di Fabio Pusterla

 

[E’ appena uscito per Marcos y Marcos Tremalume, il nuovo libro di poesia di Fabio Pusterla. Ne anticipiamo cinque testi].

 

L’acqua di Medel

 

Scelto? Non proprio, il corso era già dato.

 

Non avrei preferito

scendere verso sud con le altre acque

dilagare nel sole scosceso

andare ai prati?

 

Ma una mano di ghiaccio

ha modellato il mondo eretto ostacoli

e spinge il mio cammino verso nord,

nella roccia sbiancata.

 

Sosterò in un lago inospite

aggricciato come un brivido nel vento

poi la pena del fiume e dell’argine

la promessa di un mare gelato.

 

Pure, se non ho scelto, non ho rinunciato.

 

*

 

Antico gioco

o frammento di utopia

 

 

Quello che spia, quello che ghermisce

annusa il suo trionfo. Tutti o quasi

ha chiuso nello sbarro e solo scruta

subdolo l’ultima preda fuggiasca

forse tremante nel folto

e smarrita. Si aggira felpato

con occhio di vespa e di drone

attende al varco certo

di sé e degli altri

padrone.

 

Ma da una forra erompe

alle sue spalle involontario l’eroe

cuore in gola e speranza

semiluce boschiva e mano tesa

verso l’albero d’aspra scorza

verso la tana del mondo dove urlare

con tutta la forza la voce

il salvitutti gioioso

che libera dall’incubo,

la fragile utopia che non finisce.

 

*

 

Nell’afa

 

 

I cervi, nell’arsura

di questo luglio d’afa,

scendono nottetempo al lago a bere.

Escono dai boschi verticali

prendono una valletta dirupata

e arrivano al Profondo,

dove un po’ d’anni fa

una donna aveva scelto di sparire per sempre,

certo non senza segrete ragioni e dolori,

riermergendo un mattino bianchissima

gonfia accanto a una barca ormeggiata

fra le alghe.

 

Lì i cervi bevono a lungo e forse guardano

lungamente quell’acqua che appena sciaborda

sotto di loro, muta. Ma uno, maestoso,

deve una notte aver sbagliato

senza colpa percorso:

l’hanno visto i vicini che entrava

nel nostro giardino deserto. Poi, tentando

di risalire alla strada si è incagliato

con le corna nelle sbarre del guardrail

ed è rimasto a scuotere frenetico la testa

per lenti interminabili minuti. Un passante

non ha osato intervenire, impaurito, e infine il cervo

con un ultimo scossone si è strappato

da quella trappola oscena, è corso via

in lieta ritrovata nobiltà,

salendo al folto.

 

Sui tetti corrono le faine ebbre di luna

con strida di gioia o d’inquietudine.

 

*

 

Acqualuce

 

 

Due che si incrociano

camminando lungo un torrente ammutolito

ciascuno verso il suo dove faticoso, in senso inverso,

su rotte divergenti, oppositive, intersezioni negate.

 

L’acqua sta sotto invisibile i muri

il traffico adunghia la strada. Nel saluto

quasi impacciato c’è una luce momentanea

un’acqualuce insonne sotto parole non dette.

 

Poi le sbarre si richiudono

ognuno continua il suo andare.

Il corridoio del dovere conduce

al suo deserto mare.

 

*

 

Altopiano dei fuggiaschi

 

A Pascal Riou e Sarah Brunel

 

Che animale sei

quanti denti hai?

 

Quali prede vuoi

come squarterai?

 

Quando arriverai

mi nasconderò.

 

Se mi troverai

io ne morirò.

 

 

*

 

 

Non mancano i motivi della fuga.

Mai mancati.

 

Chi ha perso tutto chi non ha più niente

esce per strada e scappa.

Su secca terra o mare, in un ventre di lupo,

per aspre vie e selvagge

sempre sentendo cupo venire il galoppo

dietro le spalle, di quelli che arrivano armati

montando draghi e cinghiali,

incubi truci.

 

 

*

 

 

Ma qui la terra è umida, sicura,

nera la storia ha insegnato certe cose.

Ugonotti, bambini ebrei, tutto un paese

che accoglie, che nasconde lungo i secoli

per boschi e per ghiacciaie

dentro caverne o nei cuori,

provando a essere giusti, a non tradire.

 

Sull’altopiano dei fuggiaschi

forse nacque La peste sotto ruote di nibbi.

Poco lontano una chiesa romanica

ammette ogni preghiera e nessuna religione.

A ognuno il suo racconto inenarrabile

a ognuno la sua parte di fatica, la sua croce.

 

 

*

 

 

Quello che spia, quello che ghermisce

batte le campagne annusa nei macchioni.

Ma sui campi si spande

letizia di letame, sciolti cavalli corrono e ragazzi

cantano l’allarme in mezzo ai castagneti.

 

E il vento, questo vento a non finire,

molte voci.

1 thought on “Tremalume

  1. Belle! Selvatica natura e convivenza naturale per noi. Bel mondo immaginale, complimenti per riuscire a spogliarsi e arricchirsi così.

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