sbadiglia! È ‘n’omme ‘e ‘mmierda, credete a me. Io glielo dico sempre: senti, va a scrivere un po’ il diario, così non rompi. E lui ci va, ma poi, ho visto, rompe le scatole a voi. In quanto a Baricco: io lo trovo stupendo e basta. Anche per fare un dispetto a Lui, quella piattola. Baci. » (Dal forum su Oceano mare) “.
Mi preme ricordare come il Baricco-pensiero sia omologo all’ideologia della “rottamazione” di Renzi ( che ha il suo rovescio, speculare, nell’altro Matteo, dal ghigno poliziesco che ora drena il disagio sociale) : non a caso nel 2014 il saggista dei “Barbari” è stato proposto come ministro della cultura. Il suo nuovo libro “The Game” narra l’euforica affermazione della tecnologia digitale, tracciando una mappa binaria destinata a separare i nostalgici dai coraggiosi, i nuovi apocalittici dai nuovi integrati. A rubricare, insomma, ciò che è destinato a vivere o viceversa a morire sulla scena culturale. La sua impostura leggera e liquida, scivola ancora sulla pura superficie e attrae nuovi consensi fra gli intellettuali a vocazione cinica (‘apoti’ e ‘nipotini di padre bresciani’) che si sentono minacciati dalla semplificazione ‘populista’ ma che, al contempo, hanno tanta paura di essere rubricati tra i “morti”…
Così, tanto per rincarare la dose: “ Mercoledì 18 ottobre 2017 – Quando vedo la fessura fra i denti di Oscar Farinetti capisco che siamo spacciati. Sembra niente, un piccolo spazio, un modesto vuoto, un pertugio, un buchetto, ma è quanto basta. Per finirci dentro, per non riuscire ad uscirne mai più. Eataly: e fummo tutti mangiati. “.