di Anonimo

 

[Su Le parole e le cose2 qualche tempo fa è apparso un manifesto per l’anonimato intellettuale, che sollecita testi di autori anonimi che vogliano proporre le loro parole, non il loro nome, ai lettori, così da evitare gli effetti di identità che spesso distorcono la discussione pubblica. Un anonimo ci ha inviato oggi questo messaggio d’auguri per i dieci anni del sito.]

 

Io non ho un nome. Noi non abbiamo nome, lo sapete. O meglio certamente ce l’abbiamo, all’anagrafe e là fuori. Ma non lo diciamo qui. Siamo qualcuno, lì nella nostra casupola sull’Appennino, o negli studi radiofonici, o nelle vie strette che danno sull’Atlantico, o sotto i portici della vecchia signora dai fianchi un po’ molli. Ma qui, su LPLC, siamo anonimi. Ma anche gli anonimi vogliono una casa, e vogliono una casa dove dire parole e provare ad avere chi le sente. O forse non è una casa, quello che serve, ma una piazza. Ma si può essere anonimi su una piazza? Si possono evitare gli effetti d’identità in un luogo pubblico? Si può essere anonimo in pubblico?

 

Anche solo per aver reso possibile il tentativo, Le parole e le cose è un luogo caro e di cui essere grati. Ma è un luogo caro con una storia, una storia che ha dieci anni, e un’identità – un’identità che a chi ci si affaccia talvolta, con l’irregolare cadenza dell’anonimato, pare confortevole, perché allo stesso tempo consueta (antica, direi) e nuova. È una rivista, come ce n’erano una volta. Stavo per dire: di varia umanità, di bella umanità. Ma è un blog, come ce n’erano pure di quelli una volta – forse in una stagione troppo breve. Ed è social senza eccessi – né eccessi di conservatorismo e snobismo, né eccessi di entusiasmo. Ed è ovviamente tante persone che ci scrivono, ma è anche, o forse soprattutto, quei pochi che la fanno in redazione, instancabili. Insomma, un bel posto, un luogo al riparo dalle tempeste, ma con vista sull’abisso e gli uragani. Un periscopio, un monte Palomar.

 

L’anonimo e la sua claudicante irregolare rubrica sono arrivati da poco, da meno di un anno, su Le parole e le cose. Ma ci stavano da tanto, in altre forme, forse pure da dieci anni. E avevano goduto della natura libera e ventosa del luogo. Del fascino delle tante cose che ci sono dentro, delle molte voci. Del solletico dei commenti ricorrenti, o dei commentatori abituali. Il bello dei compleanni, a una certa età, è che sono conferme, non sono (o non sono soltanto) celebrazioni, o feste spumeggianti e sfrenate. Le parole e le cose compie dieci anni da gatto – forse è maturo, potremmo dire, se fosse un gatto avrebbe una bella età, quasi una mezza età. Mi piace pensarlo saggio e sornione, come una sorta di Stregatto della rete. Ci serberà tante sorprese, credo – crediamo. Ma è bella anche l’abitudine della mail tutte le mattine, con l’articolo del giorno – a volte anche due volte al giorno. Auguri, amiche e amici di Le parole e le cose. Sarà bello sempre, qui al riparo della faggeta, nel corridoio insonorizzato, nella saletta del caffè del porto, leggervi. E talvolta mandarvi dei pezzi degli anonimi.

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