Playlist di Italo Testa
[La playlist di questa settimana è dedicata al primo album di Piero Ciampi, Piero Litaliano, a quarant’anni dalla scomparsa del cantautore livornese, che sarà ricordato sabato prossimo in occasione del Premio Ciampi – Città di Livorno)].
Una profonda coesione tonale, timbrica, emozionale. Ascoltare Piero Litaliano è essere catturati da una trama musicale compatta: non una semplice raccolta di canzoni ma una sequenza senza soluzione di continuità.
Piero Litaliano, come altri album di Piero Ciampi, è un concept, ha una ragione compositiva unitaria. Ma se in Io e te abbiamo perso la bussola vi è un percorso, uno svolgimento narrativo, in Piero Litaliano non c’è sviluppo: tutto è come ripreso in un centro avvolgente. Tutto è già accaduto, raccolto in uno sguardo, nella prospettiva della fine.
Questo album ha la forma di un piccolo poema musicale. La partitura orchestrale pervasiva, in cui i singoli brani sfumano l’uno nell’altro. La breve durata dei pezzi, che spesso è come se non avessero chiusura, quasi fossero tessere che si incastrano tra di loro. La ricorrenza ossessiva di certe immagini. Il riverbero, su ogni particolare, dell’amore perduto, da una distanza incalcolabile.
E vi è qualcosa di sospeso, come se Ciampi cantasse da una prospettiva indefinibile.
Una percezione anomala del tempo. Il centro poetico dell’album sembra stare proprio in questa percezione anomala. Ascoltiamo Fra cent’anni:
Gira la ruota
e la fune del tempo
ci fa far l’altalena
e un bel giorno si spezza
Piero Ciampi, Fra cent’anni (Pierolitaliano, 1963)
Piero Litaliano inizia con un’immagine circolare – la ruota che gira e rigira su se stessa. Dentro quest’immagine ne troviamo incastonate altre due: l’oscillazione ciclica dell’altalena, e quindi la fune del tempo, il suo spezzarsi. Qui la fine di un amore, lo spezzarsi della fune, del tempo degli amanti, comporta una dilatazione, uno spostamento dell’asse temporale: l’entrata in uno schema circolare, nel moto della ruota, di una durata indefinita, senza fine, da cui guardare le cose della nostra esistenza, i loro strappi.
Leggiamo ora i versi di Qualcuno tornerà:
Qualcuno tornerà
per sentire la tua voce,
per dirti che la vita
è un gioco in mezzo ai prati,
che il tempo non ha fine
se vivi per qualcuno.
Qualcuno tornerà
per amarti tutti i giorni.
Samuele Bersani, Qualcuno tornerà (E continuo a cantare: Piero Ciampi live, 2010)
E’ uno sguardo dal futuro la nota dominante anche in questo brano. Nel titolo di un’altra canzone, Quando il giorno tornerà, si riverbera questo sguardo da ciò che sembra un futuro indefinito.
Piero Ciampi, Quando il giorno tornerà (Pierolitaliano, 1963)
Uno sguardo sottratto alla linearità del tempo, sciolto dalla sequenza unidirezionale degli istanti che si susseguono. Uno sguardo sospeso in una soglia dove tutto tornerà a ripresentarsi.
Questo tempo indefinito è anche il ‘così via all’infinito’ della continuazione seriale dell’esistenza, nelle “sere senza fine” di Fino all’ultimo minuto.
Piero Ciampi, Fino all’ultimo minuto (Pierolitaliano, 1963)
Della vita nell’amore perduto, con il suo svolgimento inerte, senza senso, in un circolo sempiterno, come in Non so più niente:
continua sempre
questa esistenza
continua anche
senza di te
senza di te
Bobo Rondelli, Non so più niente (live@Teatro Alfieri Castelnuovo Garfagnana 10 marzo 2016)
Nell’intersezione di questi due piani – la serialità circolare dell’abbandono, e lo sguardo da un futuro indefinito – sta per me il segreto di Piero Litaliano. E’ la prospettiva di chi guarda alla vita, alle vicende amorose, come a delle “cose perdute”.
Piero Ciampi sta lì. All’inizio del suo percorso musicale, è come se già si collocasse dal punto di vista della fine. Fra cent’anni. Ciampi sta
laggiù sul grande lago
dove le nostre illusioni
saranno cose perdute
Milo De Angelis dice spesso che i poeti si possono dividere tra poeti del fiume, che hanno uno svolgimento, una storia, e poeti del lago, che si avvolgono su se stessi, ossessivamente tornando su pochi temi. Mi sono venute in mente queste parole riascoltando Piero Ciampi. Se penso a Piero Litaliano, mi sembra che sia proprio il lago di Fra cent’anni a fissarne per sempre l’immagine. Quella di uno specchio circolare, dove tutto è già da sempre accaduto, e perduto.