di Marco Balzano
[Esce domani per Einaudi Nature umane, il nuovo libro di poesia di Marco Balzano, accompagnato da una quarta di copertina firmata da Fabio Pusterla. Ne pubblichiamo alcuni testi in anteprima web, ringraziando l’autore e l’editore].
I
la mosca testarda tira colpi alla finestra.
Prende la rincorsa e per schiantarsi contro il vetro
ci mette tutta la sua forza. Non lo vede
l’ostacolo? non lo realizza l’urto?
oppure è quel fazzoletto di cielo
che le fa felicità solo a guardarlo e allora
vale la pena non capire, continuare
a farsi male e sempre sbattere, sbattere la testa.
II
se la vita è un fiocco di neve
che nessuno è uguale ad un altro
prova della natura mortale
perfetta nella sua inconsistenza.
Se la vita è un fiocco di neve
imparare si deve a restare senza
a capire che tempo vuol dire cadere
morire finire sopra altra neve.
Nessun segreto, nessuna congettura:
il fiocco, il mucchio, lo specchio di luce.
III
buoni propositi
quando passi sotto il dirupo
non serve accelerare il passo,
per non cadere sotto o scansare il masso
non ha a che fare il tempo, né la corsa,
e nemmeno la scadenza scritta
in miniatura sulla confezione. Tu,
tra il burrone di ortiche e la vertigine
che dà la vetta, aggiusta meglio sulle spalle
la bisaccia. Guarda dritto e basta.
In questa vigilia eterna la borraccia
è la sola cosa che va tenuta stretta.
IV
quei fiori appesi ai pali, sulle strade di provincia, sulle tangenziali
senza steli e senza odori, flosci per lo smog, secchi per il vento.
Appena dopo l’incidente li cambiavi tutti i giorni
cocciuta ti giuravi che ci saranno sempre.
Non sai quand’è successo che non sei piú andata
forse il mal di testa, la sveglia non suonata.
Adesso, se passi lí davanti, cerchi un nome alla tua colpa
ti chiedi cosa ci puoi fare se ti è toccato proseguire,
se anche quest’anno sta arrivando primavera.
V
il bucaneve
Eva, lo vedi l’angelo che si avvicina
senza negli occhi i segni della colpa
che ti aspetti? ti perdona ormai,
e porta nella mano il bucaneve.
Di nascosto da Dio lo sfila dal suo pugno
per farlo cadere dentro il tuo. E tu, stanca
di paradisi che non avevi chiesto
di serpenti che non hai mai desiderato
lo cogli come fosse un’altra mela.
Ancora bambina per pensare a noi.
VI
il primo uomo
era nato contadino, la pelle già bruna
analfabeta sapeva solo fare la firma.
Usciva alle quattro, in spalla la bicicletta
che teneva nel ballatoio davanti all’olio
e ai dolci di mandorle da mangiare a san Ruggero.
Prima di cena se ne andava in piazza
a giocare a tressette, ordinato che sembrava
un primo giorno di scuola, e quando
gli mancava la carta bestemmiava i fascisti.
La sera se sentiva voglia di portare
la sedia sul mare ringraziava qualche dio
di non so che religione innocente.
Poi fu il boom economico: due mesi
e divenne operaio, una tosse strana
la faccia piú smunta. Niente piú sedia sul mare
niente piú carte, amici, solo qualche bestemmia
che le lacrime gli erano uscite un’unica volta
quando gli era morto addosso l’amico
portato ferito a sacco di patate sulla spalla.
Arrivò a Milano nel ’64
disfò le valigie in una casa senza balcone
venne perché il pane per mia madre bambina
restava duro anche nel latte.
È morto dopo 37 anni di Montecatini
quel casermone vicino alla Bovisa
dove ci sono ancora oggi sorci e vetri rotti.
Fino alla fine sulla bocca aveva una smorfia
che sembrava il sorriso di un ercole stanco.
Io sono stato secoli di mattino
sulle sue gambe asciutte a dondolare
e dondolare e dondolare senza tempo,
attorno nessun vuoto da riempire
solo dondolare.
Senza ricordare altro.
© 2022 Marco Balzano
© 2022 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
Per gentile concessione dell’autore, in accordo con Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency (PNLA)
[Immagine: Disegno di Carlo Ravaioli].