A cura di Laura Pugno

 

Nel 2022 si compiono 15 anni dall’inizio della mia personale avventura con l’ibrido, la pubblicazione del mio primo romanzo, Sirene, nel 2007. Da allora, le figure più che umane, oltreumane, si sono moltiplicate, in letteratura e nell’immaginario, intorno a noi, fino a essere in un certo senso ovunque, o forse solo nell’occhio di chi guarda. La parola Chimera, oltre i Canti Orfici e i Dialoghi con Leucò, riecheggia oggi gli ibridi interspecie della scienza contemporanea insieme alla mitologia greca, etrusca ed egizia, e per questo ce ne serviamo qui: il campo delle ibridazioni, come si vedrà, è molto ampio (lp).

 



Mali Weil, l’ibrido per te/voi è Idra/Multividuo. Vuoi e volete raccontarci, a modo tuo e vostro, la sua storia?



Idra sono nate molte volte in molti “world-song” differenti. In ognuno esiste una risposta diversa alla domanda “ma chi erano Idra?” Ne scelgo due tra le molte possibili.

(Ma chi erano Idra?)
Idra giacevano avvolte in una palla di buio umido, dormivano e sognavano da lunghissimo tempo. Nel sonno conservavano una lieve memoria dei loro fratelli, Cerbero e Chimera e dei loro giochi infantili, in un groviglio di spire, teste e zampe, code e occhi, denti e artigli ove era difficile stabilire ogni confine tra noi e loro.
Ricordavano il tocco infuocato di loro padre Tifone, le cui immense ali nere erano capaci di oscurare il sole, generando la tenera pace della notte. Sospiravano lo sguardo della bellissima madre Echidna, metà serpe e metà donna, nei cui occhi scuri non si rifletteva alcuna luce. Idra, dunque, dormivano nel profondo tepore della palude di Lerna, dove avevano scelto di vivere. Ma anche dormendo attendevano il gesto di Eracle: il falcetto a forma di luna e il ramo infuocato che avrebbero posto fine alla loro molteplicità, al continuo, faticoso, rigenerarsi delle loro teste.



(Ma chi erano Idra?)
Idra stanno fluttuando nell’acqua, saldamente aggrappate al fondale (potrebbe essere un’alga su un fondale marino, ma anche la superficie di un becker in un laboratorio) col loro disco pedale. Sono lì da molto tempo. I loro tentacoli hanno appena afferrato una preda e dopo averla stordita con le secrezioni dei propri nematocisti la stanno trascinando verso la cavità dell’apparato digerente. I dieci millimetri del loro corpo tubolare sono coperti da piccole gemme, dalle quali a breve nasceranno altre Idra. Anche loro, se le condizioni ambientali non saranno troppo avverse, potranno scegliere una dimora, e restarci per un tempo che noi animali umani faticheremmo a comprendere…




Pensa/te alla parola totem. Cosa nel tuo/vostro ibrido ti parla del passato, dell’uno e dei molti?



Idra sono un buon totem per me perché possono aiutarmi a recuperare relazioni vitali, abiti, visioni che mi erano familiari e che ora non so più come trattare. Un sapere che precede i nostri attuali saperi, che ci spinge verso un’immagine diversa di chi siamo.

Nel primo “world-song”, familiare al nostro inconscio occidental-mediterraneo come solo i miti greci possono essere, Idra, corpo di cane, un numero non ben precisato di teste serpentine (da otto a diecimila a seconda degli autori), velenosissime, nate per essere in guerra con l’ordine olimpico, sono già condannate ad essere spazzate via dal più celebre sterminatore di mostri, Eracle, che chiude l’età delle metamorfosi.



Lerna sorge accanto al mare, sovrastata a occidente dal monte Pontino con il suo sacro bosco di platani. A Lerna Dioniso scese nell’oltretomba alla ricerca di sua madre, Semele. E non molto lontano si celebravano i misteri di Demetra Lernea, là ove Ade trascinò Persefone rapita nel regno delle ombre. E’ quindi un luogo connettore tra mondi, così come Idra e la sua stirpe sono connettori tra esseri, corpi, forme. Sono queste connessioni che Eracle spazzerà via.



Pensa/te alla parola daimon. Il tuo/vostro ibrido può accompagnarci nel futuro?



Nel secondo “world-song”, (che ugualmente ci è familiare, perché è quello della scienza occidentale), Idra sono dei piccoli esseri, appartenenti al genere dei cnidari idrozoi, molto studiati, tanto da meritare il titolo (e i finanziamenti) di organismo modello. Ciò che attrae l’attenzione degli scienziati umani verso le minuscole Idra è in particolare la loro portentosa capacità di rigenerarsi, fino a sfiorare l’immortalità. Le loro cellule infatti sono in gran parte cellule staminali, in grado di rigenerare tutti i tessuti del corpo, sistema nervoso incluso. Una capacità di cui noi umani siamo sprovvisti. Un potere di cui siamo, evidentemente, in caccia.



Ma i modi e mondi in cui incontriamo Idra sono importanti per me per altre ragioni:
entrambe le loro figurazioni mi invitano a cambiare l’immagine che ho di me in quanto essere umano, il modo in cui mi penso, mi racconto… Idra mi ricordano che io non sono mai stata individuo, che il mio piano corporeo, come quello di tutti i vertebrati, include dieci sistemi di organi e otto di questi hanno componenti che si associano con microbi. Sono fatta di trasmissione orizzontale dei geni, di micro-chimerismo, di simbiosi. I batteri che mi abitano non cambiano solo il modo di comportarsi del mio apparato digerente, il loro impatto sul mio cervello influenza i modi in cui penso o sento…



Che io assomigli più a delle Idra che a un individuo è l’inizio di possibilità senza fine. Ho sempre più spesso la sensazione che tutto si giochi nel tornare a comprenderci come “esseri di metamorfosi”, nell’immaginare una nuova identità biologica e narrativa per capire come potremo vivere e sopravvivere con le specie con cui coabitiamo. In un futuro sotto il segno di Idra.



[Immagine: Mali Weil, Companions (serie), dettaglio].

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