di Gianni Montieri

 

[Esce oggi per Liberaria Ampi margini, una raccolta di poesie di Gianni Montieri. Presentiamo alcuni testi tratti dalla prima e dalla seconda sezione del libro]

 

*

 

Tornare soltanto per vedere
se ci riconosciamo
se allo specchio di Santa Fede Liberata
è il nostro riflesso che compare
o – e sarebbe più reale – l’ombra
delle vecchiarelle: carcerate,
prostitute, musiciste e, perché no,
tipografe e nonne di Benedetto Croce.

 

*

 

Chitammore, nella voce di un ragazzo
mentre rischia di essere investito
pensa a Chitemmuorte, ma poi la vede
così bella che non sa insultarla, rapido
come il fulmine toglie ‘e muorte
e mette ammore, risolvendo
tra battito e matematica applicata
ogni tipo di equazione.

 

*

 

Con te sono venuti i vicoli, il banchetto
dei libri a Mezzocannone e la lava
d’acqua di quando piove – sembra
non possa smettere – le case si scurano
si fanno fragili, friabili, si piegano
ti seguono, ti ha accompagnato
pure la poltrona scassata messa
fuori da Filosofia, due si sedevano
si baciavano e poi si allontanavano.

 

*

 

Fossero di piombo fuso le case vuote
– abbandonate quasi mai per scelta –
o di materiali sconosciuti, fragilissimi
le ameremmo comunque, le pareti
vibrano: hanno assorbito gli anni
le storie di ogni famiglia povera
di ogni appiccicata, alluccata
ancora tremano i tavoli per il peso
di un pugno sbattuto, vibrano
le sedie senza paglia, si muovono
le ombre sui muri, si allungano
sul pavimento, escono sul balcone.

 

*

 

Un’ultima foto dell’ombra di mio padre
attaccata alla mia a piazza del Plebiscito
ci voglio passare con mia madre e tenerla
sottobraccio nella luce che taglia il colonnato.
Ti ricordi, ma’? Qua una volta parcheggiavano.
Dopo la porto a sentire il vento del Pallonetto
vedere se ritroviamo la figura giù a Santa Lucia.

 

*

 

Dalla seconda parte “Con mio padre”

 

*

 

Vorrei che queste poesie
le leggessi prima che sia tardi
eppure non so se sia il caso;
come tutte le volte
che dovevo parlarti
e ho rimandato, o tutte
le cose che volevi dirmi
e non è capitato.

 

*

 

Adesso mi piace venire al cimitero
da te, mettermi di spalle alla tomba
guardare quello che tu vedi
distese di lapidi e di cappelle
squarci di strade che si intersecano
i tralicci dell’Enel, più avanti
sullo sfondo dev’essere la casa
di zio Antonio, due curve dell’Asse
Mediano se mi volto a destra
il vento di dicembre sulla sciarpa blu
stai al terzo piano e devono piacerti
i cavalli in basso oltre la strada
a sinistra la collina, forse i Camaldoli
tu vedi di più, io lo so che il tuo sguardo
arriva fino alla costa, taglia in due
la Domitiana, si spinge e tiene
insieme tutti i nostri passati.

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