di Piero Salabè
[E’ appena uscito, per La Nave di Teseo, Il bel niente di Piero Salabè. Ne proponiamo alcuni testi].
il sesso gentile
per ingentilire
il sesso maschile
bisogna volgerlo
al femminile
diventare donna
perdere la misura
la propria iniziativa
lasciare ogni significato
volere essere solo
attraversato
avvolgere il gran
ricevimento
non sapere chi sta fuori
chi dentro
seminare il proprio abbandono
e dimenticare a ritroso
cambiare, cancellare il corso
e sfociare fra i monti
in un mare di fiori
*
Aquileia
bruciano già i canneti
brucia la pietra, brucia
l’Istria lontana
solo immaginata
in quel fuoco di luce bianca
nell’occhio sognante
grano orante
su pavimenti romani
di una terra già invasa
chiede abbandono
chiede perdono
che essere già
fiamma
giungere già in porto
non si addice
in vita
e cammini animoso
lungo il porto dei cipressi
dove le tombe
sono navi
pronte a salpare
per il luogo sicuro
dell’incertezza
*
uscire dall’animale
uscire dall’animale
deporre la pelle
gonfiabile, seccare
il liquido seminale
castrare le forme
a incastro
scaraventare gli oggetti
usati
ridurre la probabilità
dell’eccitazione
essere senza peso
né posizione
vino sogno poesia
disinnescare le frontiere
arrivare
*
ti tocco
ti tocco
per saperti
il dito ubriaco
ti disegna
a occhi chiusi
la mano
passa sul grano
ci sei, ci sei
la tua pelle
mi beve
un filamento
nel buio
cuce
la ferita
che torna
con la luce
in cui tu ricompari
irraggiungibile
*
arriva o non arriva?
arriva o non arriva?
lo squarcio nelle nuvole
di marzo – ancora –
può durare più d’un’ora
grazie alle litiganti –
la torreggiante, la minacciosa –
finché si sciolgono in altra cosa
non arriva l’ombra, la chiusa,
il ritiro – anche quest’altra fine
per cui ti eri preparato
ma il tempo che era sempre
sé stesso
che fa –
perché non cambia
adesso?
*
alles ist klar an diesem morgen*
alles ist klar
an diesem morgen
nichts bleibt im winterlicht
verborgen
licht und kahl und weit
ragen die bäume
und ohne fragen
wieso die wiese grünlich
auf eisigem grund
die nie verbrannte
nie überging
in anderes leben
wie die gefallenen
blätter
ob oberirdisch überhaupt
der wurf
der maulwürfe
lebendig
oder begraben
unter ihren schwarzen
hügeln
ob überirdisch nur
die blühenden dünen
im haltlosen traum
harrend
dein falsches fragen
denn alles ist klar und nackt
an diesem morgen
weit der wald
getreu der schatten
braun die knospe
ungesehen
das ungesehene
* Tutto è chiaro in questo mattino. tutto è chiaro / in questo mattino // niente resta / nascosto nella luce / invernale // tersi e spogli e alti / si stagliano gli alberi / e senza domande // perché il prato verdastro / sulla terra gelata / mai bruciata // non è mai passato / ad altra vita / come le foglie / cadute // se davvero tracima la terra / lo slancio / delle talpe / vive / o sepolte / sotto i loro cumuli / neri // o se solo le dune / in fiore la tracimano / ferme nel sogno / senza sostengo // domande sbagliate / perché tutto è limpido e nudo / in questo mattino // vasto il bosco / fedele all’ombra / bruno il bocciolo // non visibile / l’invisibile (N.d.A)
*
frase fatta
le parole
sono poco
più del nulla
ma anche il nulla
ricorda
è cosa fasulla
[Immagine: © David Jiménez, Diptych 95 (particolare), 2015].
Mi sembra una poesia tutta inscritta nel solco della tradizione lirica (temeraria dice Magris), con accenni in alcuni testi a una musicalità arcadica, tutto mirato all’insegna della leggerezza ma spezzata dalla presenza ricorrente di versicoli e frammentazione strofica molto vicina a quella ungarettiana, anche se con diversa impostazione della dizione. Sul sito dell’editore si fa riferimento a un’architettura poematica che qui è difficile carpire ma che evidentemente è fondamentale per una valutazione complessiva del lavoro, che si apprende essere un’opera prima dal sito dell’editore . Personalmente ho apprezzato soprattutto “uscire dall’animale” dove riscontro una cifra stilistica più personale dal linguaggio più netto e asciutto, meno classicistico e più contemporaneo.
“ 24 agosto 1985 – In quella settimana d’estate lo notò anche lei la collaboratrice domestica i tramonti erano strepitosi. Ogni sera si replicava il vistavision in rosso viola arancio e nero questo per dire solo dei colori fondamentali. Con una intensità purezza assoluta fragranza del tutto inedita almeno a memoria nostra. Fuori dalla finestra si accendeva lo sfarzo di quei pochi minuti di sunset in un crescendo di opulenza cromatica. Non era necessario stare in attesa dell’ora fatale come in mancanza di altre attrattive o per antica abitudine di sedentari. Lo spettacolo divampava puntuale scuotendo l’occhio più pigro e disilluso. Era un gesto provocatorio del giorno che voleva morire così autorevolmente in sfida ai tramonti dipinti o cinematografati. Era ancora capace di stupire con mezzi propri il vecchio cielo che pur si sapeva visto e rivisto. Di sera in sera insisteva il King Kong paesaggistico cercando l’applauso o l’oooh di meraviglia. Fu per questo che decisi di fotografarlo non senza l’impressione di esercitare un’offesa al gran vecchio ma sospettando anche che gli avrebbe fatto piacere. Opportunamente appostato scattai e scattai vincendo il pudore. Ma resta da spiegare perché non conclusi un bel niente. Il rollino non aveva agganciato. L’empio gesto fallito. Avevo scattato trentasei volte a vuoto. “.