di Stefano Pini
[E’ da poco uscito per Interlinea, nella collana Lyra giovani diretta da Franco Buffoni, Mandato a memoria, il secondo libro di versi di Stefano Pini. Ne proponiamo alcune poesie].
Treviglio, via Milano
Era da queste parti
dove dicevi che sono nato,
la piega dei fogli che ho letto e gli steli
del grano d’estate, la terra
dove poggiavo e adesso guardo: il giorno
era a più distanze, ricordo
la luce rotta di chi adesso, labirinto
tra i campi è uomo.
Le mura sono cresciute senza germogli
attorno la pioggia che porta per mano
fino alla carta, dove s’impara il seme
e che questa è una casa so scriverlo,
un amore dove la radice arrampica.
Una pianura, quanta fatica per tornare qui.
*
Milano, via Ippocrate
Dove si tagliano i prati
accadevano seconde e terze vite,
orbite scese da altezze sterminate.
«Lì correvano i matti»
ma non è questa la storia sotto gli archi
del nosocomio, ora non è l’ora dei tabulati.
Il verde è alto dov’era la fossa delle preghiere.
Non è oggi che cadremo al confine:
abbiamo siglato una tregua, il permesso
per le stagioni e un sabato.
Stesi qui si preme l’erba,
ogni corsa dovrebbe essere muta
tra i rami, non eludere, non sapere.
*
Mozzanica, Strada Statale 11
a mia madre
Rivedi il solaio disegnato dai ragni
tele che tracciavano le estati,
sorprese divelte, riparate in poche settimane.
La grazia è passata di qui
nella corteccia del leccio, nella locanda
con il distributore; è accaduto
l’amore prima delle sbucciature
e nuovi amori, quando il silenzio
era paradigma della sera e io
non tenevo la tua mano, questo tempo
di cui non c’è più niente.
*
dalla sezione I giorni dell’incontro
Sulla curva del ramo a Natale
ridiamo dei dispersi,
nelle giubbe le ossa da irrobustire,
le fronti senza una traccia.
Avremo il segno, sempre l’acqua
della Sprea fino ai polsi, il rumore
che si fa schiuma, l’età raccolta
al di là del muro.
*
Le ore contate, regalate alla veglia
fanno muschio nelle crepe di gennaio.
Stretti alle lenzuola,
si allungano gli avambracci: nel sonno
atteso, nella promessa irrealizzabile
abbiamo imparato a essere
seri e precipitare, nella notte di tempesta
a rispettarne la leggerezza.
*
dalla sezione Le ore di mezzo
Si rincorre il crinale della Linea
Rossa per vedere un grumo di giorni
sbattere, l’ora che cerca un’uscita.
È una stagione di trattative
con le terapie che avanzano
sul pomeriggio: dobbiamo imparare il velo,
la forma impronunciabile, chiamare
le cose con il loro nome.
*
Luccica l’emocromo nel mattino,
l’osso non sorregge abbastanza
la coperta. Dove ieri parlava una pietra
rossa con la scanalatura,
si stende l’alzheimer, una tela
dispersa negli anni, un’alleanza
esausta.
E non c’è più l’immagine del fieno
con la sua fame piccola, le armi
pronte per la guerra, i primi rotocalchi.
Non più il paese, la tabaccheria.
Il corridoio d’ospedale
dizionario di una vita secondaria.
*
dalla sezione La ripetizione guidata
Esploriamo rombi di pelle
i solchi e la furia che si posa.
Il confine raccoglie una tensione fredda
come non fossimo noi
armati per colpire la ripetizione,
i fianchi in cui tutto
il mattino muore: saracinesche abbassate
appunti raccolti, imparare e imparare ancora,
chiedere una scusa.
*
da Polaroid
Premono i pesi sul petto,
le ore sulla sera e noi a frugare
lavori che non esistono più,
un tempo del tempo per cui siamo
qui tra le cime e i fontanili. Ci sono
camicie e anelli e denti a ciascuna finestra
i ritorni di chi ha stretto un patto
con i corpi e le fabbriche.
Quello per cui restiamo
e rimane dopo di noi.
*
[Immagine: Luisa Lambri, Untitled (100 Untitled Works in Mill Aluminum, 1982-1986, #03), 2012, Laserchrome print].
Mi pare proprio che siamo tornati indietro di 110 anni… sono versi alla Esenin.
a. s.
Non è tanto il tornare indietro. Ma come si fa ad essere così apertamente poco originali, così non se stessi. leggere queste poesie e leggerne altre non vi è differenza
E’ sempre difficile, se non pericoloso, parlare di originalità e autenticità in poesia (è un po’ come fare il processo alle intenzioni dell’autore). Credo che abbia senso analizzare la riuscita tecnica, l’efficacia, l’espressività della materia poetica. Può essere che questi testi si riconducano a una tradizione identificabile o a una linea poetica già ampiamente praticata nella scrittura contemporanea, ma personalmente reputo questa prova poetica valida, condotta con misura e rigore ben individuabili nelle poesie proposte, e mi sento più portato a incoraggiare l’autore, Stefano Pini, nella sua ricerca, certo inevitabilmente imperfetta, ma come lo è per ogni scrittura, per ogni autore.