[Esce oggi per la collana A27 delle edizioni Amos il nuovo libro di poesia di Laura Pugno,  Noi, una raccolta di poemetti lunghi, da cui pubblichiamo due testi]

 

 

 

alba

 

 

i corpi fanno luce,

sono piante

o insetti, sono

 

alba – vedi

che appare il giorno

portato da ogni corpo

con sé,

(se chiudi gli occhi

è ancora notte),

 

 

è l’alba,

spegni la luce

in cucina, in camera

da letto, fai tornare

(fai torcia)

ogni cosa nel buio

 

solo l’oro del corpo che illumina

l’acqua del lago,

il buio che tieni tra le dita, l’alba

solo se guardata,

se percepisci, percepisci il sole –

 

 

l’alba si muove sul tuo corpo,

attraversa vetro

o niente, le finestre aperte

sull’estate: il sole può toccare,

scioglie la mente dietro gli occhi

 

la luce batte sugli occhi e sulla mente,

tu devi andare ora,

dov’è il mondo?,

farsi, là fuori, luce –

 

 

alba, e lo scialbare,

bianco, biacca

sulle tue parole,

sul corpo che

 

non dimentica,

apre la porta entra la luce:

è sole o stella

 

 

bianco

duro, rappreso

– è come

carne, ha la consistenza della carne –

 

ha preso il cielo,

 

poi il resto e si estende alle cose:

respirare

latte, raggrumare

tutto in un punto, prima

che l’occhio si riapra:

 

blu quasi nero, metà del mare invisibile

 

 

 

stelle di plastica

viva, in alto nella stanza,

e alzi lo sguardo

(presto sarà l’alba), non puoi dire,

quella luce

raccolta nel giorno

–  la stessa

luce corvina del corpo che ti è accanto –

 

respiri, diffondi il fiato

nei due corpi, una

due volte,

tre:

 

romperai da sotto l’onda,

corpo chiaro

nel verde-buio, come prima luce,

 

quella che avvieni, che libera

e scioglie

da corda-ombra, allenta il fiato: così

 

vedrai allora la casa, da dentro

di nuovo visibile, bosco, foresta

 

 

 

 

per il sole

 

il vedere nuovo, nero

sul sole,

e sole al centro –

e poi nel tempo, un ragazzo in un bosco,

o è in un parco, vede luci –

luce,

vede che appare e scompare

 

 

– occhio, torna indietro,

alzato nella notte,

più potente

 

 

vedi che non vedi,

vedi che è disperdere

calore,

 

come se vedessi con l’occhio naturale,

sale e scèma, fa

mezzo cerchio,

va intorno al sole, per il sole

 

il corpo è tenebroso, poi

sarà più oscuro ancora

invisibile,

solo toccato con le dita della mente,

solo quando

tocca ed è toccato,

disperderà natura, volge a stella

 

 

 

e più ancora,

solo se ti splende

addosso il sole,

piegato, è tutto pieno

 

–  cagionato dal corpo della terra –

per tutta la parte più lucida

è candore, poi ritorna ombra

 

 

 

trenta dicembre, cade tutta la luce

come non debba tornare

sopra il corpo unico del mondo

congiunto a mondo,

 

guarda verso la luna

questo sapore in bocca, dolore

nel corpo al centro,

convertito in luce

 

 

si alza dall’erba,

il verde è buio,

(dove

stai andando, di notte,

hai paura?)

 

vede la forma

di luce in luce,

 

– la casa sta bruciando,

la città è a forma di stella e da ogni parte

vedi il cielo,

sole che torna stella –

 

lume che ritorna verso il fuoco

 

 

se tutto è uno –

 

lo stesso ragazzo o un altro,

di notte in un bosco

fa luci

 

con una torcia –

o una fiaccola, è stata

anche una fiaccola –

 

a chi, qualcuno

dall’altro lato della collina

 

qualcuno vedrà le luci,

il segno da sempre visibile

preso nella piega

dei cieli, da prima

che tu nascessi

e non c’è prima o dopo è solo mosso

come forma, il cielo –

 

il ragazzo fa la stessa

cosa del sole, per il sole

[Immagine: Louise Bourgeois, 10 am Is When You Come to Me, detail]

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