di Yari Bernasconi e Andrea Fazioli

 

[E’ appena uscito per Gabriele Cappelli Editore A Zurigo, sulla luna. Dodici mesi in Paradeplatz, di Yari Bernasconi e Andrea Fazioli, che in questo libro hanno raccontato per un anno la ricchissima Paradeplatz di Zurigo, il centro nevralgico della finanza svizzera. Hanno però deciso di farlo a modo loro, cioè incontrandosi in piazza una volta al mese durante un intero anno, armati dei loro taccuini e di una poesia ogni volta diversa, scelta per l’occasione. Il risultato è un reportage letterario in dodici episodi che passa agevolmente dal resoconto cronachistico ai versi, dall’affondo riflessivo alla filastrocca, intercettando – fra i tailleur, le cravatte e le ventiquattrore – tutta una folla di personaggi curiosi. Pubblichiamo l’introduzione al libro].

 

Die andere Seite

 

È il 28 gennaio 2021. Dopo esserci incontrati alla stazione di Zurigo, ci dirigiamo verso Paradeplatz. Un tragitto che nel 2018 abbiamo ripetuto dodici volte in dodici mesi, per alimentare il progetto letterario che ora tenete fra le mani. Oggi però non stiamo camminando: stiamo annaspando nella tormenta, scivolando sul suolo impiastrato di fango e di neve, incappucciati nei nostri giacconi che ricoprono strati di tessuto anche sorprendenti (dalla canottiera di lana alla calzamaglia termica). Le mascherine mediche imposte dalla pandemia di COVID-19 nascondono il resto, a eccezione della striscia degli occhi. La Bahnhofstrasse, sferzata dalle raffiche di vento, diventa una steppa innevata.

 

Le poche persone che incrociamo sono ombre di passaggio, coperte dalla testa ai piedi. Le vetrine dei negozi chiusi riflettono la nostra andatura. Qua e là si intravedono delle carcasse di monopattini a noleggio. A riportarci in Svizzera è un cesto di frutta esotica esposto all’esterno di un supermercato: ananassi, manghi, kiwi e banane sotto la coltre bianca. Respingiamo la tentazione di comprarci un pompelmo per il semplice gusto di poterlo raccontare e arriviamo in Paradeplatz, che si presenta come un campo di battaglia. Dalla neve emergono reduci di ogni genere, disorientati e intirizziti. Anche noi, addossati contro il muro di una banca, con le mani ghiacciate che faticano ad aprire i taccuini, ci sentiamo due superstiti.

 

La tormenta si placa, ma l’aria resta gelida. Eppure, davanti a noi, cammina tranquillo un uomo in jeans e maglietta a maniche corte. Si dispone beatamente ad aspettare il tram, riuscendo perfino a parlare al telefono senza battere i denti. Altri uomini, sotto un tabellone digitale, bevono birra da lattine di mezzo litro. Notiamo ancora, quasi per caso, che il negozio di fiori è aperto e che una donna con la giacca leggera ha appena comprato delle mimose. Un popolo nordico e fatato ha forse conquistato Paradeplatz? A dissolvere il dubbio, oltre a queste creature di ferro compare anche un vecchio macilento attaccato a un deambulatore. Lo vediamo attraversare i binari, arrancando verso la pensilina. Gli occhi sono insieme spaventati e speranzosi: presto arriverà un tram, con la sua garanzia di calore e di sedili asciutti.

 

Approfittando della presenza di un’amica, ci facciamo scattare una foto ricordo. In piedi e un po’ rigidi, accanto a un palo che in- dica Paradeplatz, controvento, i cappucci e le mascherine a celare il volto. Come due avventurieri che si fanno ritrarre accanto alla loro bandiera fra i ghiacci del Polo Nord o nel cuore dell’Antartide. Con piglio da esploratori proseguiamo la ricognizione di questo luogo sospeso, urbano e selvaggio nello stesso tempo. Sulla vetrina del chiosco, nel centro della piazza, un cartello invita gli avventori ad andare dall’altra parte: Wir bedienen Sie gerne auf der anderen Seite des Gebäudes. Ma di là, auf der anderen Seite, tutto è ancora più freddo e remoto: la gioielleria è chiusa, le vetrine oscurate come lastre impenetrabili, i marciapiedi deserti e ricoperti di fanghiglia. Il messaggio affisso da Blancplain ci illude di essere nel posto giusto: Die Zürich Blancpain Boutique bleibt an Ihrer Seite, la boutique rimane dalla vostra parte. La porta di un altro negozio avvisa però implacabile: Aus Sicherheitsgründen bleibt dieser Eingang geschlossen. Bitte benutzen Sie den Eingang auf der anderen Seite, questo ingresso è sbarrato per questioni di sicurezza, andate dall’altra parte. Di nuovo.

 

Per fortuna c’è una luce da Lindt & Sprüngli. Forse la pasticceria è aperta. Ci avviciniamo con cautela, mantenendo una certa distanza. Prima di giungere a destinazione vediamo una losca figura che si aggira all’interno della galleria d’arte chiusa, nella penombra degli spazi epurati e tirati a lucido. Evitiamo di chiederci se sia davvero un’addetta alle pulizie la donna che traffica con un complesso macchinario sul pavimento, o se invece fra poco sentiremo un’esplosione e il Miró che occupa la parete verrà risucchiato da un cunicolo sotterraneo. Non è il giorno giusto per diventare testimoni di un portentoso furto d’arte: altre incombenze ci aspettano. Acceleriamo fino all’ingresso della pasticceria, dove un cartello intima il numero massimo di persone autorizzate a entrare (25). Mentre studiamo il messaggio con lenta curiosità, come ci capita spesso di fare, alle nostre spalle si palesa una voce nasale.

 

– Siete una coda?

– Scusi?

– Siete una coda?

– Noi?

– Sì, voi. Siete una coda?

 

Spazientito, l’uomo entra nella pasticceria. Noi restiamo fuori e ci rendiamo conto che sì, nel 2021 a Zurigo basta essere in due per formare una coda. Dalla vetrina contempliamo i Venticinque Fortunati che si aggirano nel Regno dei Dolci, in mezzo a praline e leccornie esposte come se fossero gioielli.

Ci accorgiamo di avere fame. Abbandoniamo allora Paradeplatz per tornare alla stazione dei treni a rifocillarci. Facile a dirsi, ma poi decidiamo di prendere una scorciatoia, una via laterale che sembra dirigersi dove vogliamo andare. Il risultato è prevedibile: ci troviamo da tutt’altra parte. Ricomincia a nevicare intensamente. Percorriamo alcune stradine di ciottoli, saliamo da una scalinata dal sapore medievale e bianchi come gabbiani ci fermiamo al centro di una piazzetta innevata, deserta, abitata da un drappello di alberi nudi. È il Lindenhof. Sotto di noi la cattedrale, il fiume e i palazzi si appannano, si nascondono, infine scompaiono. La città è una pagina che torna bianca. Ci viene in mente che Seite, in tedesco, significa anche “pagina”. Ma non lo diciamo ad alta voce: le pagine bianche richiedono silenzio.

 

Dieci minuti dopo raggiungiamo la stazione e mangiamo un panino in piedi, di fianco a un uomo che aggiusta una scala mobile con colpi di martello. La monoposto elettrica delle Ferrovie Federali Svizzere è a capo di un piccolo convoglio con tre rimorchi colorati e si sposta di cestino in cestino per la raccolta differenziata.

Ritorniamo in Paradeplatz. Questa volta il commiato risulta più laborioso. Forse perché è il 28 gennaio 2021 e sono trascorsi più di due anni dall’ultima volta che ci siamo stati insieme. Anni vuoti e pieni, come noi siamo del tutto uguali e completamente diversi da allora. Abbiamo attraversato il tempo con la nostra abituale inquietudine. Abbiamo vissuto momenti che non avremmo voluto vivere. Altre volte siamo stati bene, invece, con le persone giuste. Eppure Paradeplatz, oggi come ieri, continua a offrirci delle cose nuove. Entriamo nel Lichthof, dietro la facciata di uno dei grandi edifici della piazza. Nel cortile interno non c’è nessuno. I suoni dei tram arrivano da un altro mondo. Ciondoliamo per un po’, finché vediamo luccicare qualcosa sul fondo della fontana. Prima una, poi due, tre, quattro, venti monete da cinque centesimi che sorridono beate, sott’acqua, in mezzo al tempio della finanza. Immergiamo le mani. L’acqua è tiepida. La tentazione di afferrare le monete e scappare con il malloppo è fortissima. Ci guardiamo negli occhi e sentiamo che, ancora una volta, siamo giunti dall’altra parte: è il momento di proseguire il viaggio.

Il tesoro, alla fine, lo lasciamo lì. Per la prossima volta.

 

[Immagine: Paradeplatz].

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *