di Daniele Comberiati

 

[Il nuovo libro di Daniele Comberiati, appena uscito per Mimesis (Il mondo che verrà. Cinque ipotesi di ricostruzione dell’umanità: London, Barjavel, De Pedrolo, Montero, Ammaniti), mette in prospettiva transnazionale l’immaginario letterario dei mondi alternativi, dove i rapporti umani, le strutture sociali e gli orizzonti di vita sono radicalmente diversi, pieni di tensione utopica verso alternative possibili, ma anche inquietamente vicini alle ipotesi paventate in questo corso pandemico. Qui di seguito un estratto introduttivo].

 

 Può forse apparire strano parlare di pandemia al principio di un libro letterario, ma se c’è una cosa che i mesi reclusi in casa e i successivi a mobilità ridotta dovrebbero averci fatto capire è che, senza la capacità di immaginare un’alternativa, si perde anche la lucidità per comprendere in profondità il presente. Se le costruzioni utopiche e distopiche sono anche proiezioni dell’autore/autrice e del contesto che le produce, la loro peculiarità risiede nelle possibilità – oscure o illuminanti – che aprono nella mente di chi legge. Leggere un’utopia/distopia significa anche, in una concezione “aperta” della ricezione letteraria che rivaluta il ruolo del lettore e della lettrice (Leenhardt 1994, 41-48), partecipare in maniera attiva alla ricostruzione del mondo proposta. La pandemia generata dal cosiddetto COVID-19 ci ha interrogato sul mondo e sulle società in cui viviamo, ponendoci di fronte inevitabilmente alla sfida di immaginarne un altro. Gaia Giuliani ad esempio ha efficacemente notato come le paure già presenti nelle rappresentazioni popolari della cultura di massa occidentale siano divenute ancora più virulente durante e dopo la pandemia (Giuliani 2020), attribuendo dunque al virus una funzione amplificatrice.

 

[…] Proprio la voglia di trovare nuovi stimoli al mio immaginario mi ha spinto, in pieno confinamento, a concepire questo libro. Le cinque utopie/distopie – preferisco in questo frangente evitare di definirle in maniera specifica, per ragioni che saranno chiare più avanti – presentate propongono lo sforzo di ricreare un mondo in cui il contesto materiale, le relazioni umane e sociali, la struttura stessa della società sono radicalmente diversi da quelle che conosciamo o che erano in vigore al tempo della stesura di queste opere. Ci tengo a precisare come nessuno dei mondi proposti possa essere da me considerato utopico o, per lo meno, radicalmente migliore di quello in cui vivo, al di là di alcuni aspetti specifici. L’utopia bucolica di Barjavel, ad esempio, se da un lato si regge sul rispetto della natura e su una nuova modalità di relazione fra l’essere umano e l’ambiente, dall’altro ha bisogno di un sistema gerarchico feroce, basato sul controllo dall’alto e sul patriarcato. Tale esemplificazione, sulla quale ritornerò nel capitolo dedicato al romanzo Ravage (1943), mi serve semplicemente per spiegare la mia posizione rispetto ai mondi immaginati nei cinque libri che verranno analizzati. Al di là di alcune affinità personali rispetto ad uno o ad alcuni elementi singoli di queste società, infatti, nessuno dei mondi proposti potrebbe essere considerato “ideale”. Ciò che maggiormente mi interessa, invece, risiede nello sforzo immaginativo dei quattro autori e dell’autrice: le metodologie che hanno applicato per costruire un mondo coerente e alternativo, l’analisi lucida del contesto in cui vivevano, le ragioni che li hanno spinti a creare proprio quella determinata tipologia di società futura.

 

[…] In tal senso ho optato per analizzare opere che utilizzassero la “catastrofe” nel doppio senso di dramma e possibilità di ricostruzione. Come hanno ottimamente visto Emanuela Carbé, Jacopo La Forgia e Francesco D’Isa in Trilogia della catastrofe (2020), la catastrofe o rovesciamento è un elemento costante dell’evoluzione e della costruzione del nostro mondo.

 

Se ogni realtà, alla stregua di quanto affermano gli autori e l’autrice, è al tempo stesso un’invenzione generata da un racconto – il racconto delle catastrofi – e una creazione di una memoria collettiva condivisa perché tale invenzione sia percepita come “reale”, allora i cinque romanzi scelti partecipano alla creazione – immaginaria, ma non per questo con minori conseguenze sul mondo concreto – di una società e di un’umanità nuove. Come già aveva scritto Borges in Tlön, Uqbar, Urbis Tertius (1940, pubblicato in seguito in Ficciones nel 1944), cambiare nome alle cose – dunque utilizzare il linguaggio e la scrittura – significa modificare la percezione della realtà, dunque in definitiva la realtà stessa.

 

La catastrofe è così termine ultimo o iniziale, ma anche rovesciamento e a riflettere con attenzione – come fanno per altro gli autori e l’autrice del saggio citato – diverse catastrofi vi sono già state, così come numerose distruzioni di mondi. Altri ne sono nati, ed è alla loro costruzione e concezione che il presente saggio rivolge la sua attenzione.

 

[…] Se con The Scarlet Plague [La peste scarlatta] (1915) [1912] di Jack London partiamo dalla tradizione statunitense degli anni Dieci del ventesimo secolo immediatamente prima della Prima guerra mondiale, con René Barjavel e Ravage [Sfacelo] (1943) ci troviamo durante la Seconda guerra mondiale, con la Francia prima occupata militarmente dall’esercito tedesco e in seguito in parte collaboratrice con il cosiddetto governo di Vichy, che operava proprio nelle zone descritte dal romanzo. Mecanoscrit del segon origen [Seconda origine] (1974) di Manuel de Pedrolo è invece un testo uscito a Barcellona nella prima metà degli anni Settanta, scritto in catalano durante gli ultimi anni del regime franchista. Si tratta dunque di un’opera dal forte valore simbolico e politico, a partire dalla lingua utilizzata fino alle metafore più evidenti presentate. Lágrimas en la lluvia [Lacrime nella pioggia] (2011) della scrittrice spagnola Rosa Montero costituisce il primo volume di una trilogia – insieme a El peso del corazón (2015) e Los tiempos del odio (2018) – che vede protagonista la detective Bruna Husky, che lavora nella Madrid del ventiduesimo secolo. L’ultimo romanzo analizzato, Anna di Niccolò Ammaniti (2015) appartiene alla letteratura italiana contemporanea, essendo l’autore uno dei protagonisti del gruppo dei “Cannibali” che hanno provato a rinnovare le lettere italiane verso la metà degli anni Novanta (Brolli 1996).

 

Naturalmente tale scelta mi permette anche di attraversare il ventesimo secolo – in particolare le due guerre mondiali, analizzate rispettivamente negli anni precedenti alla prima e durante la seconda, nonché il periodo della fine dei regimi dittatoriali dell’Europa meridionale – e il ventunesimo, creando una breve mappa storico-geografica di riferimento. Per tale ragione ho preferito analizzare questi testi in ordine cronologico, proprio per dare l’idea ai lettori e alle lettrici dell’evoluzione delle rappresentazioni utopiche e distopiche e dei riferimenti culturali ad esse associate.

 

Ciascuno dei cinque testi selezionati, inoltre, può essere studiato attraverso un punto di vista critico differente: La peste scarlatta di Jack London attraverso il paradigma della memoria e della costruzione del senso di comunità grazie alla scrittura; Sfacelo tramite gli studi di genere e femministi; Seconda origine mostra invece lati inediti e interessanti alla luce del prisma delle teorie postcoloniali, mentre Lacrime nella pioggia riflette sulla nozione di postumano e sulla teoria del cyborg. Anna di Niccolò Ammaniti, in ultima istanza, si piega facilmente alle contemporanee riflessioni legate all’ecocritica. Poiché molte di queste opere hanno avuto trasposizioni cinematografiche o televisive, uno sguardo transmediale sarà necessario, soprattutto per analizzarne, come si diceva in precedenza, i meccanismi di circolazione e ricezione.

 

[…] Così facendo, la perfetta costruzione dell’utopia inizia a scalfirsi e a mostrare crepe più o meno pericolose. Ogni crepa, ogni segno di vita vissuta – inevitabile, quasi voluto – è un avvicinamento verso la distopia, ma non necessariamente, come abbiamo più volte ripetuto in queste pagine, in senso strettamente negativo. David Graeber in The Utopia of Rules (2015) e in particolar modo in Bullshit Jobs (2018), considera la fine del capitalismo come inevitabile e probabilmente, in una concezione storica di lunga durata, anche imminente. Al tempo stesso però il sociologo americano mette in guardia i lettori e le lettrici dai facili entusiasmi legati a tale cambiamento: il capitalismo magari finirà davvero fra pochi decenni, ma potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di peggiore. La catastrofe non sarebbe dunque catartica, ma distruttiva. Ciò non significa ovviamente mantenere lo status quo del mondo che conosciamo, ma al contrario lavorare per immaginare un sistema valido per contrastarlo. Le ipotesi proposte in questi cinque romanzi risultano tutte imperfette, per le idee degli autori e dell’autrice o per la loro attuazione pratica. Ciò che però è importante è che in questi romanzi si è davvero cercato di immaginare la fine del capitalismo, attraverso lo sforzo di proporre un’alternativa reale. È a partire da tali scenari, adattandoli, cancellandoli, rifiutandoli e ampliandoli, che chi legge può provare a concepire il mondo in maniera differente.

Bibliografia

Ammaniti, N.

2015    Anna, Einaudi, Torino.

Barjavel, R.

1943    Ravage, Denoël, Paris; tr. it. di L. Scalpelli e M. Spagnuolo, Sfacelo, L’orma, Roma 2019.

Borges, L.

1944    Tlön, Uqbar, Urbis Tertius [1940], in Ficciones, Sur, Buenos Aires; tr. it. di F. Lucentini, Finzioni, Einaudi, Torino 1955.

Brolli, D.

1996    Gioventù cannibale, Einaudi, Torino.

Carbé, E. – La Forgia, J. – D’Isa, F.

2020    Trilogia della catastrofe. Prima, durante e dopo la fine del mondo, Effequ, Firenze.

De Pedrolo, M.

1974    Mecanoscrit del segon origen, Edicions 62, Barcelona; tr. it. di P. Rigobon, Seconda origine, Atmosphere Libri, Roma 2011.

Giuliani, G.

2020    Monsters, Catastrophes and the Anthropocene: A Postcolonial Critique, Routledge, London.

Graeber, D.

2015    The Utopia of Rules: On Technology, Stupidity, and the Secret Joys of Bureaucracy, Melville House, New York.

2018    Bullshit Jobs: A Theory, Penguin, New York; tr. it. di G. Santoro, Bullshit Jobs, Garzanti, Milano 2018.

Leenhardt, J.

1994    Théories de la communication et théorie de la réception, in “Réseaux”, a. 12, n. 68, pp. 41-48.

London, J.

1915    The Scarlet Plague, Macmillan, New York; tr. it. di O. Fatica, La peste scarlatta, Adelphi, Milano 2009.

Montero, R.

2011    Lagrimas en la lluvia, Seix Barral, Barcelona; tr. it. di C. Marseguerra, Lacrime nella pioggia, Salani, Milano 2012.

2015    El peso del corazón, Seix Barral, Barcelona.

2018    Los tiempos del odio, Seix Barral, Barcelona.

 

 

[Immagine: Morte del Sole, della Luna, e caduta delle stelle (Cristoforo de Predis, XV secolo)].

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