a cura di Franco Buffoni

 

[Esce oggi per Marcos y Marcos il XV Quaderno italiano di poesia contemporanea, a cura di Franco Buffoni. Il comitato di lettura, formato dallo stesso Buffoni e da Umberto Fiori, Massimo Gezzi, Fabio Pusterla, Claudia Tarolo e Marco Zapparoli, ha scelto quest’anno Dario Bertini, Simone Burratti, Linda Del Sarto, Emanuele Franceschetti, Matteo Meloni, Francesco Ottonello e Sara Sermini. Riportiamo una poesia per ciascuno/a].

 

 

 

Dario Bertini

da Il caffè della sala infermieri

 

Interno 5

 

Le piastrelle del bagno erano bianche con fiorellini blu:

le ricordavano già la primavera, i campi, una pubblicità

di detersivo: lei stava lì accucciata a smacchiare i calzini

con i capelli tenuti fermi da una molletta, il bianco

intorno, il bianco il suo obiettivo: mandare via lo sporco,

perdonare i peccati al tessuto, ridargli dignità, una purezza

da accarezzare tutti i tovaglioli, mettersi a piangere

dalla felicità: per tutto il bianco, come una cosa nuova:

lei raccontava barzellette alle blatte per non farle soffrire,

nel mezzo dell’inverno, prima di spargere una polvere

fine, rasente ai muri, specialmente negli angoli: lei

le sentiva ridere, a volte, di una risata acuta, che ti rimane

dentro, uno stridio di unghie alla finestra: il bianco

di lenzuola come una festa, quello degli occhi

per non vederci più, il bianco a congelare anche la luce

del suo monolocale: l’hanno trovata ancora in bagno

mentre lavava, raccontava barzellette alle blatte

o forse le contava, immersa dentro il bianco – ripeteva –

voi siete i punti fermi, i miei puntini verso l’aldilà…

 

 

Simone Burratti

da Nuovi modi per uscirne

 

 

Vault

 

La camera può essere bianca oppure gialla. Non può mai essere blu. L’immaginazione, scienza o economia, è un’altra forma del confinamento.

 

Nel tuo caso: non puoi avere tutto. Eppure: puoi perdere altrettanto. Da qui il terrore, il vuoto d’aria se apri la finestra, le mille variabili a cui si spalancherebbe la narrazione.

 

Fuori da ogni confine controllabile, dal quadrilatero del letto e della scrivania. Fuori dalla patologia, da ogni profezia che si consuma, da un sistema blindato dall’interno.

 

La lampada è l’orologio della chiesa è la luna. O viceversa. Soltanto una declinazione della luce.

 

Come le punte del tappetino mysa possono farti sentire dolore, se non sono abbastanza sottili da trapassarti. Come le parole scandite nella memoria, scadute da qualsiasi applicazione sul reale, potrebbero ancora farti sentire dolore.

 

Liberaci dal male include l’estirpare il bene. Togliere l’aria per aumentare la conservazione.

 

Fai un respiro che contenga tutta la vegetazione accumulata, tutto il corpo ristretto in mancanza di spazio. Ripensa alla luce confusa nella sala del parto.

 

Il vento non è mai sembrato così respirabile. Adesso puoi uscire.

 

*

 

Linda Del Sarto

da Questi che siamo

 

 

Anche oggi sfarsi in due,

aversi in due

esemplari – doppi amanti, doppie

vite; solo non avere

occhio. E allo specchio

riconoscersi

a metà.

 

*

 

La terra che mi segue e che

ritrovo, ad ogni passo,

si ostina a rintontirmi di una trama:

santa donna senza sé in se stessa.

La testa perdo e sono sana,

non importa l’apparenza della cosa –

ho ancora da innaffiare la mia rosa,

violentarla con l’arsura. Com’è dura

stare sul balcone ad aspettarsi,

mi vedo, giro l’angolo da ore,

là nascosta fra le ortiche

guardo quanto intorno è sano.

La mia vita è il rampicante

che ho avvinghiato qui alla mano.

 

*

 

 

 

Emanuele Franceschetti

da Testimoni

 

 

Guardalo, ha cinque anni al massimo.

Suo padre lo trascina, lo offre a monito.

Qualcuno offre un’arancia, una moneta

qualcuno apre le braccia sconsolato.

Non sa che gli altri stanno nella calca

per il cristo velato. Forse non lo vedrà mai,

non leggerà i capolavori del pensiero europeo,

forse odierà suo padre e sarà un astio

semplice, primitivo. Non potrà interpretare

i crismi del linguaggio, usare Hegel

per comprendere il male della storia,

cercherà un altro nel suo sangue,

vedrà sua madre andarsene, saprà

di un altro come lui morto ammazzato.

 

*

 

Matteo Meloni

da La danza degli aironi

 

Les oiseaux journaliers me sauveront peut-être

Philippe Jaccottet

 

A certe altezze qualcosa permane,

un sottofondo un azzurro

identico nonnulla  –

parla adesso per loro una maschera di nuvole.

 

Cercano il riposo

degli alberi, le pazienti praterie.

Nel sonno tra le piume li guida

il petto ampio della terra.

 

*

 

Francesco Ottonello

da Futuro remoto

 

||

 

criadì unu artru tue, pro s’amore ’e mie

eccedi. questo emergere è espatriarsi

oltre il latte materno e le galassie

cada die pro totus sos mundus et dies

vivi sbranando, sapendo sparire

una volta infinitamente per tutte

 

 

||

pascolatori volanti brucano nell’aria

con tre paia di ali, senza mai atterrare

tutti i semi che galleggiano su Atra.

prendi la corrente ascensionale, entra

in una termica, fluttuando, spingiti

cerchi su cerchi al buio più e più in alto

comunicando nell’oscurità

ogni specie trova un proprio linguaggio

luminescenze in un estremo buio

 

*

 

Sara Sermini

da Diritto all’oblio

 

…oblivion, yet living oblivion. /…oblio, ma oblio vivente.

A.Zanzotto, Haiku for a season / Haiku per una stagione

 

 

Sostanze radioattive introiettate:

cesio plutonio e stronzio sotto le cortecce,

nelle fenditure del cemento e nelle radici

nere come il tuo nome: černobyl’

– stelo d’erba nero.

 

Esercito oggi per dovere di memoria

il mio diritto all’oblio, ora che

si sono fatti spazio nello scheletro

betulle tassi faggi e kaline dalle bacche rosse,

ora che scimmie nere in maschera ballano

sulle carcasse rigide, ora che

non mi fanno più male i capelli.

 

Mi espongo, in avanti. A testa non bassa

ma nuda come la tua, come le vostre teste.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *