di Roberta Castoldi
[È uscito da pochi mesi il terzo libro di poesia di Roberta Castoldi, La formula dell’orizzonte (AnimaMundi, 2022), nella collana cantus firmus a cura di Franca Mancinelli e Rossana Abis. Il libro contiene la silloge omonima, con una prefazione di Donatella Bisutti, e la riedizione dell’esordio poetico dell’autrice, La scomparsa (1999, con un’introduzione di Franco Loi), ora arricchito da sette testi precedentemente esclusi, e accompagnato da una Nota dell’autrice e da un testo critico di Franca Mancinelli. Con fotografie dell’artista corso Dominique Degli Esposti.]
da La formula dell’orizzonte
Sfrutto la discesa naturale della duna
per ricordarmi che te ne andrai
e il cambio improvviso della luce
per rispettare i tuoi silenzi.
Ma come la luce sono
senza esperienza.
Così si rappresenta la mia apertura liquida
qui si tempera il mio desiderio.
*
Noi due misuriamo distanze
non ci vediamo a occhio nudo
perché le nostre vite insieme non le conosciamo.
E così oggi ho fatto l’amore con l’aria
mi sono rapita con le onde
ospitato la luce
sostenuto il calore del sole
ragionato con un albero
dato retta per un’ora alle cicale
soltanto perché ti sapevo all’orizzonte.
*
Se tornerai sarò leggera
la notte attorno alle scarpe
quando esci dal lavoro
e le foglie ruotano con me
un’apertura a portata di mano
e il suo deserto
l’orario migliore
per passarci attraverso.
*
L’aria mi conferma nomi e profumi
e caldo e senz’altro.
A me piace lavarmi con un filo d’acqua
di una statua in centro città
santa solitudine e compostezza
dove sulle mani si appoggiano
i passeri.
*
L’aria può essere scambiata
una sera di aprile
con una mattina di ottobre.
Giugno con l’inizio dell’anno
una luce rosa di febbraio
con il viso talmente azzurro
di mio fratello che un giorno
per i troppi ricordi
trapassava il muro e arrivava fino alle rose.
*
Ho fiducia quando siete nei dettagli
che mi tolgono la paura se perdo la strada
parole ragazze che si preparano per uscire
soffiate come piume
donne sposate, abituate e pianeggianti
vecchie a cui non occorre dire niente
mutande quotidiane
parole polmoni piene d’aria
che mi spingono forte
e mi fanno credere di bastare
a questa combinazione che sono io
sconosciuta
parole pesci degli abissi senza suoni
attraversano gli spazi che loro sanno
parole tomba che mi fanno piangere
farfalle in tutta la casa
contemporanee del fondo che scompare.
***
da La scomparsa
da Ciclo I. Le derive
VIII
Essere nel mare come nel ricordo
il mare come aderisce al fondo: imparare
a non tralasciare sasso.
Aspetta ogni mio pensiero
e confonde ogni mio umore
con il suo.
Guidami ad aderire
alla tua riflessione.
*
da Ciclo II. Il compito
II
Scrivo da sotto il crepaccio
dove decade quanto non si ripete.
Raduno attorno all’osso
nudità dolorosa e tagliata
spaccata pietra.
Umiltà del ginocchio alla roccia
dietro di me non c’è niente.
Testimonio le cose:
anteriorità della bocca alla fonte
dietro di me non c’è niente.
*
V
Io mi spingo
la coscienza in piume
l’intuito della radice
dove il buio s’interra la gola.
Afferrare la lucidità
come uccelli frequentano i rami spogli.
*
Da Ciclo IV. La ritrosia
I
Ho da dire le spoglie
chi di me?
Gli stipiti e il passaggio
un seno gelato o un’isola
ricamo e crescita
in disadesione delle mie superfici.
Chi di me?
E claustrale continua
a suonarmi come un vento.