di Sergio Benvenuto

 

Putin ha detto non esplicitamente che ricorrerà alle bombe atomiche (solo tattiche?) se non gli si permetterà di vincere in Ucraina. Anche se non ha mai precisato cosa significhi per lui “vincere in Ucraina”, in modo da poter spostare di volta in volta l’asticella nel punto a partire dal quale cantare vittoria. Lascia intendere che egli si sentirà autorizzato a usare atomiche se l’esercito ucraino cercherà di riprendere quelle zone del Donbass che sono state annesse alla Confederazione russa attraverso referendum (questo referendum mi ricorda i fasulli plebisciti risorgimentali per essere annessi al regno di Sardegna nel 1859, 1860…) Ogni attacco in quelle aree “russe” da allora sarà considerato attacco diretto all’integrità della Russia e quindi legittimerà l’impiego di armi atomiche.

 

Siamo allora sull’orlo del baratro della guerra atomica, della devastazione del pianeta?

Putin intende praticare nei confronti dell’Ucraina e dell’Occidente quello che in inglese si chiama Hobson’s Choice, la scelta di Hobson: quando viene imposta una scelta che in effetti non lo è, dato che l’alternativa è catastrofica. Esempio classico quello del rapinatore: “la borsa o la vita!” La scelta di Putin-Hobson è: “O mi lasciate prendere l’Ucraina, oppure la distruzione nucleare”. Ovvero “Se mi sconfiggete militarmente, userò l’atomica. Muoia Sansone con tutti i Filistei”. E’ solo un millantatore?

 

Molti dicono che quello di Putin è un bluff: vuol spaventarci tutti per permettergli la vittoria in Ucraina. Ma sa bene che in una guerra atomica il primo paese a essere distrutto sarebbe proprio la Russia, per cui lui dovrebbe essere il primo a spaventarsi. Quindi, non bisogna credergli?

Finora l’operazione successiva al 24 febbraio 2022 ha prodotto solo disastri per la Russia: l’esercito russo ha subito ingenti perdite sia in uomini che in materiali, Putin ha resuscitato in funzione anti-russa una NATO dormiente che si è allargata a Svezia e Finlandia chiudendo tutte le frontiere occidentali della Russia, ha perso i suoi sostenitori in Occidente (come la Lega in Italia e Marine Le Pen in Francia, che non possono più dirsi apertamente putiniane), le sanzioni economiche stanno facendo entrare in recessione l’economia russa e il taglio del gas e del petrolio all’Europa sta togliendo alla Russia il terreno economico sotto i piedi. Putin potrà giustificare gli enormi costi di questa guerra, in termini umani economici e politici, solo se alla fine potrà dire di aver ottenuto qualcosa, se non altro l’annessione di una parte dell’Ucraina. Se non otterrà nemmeno questo, si dovrà aspettare una congiura di palazzo che lo faccia fuori. Anche fisicamente, come lui stesso ha fatto fuori fisicamente oppositori e rivali.

 

Altri dicono invece: l’escalation della guerra rischia di portare davvero a uno scontro atomico. Perciò bisognava evitare l’escalation sin dall’inizio. Ovvero, in pratica, bisogna accettare il fatto compiuto – la conquista russa dell’Ucraina orientale – così come nel 2014 accettammo il fatto compiuto dell’annessione della Crimea. In pratica: cedere alla prepotenza per evitare non guai peggiori, ma il peggior guaio che possa accadere, la rovina dell’intera umanità. Bisogna prendere sul serio la scelta hobsoniana di Putin, anche perché – dicono – è fuori di senno o quasi, e ai pazzi, come diceva Edoardo de Filippo, bisogna dire sempre di sì. Proprio perché Putin è un paranoico irrazionale, si dice, bisogna essere razionali cedendogli.

 

Una situazione del genere ricorda un gioco micidiale praticato da adolescenti americani negli anni 1950, reso celebre dal film Rebel Without a Cause con James Dean (di Nicholas Ray, 1955). Era il chicken run, la corsa del pollo (pollo significa ‘vile’). Due auto ognuna con un conducente partono allo stesso tempo dallo stesso punto correndo dritte verso un abisso. I due conducenti dovranno gettarsi fuori dall’auto all’ultimo momento, ma se uno si getta anche un secondo prima dell’altro perderà la partita. Vittoria simbolica e sopravvivenza fisica si intrecciano.

 

In effetti sono possibili tre risultati: 1) entrambi i conducenti aspettano che sia prima l’altro a gettarsi dall’auto e quindi entrambi si sfracellano nel burrone; (2) solo uno riesce a salvarsi in tempo: allo stesso tempo sopravvive e vince; (3) entrambi si salvano gettandosi fuori, ma allora uno vincerà e l’altro perderà. Se si fa ben caso, sono un po’ i risultati del chicken game ucraino.

 

1) La Russia bombarda atomicamente l’Ucraina, l’Occidente bombarda atomicamente la Russia, Apocalisse, ambo le parti soccombono. Lose-lose.

2) Per non soccombere l’Ucraina e l’Occidente ammettono de facto la vittoria di Putin, il quale mantiene la parte dell’Ucraina che ha annesso. Win-lose.

3) I russi vengono ricacciati manu militari dall’Ucraina, Putin non ricorre alla bomba atomica, insomma viene sconfitto. Putin soccomberà politicamente e forse anche fisicamente per la sconfitta. Lose-win.

 

Purtroppo non c’è posto per la soluzione che la narrazione buonista vorrebbe: win-win. L’Occidente ha creduto per decenni a un ordine mondiale basato sul winwin, ma si è risolta in war-war.

Oggi in geopolitica si usa correntemente la teoria matematica dei giochi – il più noto dei quali è il Dilemma del Prigioniero. In questo che chiamerei il Dilemma del Pollo c’è però un fattore radicale, che chiamerei fattore apocalittico.

 

L’ipotesi che Putin usi le atomiche è presa seriamente in considerazione dagli strateghi occidentali. Anche se si tratta di una possibilità remota, va comunque messa in conto. Improbabile ma non impossibile. Tutto va previsto. La storia è fatta spesso da eventi del tutto improbabili, ai limiti dell’impossibile. Quanto darei per poter assistere alle discussioni nel think tank che certamente consiglia Biden! Come stanno affrontando questo gioco, in cui ne va dell’esistenza stessa dell’umanità?

 

Il dilemma è simile a quello che dovrebbe affrontare il capo della polizia se un pazzo entrasse in una scuola con indosso chili di tritolo e sequestrasse un centinaio tra bambini e insegnanti perché vuole uccidere tre bambini specifici per ragioni sue deliranti. Vuole ucciderli ma uscire illeso. La polizia circonda la scuola e lui dice al capo: “Lasciatemi uccidere i tre bambini e poi lasciatemi andare. Se cercherete di uccidermi esploderò con tutto il tritolo, così morirà chiunque si trovi nella scuola.” Ecco una situazione in cui il capo della polizia si troverebbe in serio imbarazzo.

 

Il capo potrebbe concludere che il male minore sia lasciar uccidere i tre bambini e lasciar scappare il terrorista. Questa sarebbe la “soluzione accordi di Monaco” del 1938: Francia e Gran Bretagna lasciarono che Hitler annettesse i Sudeti sperando che questo bastasse a soddisfare il suo appetito. Ma sappiamo col senno di poi che questa soluzione fu la peggiore. Anche nel nostro esempio, il terrorista potrebbe ricominciare il gioco in un’altra scuola nello stesso modo…

 

Oppure il capo potrebbe ordinare l’assalto al terrorista, con il rischio però di uccidere tantissimi bambini e anche molti poliziotti. Il killer verrebbe eliminato, ma a un costo altissimo. Il dilemma dei paesi occidentali, America in testa (perché credo che solo gli Stati Uniti siano tecnicamente in grado di colpire atomicamente la Russia in modo micidiale come risposta immediata a un attacco nucleare all’Ucraina o altrove) è simile a quello del capo della polizia.

 

C’è però una differenza essenziale: male che vada, l’irruzione del pazzo nella scuola può provocare la morte di decine o centinaia di persone, ma non di milioni, né dell’umanità intera…. Nel gioco imposto da Putin c’è una possibilità in cui è impossibile rifarsi, nel senso che si rischia la fine di ogni gioco… Ma la radicalità della posta – la sopravvivenza di parte dell’umanità – dovrebbe allora costringerci a piegarci alla prepotenza? Dare insomma a Putin tutto quello che vuole? Questo potrebbe essere, come a Monaco nel 1938, solo un modo per rimandare la catastrofe fatale.

 

Ammettiamo che l’Occidente ceda, e lasci alla Russia il Donbass e il Sud dell’Ucraina, per evitare la guerra atomica. Questo però non impedirebbe affatto a Putin, qualche anno dopo, di attaccare l’Ucraina intera come cercò di fare nei primi mesi del 2022 e di far fuori il legittimo governo ucraino. Di fatto, quella tra Russia e Occidente diventerebbe una guerra permanente, perché ormai è chiaro che di Putin non ci si può fidare. L’Occidente dovrebbe armare l’Ucraina fino ai denti per anni e anni… né potrebbe impedirle di cercare di riconquistare la parte perduta. Insomma, la guerra guerreggiata potrebbe riesplodere a ogni momento. Inoltre, siccome l’appetito vien mangiando, chi ci potrà allora assicurare che Putin o chi per lui non continui questo gioco con la Georgia, con le repubbliche asiatiche ex-sovietiche…? E poi, siccome lo lasceremmo fare, potrebbe attaccare anche paesi NATO, come i paesi baltici, e magari la Finlandia, e anche la Polonia, la Romania… Il desiderio giustissimo di evitare un Olocausto nucleare renderebbe di fatto Putin invincibile. Col ricatto atomico, potrebbe prendersi tutto ciò che vuole.

 

Mi chiedo se lo stabilirsi dei tanti dispotismi nel mondo antico e moderno non sia stato effetto di una serie di ricatti di tipo Hobson: “O rinunci alla libertà, o alla vita”. Nella misura in cui pensiamo che la vita sia più importante della libertà, dato che da morti non possiamo essere liberi, siamo sempre a rischio tirannia. Nella storia tanti sono morti per assicurare la libertà a chi sarebbe sopravvissuto, ma la posta cambia se non ci sarebbe (quasi) nessun sopravvissuto a godere di questa libertà.

L’eventualità della distruzione nucleare radicalizza il dilemma degli esseri umani nel corso di tutta la storia: la libertà o la vita?

 

POSTILLA.

 

Degli amici, dopo aver letto questo articolo, mi obiettano: “ma allora, cosa proponi di fare?” Si dà per implicito che bisogna dire la verità solo se serve. Se così fosse, non dovremmo elaborare teorie astronomiche, per esempio, perché sulla realtà del cosmo non potremo incidere mai.

Sarei in malafede se cercassi di vendere una soluzione al Dilemma del pollo, perché di fatto non ce l’ho. Mi limito a descrivere il modo in cui coloro che devono trovare la soluzione – gli strateghi che consigliano i leader mondiali – si pongono il problema, secondo me. E anche per mostrare che molte delle soluzioni che vengono proposte dalla pubblicistica sono semplicistiche e non tengono conto di tutte le possibilità del gioco.

 

Del resto l’umanità si è già trovata in un dilemma simile, nel 1962 con la crisi dei missili a Cuba. Anche là entrò in gioco quel che ho chiamato il fattore apocalittico. Alla fine la partita fu vinta dall’America di Kennedy, ma proprio perché il presidente Kennedy sfidò la possibilità della guerra atomica. In politica, come nella vita individuale, talvolta bisogna sfidare la morte, insomma, essere eroici. Per questa ragione, contrariamente a quel che diceva Bertolt Brecht, per vivere con dignità i paesi avranno sempre bisogno di eroi.

11 thoughts on “Il dilemma del pollo. Il gioco letale tra Russia e Occidente

  1. “l’irruzione del pazzo nella scuola”….

    E se il pazzo non fosse uno solo? Se ce ne fossero diversi a “pazziare” (anche senza irrompere in una scuola ma operando in altri modi)?

  2. Buongiorno.
    Vengono vagliate molte delle scelte possibili, ma l’autore non ne contempla una:
    – Putin usa una testata nucleare sul territorio ucraino. Il resto del mondo, semplicemente, gira al largo. Non effettua proprio nessun lancio di ritorsione.
    Al di là dei centomila “se” e “allora poi quello si annette il mondo”, ecc. ecc., che sono possibilità future, non è obbligatorio il suicidio nucleare dell’umanità. Oltretutto mi sembra che l’esercito russo si stia dimostrando piuttosto scassato, a motivazione zero, e non certamente in grado di continuare guerre su altri fronti.
    Cioè, finito questo tristissimo episodio, il dittatore non si metterebbe certamente a fare altre guerre, in quanto la sua preoccupazione principale sarebbe quella di non essere fatto fuori dai suoi stessi collaboratori, che mi sembra l’epilogo più probabile. Arrivederci

  3. Nei libri di storia c’e sempre un capitolo sulle cause della prima o seconda guerra mondiale. Sulla guerra dell’Ucraina ormai le cause sono state accantonate perché si possa affermare apoditticamente che c’è un aggressore e un aggredito e di conseguenza, come in una figura del sillogismo, i buoni sono da una parte i cattivi dall’altra. E il colpo di stato a Kiev nel 2014 con la partecipazione di bande di nazisti ucraini e polacchi sostenuti dai servizi segreti occidentali italiani compresi? Ricordare simili dinamiche per il recente passato (ad es. la dimenticata isola di Grenada di cui scrisse un sulfureo articolo sul Corriere Franco Fortini che pagò con il licenziamento) è considerato da traditori. E poiché si parla indiscriminatamente di una guerra in cui sia pur indirettamente siamo noi italiani coinvolti con conseguenze morali e materiali pesantissime, non mi pare inopportuno sottolineare come l’art.11 della Costituzione sia stato nella sostanza bellamente aggirato ( non certo per la prima volta: Belgrado bombardata anche da aerei italiani, governo D’Alema presidente , Mattarella difesa), malgrado i distinguo interessati dei nostri sofisticatissimi costituzionalisti.” Nel ridere nec lugere neque detestari sed intelligere”.

  4. “E il colpo di stato a Kiev nel 2014 con la partecipazione di bande di nazisti ucraini e polacchi sostenuti dai servizi segreti occidentali italiani compresi?” (Maurizio G.)
    Quando un cambio violento di governo piace alla veterosinistra lo chiama rivoluzione di popolo; quando non le piace lo chiama colpo di stato.
    A quel che mi risulta, le cause della guerra non sono state affatto accantonate, ma non necessariamente sono quelle a cui allude Maurizio G.
    E comunque, visto che non parliamo per tutti i mondi e per tutti i tempi, nel caso presente è piuttosto chiaro chi ha invaso e chi è stato invaso. A meno che non ci si metta con la testa per terra e i piedi per aria. Allora forse le cose appaiono diverse, non so, non è una mia postura abituale.

  5. “…la partita fu vinta dall’America di Kennedy”

    Completamente opinabile. Secondo me fu un tipico caso di win-win

    “…per vivere con dignità i paesi avranno sempre bisogno di eroi?”

    Lo crede veramente?

  6. ” nel caso presente è piuttosto chiaro chi ha invaso e chi è stato invaso.” (Gramman)

    Per chi guarda le cose solo dal buco della serratura, sì. Per chiha rinunciato a lavorare sulla totalità, sì.
    Non c’è un “pazzo” o “cattivo” soltanto. Gli attori (con varie gradazioni di “pazzia” o “volontà di potenza”) sono diversi. E ci sono varie forme di “invasioni” (economiche, culturali) tra cui anche quelle militari. Che – in assenza di certe condizioni – non sono manco decisive. Guai ad avvitare il discorso su una sola dimensione.

  7. “E ci sono varie forme di “invasioni”” (Samizdat)
    Varie forme, appunto. E vari gradi. Più o meno pesanti, più o meno prepotenti, più o meno propositivi o impositivi, più o meno sanguinari, più o meno graditi agli interessati. Più o meno ammissibili.
    Queste “sfumature” le coglie naturalmente non chi guarda dal buco della serratura vetero-ideologico, non chi si entusiasma per facebook-pizzini di autonominatisi tuttologi supponenti buoni solo a confondere il brodo finché non diventa tutto di un bel colorino geopoliticamente marroncino, ma chi non ha rinunciato a distinguere di volta in volta l’ammissibile dal non ammissibile, indipendentemente dalle proprie simpatie.
    Se Putin apriva a Kiev un punto vendita delle sue patatine post-sovietiche, nessuno avrebbe avuto niente da ridire. Se invade con i carri armati, i razzi, le bombe ecc. io ho qualcosa da dire. Se avesse spedito i suoi diplomatici a cercare di convincere gli ex territori dell’Impero a tornare sotto l’egida russa o anche, come è l’uso, i suoi servizi a lavorare in quel senso, poteva dispiacere a qualcuno, ma nessuno avrebbe legittimamente potuto avere qualcosa da ridire. Se invade con i carri armati ecc., io ho qualcosa da ridire. Se l’unica ratio, l’unica emanazione della Russia post-sovietica sono le armi, con una predilezione per quelle nucleari, bene, quello è uno stato su cui io ho qualcosa da ridire.
    Io non parlo di “pazzi” o di “cattivi”. “Cattivo” non è una categoria politica (su “pazzo” – o caso psichicamente interessante, si può discutere). Io parlo di invasori e di invasi – perfettamente distinguibili a occhio nudo.

  8. “e invade con i carri armati ecc., io ho qualcosa da ridire. ” ( Grammann)

    Se ha avuto da ridire anche quando gli USA hanno bombardato Baghdad, smembrato la Jugoslavia, liquidato Gheddafi in Libia, invaso L’Afghanistan (abbandonandolo poi ai talebani), potrei essere d’accordo.
    Di “pazzi” ha parlato Sergio Benvenuto, non lei.

  9. @ Samizdat
    Allora possiamo essere d’accordo – con qualche distinguo, soprattutto per quel che riguarda la Jugoslavia, ma non mi pare il caso di scendere in particolari.
    Piuttosto vorrei evidenziare una caratteristica del modo di ragionare delle persone che più o meno la pensano come lei (nei commenti su LPLC ce ne sono vari esempi): se non si è presa decisa posizione quando Giulio Cesare invase la Gallia o i Turchi invasero Costantinopoli, si è persa per sempre la possibilità di condannare qualsiasi invasione – magari anche una che ci riguarda un po’ più da vicino, ma che agli occhi di un sacco di gente, soprattutto in Italia, ha l’unico ma grandissimo merito di non essere a propulsione USA.

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