di Laura Pugno

 

Nel 2022 si compiono 15 anni dall’inizio della mia personale avventura con l’ibrido, la pubblicazione del mio primo romanzo, Sirene, nel 2007. Da allora, le figure più che umane, oltreumane, si sono moltiplicate, in letteratura e nell’immaginario, intorno a noi, fino a essere in un certo senso ovunque, o forse solo nell’occhio di chi guarda. La parola Chimera, oltre i Canti Orfici e i Dialoghi con Leucò, riecheggia oggi gli ibridi interspecie della scienza contemporanea insieme alla mitologia greca, etrusca ed egizia, e per questo ce ne serviamo qui: il campo delle ibridazioni, come si vedrà, è molto ampio.

 

Fosca Salmaso, l’ibrido per te è corpo/fantasma. Vuoi raccontarci, a modo tuo, la sua storia?

 

Il verbo greco φαντάζω, da cui deriva la parola fantasma, significa rendere visibile, mostrarsi, apparire. È questa, infatti, una prerogativa fondamentale dei fantasmi: per essere perturbanti non hanno bisogno, come gli altri mostri, di nutrirsi di sangue umano, conoscere incantesimi o tentare di ucciderci. È sufficiente che, semplicemente, si manifestino.
I fantasmi sono stati rappresentati in tanti modi – tanti corpi – diversi, e proprio questa molteplicità di immagini indica quanto ci risulti difficile definirli. Alcuni sono in grado di oltrepassare i muri, indossano lenzuoli bianchi o trascinano grosse catene. Altri sono quasi indistinguibili da un essere umano in carne e ossa. Altri ancora si “mostrano” appena, sotto la forma di spifferi freddi, cigolii o porte che sbattono. Ma, qualunque sia la modalità con cui li percepiamo, questo basta a suscitare in noi il brivido di cui abbiamo letto in decine di libri della tradizione gotica.

 

Li temiamo perché i loro corpi permangono oltre il loro stato fisico; vanno oltre ciò che conosciamo, la dicotomia tangibile/intangibile. Non a caso rappresentano sempre qualcosa che di tangibile ha ben poco. Che si tratti di un amore o di un delitto, il sentimento che il fantasma rappresenta è più simile a una voce, spesso rancorosa, che continua a esprimersi in eterno in un modo che non possiamo razionalizzare ma che al tempo stesso non ci è possibile ignorare o dimenticare.
Quando hanno un corpo, questo corpo non si può nascondere o seppellire o uccidere. Non vivono, eppure il loro cuore non smette di battere. Non possiamo zittirli ricorrendo al compromesso, alla corruzione o alla violenza, di qualunque tipo essa sia, come si fa con gli esseri umani ritenuti scomodi. Ed è questo a renderceli così intollerabili.

 

Pensa alla parola totem. Cosa nel tuo ibrido ti parla del passato, tuo e di tutti?

 

Un fantasma è di per sé angosciante perché si tratta dell’essere non umano che per eccellenza rappresenta e racchiude la memoria, a seconda dei casi individuale o collettiva – o entrambe, come la Beloved di Morrison in Amatissima.
Ciò che abbiamo tentato di seppellire riemerge tramite loro, è vero, ma ciò di cui non ci rendiamo conto è che spesso siamo noi stessə a crearli, condensando nella loro forma – nel loro corpo, appunto – gli indizi che il mondo ci dà di ciò che ancora urla per farsi ascoltare. Per quanto irreale, un fantasma costringe gli esseri umani ad essere autentici, a smettere di mentire. Chi vede un fantasma vede in realtà ciò che sino ad allora si era illusə di poter ignorare.

 

Pensa alla parola daimon. Il tuo ibrido può accompagnarci nel futuro?

 

Il lato positivo del vederne uno è che spesso il suo mostrarsi è accompagnato da un’opportunità, una possibilità di redenzione.
Una volta presa coscienza del motivo per cui il fantasma ci si mostra, abbiamo l’occasione di essere autenticə con noi stessə e recuperare la lucidità – come in Un Canto di Natale di Dickens e Il fantasma di Canterville di Wilde – o, al contrario, possiamo tentare di convincerci di poterne giustificare l’esistenza in modi a noi più comprensibili, di ignorarli, scivolando inevitabilmente nella disgrazia o nella follia. E in questo secondo caso gli esempi sono molto più numerosi: partendo da Shakespeare (non solo il Banqo di Amleto, ma il sangue fantasma che insozza le mani di Lady Macbeth) sino ad arrivare a Poe (La caduta della casa degli Usher), King (Shining)…

 

Non sono sicura che la tendenza letteraria di attribuire conseguenze nefaste all’apparizione di un fantasma rifletta la natura dell’essere umano. Questo vorrebbe dire che generalmente rifiutiamo di accoglierli. Preferisco sperare che questi racconti servano a metterci in guardia, insegnandoci ad ascoltare i nostri fantasmi, a dare loro voce senza che debbano prendersela con la forza, accompagnandoci così in un futuro in cui saremo sempre più in grado di fare i conti con noi stessə e con la realtà che ci circonda – quella tangibile.
Possiamo figurarci quale sarebbe il corpo/fantasma che, dopo aver vissuto nella nostra epoca, infesterebbe il mondo del futuro. E penso che nessunə di noi, dopo averlo immaginato, abbia interesse nel crearlo. Un modo per evitarlo è prestare ascolto a quelli che già ci circondano e vivono con noi.

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