di Raffaele Carrieri. A cura di Stefano Modeo
[Esce oggi per Interno Poesia l’antologia Un doppio limpido zero. Poesie scelte 1945-1980 di Raffaele Carrieri, a cura di Stefano Modeo. Pubblichiamo un estratto della nota filologica e alcune poesie].
La presente pubblicazione non è la prima antologia di poesie di Raffaele Carrieri. Una prima scelta antologica era stata infatti elaborata dallo stesso autore nel 1970: il volume, uscito nella collana ʻʻLo Specchioʼʼ dell’editore Mondadori e intitolato Stellacuore, conteneva una selezione di versi già pubblicati tra il 1945 e il 1969 più due sezioni di testi inediti. Un’antologia questa che prendeva le mosse proprio da Lamento del gabelliere, raccolta considerata dall’autore, evidentemente, come la prima pubblicazione poetica rilevante.
Al 1976 risale invece Poesie scelte, a cura di Giuliano Gramigna sempre per l’editore Mondadori. Per questo lavoro, il curatore ripropose l’antologia d’autore del 1970 con poche esclusioni, affiancandovi una selezione di testi editi in Le ombre dispettose (1974) e in Gli dei scapestrati (1972). Se tale pubblicazione ha il merito di offrire un ampio sguardo sulla poesia di Raffaele Carrieri, tuttavia è priva di due importanti raccolte, Fughe provvisorie (1978) e La ricchezza del niente (1980), le quali chiudono la produzione ed esprimono l’ultima fase della vita del poeta.
Ho scelto di farmi promotore di questa terza antologia, intitolata Un doppio limpido zero insieme alla casa editrice Interno Poesia diretta da Andrea Cati, poiché entrambi ritenevamo doveroso rendere omaggio a uno dei maggiori poeti pugliesi del Novecento e perché si possa riprendere un discorso critico intorno all’opera di Raffaele Carrieri, avendo uno sguardo quanto più ampio possibile. La presente antologia infatti permette non solo di far circolare testi diventati da molti anni irreperibili sul mercato, in quanto mai più ristampati, ma soprattutto consente al lettore di accostarsi all’opera di Carrieri attraversando l’evoluzione della scrittura e dei principali snodi tematici. Si tratta dunque di un lavoro necessario per far continuare a vivere i versi di questo poeta, la cui qualità continua ad essere riconosciuta da interventi e contributi critici anche recenti. Raffaele Carrieri merita, a nostro parere, di essere considerato una voce imprescindibile della poesia italiana del Novecento, ma non solo, è auspicabile un’edizione critica di tutta la sua opera, che tenga conto anche della produzione narrativa e della critica d’arte.
da Un doppio limpido zero
Speranza
L’infanzia
del mare
mescolai
alla mia.
Poi entrai
nella cronaca.
Fui mimo
ad Atene
e battiloro
a Damasco.
Ebbi quattro
o sette mogli?
Non ha
memoria
l’acqua
sulla rena.
Il figlio
di mio figlio
sarò io
o altri?
Interruzione,
Speranza.
*
Le strade
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade
dei paesi della sete.
Tufi lucertole spine,
bell’uva sulle colline
dove fui ladro di galline.
Strade di cenere e pomice
lavorate dallo scorpione.
Dove ramingo io vissi
la cicala ancora muore.
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade.
Una dice, scatenato!
E mostra le ferite
che fuggendo ho lasciato.
Dalle braccia di mia madre
dalle mani dell’amata
sempre fuggiasco sono stato.
Da me solo inseguito
braccato, colpito.
Re per un giorno
per cent’anni povero.
Soldato bracciante gabelliere:
su ogni nuova strada
nuovo mestiere.
Domandate ai sentieri della neve
alle doline alle cordigliere
quello che sono e sono stato.
Domandatelo alle strade.
Alla malora le carte
cartigli e scartoffie
che potevano darmi gloria.
La vita ho consumato
su carta e inchiostro.
Mio Dio quanto ho limato
notte e giorno.
Mio Dio quanto ho penato.
*
Il verme il frutto
Io sono quello
che sbaglia tutto:
il verme il frutto.
Sbaglio l’amore,
sbaglio le ore
del batticuore.
Sbaglio a salire
sbaglio a discendere.
Sbaglio l’assenza
e la presenza.
Io sono quello
che sbaglia tutto:
sbaglio nel largo
e nello stretto.
Sbaglio a fuggire
sbaglio a stormire.
Sbaglio a morire
dove non sono.
Io sono quello
che sbaglia sempre:
sbaglio nel dare
e anche nel prendere.
Sbaglio a ferire,
sbaglio a guarire.
Sbaglio a star solo
e in compagnia.
Ahi vita mia,
sbaglio follia.
*
Ci siamo riconosciuti
Ci siamo infine riconosciuti
nei grilli caduti
dal cielo d’estate.
Come gli zingari rovinati
da un medesimo editto
abbiamo salvate
le donne e i loro capelli
che ci fanno ombra
sulla pianura.
Abbiamo tolto il lutto
a specchi e campanelli
per divertire l’anima scura.
Commedianti e mendicanti
ci siamo riconosciuti
come l’uva
di una medesima pergola.
Ci siamo messi a cantare
e a ballare
al suono dei tamburi
ciascuno con una cicala
in quadriglia.
Ah occhi duri
che ci invidiate l’allegria
le donne e i dadi
nella dolce terra di nessuno:
per fare freschi sguardi
ci son voluti millenni di digiuno.
Non conosco Raffaele Carrieri. Posso solo dire che mi sembra un poeta che ha scoperto l’uomo e l’ha messo in discussione con il suo “sbaglio” e i suoi “freschi sguardi”. Lo devo ringraziare perchè anch’io vorrei interpretare con la sua freschezza i millenni di digiuno.