di Maria Borio e Italo Testa
[Domenica 22 maggio, alle ore 16, saranno presentati in anteprima al Salone Off del Salone del libro di Torino Prisma di Maria Borio, e Onda statica. Tre atti unici di Italo Testa, le ultime due uscite della collana “Manufatti Poetici”, curata da Antonio Syxty, Paolo Giovannetti e Michele Zaffarano per Zacinto Edizioni. Con gli autori interverrà Paolo Giovannetti. Ne presentiamo qui due estratti]
Maria Borio
Ogni corpo sonoro può essere sottoposto
a vibrazioni di diverso tipo, ognuna delle quali
ha una ratio in base alla frequenza delle altre.
E.F.F. Chladni
Lei è la donna che canta forme di fiori…
M.E. Grant Duffe
Ciò che può unire l’operazione sonora e l’operazione immagine
dipende dalla ricerca dell’energia letterale della superficie.
J.-P. Courtois
(E. F. F. Chladni è stato un fisico del XVIII secolo che ha studiato gli effetti del suono. Osservò che una membrana o una lastra, cosparse di sabbia o polvere di licopodio, potevano avere modi di vibrazione diversi in base alla sollecitazione acustica, che corrispondevano a disegni geometrici. Alle figure di Chladni fa riferimento la cimatica di Hans Jenny. Questo poema immagina figure di suono in poesia attraverso gli effetti sonori del linguaggio.)
1. L’orecchio sulla mano
Sto per parlare:
la corrente che ci tiene in vita è identica
alla cosa più semplice –
senza pensare riconosci sempre
la luce che buca il ciliegio? –
anche se non lo hai mai visto, non serve.
Stai per parlare:
per, la parola più facile, può trasformarsi
in molto divertimento –
vorresti essere giovane o indefinibile? Digita
LOL al posto di TVB
Lots of Love per Ti voglio bene quando
il mondo era più piccolo
e ora in sovradimensione… ma LOL vuol dire sempre
luce che rompe le cose?
Non vedi? Innamorarsi per la prima volta: non sai
che il piacere all’inizio non sempre ha futuro?
Ma TVB, almeno, si scriveva con la penna
premuta dentro al palmo della mano
e l’inchiostro ondulava come le figure di Chladni sull’eidofono.
Ecco, il suono sta per parlare. Cosa?
Sì: un prisma di voce, e tu sei sempre giovane,
mentre il tratto della penna scioglie il sudore lentamente
in fiori liquidi – che cosa perfora la luce?
Stiamo per parlare:
forse, un’emozione da niente –
i nervi si contraggono, il calore li dilata,
la mattina si espande e LOL fluorescente
vibra sonoro per milioni di figure –
in altri esperimenti il messaggio certamente è universale?
Allora, una ragazza appoggiava l’orecchio sulla mano –
non l’hai vista? Non serve…
Guarda, indietro, la luce naturale –
dove hai imparato le previsioni?
3. Sabbia e piombo
Prima di innescare la vibrazione scegli i colori
di sabbia, flash, primari, che al ritmo mescolandosi
fanno tinte di secondo grado. Fissa il blu mentre rotea
e i salti multi-dinamici, immagina le cellule e i pixel
come le strategie dei videogiochi riproducono le paure.
Le figure sonore non corrispondono a una scelta,
poco più dense delle ombre cinesi. Ma una ragazza dipende
dal challenge – ogni essere intelligente conosce
tattiche, punizioni, ansia di non farcela.
Lei mangia e sulla tastiera grinda, vira per altri livelli
in un drop vertiginoso, lagga il tempo, si arrampica
su una parete altissima di roccia e bambù,
killa i fantasmi e in fondo tocca un uomo
di pietra e sesso, finché il gioco non cade dal letto
dove sono davvero in due, soli, nudi, newbie, al principio.
Il tablet a terra si confonde fra vestiti e rumore:
lo sentono, tirano su il piumone a capanna, lo temono,
la stoffa pulsa come il tasto che banna, sono dentro
la paura prima: controllare, nascondere, volere?
La paura seconda farma indistinta fra le gambe,
pianta ovunque un po’ di saliva, coltiva giunture e capelli,
il futuro che insieme non avranno e la notte
dal lato nord della città come una scena gotica.
Si tengono stretti, hanno imparato, ma è un buio
in salita di milioni di anni luce nel quartiere medievale
e loro in un pudore immateriale: un gioco chiuso
adesso, non c’entra il volersi bene, perché
natura necesse est e li ha visti fare XOXO – baci e abbracci –
capire e segnarsi per sempre la bocca con il succo d’arancia
colava dallo spremiagrumi di metallo goccia dopo goccia
l’ultima frase di un proverbio: di sera arancia è piombo.
NOTE:
Le epigrafi sono frammenti da E.F.F. Chladni, Entdeckungen über Theorie des Klanges, Lipsia, 1787 (tr. inglese: Treatise on Acoustics, traduzione di R.T. Beyer, ASA Press/Springer, 2015) e da E.M. Grant Duffe, Notes from a Diary, Londra, 1889–1891, a proposito degli esperimenti acustici con l’eidofono di M. Watts Hughes. La traduzione italiana è mia.
L’ultimo frammento, nella traduzione di F. Deotto, è tratto da J.-P. Courtois, Imaginer depuis le document, in «Littérature», 190, 2018.
Le immagini sono le riproduzioni delle prime sette tavole illustrative al trattato di Chladni (1787).
Segue un glossario del linguaggio dei Millennials e della Generazione Z.
Italo Testa
QUALCUNO CHE LI PENSI
(Elisa, Fabio, Sandra, Andrea. Parlano assieme. Da soli. Assieme)
Ho sentito parlare dei miei pensieri
Dei pensieri che passano nelle vostre menti
Un fruscio che si allontana e disperde
È mattino, la luce li espone
Nessuno potrebbe mai pensarli
Ero in un prato, correvano
Parlo di quel giorno
E di quelli che ti guardavano
Ne ho sentito parlare
Li hai sentiti sulle labbra
O piuttosto ero in un parco
Ti parlavano
Correvano intorno
Devo trovare qualcuno
Qualcuno che li pensi
*
Il mio nome è Elisa
Eravamo all’aperto
Qualcosa fremeva
Non saprei dirvi
L’albero alle sue foglie
Le foglie al ragazzo
Non poteva sentirli
Tutti quei discorsi
Non li pensava
Il vento e gli altri
Li sentivi dentro
Ti parlavano
O piuttosto eravamo lì
Fermi sull’argine
Senza muoverci
Queste cose
Devo trovare qualcuno
Che le pensi
*
Il mio nome è Sandra
Ho sentito parlare
Dei vostri pensieri
Qualcosa che risuona
Si allarga
Le chiamano onde
Nessuno potrebbe dirlo
Cosa accade
Ero tra gli altri
Tu mi stavi di fronte
E le nuvole ad esempio
Perché le nuvole
Se guardavano in alto
Parlavano dicevano
I tuoi seni qui
Nelle mie mani
Lo chiedevano
Nelle tue mani
Nessuno potrà dirlo
Li tenevi erano lì
Passavano nelle menti
*
Devo trovare qualcuno
Qualcuno che li pensi
Il mio nome è Fabio
Ero vicino a loro
Li sentivo dentro
Guardavano negli occhi
Stavano di fronte
In tutto quel fruscio
Non li potevi sentire
I tuoi pensieri
Non potevo sentirli
Ti parlavano dicevano
Devi trovare qualcuno
Qualcuno che li pensi
O piuttosto eravamo in una stanza
Le spalle contro il muro
Devo trovare qualcuno
Qualcuno che li pensi
*
Il mio nome è Andrea
In piedi dietro di me
Aspri e duri
Sul tessuto ruvido
I tuoi seni
Guizzavano mobili
Aspri e duri
Sul tessuto ruvido
Non potevo sentirli
I suoi pensieri
Sfregarsi al buio
Nessuno potrebbe dirlo
Quando accade
Un fruscio che si allontana
*
Il mio nome è
O piuttosto ero
Qualcuno
Qualcuno dietro di me
Qualcuno che li pensi
I vostri pensieri
Il vostro nome
Ne ho sentito parlare
Dei pensieri che passano
Si spogliano
Contro la parete
O piuttosto ero
Qualcosa
Qualcosa sulle mani
Quando accade
Il vostro nome
Ne hai sentito parlare
Dei pensieri
Nessuno potrebbe mai pensarli
I pensieri che passano
Nelle nostre menti
Leggendo queste poesie di Italo Testa mi è tornato in mente Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e perciò L’elogio dell’infanzia di Peter Handke. Ma che commento è questo? Non è per citare il regista e il poeta che sono niente in questo momento, ma quel farfugliare la poesia nel film, e poi quella ricerca di pensieri… etc. etc. ecco secondo me queste poesie hanno qualcosa di quei ricercatori con le ali e non di quelli con la busta paga… ops mi è scappato