a cura di Massimo Gezzi
[Venerdì 23 luglio, sulla spiaggia di Marzocca (AN), si terrà l’undicesima edizione di Demanio marittimo.Km-278, una notte di conversazioni, incontri e performance su temi di architettura, arte, design e cultura ideata e diretta da Cristiana Colli e Pippo Ciorra. Il titolo dell’undicesima edizione sarà En plein air: ho chiesto ai curatori di spiegarci le caratteristiche e il senso di questa edizione, particolarmente sentita e attesa].
Demanio marittimo.Km-278 ha oltrepassato l’anno scorso la soglia della decima edizione. L’ha fatto all’interno di quella che rischiamo di dover chiamare “epoca pandemica”, ma rivendicando, come scriveva Pippo Ciorra nella presentazione dell’anno scorso, la dimensione della presenza, «perché è “in presenza” che pensiamo si producano i valori umani essenziali dell’arte, della cultura, della civiltà sociale». Dopo un ulteriore anno di distanze, coprifuochi, limitazioni agli spostamenti, immagino che per voi il significato di questa nuova edizione acquisisca una valenza simbolica ancora più forte. È così?
Cristiana Colli (CC) – Il ritorno “quasi” normale di Demanio è in realtà una rigenerazione, niente è come prima. Questo stop forzato ci ha permesso di mettere a punto alcuni meccanismi del format ma non ci ha allontanato dalla “bulimia”, che altrimenti detta si chiama generosità, in ragione della quale l’offerta è come sempre sovrabbondante – di interrogazioni, di opportunità, di visioni. Siamo sempre più demanding con noi stessi e con gli ospiti che accogliamo sulla spiaggia. Del resto questo è un tempo di massima complessità, e Demanio coglie questo aspetto con le sue risonanze, e se possibile – in un tempo e uno spazio piccolo – amplifica e moltiplica le questioni.
Pippo Ciorra (PC) – Sì, certamente, perché rispetto allo scorso anno sono diventate ancora più chiare le conseguenze “non sanitarie della pandemia”, vale a dire uno slittamento progressivo del baricentro delle nostre esistenze dalla sfera pubblica a quella privata, con tutto quello che un cambiamento del genere implica sul piano politico e culturale. Confesso che un anno fa speravo che saremmo potuti tornare presto alla “normalità”, o almeno a una vita non segnata e non troppo limitata dalla paura degli effetti del contagio. Oggi naturalmente sono molto meno ottimista, quindi mi rendo conto che più che sul dopo-pandemia dobbiamo concentrarci sulle contromisure da prendere in un mondo in cui la pandemia è un attore presente, anche se a intensità variabile a seconda del luogo e del tempo in cui ci si trova.
Qual è il tema, o quali sono i temi portanti di questa undicesima edizione? Quali gli ospiti più autorevoli?
CC – Dal mio punto di vista En plein air è uno statement. E’ il respiro con tutta la sacralità che contiene, l’opposto della costrizione che ha generazione afflizione spirituale oltre che fisica; è l’aperto fisico ma anche l’aperto delle connessioni on air; è la dimensione digitale che torna accanto a quella fisica, senza primazie. E’ un ritorno aumentato dal trauma, non nostalgico, a una vita nuova. Gli ospiti sono tanti e autorevoli – dalla filosofia alla geografia, dalla scienza all’architettura, dall’arte alla scrittura alla poesia. Non mancano come sempre a Demanio performance e visioni con la maratona video, e non manca un rimando irrituale alle celebrazioni di Dante.
PC – l tema è proprio quello che troviamo al centro della contraddizione che viviamo. Per molte delle cose che facciamo siamo tornati en plein air, a incontrarci all’aperto, fuori dalle nostre benedette abitazioni. Ma anche ora, e anche sulla spiaggia di Marzocca, saremo ancora costretti a parlare anche della pandemia, dei suoi effetti perduranti, della minaccia subdola che nasconde allo statuto essenziale della nostra idea di progresso civile. Non affrontiamo però direttamente la questione sanitaria – farlo sarebbe in fondo un’altra sconfitta – ma raccontiamo i molti modi in cui i soggetti più consapevoli si organizzano e reagiscono ai danni causati dalla condizione pandemica. Quindi ospiti che ci interessano non solo per l’autorevolezza dei loro nomi – di cui pure andiamo orgogliosi – ma perché rappresentano un ventaglio di azioni di resistenza civile ai danni dell’isolamento che ci interessa sottolineare e “mettere in scena”. Quindi i musei e altre istituzioni che producono ed espongono arte, come il MAXXI, Galleria Continua e molti altri. Poi i giovani artisti e i giovani architetti, che si trovano sempre più spesso ad agire insieme in un territorio incerto tra progetto, installazione, azione sociale e inclusiva, rigenerazione concettuale degli spazi urbani, ma sempre pensato al fine di difendere la natura pubblica dello spazio. Prima di tutto due “giovani maestri” dell’architettura contemporanea, Simone Gobbo dei Demogo e poi Lina Ghotmeh, interessantissima progettista proveniente dal Libano ma attiva in tutto il mondo. Con loro la galassia dei giovani gruppi italiani (Orizzontale, ECÓL, e molti altri) a colloquio con storici e critici più navigati, come Marco De Michelis e Giovanni Corbellini. Poi ci sono filosofi e pensatori (Ferraris, Farinelli) oggi chiamati sempre più spesso a far reagire il loro pensiero di fronte al “reale” in modo molto più veloce e circostanziato di quanto si facesse in passato. E poi filmmakers, analisti e scienziati, tutti insieme impegnati ad arginare la “perdita di socialità” che viene con la pandemia.
Il 23 luglio ci troveremo tutti all’aperto, affacciati su un lembo di quel mare su cui, come ci ricordava Predrag Matvejevič in Breviario mediterraneo, è stata concepita l’Europa. Demanio è da sempre attento alla dimensione europea della nostra cultura e della nostra identità. Quali elementi o quali ospiti ci ricorderanno, in tempi di Brexit, chiusura delle frontiere, crisi migratorie dimenticate o rimosse, l’importanza di essere e sentirsi europei?
CC – Credo che il pensiero di Matvejevic, come quello di Braudel, di Anselmi, di Rumiz e Magris fino a Leogrande, per arrivare ai tanti poeti che hanno raccontato questo “lembo” di connessioni con l’Oriente, sia un sottofondo di orientamento, una sorta di infrastruttura cognitiva di Demanio. E quindi – in maniera non retorica o di maniera – Demanio è intrinsecamente un progetto di respiro europeo, a partire dai due assi fondativi – la dimensione della formazione e della conoscenza che non può restringersi ai confini, e la dimensione adriatica transnazionale. Questo non toglie che con la stessa curiosità e attenzione si guardi al resto del mondo e dei mondi – come quelli sottomarini di cui si parlerà quest’anno.
PC – L’Europa e il mediterraneo sono sempre lì, sempre dentro il nostro progetto, nonostante le “gravi distrazioni” dei nostri giorni. Ci saranno curatori e artisti “in trasferta” dalla mostra Più grande di me, dedicata alla scena artistica dei paesi della ex-Jugoslavia, curata da Giulia Ferracci e Zdenka Badovinac, ci saranno progetti socioartistici albanesi, c’è un team di giovani architetti romani (Supervoid + Friel) che lavora da anni sull’identità architettonica europea. C’è poi Franco Farinelli, che viene spesso a Demanio per investigare la frizione tra i fatti politici e antropologici e la loro proiezione sul territorio e sulle mappe. Ci sarà l’origine della poesia europea (Dante, “ritratto” dalla fotografa Valentina Vannicola attraverso i personaggi di un Inferno molto secolarizzato) e le sue produzioni più recenti, attente non solo ai miti e ai sentimenti ma anche allo spazio che viviamo e allo relazioni che vi si svolgono
In uno dei video di presentazione di Demanio marittimo.Km-278, reperibile nel vostro canale YouTube, si dice che la vostra maratona si prefigge da sempre di far coesistere la comunità e la community, la dimensione politica dello stare (e lavorare) insieme e quella pluricentrica e interconnessa della rete. Dopo dieci anni e dieci edizioni, direste che Demanio ce l’ha fatta? Quali sono i segnali più importanti e concreti che intravedete?
CC – Ammetto che questa è una grande ambizione, quella di saper permanere nella dimensione della prossimità, senza perdere il senso e il sentimento del millimetro, con attenzione vigile ai segnali deboli, alle interferenze sotto traccia dei processi che accadono ovunque sotto tutti i fusi orari. Indubbiamente a Demanio la comunità originaria – memorie e coscienza di luogo – coabita con la community, anche grazie alle origini della nostra esperienza, ai primi anni della rivista – prima Progetti e poi Mappe. Se guardo all’oggi, credo che lo sforzo progettuale di oltre vent’anni di iniziative si legga in un’appartenenza che regge al tempo, cresce, cambia e si allarga anche grazie alla dimensione policentrica e interconnessa della rete che non rappresenta uno strumento funzionale ma un’intelligenza autonoma con cui confrontarsi.
PC – Non so, mi sembra una domnda più adatta a Cristiana che a me. Io posso solo ribadire quello che ho scritto nel testo di presentazione. Per resistere alla spinta regressiva (verso il privato) che viene con la pandemia dobbiamo agire in due direzioni apparentemente contrastanti. Da un lato quella della “presenza del progetto”, quindi dell’azione artistica, progettuale, culturale, di design, volta a costruire spazio pubblico, come facciamo ogni anno a Marzocca. Dall’altro imparare a contrastare gli ovvi aspetti reazionari (parola desueta) della sfera digitale – il rapporto “di coppia chiusa” con i propri dispositivi, la loro centralità come canale unico di comunicazione e via dicendo – e a piegare il digitale verso le sue potenzialità migliori, favorevoli alla socialità e alla produzione di pensiero. Insomma costruire un’alleanza tra analogo e digitale che è ancora ai primi vagiti ma che speriamo cresca presto e che cerchiamo di alimentare.
Al termine del lungo video che dà conto della decima edizione di Demanio, reperibile sempre su YouTube, c’è un bellissimo elenco delle Parole di Demanio su cui riflettono alcuni tra gli ospiti più illustri che avete invitato. Le parole sono Architettura, Arte, Comunità, Mappa, Notte, Spiaggia, Adriatico, Battigia, Mare, Sale, Approdo. Ce n’è qualcuna che manca e che potrebbe fare da bussola per questa undicesima edizione? E perché – curiosità mia – da questo elenco manca Parola?
CC – Ti faccio un invito a cui non puoi dire di no. Vorrei che la parola Parola fosse a cura di Massimo Gezzi. La presentiamo a Demanio 2021 e la pubblichiamo sul nostro giornalone, come parte del programma e dei contenuti. Un bel dialogo con En plein air.
PC – Beh, quest’anno sarebbe bello aggiungere respiro, la possibilità di respirare en plein air, la nostra aria vicina (ma non troppo) a quella degli altri a costruire lo spazio virtuale dello scambio e dell’interazione. L’altra parola di quest’anno è certamente la “selva” evocata dal team che vinto il concorso per l’installazione in spiaggia (Collettivo Deperspective), che ha invaso la spiaggia con una moltitudine digitale e che intende ovviamente ricordarci come sia ormai improcrastinabile l’impegno di migliorare i rapporti tra l’umano e le altre specie.
C’è qualcosa di importante che è rimasto fuori dalla nostra conversazione e che chi legge dovrebbe conoscere, per capire meglio Demanio marittimo km. 278 e prepararsi all’undicesima edizione?
CC – Demanio quest’anno ha un tratto di gentilezza e di grazia molto più marcato del solito, non solo perché è un’edificazione naturale fatta di creature viventi ma perché il tempo nuovo che si è aperto ci sfida su questa radicalità. La comunicazione ben rappresenta questa dimensione aliena dello scenario su cui volano pesci, piante, fiori – il cielo sopra di noi e il mare sotto di noi e davanti a noi. Tutto a posto, tutto sovvertito.
PC – Non credo. Ricorderei solo due cose: un talk “a puntate” che attraversa tutta il programma di uno dei due palchi e che coinvolge una quindicina tra i giovani gruppi di architetti (e alcuni artisti) italiani. A loro abbiamo chiesto di riflettere sul futuro della figura dell’architetto e dell’architettura stessa; tra loro discuteranno e si confronteranno con critici e storici. E poi una piccola storia preziosa che ci viene. Quella della scuola sperimentale regalata dal Soccorso Operaio Svizzero alla città di Rimini (rasa al suolo) all’indomani della seconda guerra mondiale e ancora attiva e pulsante qualità civile e pedagogica. La racconterà il regista Teo De Luigi, che su questa vicenda sta preparando un film, e la discuterà con esperti di storia dell’architettura, pedagoghi, filmmakers.
[Immagine: una foto di Demanio marittimo.Km-278, decima edizione (2020)].