di Marco Nicastro

 

Alcune settimane fa, esattamente martedì 1 ottobre 2019, l’ex ministro Matteo Salvini è stato ospite della nota trasmissione di approfondimento politico Otto e mezzo condotta da Lilli Gruber. Nella mezz’ora del programma, è stato possibile assistere ad una serie di inesattezze e incongruenze nelle dichiarazioni del leader della Lega che non saranno di certo sfuggite ad un ascoltatore attento, e che fanno parte purtroppo del modo di argomentare di molti uomini politici del nostro Paese, tra i quali ultimamente spicca, per motivi di pura visibilità acquisita, appunto Matteo Salvini. Il leader della Lega infatti, come tutti gli uomini politici che vogliono parlare alla “pancia della gente”, deve condire le proprie argomentazioni con slogan, affermazioni generiche e dichiarazioni che mirano a stimolare soprattutto le reazioni emotive (cioè irrazionali) di chi ascolta. Cercherò di soffermarmi qui su alcuni di questi irritanti aspetti retorici emersi nel corso di questa recente intervista, aspetti che si possono comunque estendere ad altre uscite più o meno estemporanee del politico.

 

Dopo circa due minuti dall’inizio della trasmissione, presentati gli ospiti (partecipava al dibattito il giornalista del Corriere Massimo Franco), la Gruber chiede un parere a Salvini sulle nuove misure allo studio del governo per combattere l’evasione fiscale. Il leader della Lega chiarisce subito che “l’unico modo per abbattere questo fenomeno, io sono convinto ma la storia del mondo mi dà ragione, è abbassare le tasse”. Questo è un punto interessante, non nuovo certo, visto che lo ripeteva spesso anche Berlusconi. La convinzione sarebbe basata sull’idea che gli italiani siano a prescindere persone oneste e che sia lo Stato, con la sua eccessiva pressione fiscale, a indurre i cittadini a non pagare le tasse. La cosa singolare è che Salvini chiama in causa addirittura la storia del mondo (non c’è un po’ di grandiosità nel generalizzare i propri ragionamenti al mondo intero?), attuando in modo indebito la strategia retorica dell‘ipse dixit (o argomento d’autorità), sostenendo un’argomentazione citando una fonte non verificata. Si tratta però appunto di un tentativo del tutto arbitrario: non solo Salvini cita una fonte molto generica (“La storia del mondo”), ma non si è preso nemmeno la briga di trovare qualche appiglio per la sua affermazione. Tra le altre cose, proprio la storia da lui citata, in particolare la nostra, sembra dimostrare altro: da quando l’Italia è nata come nazione, gli italiani hanno fatto molta fatica ad adeguarsi a certe norme sociali e civili, tra cui anche quella del pagamento delle imposte. Un problema, quest’ultimo, sentito come particolarmente rilevante fin dai tempi dei governi Giolitti. Il non pagare le tasse, come anche altre forme di scarsa adesione a norme di civiltà, è infatti innanzitutto un problema culturale, di mentalità di un popolo.

 

In secondo luogo, il modo in cui Salvini pensa di abbassarle, cioè di fissare trasversalmente un tetto del 15%, oltre che incompatibile con la gradualità nell’imposizione fiscale prevista dalla nostra Costituzione, è tale anche con uno stato sociale così come oggi lo conosciamo e apprezziamo in Europa. Nessuno dei Paesi che ha un regime fiscale come quello che vorrebbe Salvini (ad esempio la sua tanto amata Russia) ha un servizio sanitario, sociale e d’istruzione minimamente paragonabile per qualità e universalità a quello di un moderno Stato europeo. Non sarebbe possibile mantenerlo con una tassazione così bassa anche se molte più persone pagassero le tasse. Tra parentesi, come ha messo bene in evidenza un bel servizio della trasmissione Report del 2018 (che immagino Salvini non abbia visto), con la Flat tax a guadagnarci sono soprattutto i più ricchi. In diversi Stati americani in cui era vigente tale regime fiscale, gli imprenditori che ne fruivano per la maggior parte non reinvestivano i maggiori profitti derivanti dalla bassa tassazione, ma li accumulavano per accrescere il proprio patrimonio personale, non generando quindi una maggiore e più diffusa ricchezza (ad esempio con un ammodernamento delle loro imprese o con un loro ampliamento e quindi creando nuova occupazione). Una piccola prova, se vogliamo, del fatto che il liberismo con poche regole è l’istituzionalizzazione, in campo economico, dell’avidità dell’uomo.

 

Poco dopo Salvini svia una domanda sull’iniziativa del Governo di favorire l’uso dei pagamenti elettronici per contrastare meglio l’evasione in un modo raffazzonato ma diffuso anche questo: prima paventando lo spauracchio dell’obbligatorietà dell’uso del bancomat anche per far la spesa ai supermercati per chi, come gli anziani, non è molto avvezzo all’uso dei pagamenti elettronici (una modalità retorica detta ad metum, cioè sostenuta non con la logica ma con la forza della paura da suscitare nell’ascoltatore). Addirittura Salvini afferma che molte persone preferirebbero mettere i soldi da spendere “sotto al materasso” pur di non usare il bancomat, per poi chiudere l’argomentazione con “sarebbe l’ennesima stangata ai consumi”. Secondo il ragionamento del nostro politico, è possibile che molti anziani, invece che impratichirsi con l’uso del bancomat, non farebbero più la spesa al supermercato e preferirebbero conservare i propri contanti (rischiando di morir di fame?) pur di non pagare col bancomat e fare un dispetto al Governo. Salvini non prosegue oltre dopo questa dimostrazione di coerenza logica e dirotta improvvisamente il discorso sul tema dell’immigrazione, il suo vero, eterno cavallo di battaglia nei momenti di difficoltà.

 

Nella seconda parte del programma la discussione si fa più confusa per i continui salti da un argomento all’altro. In questo andamento concitato Massimo Franco prova timidamente a far presente a Salvini che il Governo attuale, da lui tanto criticato, sia in carica proprio a causa di una sua scelta troppo avventata. Ecco allora che il leader della Lega tira fuori dal cilindro il problema dei continui “no” dei 5Stelle a partire dalle elezioni europee, insinuando fossero dovuti alla loro sonante sconfitta elettorale, quando invece può essere ben vero il contrario, e Franco glielo fa anche notare, ossia che proprio a causa della sonante vittoria della Lega a quelle stesse elezioni sia stato proprio lui a pensare di poter concludere anzitempo l’esperienza governativa. Salvini su questo punto divaga, rumoreggia, sostiene che lui non ha previsto l’ostracismo del vecchio alleato di governo perché in fondo è fatto così, si fida delle persone con cui lavora fino a prova contraria (qui si tratta di un altro scherzetto retorico, il procedimento ad misericordiam, ossia cerca di rabbonire l’interlocutore provando a suscitare compassione evocando una presunta ingenuità o bontà d’animo).

 

Elencando i vari no dei 5Stelle, parla di quello alla Flat tax, ma non spiega, impegnato com’è a sciorinare slogan e provvedimenti che stando al governo avrebbe fatto, come proprio quella misura non avrebbe mai potuto essere attuata con la nuova finanziaria, sia per la mancanza di fondi (data la necessità di trovare immediatamente 23 miliardi solo per disinnescare l’aumento dell’Iva) sia per la flessibilità che forse ci avrebbe concesso la Commissione europea, ben più ridotta dei 14 miliardi di cui invece ha fruito l’attuale Governo grazie al sostanzioso calo dello spread e alla percezione di una maggiore credibilità e affidabilità del nuovo esecutivo da parte dei mercati. È più che lecito quindi pensare che la caduta del precedente governo sia stato un maldestro tentativo da parte di Salvini di evitare questo problema (dopo un anno di proclami quasi quotidiani sulla Flat tax), proprio come di solito fa con le domande puntuali gli vengono poste.

 

Verso la fine del programma la danza di Salvini, che passa con notevole nonchalance da una domanda all’altra di una Gruber sempre più infastidita da quello svicolare continuo e che lo provoca accennando, mentre scorrono già i titoli di coda, ai suoi comizi balneari di quest’estate, si conclude con la sua rivendicazione della scelta di fare proclami e comizi da ministro anche in spiaggia, anche in costume. La conduttrice prova a fargli notare quanto sia importante per chi ricopre un incarico istituzionale curare anche una certa immagine di sé; ma niente, Salvini non ci sente su questo fatto e anzi afferma sorridente che lo rifarà non appena tornerà ministro.

 

Ora, i procedimenti retorici qui evidenziati non sono tipici solo dei discorsi di Salvini o di qualche altro politico, ma si ritrovano nei discorsi di tutti noi, anche involontariamente, specie quando vogliamo dare una maggiore forza persuasiva a quanto affermiamo. L’aspetto però veramente preoccupante di quanto avviene in Salvini è la quantità di salti logici, incongruenze e inesattezze grossolane presenti nei suoi discorsi (come evidente in questa puntata di Otto e mezzo), cosa che testimonia una grande debolezza logico-argomentativa e una impressionante povertà culturale che non permette ai suoi ragionamenti di fondarsi su basi più solide, di andare oltre un elenco di slogan e affermazioni semplicistiche. Tuttavia, se possibile, l’aspetto più preoccupante del suo modo di essere uomo politico è un altro; ovvero l’assoluta refrattarietà a calarsi adeguatamente nel ruolo istituzionale che può ricoprire, ritenendo che essere ministro della Repubblica non comporti oneri e limiti di comportamento aggiuntivi rispetto a un cittadino qualunque. Si tratta di un’incapacità che sfocia inevitabilmente in un comportamento contrario a quanto stabilisce la nostra Costituzione all’articolo 54: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. La disciplina è la capacità di regolare il proprio comportamento entro determinate norme ritenute importanti in un certo contesto; l’onore è la reputazione che un individuo ha presso gli altri membri della sua comunità d’appartenenza, il valore della sua immagine sociale.

 

Le regole della nostra comunità civile, sancite dalla Costituzione, impedirebbero quindi ad un funzionario pubblico e ad un parlamentare (ancor di più se ministro) di assumere in società certi atteggiamenti quando questi potrebbero compromettere agli occhi dei cittadini la sua immagine di uomo delle istituzioni, il suo onore di uomo delle istituzioni. È evidente che fare comizi e proclami in costume davanti ad un mojito può essere uno di questi comportamenti (non il solo, per Salvini; basti pensare ad altri annunci fatti da ministro su facebook). Non certo per il comune cittadino Salvini, ma per il cittadino Salvini in quanto ministro sì; perché in quelle vesti egli non è più una persona qualunque, purtroppo per lui, ma un alto rappresentante dello Stato, col dovere, tra le altre cose, di rappresentare tutti i cittadini, anche chi non lo ha eletto e che potrebbe non tollerare, a differenza magari di un sostenitore della lega, certi atteggiamenti. In un comportamento del genere non c’è disciplina e non c’è onore perché esso non rispetta alcune indicazioni costituzionali e perché può dare scandalo, può risultare offensivo per alcuni, incrinando la reputazione di un ministro agli occhi almeno di una parte dei cittadini. Del resto l’ex ministro non è nuovo ad atteggiamenti indisciplinati: si pensi anche alla richiesta pubblica di “pieni poteri” fatta agli italiani poco dopo la caduta del suo governo, pensando di scavalcare, per sua sola volontà, l’iter costituzionale previsto in questi casi. Tutto ciò, si badi bene, non è pericoloso solo per un mancato rispetto di norme e leggi vigenti da parte di una figura istituzionale di rilievo, ma anche per l’esempio deleterio che essa dà in tal senso ai cittadini (e quindi per il suo potere diseducativo), vista anche la sovraesposizione mediatica che ha segnato l’esperienza politica di Salvini specie negli ultimi anni. Gli studi sociologici hanno infatti da decenni evidenziato la capacità dei media di condizionamento delle persone con la proposta di valori e modelli di comportamento, specie di coloro che sono meno attrezzati da un punto di vista culturale o che si trovano in condizioni di fragilità psicologica ed esistenziale, condizione che, in periodi di crisi socioeconomica e culturale come questo, può riguardare una quota numericamente consistente di persone. Quindi, le conseguenze a livello sociale della proposta di determinati modelli di comportamento e modalità di ragionamento sui problemi da parte di uomini delle istituzioni attraverso i media può essere, a medio e lungo termine, particolarmente critica per la tenuta di una società democratica come oggi la intendiamo (e come la intende la nostra Costituzione).

 

L’incapacità sopra evidenziata di difendere logicamente le proprie idee politiche se non attraverso le proprie egocentriche impressioni; la tendenza a semplificare continuamente le questioni più complesse, snaturandole quindi e poi cercando il consenso dei cittadini facendo appello ai loro aspetti più irrazionali e alla loro emotività; l’indifferenza (o ignoranza) verso i dettami della nostra Costituzione e la difficoltà a cogliere la differenza tra ruolo di privato cittadino e ruolo di uomo delle istituzioni rappresentano nel loro insieme l’ombra più scura che si stende sul futuro, forse prossimo, del nostro Paese.

11 thoughts on “Silenzio, parla Salvini (e muore la logica)

  1. Infatti, per queste ragioni questo politico fa Paura.
    Mi piace ricordare di questa analisi , molto bella – ma mi sento di parte – i punti di principali su cui si articola l’inconsistente retorica del politico:
    – ipse dixit (o argomento d’autorità): in cui si sostiene un’argomentazione “enorme” citando una fonte non verificata, vedi “La storia del mondo”;
    – ad metum: cioè un’argomentazione sostenuta non con la logica ma con la forza della paura da suscitare nell’ascoltatore;
    – ad misericordiam: il procedimento che cerca di rabbonire l’interlocutore provando a suscitare compassione evocando una presunta ingenuità o bontà d’animo;
    Su queste tre modalità di parlare (retorica) si basano i suoi discorsi, che sentiamo pronunciare come un mantra, tutti i giorni.

  2. Violenza nell’argomentare, arroganza, incapacità di ascolto, assoluta ignoranza ed esaltazione di questa (qualcuno mi spieghi perchè una persona: che ha la patente e/o va a caccia, fa spesa in un supermercato, si barcamena fra le tariffe telefoniche e di altri servizi, legge i Twitter o accede a facebook, non sappia usare il bancomat e addirittura ne abbia timore, pur essendo uno strumento che lo difende [ il bancomat si blocca e ha un tetto, oltre che un pin; i soldi, tutti quelli nel portafoglio o tenuti nel materasso, una volta rubati…] – BOH?)
    Insomma il “politico” oggetto di questo interessante e profondo articolo, ahimè, possiede una retorica molto, troppo (!) simile a quella di chi, nella prima metà del novecento ha “garantito” 20 anni di dittatura (meno in Germania), la più sanguinosa guerra e il più grande genocicidio che si conosca.
    Temo che, lo stesso, abbia anche i medesimi obiettivi e “valori”, vedi il caso della Senatrice Segre, ecc.
    Tutto ciò, a me, come a Salvatore del precedente commento, FA MOLTA PAURA! Anche se non credo che gli italiani, dopo il primo (molto viscerale) entusiasmo, lo seguiranno per molto tempo.

  3. Buona analisi del fenomeno Salvini, che del resto conosciamo ahimè abbastanza bene da tempo.
    Solo un appunto, però: lo “spauracchio” del bancomat è meno irrazionale di quanto possa sembrare. A parte questa ipertecnologizzazione che ci sta quasi mettendo in una prigione senza celle (una volta o l’altra ci sarà bisogno dell’applicazione e della password anche per tirare lo sciacquone del gabinetto?) , alcuni clienti hanno già protestato qua è la in Italia per il fatto che il caffé pagato col bancomat costa magicamente il triplo. Tra queste trovate e il costo dei conti in banca, il materasso, anzi la feritoia dietro la mattonella , resteranno sempre il miglior metodo.

  4. Incredibile articolo antifrastico! Solo pochi esempi: “La convinzione sarebbe basata sull’idea che gli italiani siano a prescindere persone oneste e che sia lo Stato, con la sua eccessiva pressione fiscale, a indurre i cittadini a non pagare le tasse” mentre, è risaputo, nella retorica di “onestà onestà” che l’italiano è disonesto, e che il cittadino (per esempio gli stipendiati con la ritenuta alla fonte) non paga le tasse.
    Idem come sopra per : “gli italiani hanno fatto molta fatica ad adeguarsi a certe norme sociali e civili, tra cui anche quella del pagamento delle imposte”.
    Sulla cessazione dal governo l’argomento è il solito: Salvini non ha ceduto perchè NON avrebbe potuto impostare la finanziaria come pensava, ma per sfuggire alla finanziaria come infatti eseguita da governo attuale .
    L'”onore” si misura sul costume da bagno (le “mutande”) und so weiter.
    Siccome Salvini – che probabilmente io non voterò – ha però una consistente porzione dei voti possibili, attaccarlo in questo modo… moralista e cieco, a chi serve? Alle proprie anime belle di bianchi agnelli destinati al macello? Temo di sì.

  5. Entusiasta al pensiero che l’analisi argomentativa del dibattito politico trovi ampio spazio in un blog di letteratura e realtà, mi aspettavo un piacere particolare dall’analisi del testo su Salvini.
    Ma mi è rimasto un retrogusto amaro in bocca, come tutte le volte in cui la logica viene difesa con un secondo fine.
    Eh sì, alla logica si possono far dire tante cose: nel lontano 2005 in un articolo di Colombo sul Corsera la logica era usata a supporto del rifiuto della diagnosi preimpianto: “L’embrione è vita per logica, non per fede”.
    Per Marco Nicostra Salvini, con il suo stile ricco di argomenti che fanno appello alle emozioni, va contro la logica.
    E invece con la logica si fanno anche le fallacie di Salvini, perché le fallacie sono strumenti retorici nient’affatto primitivi o sintomo di incultura (a volte mi chiedo chi gli scrive i discorsi e qualche twitter).
    Per Bentham (nel lontano 1824) erano una parte importante del discorso politico. L’urgenza non era rimuoverle o bandirle in nome di una crociata moralizzante, ma riconoscerle e interpretarle, per esempio individuando le fallacie tipiche di chi sta al potere e quelle tipiche di chi al potere vorrebbe andarci (o tornarci).
    Ricercare gli errori di ragionamento nel dibattito politico dovrebbe servire a chiedere ragioni migliori e non a fare a nostra volta delle fallacie. Se la logica morisse davvero quando facciamo una fallacia, allora Marco Nicastro le avrebbe assestato un altro colpo mortale, usando la logica stessa come base di un argomento “ad hominem”, che mira ad attaccare la persona anziché la tesi: Salvini è illogico e dunque inaffidabile come politico.
    Dell’articolo ricorderemo perciò l’analisi puntuale degli schemi di argomento usati (per autorità, ad metum, ad misericordiam), precisando magari che solo gli ultimi due sono propriamente degli appelli alle emozioni, mentre l’argomento per autorità fallisce in genere quando la fonte dell’autorità non è giudicata sufficiente o rilevante. E chiederemo altre ragioni al nostro autore, oltre all’ad hominem.
    Perché è tanto più urgente intervenire non contro Salvini ma in risposta a Salvini facendo domande e domande e domande. Senza accontentarsi di argomenti che sono logicamente deboli e senza rispondere con argomenti non molto più forti.
    E se ci dicessero: “I politici sono fallaci? Non ascoltateli”, risponderemo da cittadini: “Abbiamo diritto ad ascoltarli, i nostri politici, e ad essere trattati meglio: dateci subito un argomento migliore. Per chi ci avete preso?”

  6. Ecco, leggendo Nicastro mi sono ricordato di aver letto qualcosa di Ernst Bloch a proposito di propaganda rivolta alla pancia e propaganda rivolta alla mente (o espressa *logicamente*). Ne trovo traccia su CARMILLA, da cui incollo uno stralcio:
    *
    C’è dunque una responsabilità soggettiva dei marxisti volgari che hanno sottoalimentato la fantasia delle masse, hanno trascurato il mondo dell’immaginazione, non hanno montato “la guardia nelle regioni del primitivo e dell’utopia, proprio laddove i nazisti attingono il loro potere di seduzione”.
    Per questo motivo c’è una differenza tra la propaganda nazista e quella comunista a tutto vantaggio della prima. “I nazisti parlano una lingua ingannatrice, ma a degli uomini, i comunisti parlano una lingua totalmente vera, ma che riguarda soltanto le cose”, utilizzando una propaganda “fredda, pedante, esclusivamente imperniata sul momento economico” incapace di “contrapporre al mito… [una] contropartita che sappia trasformare gli inizi mitici in inizi reali, i sogni dionisiaci in sogni rivoluzionari”.
    Bloch vuole quindi un ampliamento della prospettiva da parte del marxismo. Altrove parlerà di una “corrente calda” che caratterizza il marxismo tanto quanto la sua “corrente fredda”. Occorre allargare l’orizzonte per comprendere il non contemporaneo, le peculiari contraddizioni che esso pone, il suo rapporto con la contraddizione contemporanea.
    *
    ( da https://www.carmillaonline.com/2016/01/22/bloch/)

  7. In realtà, la UE è il motivo principe per cui il centro destra aveva elaborato questa maniera di compiacere il capitale italiano \ straniero per non farselo scappare. Ovvero, la UE, sollecita e pretende che il capitale si sposti sempre di paese in paese alla ricerca di un fisco che sia il più basso possibile.

    Perciò, se la risposta della Lega consiste nel salvaguardare e trattenere questo capitale in Italia piuttosto che farselo scappare all’estero, violando ovviamente i principi costituzionali delle imposte progressive, difendere l’Europa significa legittimare il dumping fiscale, violando, esattamente allo stesso modo, la Costituzione.

    Se la risposta del centro destra è liberista e a favore del grande capitale, la risposta del centro sinistra è falsa e egualmente liberista a favore del grande capitale. E questo a prescindere dal fatto se Salvini sia rozzo, oppure ce l’abbia contro gli immigrati. Perché se la sua logica è contraddittoria la vostra ha veramente poco da invidiargli.

    State attenti a dare tutta questa attenzione al fenomeno televisivo Salvini: un altro cialtrone che però non sfiora minimamente il problema in cui è sprofondata l’Italia, perché avete già perso 20 anni a rincorrere Berlusconi.

  8. Salvini non fa che portare alle estreme conseguenza una caratteristica che le discussioni “democratiche” hanno avuto fin dalle origini, nell’Atene del IV secolo AC. Rendere “forte il discorso debole” era lo scopo di buona parte della Sofistica, le “fallacie”, ovvero le argomentazioni apparentemente corrette, alcune delle quali citate dall’autore, sono nate allora. Niente di nuovo sotto il Sole….ma tutto questo sembra nuovo perchè nuovi sono i mezzi- Twitter, Instagram, etc, etc- ma i fini sono quelli di allora: ottenere il consenso con qualsiasi mezzo, ciò che conta è l’efficacia. C’è stato un tempo- nella cosiddetta Prima Repubblica- nel quale l’uso della demagogia era, per lo più, confinato alla propagande elettorale, in altri momenti il “discorso politico” diveniva un po’ più complesso. Oggigiorno il “discorso politico” di molti, non di tutti, è fatto di fallacie al 99% per il 99% dell’anno. Come rimediare? Le possibili terapie non rientrano nello spazio di un commento.

  9. Marco Nicastro scrive: “Ora, i procedimenti retorici qui evidenziati non sono tipici solo dei discorsi di Salvini o di qualche altro politico, ma si ritrovano nei discorsi di tutti noi, anche involontariamente, specie quando vogliamo dare una maggiore forza persuasiva a quanto affermiamo”. Questo è l’unico brano dell’articolo che posso condividere. Nicastro, infatti, mette insieme un pastrocchio logico e quel che è peggio un pastrocchio contenutistico, fra pretesa logica e affermazioni faziose e non argomentate. Se la critica della sinistra a Salvini è tutta qui (o tutta nei discorsi di Zingaretti), mi vien voglia, nonostante che abbia 75 anni compiuti e una lunga partecipazione alla vita della sinistra, di votare Salvini. Fra le parole di Salvini, piene di trucchi retorici tipici di tutti – dico tutti – gli uomini politici, ci sono anche cose concrete e concrete proposte politiche che Nicastro non isola e alle quali non controbatte o controbatte in maniera ridicola. In realtà Salvini volgarizza e mescola elementi di dottrine diverse, ma alle spalle dei suoi discorsi vi sono decenni e decenni di studi seri che Nicastro o non conosce o finge di ignorare per sua scelta retorica. Legga i molti studi, paper e libri di IBL (Istituto Bruno Leoni), ad esempio, per citare una delle diverse fonti serie a cui la Lega ha attinto nel passato e attinge, per qualche cosa, anche nel presente, e sulle tasse, sulla flat tax, sulla ridicola lotta all’evasione fiscale impostata secondo le apparenti idee del M5S e del PD, sul problema stesso della tassazione che oggi è completamente sradicata dalle sue presunte finalità ed è, al 90%, pura rapita legalizzata di una parte della popolazione contro l’altra parte, e per essere più chiari, della parte, che comprende oltre il 50% della popolazione, che non produce ricchezza, ma trae il suo reddito dalle tasse pagate dalla parte restante della popolazione che produce ricchezza vera. Sulla tassazione c’è un dibattito più che secolare, visto che già nella seconda metà del Settecento era oggetto di studi sia teorici sia pratici sia storici. Allora il peso fiscale medio in Europa si aggirava fra il 2 e il 5%, oggi si aggira sul 40% e oltre. Anzi, se togliamo dal calcolo statistico tutti quelli che non pagano le tasse perché non hanno reddito o l’hanno inferiore alla soglia minima tassata, la media, relativa solo ai “ricchi” supera il 60% e per alcune categorie arriva al 90%. Non esiste nessuna teoria fiscale che può giustificare tale livello di tassazione. Qui siamo nella rapina in senso stretto. Però la caccia all’evasore fiscale non è rivolta (al di là della retorica dei discorsi politici, ma nella pratica quotidiana degli immensi apparati di polizia e burocratici dediti alla caccia all’evasore) al grande evasore criminale, ma a una vasta schiera di persone che o non evadono (quanti milioni, parlo di milioni, badate bene, di cartelle per recupero tasse vengono inviate per errore, io dico per puro sadismo burocratico?) o evadono poco e di necessità (ad esempio chi si fa riparare un rubinetto e paga 30 euro in nero anziché 150 con la fattura). Le cronache giornalistiche sono piene di episodi assurdi in cui il fisco (il “totalitarismo fiscale”, espressione ormai usata anche in qualche articolo di quotidiani come il “Corriere della Sera”) si comporta da dittatore assoluto, fuori da ogni regola di Stato di diritto e, quel che è peggio, di ogni regola di semplice logica, praticità e umanità. Tuttavia, nonostante questo enorme gettito fiscale sia sempre aumentato nel tempo, ad esso non sono mai corrisposti servizi verso la persona e verso la società che giustificassero tale aumento, ma sono corrisposti solo aumenti della spesa pubblica in gran parte vanificata dallo spreco, dal clientelismo, dalla corruzione legale e illegale, dalla creazione di situazioni di privilegio a favore di politici, sindacalisti e burocrazia complice del regime, di aumento degli stipendi inutili e improduttivi che pagano servizi clientelari, ecc. ecc. E in parallelo sono diminuite le libertà degli individui e lo Stato si è arrogato il diritto di occuparsi di tutto, anche di ciò che i singoli individui potrebbero fare meglio, tanto che lo Stato moderno è ormai molto più invasivo della sfera privata di quanto lo fossero nel passato gli Stati assoluti di vecchio regime (e anche su questo aspetto ci sono tanti studi, provi Nicastro a leggerli).
    La pretesa che tutti usino il denaro digitale ha in sé tre aspetti, entrambi pericolosissimi e da combattere. 1) La vanificazione di ogni valore reale della moneta e la pretesa degli Stati (e dell’UE) di controllarne ogni aspetto per quanto sradicato dall’economia reale. Si rafforza il monopolio assoluto dell’emissione di moneta, di controllo e gestione, e con ciò il potere di controllo dello Stato sui comportamenti dei cittadini, peggio e oltre quanto previsto da Orwell in “1984”. 2) L’imposizione al cittadino di spese ulteriori, di fatto nuove tasse (che vengono chiamate con altro nome ma sono sempre tasse e balzelli), perché i presunti nuovi servizi hanno un costo e quindi c’è chi paga e chi riscuote. E imporre un costo obbligatorio senza nessuna utilità pubblica ma con sola utilità per alcune categorie (banche, ad esempio) non è altro che una delle forme di agire criminale dello Stato in accordo con altri poteri forti. I pagamenti digitali esasperano chi paga le tasse e non permettono di individuare i veri evasori fiscali, che hanno ben altri strumenti per evadere. Il suo scopo reale non è l’evasione fiscale, ma il controllo dei comportamenti dei cittadini. 3) Inoltre, l’imposizione del pagamento digitale e degli strumenti tecnici e bancari collegati, si inserisce in una lunga serie di imposizioni tecnologiche che hanno sempre accresciuto i costi a carico dei cittadini senza reali vantaggi per il cosiddetto bene comune, ma con reali vantaggi per categorie particolari, nella logica di scambi di favori clientelari fra politica ed economia parassitaria e speculativa. Tanto per citarne solo alcuni: 3.1) sistema di pagamento Irpef: conosco pensionati che per pagare l’Irperf, già al 99% pagata con le trattenute sulla pensione, per saldare il restante 1%, devono ricorrere a dei professionisti (Caf compresi, i cui servizi dovrebbero essere gratuiti e non lo sono affatto) pagando somme maggiori dell’importo fiscale dovuto. 3.2) Tasse addebitate per errore (dai Comuni, dallo Stato) con provvedimenti che diventano immediatamente ingiuntivi se il cittadino non paga o se non fa ricorso entro 60 giorni. I costi del ricorso spesso sono più alti della tassa di cui è richiesto per errore l’importo. Spesso, ad esempio a Milano, il Comune ha soppresso gli uffici [opera del sinistro Pisapia: evviva la trasparenza e il rapporto cordiale fra amministrazione e cittadini!] con sportello ai quali il cittadino poteva rivolgersi per chiarire la sua situazione, dando ad agenzie esterne il compito di recupero delle imposte evase. Per avere un appuntamento e dimostrare direttamente che la cartella ricevuta è un errore, il cittadino spesso non sa a chi rivolgersi e non ha la possibilità di farlo ma deve anche per questo incaricare un professionista. Molti finiscono per pagare tasse già pagate o comunque non dovute per evitare le conseguenze dell’ingiunzione. Questa è una vera e propria rapina a mano armata. Non c’è dubbio. 3.3) Ai condomini è stato imposto, negli ultimi anni, un tipo di valvola regolatore del calore installato in tutti i caloriferi e un contatore di calore ugualmente installato in ogni calorifero. Ciò non ha portato a risparmiare calore, con una utilità ecologica, ma a un notevole aumento di spesa per tutti e, oltre alla spesa del calore, a quella della manutenzione e gestione dei contatori. Ecco un aggravio economico inutile, cervellotico, di fatto di tipo parafiscale. 3.4) Ultimo esempio. Dopo anni che usavo tranquillamente il collegamento Internet per gestire il mio conto corrente bancario, acquisti e spese, con ben tre codici come barriera di sicurezza, la banca mi impone (e dice di essere costretta a farlo per disposizione dell’UE che impone l’obbligo a tutte le banche) di usare anche un cellulare perché il sistema di sicurezza viene ora basato su codici di accesso al conto tramite pc che devono essere convalidati tramite il dialogo fra pc e cellulare. Quindi tutti, anche chi per suo conto aveva deciso di non usare il cellulare, deve ora acquistarne uno o rinunciare all’home banking. Inoltre il nuovo sistema di accesso all’home banking è tecnicamente più complicato e chi non sa usare bene e velocemente e contemporaneamente sia il pc sia il cellulare non riesce più a gestire il proprio conto da solo.
    Il discorso potrebbe continuare e allargarsi a ogni altro settore della vita sociale e di quella parte della vita del cittadino che dovrebbe essere del tutto privata ma che lo Stato sempre più impedisce che lo sia. Tutto questo, questo totalitarismo fiscale e burocratico, rende forte Salvini, non certo la sua retorica, che è poi la stessa di Di Maio, di Zingaretti ecc. ecc. Ma la sinistra è sempre più percepita come la componente politica che non lotta contro la pervasività totalitaria dello Stato, ma anzi lotta per avere più Stato. Non leggo mai, e nemmeno Nicastro la usa, la parola “libertà” del cittadino, che non sta nel diritto di votare, diritto quanto mai fasullo che oltre un secolo di studi di scienze politiche hanno rivelato estremamente debole, illusorio, manipolabile, ma sta nel diritto di gestire in proprio la propria vita, senza che lo Stato te lo tolga e controlli imponendoti scelte sue proprie. Restituire ai cittadini il potere di autogestirsi è anche l’unico modo per renderli più responsabili, più competenti ed elettori più informati.
    Nicastro dovrebbe riflettere un po’ di più su tutto questo, sul fatto che lo Stato si occupa di centinaia di cose che non dovrebbero essere nelle sue competenze, mentre è estremamente carente (volutamente, dolosamente carente) proprio in quelle competenze che dovrebbero giustificare l’esistenza dello Stato: cioè la garanzia dell’incolumità dei cittadini (ordine pubblico, criminali in galera), l’elaborazione di poche e sensate leggi e l’amministrazione della giustizia.
    Lo Stato, oggi, si comporta come e peggio delle organizzazioni criminali. Ne è la massima espressione.
    Perché io dovrei augurarmi che chi mi ruba 50 euro dalla tasca mentre vado in tram vada in galera, mentre lo Stato, con leggi ingiuste dà una forma legale a un furto a mio danno non di 50, ma di 5000 euro?
    Se la sinistra non affronterà i veri temi della sicurezza, della giustizia e dello sviluppo, non ci sarà (falso) smascheramento logico dei discorsi di Salvini che tenga. La sinistra sarà perdente. Anzi, la sinistra sarà assente, mentre ai proletari, agli emarginati, a chi non vive entro la cerchia magica del mondialismo, Salvini risulterà molto più a sinistra di Zingaretti. Salvini apparirà come l’unica sinistra possibile ed esistente. Il resto è vuota chiacchiera.

  10. Oggi sul Corriere c’è un’intervista a Salvini. Consiglio di recuperarla. Dal momento che sono fra quanti credono che Salvini rappresenti un pericolo di involuzione, come si dice oggi, verso la democratura, penso che analizzarne la retorica semplicemente fondandosi su “discorsi logici vs discorsi logicamente fallaci” sia sbagliato, come hanno osservato anche Ennio Abate a Paola Cantu.
    C’è un’alternativa alla contrapposizione tra ragione sragione (che è l’eterna disputa tra dialettica e sofistica sotto altre spoglie): la retorica di Aristotele e i novecenteschi studi sull’argomentazione derivati non dalla logica informale con le sue fallacie, ma da Perelman e il suo Trattato. Quella che un recente libro – non troppo noto, purtroppo – ha chiamato “la dimensione personale dell’argomentazione” (Zagarella): quello che Aristotele chiamava “ethos”, il coinvolgimento emotivo (dunque irrazionale, per riprendere Nicastro) è invece parte costitutiva e inespungibile dell’argomentazione.

    Saluti!

  11. In realtà non è vero, come suggerisce Lo Vetere, che lo scritto di Nicastro oppone “discorsi logici” vs i “discorsi logicamente fallaci” di Salvini. Già in apertura infatti il discorso di Salvini viene inquadrato come “inesattezze e incongruenze … affermazioni generiche e dichiarazioni che mirano a stimolare soprattutto le reazioni emotive (cioè irrazionali) di chi ascolta”. Le reazioni emotive sono qua talis irrazionali?
    Sul tema abbassamento delle tasse, a Salvini Nicastro rimprovera la strategia retorica dell’ipse dixit che non avanza prove. Invece Nicastro … fa esattamente lo stesso. Allude a una “convinzione” di Salvini sugli italiani persone oneste: ma che ne sa se Salvini pensa davvero questo? Nicastro allude a come anche storicamente gli italiani abbiano “fatto molta fatica ad adeguarsi a certe orme sociali e civili”: ma non è questa, come minimo, una convinzione personale di Nicastro? L’Italia sembra invece che NON evada più di altri paesi in Ue e al mondo. https://scenarieconomici.it/la-verita-europea-sullevasione-in-italia-ovvero-vi-dicono-un-mare-di-balle/
    La definitiva argomentazione -reversibile- di Nicastro riguarda lo stile. Appuntare i comportamenti di Salvini contrari a “disciplina e onore”( “fare comizi e proclami in costume davanti ad un mojito”), sostenendo che potrebbe diventare “esempio deleterio” per un numero consistente di cittadini “meno attrezzati da un punto di vista culturale o che si trovano in condizioni di fragilità psicologica ed esistenziale” mi fa pensare all’ineleganza dei sanculotti o dei gueux.
    In periodi come questi “di crisi socioeconomica e culturale” il timore è che l’educazione e lo stile non riescano più a garantire “la tenuta” della “società democratica come oggi la intendiamo (e come la intende la nostra Costituzione)”. Nicastro identifica la società democratica come la intendiamo (“noi”, non “voi”!) con come la intende la Costituzione. Gli atti incostituzionali di Salvini tuttavia restano da dimostrare.

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