di Christian Sinicco
[Esce oggi per la collana di poesia di Donzelli Ballate di Lagosta, di Christian Sinicco. Ne presentiamo cinque testi].
Nei minuti di una pubblicità
ho i miei figli sepolti nel mare
e un abisso alle porte:
la pelle nera e le mani allagate
strette alla fine alle alghe –
diciannovemila uomini in sei anni,
diciannovemila preghiere bianche
e nessuna azione, nessuna risposta
questa dimmi è la nostra società,
questo dimmi fa parte della crescita?
siamo state noi queste
radici nella sabbia,
le gabbie e i rifugi per l’orecchio,
un deserto sonoro –
come non seppellire
diciannovemila uomini in sei anni,
diciannovemila menzogne bianche?
in questo dimmi c’è qualche verità,
in questa dimmi che è solo cronaca?
Ballata di Marija
fiorì la madre tra il finocchio e i suoi angeli gialli
fioriscono in processione a due a due uomini e donne
è fiorita la valle prima di quel suono di campane
il 15 agosto si staglia da secoli nelle pietre, ora e sempre
sul sagrato e poi giù per le case e le scale
sulla bella di notte c’è ancora il tramonto di ieri
e di tanto in tanto il paese chiama Marija,
i pistilli ubriachi, le semenze di tomba
i campi di Lastovo il colibrì li ricorda
come covo di pirati – pare che nulla cambi
così con la squilla ti batti il petto
e il mare è il suo sarcofago e il ritmo
quale giorno sia, smemorato arrivi alla chiesa
quanti giorni sei stato nei sogni e ti sei fatto sorprendere?
è questa la sveglia: lo sanno il prete,
i cesari, la campana e la valle
e il medioevo alle spalle inanella i vitigni
se la processione andasse più su
penderesti dalla forca dei perdimenti nel forte francese
Marija non lo sa, e mi ha accolto lo stesso
Marija è vestita di porpora e si prepara alla festa
è una madre fiorita nel cuore di un’isola
petali di bouganville la processione calpesta
scendendo al cimitero, salendo di nuovo alla chiesa
Marija è in ogni mattina e intona l’universo nei salmi
come il cemento della strada si è sparsa nel punto delle cose
è la voce del mio silenzio finalmente rapita
con una viola tra i capelli e sulle rughe
*
la piccola spiaggia
si è colmata con la marea,
posso vedere tra il mio male
e la bellezza, il nostro male
e tutta la bellezza;
poi i segni invadono
e mi osservo nell’inondazione:
vorrei sapere cosa sono
i cicli della Luna,
come un’ascensione
nella gioia, nei chilometri
da conquistare all’universo
*
l’isola è un uomo,
il suo cuore l’estasi e la sua lingua
estesa ovunque, liquida,
ma dopo la tempesta
i colori dell’erba sono bruciati,
il paesaggio si è raffreddato
e ha spinto un vento ignoto
il ciclone dell’inverno tra le barche,
e nessuno ricorda
le parole disperse sul cielo nero,
i nomi morti nel Mediterraneo
*
e tu tornerai ogni giorno all’alba
con gli spazi vuoti da custodire:
tra le pietre scolpite
la linea della costa
sarà mutata, ed io non saprò
di te, se ti tufferai
o scenderai tra i gradoni
di calcare e poserai
sopra la posidonia
la tua sagoma di uomo
che continuerà a muoversi con le onde,
che continuerà a crescere dopo di me,
dopo la mareggiata
e l’erosione della nostra memoria.
NO.