di Laura Pugno

 

Nel 2022 si compiono 15 anni dall’inizio della mia personale avventura con l’ibrido, la pubblicazione del mio primo romanzo, Sirene, nel 2007. Da allora, le figure più che umane, oltreumane, si sono moltiplicate, in letteratura e nell’immaginario, intorno a noi, fino a essere in un certo senso ovunque, o forse solo nell’occhio di chi guarda. La parola Chimera, oltre i Canti Orfici e i Dialoghi con Leucò, riecheggia oggi gli ibridi interspecie della scienza contemporanea insieme alla mitologia greca, etrusca ed egizia, e per questo ce ne serviamo qui: il campo delle ibridazioni, come si vedrà, è molto ampio.

 

L’ibrido per voi, Valentina Bosio e Nicolas Toselli del collettivo Volpi Metropolitane, è lo spirito Kitsune, la donna/volpe della tradizione giapponese. Volete raccontarci, a modo vostro, la sua storia?

 

Le kitsune sono degli spiriti antichissimi. Le storie della mitologia giapponese narrano di questi spiriti come portatori di messaggi di pericolo e di fortuna. Sono particolarmente amanti del travestimento, per cui spesso si divertono a fare scherzi e ad ingannare in particolar modo samurai e guerrieri, prediligendo assumere sembianze femminili. Le donne volpi si muovono con grazia ed eleganza tra il reale e l’onirico, tra passato e presente, collezionando esperienze e saggezza. A volte falliscono i loro complessi e meticolosi piani per errori buffi o ingenui, ma il più delle volte ottengono quello che vogliono. Dicono che alcune kitsune aspirino ad assumere sempre più potere, e per questo possano compiere numerose azioni maligne. Altre, fedeli messaggere del Dio Inari, sono considerate spiriti celesti, a cui è attribuito un ruolo così importante da conferire loro un vero e proprio culto.

 

Esistono numerose leggende sulle kitsune come donne-volpi. Una delle più conosciute nel folklore giapponese è la storia di Tamamo No Mae, una splendida donna dotata di fascino, intelligenza e bellezza, che fece innamorare l’Imperatore non appena varcò la soglia del Palazzo Reale. Tamamo No Mae desiderava vivere a Palazzo e l’Imperatore, estasiato dalle incredibili doti della ragazza, non poté fare a meno di esaudire la sua richiesta; in breve tempo, la donna divenne sua consorte. Tamamo No Mae era conosciuta da tutti, e nella Corte tutti erano meravigliati dalle sue qualità. Eppure, con il tempo, l’Imperatore si faceva sempre più debole, ma la sua bella appariva invece apatica, quasi impassibile agli avvenimenti. Solo quando l’Imperatore fu colto da una forte crisi la donna reagì, mostrandosi sconvolta e confusa. Qualcuno iniziò a sospettare di lei, e dopo alcuni consigli e sotterfugi, per il tocco di una bacchetta si riuscì a smascherare la kitsune nascosta in Tamamo No Mae, la quale, immediatamente, fuggì. L’Imperatore, dopo essersi ripreso, fece dare l’ordine, seppur a malincuore, di assoldare i due migliori guerrieri del regno per poter scovare e uccidere la volpe, ora nascosta tra le alte vette delle montagne. In quei luoghi remoti la kitsune consumò le vite di numerosi contadini e di tante altre persone che, ignare, si aggiravano nei pressi della sua tana; finché un giorno i guerrieri la trovarono. Allora i due uomini annunciarono che erano in missione per ordine dell’Imperatore, il cui volere era di far uccidere chi lo aveva tradito così vergognosamente, attentando alla sua vita; la volpe si tramutò nella bellissima Tamamo che, con le lacrime agli occhi, disse che sarebbe sì morta in solitudine e sofferenza, ma mai prima di aver lottato con tutte le sue forze. Dopo attacchi e cadute da entrambe le parti, la volpe venne uccisa. Come fu colpita mortalmente si trasformò in Sesshō-seki, “pietra assassina”, un masso maledetto capace di uccidere chiunque lo toccasse. Per la liberazione finale dalla maledizione della kitsune di Tamamo No Mae, però, ci sarebbe voluto ancora del tempo, ma questa è un’altra storia.

 

Vedi, come tutte le leggende, anche questa delle volpi trasformiste si è tramandata e modellata nel tempo e nello spazio; infatti, dopo secoli di girovagare la ritroviamo nell’Europa moderna, quando David Garnett racconta della più ordinaria “signora trasformata in volpe”. Miss Silvia, una graziosa e giovane sposa, che durante una passeggiata per il bosco con il marito, diretto a una battuta di caccia a cui la moglie non voleva assistere per un trauma infantile, si tramutò improvvisamente in una volpe sotto gli occhi stupefatti dell’uomo; Mr Tebrick, nonostante l’irreversibile trasformazione, continuerà imperterrito ad amarla e accudirla, anche quando la moglie sarà oramai totalmente inselvatichita. In questo caso, a differenza di Tamamo No Mae, la giovane protagonista Silvia Tebrick non ha sete di potere ma, al contrario, cercherà di preservare il più possibile il legame con il marito; persino dopo aver dato alla luce una cucciolata di volpini, in seguito all’accoppiamento con un maschio della sua specie. Anche se nel finale di questo stravagante racconto, come nella storia di Tamamo, non sarà la donna-volpe ad avere la meglio, il romanzo può essere letto come un’interessante allegoria dell’amore assoluto.

 

Pensate alla parola totem. Cosa nel vostro ibrido vi parla del passato, vostro e di tutti?

 

Crediamo che se la kitsune parla del nostro passato lo fa su due temporalità, una recente, propria della storia contemporanea, della nostra origine come individui, e l’altra antica, della nostra origine come specie.

Il passato recente riguarda la cultura d’intrattenimento che ci ha cresciuto, essa offre gli stessi personaggi e le stesse storie dal Giappone all’Europa; ci sono differenze regionali, ma i prodotti di largo consumo rimangono gli stessi. Un esempio su tutti potrebbe essere Naruto, l’anime giapponese che ci ha fatto incontrare per la prima volta la volpe a nove code. Qui troviamo molti dei caratteri della kitsune, pur nella forma meno comune del maschile, e crediamo dicano molto di noi, del nostro passato recente, delle condizioni della nostra nascita: Naruto è questo studente ninja il cui sogno è diventare hokage, capo di villaggio e quindi abilissimo guerriero; ma dentro di lui è imprigionato lo spirito della volpe a nove code.

 

L’anime si articola nel lento percorso di crescita di questo giovane emarginato, dispettoso e spesso impacciato, che non riesce a gestire la propria rabbia e con essa l’animale che lo abita. Attraverso un percorso conoscitivo di sé e della propria “preistoria”, inizia a tessere un dialogo e a raggiungere un equilibrio con la volpe, imparando anzi a sfruttarne la forza fino a farne una risorsa invincibile nel momento del pericolo. Questa narrazione può essere esemplare per chi è cresciuto dopo gli anni ottanta, per chi ha visto progressivamente erodersi l’orizzonte d’aspettativa, e che, forse, trova nell’incapacità di gestire la rabbia e usarla nel modo corretto una debolezza paralizzante o, peggio, nociva per gli altri. C’è un recente spettacolo di Nicola Borghesi, Gli altri, che parla proprio di questo – come, aldilà della retorica sui nuovi fascismi, la difficoltà a gestire la rabbia, a saperla mettere al servizio del nostro benessere riguarda trasversalmente tutti noi, non solo chi parla in modo violento o compie azioni violente, razziste, sessiste eccetera. La rabbia fa di Naruto o un pagliaccio indisciplinato o un mostro ingovernabile, quindi lo condanna al circolo dell’emarginazione, dalla quale potrà salvarsi solo riconoscendo se stesso e la propria origine “malvagia”: la volpe a nove code che ha sterminato il paese e ucciso il leggendario quarto hokage. Crediamo abbia a che fare con il controllo dell’oblio, il saggio di Franco Fortini in cui si domanda cosa possa rompere il muro di silenzio tra giovani e adulti in merito al passato recente, cosa porti l’adulto a non trasmettere l’esperienza storica e cosa inibisca il giovane a conoscere la storia dei propri genitori, quella che gli ha dato la nascita.

 

Il passato antico, propriamente totemico, è invece quello che ci riguarda come specie. A noi piace riproporre questa domanda che un po’ ci identifica: la volpe è l’animale domestico più selvatico o l’animale selvatico più domestico? La legge, e quindi la risposta, varia da paese a paese, ma, ciò che c’interessa, è che questo animale sta al confine: ha sempre vissuto ai margini dei villaggi umani ma è ben conosciuto per attraversarli, per esempio in cerca di pollame; è noto per il suo andirivieni tra natura e cultura. In questo senso ci racconta del passato di tutti (magari un passato mitizzato), in cui il confine tra natura e cultura, tra società umane e altri viventi era una soglia di transito e non un muro. La filmografia di Miyazaki lavora di volta in volta sulla sintesi onirica di questa contraddizione tra passato organico e presente lacerato, separato, e anche qui ci sono delle volpi trasformiste: in Pom Poko vivono sotto sembianze umane perché ormai hanno accettato il compromesso, e consigliano ai resistenti Tanuki di fare altrettanto. Com’è noto, le volpi sono opportuniste e astute, a differenza dei più impacciati e romantici Tanuki, quindi s’insinuano a meraviglia tra gli umani, trovandosi anzi più adatte di loro a vivere in questa società; e così, nel film, ogni specismo diventa ridicolo e fonte d’imbarazzo. Insomma, diciamoci una cosa, gli animali malvagi o la natura matrigna, hanno e hanno avuto una funzione nel ridimensionare la specie umana; forse guardiamo con occhi troppo commossi e premurosi la brutalità delle altre forme viventi… ecco, ci parla anche di paure antiche che abbiamo rimosso, e che in questi anni sembrano riaffiorare.

 

Pensate alla parola daimon. Il vostro ibrido può accompagnarci nel futuro?

 

Crediamo che la kitsune possa accompagnarci nel futuro, perché trotterellando accanto a noi ci pone delle domande fondamentali, e, quando non ci inganna, fornisce anche delle risposte. Noi ne abbiamo raccolte due o tre, insieme a un bel carico di interrogativi.

Dobbiamo tornare alle leggende del Giappone, a un’altra articolazione del mito, quella di Ono: un uomo che andava cercando moglie e non ne trovava. Un bel giorno però, nei pressi della palude, trova la donna perfetta. Decide di accoglierla in casa e sposarla e presto nasce il primo figlio. Nel giorno del parto, anche la cagna di Ono ebbe un cucciolo, il quale, crescendo, si mostrò sempre più ostile alla giovane moglie finché non l’aggredì; lei, spaventata, tornò all’istante nella sua forma di volpe e scappò via. Venne poi raggiunta da Ono che le chiese di tornare, quando avesse voluto, perché era la madre dei suoi figli e perché il suo amore non si arrestava difronte la nuova natura. Da allora, la notte, nelle vesti di una bella donna, la volpe tornava a dormire con suo marito e, all’alba, adornata di una bella pelliccia, rientrava nel bosco.

 

Ecco, il nostro ibrido ci ricorda di accettare questo transito, di imparare a varcare le soglie di casa; anche sapere, presso questo varco, mutare forma, riconoscere e favorire il nostro e l’altrui cambiamento – come Ono, ma anche come Silvia e Mr Tebrick. Questi ultimi compiono anzi un passo in là, tendono alla trasparenza: la signora trasformata in volpe, Mrs Tebrick, è l’immagine di una donna messaggera di sé stessa e del suo destino, poiché non soltanto accoglie la voce guida del suo daimon – la volpe – ma ne assume definitivamente le sembianze, eliminando il confine che si colloca tra corpo e spirito, anima e animale; e il fatto, Garnett ce lo presenta come comprovato, passato sotto gli occhi di numerosi testimoni!

 

Infatti, vorremmo che ci accompagnasse nel futuro anche la testimonianza dell’eccezionale, l’incanto che questi spiriti e i loro narratori tramandano. I Tanuki di Pom Poko s’impegnano come non mai per stupire gli umani: cortei di mostri, eventi soprannaturali e incidenti inspiegabili. Eppure, dopo le prime reazioni tra la meraviglia e lo spavento, i nostri simili tornano nel loro torpore e attribuiscono gli accaduti alla strategia promozionale di un nuovo parco divertimenti prossimo all’apertura. Mentre i delusi procioni si domandano “perché non hanno più paura di noi?”. Allora ecco un terzo consiglio già pervenuto: avere paura degli animali! Ma soprattutto dei loro poteri. Tamamo No Mae insegna. E sempre questa donna-volpe ci dice qualcosa di quanto siano sottili le soglie dell’esistenza: prima una donna intelligente, aggraziata e piena di doti, poi una volpe in lotta per la vita e il potere. Non è questo un radicale transito che ci spaventa, come individui, quotidianamente, e che, come collettività, al seguito degli eventi recenti, si fa sempre più minaccioso? E allora la volpe torna a schernirci con le sue domande-trabocchetto: qual è la maschera? Quale il travestimento? Deride il nostro voler andare al cuore delle cose, cercare il nucleo autentico della persona, l’anima. La storia di Ono e quella di Garnett, accostate, mettono in cortocircuito causa ed effetto, sostanza e attributi. Non è forse il travestimento stesso la superficie tangibile della verità? – incalza la volpe. Ma adesso noi ci domandiamo, l’andirivieni, questo attraversare le soglie, non può essere anche temporale? La presa di consapevolezza di Naruto in merito al proprio passato è l’origine della sua forza, così come la conoscenza storica e il ricordo razionale sono lo strumento che Fortini rivendica per organizzare la resistenza contro un presente di oppressione. Potremmo dire che più sappiamo fare avanti e indietro nella storia, più le nostre code aumentano e così, come la kitsune, cresciamo in saggezza e quindi nella capacità di governare il nostro futuro, come singoli e come specie.

 

Allora, potremmo dirlo? – sollecitiamo la volpe. Ma lei è già lontano a trotterellare lungo la strada. Fiuta qua e là i fiori di campo e le erbacce, pare confusa. Sembra inseguire qualcosa, forse un topolino, ma è indecisa; poi le zampe si incrociano e – vuoi vedere?! – inciampa! Quando la raggiungiamo dorme già, stremata e impolverata ai margini del boschetto. Perché, vedi Laura, la Kitsune possiede anche una debolezza che finora abbiamo preferito omettere. Questa conduce le pericolose strategie volpine a fallimenti imprevisti e tutto il potere delle cinque, sette, nove code a zigzagare in balia degli eventi: è il vizio del Sakè. Capita, a volte, di bere una tazza di troppo, e così ogni eleganza, astuzia e destrezza trasformista evaporano in comici capitomboli.

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