di Demetrio Marra
[E’ uscito da poco per Interno Poesia Riproduzioni in scala, di Demetrio Marra, con una prefazione di Flavio Santi. Presentiamo alcuni testi].
Da Siano A e B
I
Allo specchio delle tre lampadine dell’anticamera
da bagno come nei pub sistemo il colletto
indosso per il part-time che ci vuole decoro ma
vorrei denudarmi e correre come un toro
impazzito, con fare tracotante nel cortile
di una casa vecchia, con inquilini del comitato
no-movida di Pavia, o di un Liceo Classico
o nel campetto sistemato di una chiesa, nel cortile
dell’Università, sciogliere con potentissimo
acido i mantelli alle statue, strappando
i manifesti, imbrattando le lapidi, lasciando
in un angolo i miei parametri e chiamare rivoluzione ma ho
l’influenza, troppo debole – un tachifludec
al limone ma fa schifo, vorrei sputarlo
e inondare la città, guarire alla piazza
il raffreddore lasciando fuori l’aristocrazia
che non si bagna i piedi negli attici, sui balconi
a salutarci come formichine o formichieri, una funzione
vale l’altra purché se la cantino e se la suonino,
nei locali, ci facciano dormire, pagare le tasse
e non pagarle, avviare i negozi e chiuderli,
riciclare, gonfiare i costi, aprire catene
di ristoranti col menù ridotto studenti, incluso caffè
*
VII
Nel diavolo, probabilmente
e sulla schiena delle donne, sul seno,
sulle labbra, ci si salva: nella poesia
debosciata e nel metro, eventualmente;
sui treni, sugli aerei anche se precipitano,
nelle macchine anche se investono,
nelle strade e sui marciapiedi
ma chi si salva davvero se qui fra
l’abbraccio delle scrivanie come la pressa
che accalora le bestie sono bloccato.
*
Da Fatti diversi
Posto 51 e 52. Italotreno
Mi vede mangiare patatine in sacchetto,
si stanca. Stava leggendo della famiglia
Bilderberg.
………………..Io sfoglio Ottiero
Ottieri con la mano pulita.
……………………………………..Posa
il libro e trae dal posto bagagli
un sottovuoto di bresaola.
La mangia schitta, disseziona le fila:
«s’apre il deserto dei fichidindia».
*
Mitologie
Non finisco i libri, ogni tanto, è il mio
inconfessabile, su Marte come
dischi volanti compiranno
certamente tutti i gesti di una determinata
loro altezza, su Marte che è
la Terra stessa, ovviamente. Nemmeno
Sebald, Ottieri, Barthes. Non ho letto
tutto Caproni, non ho il fisico
da lottatore che serve, né polpacci da ballerina.
Più Raboni, in realtà, come prima, di quando
sono dove non sono mai stato –
dietro le edizioni obsolete, gli esami,
gli articoli da correggere, i pasti
da non saltare, la zona celeste dei miei pigiami
e del mio foraggio, ultimamente
sveglio in mezzo leggere
Guido ma quell’incipit: dovrei farmi
forza e andare avanti. In rapporto tra
male e rimedio come strattona
Il giorno che l’avrebbero ucciso,
Santiago, miti d’oggi! Molto diverso da caso
a caso, mi spiego: riappendo
poster, oggi, sono da mesi giorni interi
a terra, caduti: lo scotch perde aderenza –
sia una metafora nuova per la
camera tutta lì, imbellettata, ovvio. Gli angoli
di un calendario si piegano, il legno delle sedie
fuori posto. La lavatrice in potenza, dispersa
in terra e la busta dei bianchi, l’angolo
a valanga sul pavimento.
……………………………………Con tutto questo
sto prendendo tempo. È un assedio,
qualcosa complotta alle spalle. Il lampadario emette
luce a intermittenza al centro della camera. Anche questo
– di cosa, poi – è metafora. Sul trasparente
dell’armadio e sullo specchio due incandescenze;
per cosa lente accensioni, altrettante, per cosa
si esaurisce il filamento, nessuna efficienza
luminosa sulle tre gocce dell’anticamera da bagno.
*
Da E come in specchio
La questione è una: non ho idee / che sbalzino fuori come formiche / rosse dal terriccio – raccontare una storia non serve a niente. Ho ucciso / centinaia di possibilità per questa / mania della scrittura. Cosa / dirà mio padre / e mia madre poi / del fatto che non ci sarà una casa / per me, qualcosa di mio / riservato. Mi daranno del profeta / e mi sosterranno / anche nella mendicanza – mio padre indossa le polo che io non indosso più perché mi fanno il profilo di un vaso bombato e lui che ha qualche contrafforte in più le slarga per connettersi o per provarsi a me. Mia madre mi ricetta le motivazioni psicologiche da esporre a difesa dei testi / ma io ho solo testi / difettosi. E lei col suo solo polmone mi cerca i congeniti come scan a infrarossi. // I nei che ho sulla pelle / l’ha fatti controllare da / una dermatologa di Messina / col Parkinson. / Mi ha detto in faccia che / sulla testa non c’è che fare / alopecia androgenetica – le sudavano le mani quando ci siamo dati commiato. Sul traghetto di ritorno / mi sono sporcato / la manica con il ragù / dell’arancino.
L’esordio di Marra è forse un po’ confusionario, ma certamente convincente. La lingua è solida e lo stile pure, in più ha il merito dell’essere interessante, con una prospettiva lirica mai centripeta, sempre estroflessa e luminosa. Approvato!