di Alberto Casadei

In un precedente contributo ho esaminato il problema della ‘formazione’ (Bildung) nell’epoca attuale, e ho cominciato a sondare le sue ricadute sulla didattica scolastica. Vorrei qui proporre qualche approfondimento, tenendo conto di tante riflessioni di recente esposte su questo tema (per esempio da Roberto Carnero, Claudio Giunta, Christian Raimo, il gruppo di docenti di “Letteratura e noi”…), ed esaminando la situazione effettiva in cui operano oggi (2023) i docenti e gli studenti, e come si potrebbero superare alcune contraddizioni attuali. In effetti, l’insegnamento della letteratura nelle scuole superiori e all’università è ormai soggetto a spinte e controspinte di ogni tipo. Da un lato, possono valere ancora i presupposti storici e formativi riassunti nella riforma Gentile: un’ampia conoscenza prima di tutto della storia letteraria, in subordine dei testi, con un’ambizione di completezza, ossia di conoscenza sistematica di autori e opere dal Duecento alla contemporaneità. E già questo risulta, da tempo, impossibile, sia per la mole del programma, sia per la capacità e la volontà degli studenti di leggere in maniera autonoma i grandi classici, ormai ridotte a eccezioni.

 

Da un altro lato, la spinta a conoscere bene tutto il Novecento, e magari ad affrontare in classe opere appena uscite (come succedeva abbastanza spesso ancora una trentina di anni fa), sembra ormai scemata, essendo riconosciuta l’impossibilità, allo stato attuale, di affrontare il consueto programma e in più molti autori contemporanei; l’occasione di un confronto con un’opera appena uscita può essere legata a un incontro pubblico o magari a una videoconferenza, però si tratta quasi sempre di circostanze casuali, che lasciano spesso un bel ricordo, ma non risultano stabilmente formative.

 

E tuttavia nella scuola arrivano tuttora gli echi delle polemiche in corso nella società civile: prima della pandemia, quella principale riguardava l’ecologia (e di qui il largo successo dell’ecocriticism), il futuro del pianeta, il comportamento consumistico incontrollato, ecc. Ora che il periodo pandemico è alle spalle, purtroppo senza aver almeno favorito una riflessione d’insieme sui metodi dell’insegnamento attuale, si affacciano i problemi della cancel culture, ossia delle opere da sanzionare per la loro ideologia e per le loro affermazioni ora scomode; oppure le potenzialità di quelle che viceversa affrontano temi molto sentiti dai giovani (gender, soprusi di vario tipo e in particolare violenza maschile, riorganizzazione sociale fuori delle logiche dei vecchi partiti ecc.), oltre, purtroppo come sempre, le ingiustizie delle guerre e degli squilibri economici. Gli insegnanti più sensibili si interrogano su come intercettare questi stimoli e queste esigenze, ma le opzioni sono di fatto limitate: trascurare autori ‘di programma’ per proporne altri più adatti ai tempi, oppure far vedere come persino in Manzoni (per citare un autore che, a centocinquant’anni dalla morte, aspetta di essere di nuovo rivisitato) siano già forti gli spunti per riflettere sui soprusi dei potenti verso i deboli, dei maschi alpha sulle femmine dei loro territori, e così via, in una prospettiva di ‘attualizzazione controllata’.

 

Sono tentativi comprensibili, tuttavia destinati a rimanere molto parziali in assenza di un percorso davvero ‘formativo’, ossia pensato, almeno dalle scuole medie inferiori, per arrivare a una consapevolezza critica nell’interpretazione di testi (non solo letterari) e a una capacità argomentativa che produca testi chiari e personali. In effetti, se la tendenza attuale a leggere sempre meno opere ampie e complesse non verrà contrastata a livello scolastico, i ragazzi della ‘Generazione Z’ (nati tra il 1997 e il 2012) si troveranno nella condizione di sapersi esprimere perfettamente nei codici dei social (spesso basati su brevi notizie con immagini o video divertenti, spiazzanti, assurdi), ma pochissimo in quelli della comunicazione formale, a qualunque livello.

D’altra parte, il bisogno di usufruire dell’immaginario letterario viene ormai surrogato in molti modi, per esempio dalle saghe cinematografiche, a cominciare dal Signore degli anelli o da Harry Potter (o altre meno durature), e adesso dalle serie televisive, con i vari spin off, continuazioni dei fan ecc. In questo ambito sono stati recuperati anche alcuni grandi classici, però riletti appunto secondo parametri etici e culturali più adatti al mondo attuale: così si spiega per esempio il grande successo delle riscritture omeriche di Madeline Miller, che spostano il focus della narrazione sul versante femminile, cosicché si viene a creare il paradosso di giovani che non hanno mai letto direttamente l’Iliade e l’Odissea ma conoscono benissimo Circe o La canzone di Achille appunto di Miller. Non possiamo negare che testi simili o comparabili siano ben più ‘attraenti’ per un adolescente del 2023, sia per la facilità della scrittura rispetto a qualunque traduzione degli originali, sia per l’aggiunta di elementi tipici delle trame contemporanee, poliziesche o horror o fantasy che siano (su questi aspetti, rinvio a  I booktoker e il nuovo canone letterario).

 

In effetti, senza la possibilità di rifarsi a qualche aggancio attualizzante pare che l’universo culturale di autori persino considerati molto piacevoli sino a qualche anno fa, come Ariosto, risulti parecchio difficile. Chi si presta meglio è, fuor di dubbio, Dante, considerato un antesignano di tanti tipi di narrativa moderna, non del tutto a torto (se si evitano, anche in questo caso, le equiparazioni semplificate): è vero comunque che tanto l’aspetto realistico quanto quello fantastico sono favoriti dal singolare mix di contemporaneità e di antichità mitologica, con la presenza per esempio di Francesca da Rimini e di Minosse nel V dell’Inferno, o di Ulisse e di Guido da Montefeltro in due canti contigui, o di un mostro assurdo come Gerione, che entra in scena preceduto e seguito dalla presentazione di dannati storicamente riconoscibili. Insomma, Dante si presta a un lavoro interessante su più livelli, a seconda del tipo di insegnamento e di studio che si sta praticando.

 

Ma non ci si può limitare a Dante. Credo, come tanti, che occorra un ripensamento completo del percorso di formazione linguistica e letteraria degli studenti, rinforzando la pratica della lettura e della scrittura, di testi brevi ma ripetutamente controllati, in particolare nelle scuole medie di primo grado. È in questo spazio per ora triennale che davvero si potrebbe fare tanto di più per il profilo formativo di ogni studente: è qui per esempio che la possibilità di svolgere percorsi specifici nella letteratura italiana del Novecento e contemporanea dovrebbe essere colta al massimo grado, consentendo all’insegnante di creare trafile annuali su generi, temi, problemi di portata ampia ma sempre sottoposte a interpretazioni puntuali e sintetizzate poi in varie forme, da riverificare di volta in volta. Sarebbe cioè importante poter unire un percorso a uno precedente già svolto, magari sottoponendo alla fine le stesse domande per censire i cambiamenti di prospettiva e i miglioramenti intervenuti ai vari livelli.

 

Dal biennio e dall’ultimo triennio (o futuro biennio che sia) delle scuole superiori dovrebbe poi derivare la capacità di interpretazione puntuale, per esempio in rapporto a messaggi circolanti in rete, magari fake news che non vengono percepite come tali nemmeno quando incoerenti. Il sistema comunicativo odierno andrebbe esplorato sistematicamente soprattutto nel primo biennio, confrontando, per esempio, testi di rilievo della letteratura italiana recente e quanto se ne legge in rete, o quanto si legge su problematiche affini. Lo scopo formativo sarebbe in questo caso quello di favorire la capacità di una lettura critica autonoma, ma senza scivolare verso il puro impressionismo o lo spontaneismo. Se si decide di esaminare il titolo del momento in maniera critica (per esempio, all’inizio del 2023, i romanzi di Erin Doom), la scelta va però bilanciata, instaurando parallelismi con testi più complessi per far comprendere il valore aggiunto di letture impegnative, altrimenti non sempre evidente.

 

Ma è soprattutto fra l’ultimo triennio e gli eventuali studi universitari che si deve affinare la capacità di lettura e di interpretazione di ogni tipo di testo letterario (e non solo). In tutte le scuole superiori andrebbero affrontati non molti testi fondamentali (basterebbero una decina), collocati nel periodo storico ma poi attraversati da più angolature e abbondantemente, non solo sulla base di poche pagine o di pochi versi. All’università, nei percorsi letterari, si dovrà tornare a chiedere la lettura integrale dei principali classici, divisi magari fra ulteriore triennio (laurea di primo livello) e biennio conclusivo (laurea di secondo livello), tuttavia l’operazione può avere successo solo se, negli otto anni precedenti, lo studente si è formato nei vari àmbiti sopra indicati. Se invece uno studente segue altri percorsi universitari, anche tecnici, l’obiettivo sarebbe comunque quello di aver garantito la capacità di decodifica di testi complessi, che rimarrà indispensabile persino se la comunicazione abbreviata e sincopata dovesse diventare quella più consueta.

 

Su questi punti ho svolto qualche riflessione negli altri contributi già citati. Qui vorrei concludere con un esempio relativo al ruolo dei booktoker, gli influencer di Tiktok che si dedicano soprattutto ai libri. Stando a dati piuttosto attendibili, in Italia alcuni giovani o giovanissimi booktoker raggiungono e superano i 200.000 follower. Le vendite del cartaceo e degli ebook dimostrano che i loro consigli, spesso corrispondenti a quelli di influencer internazionali, come nel caso già citato di Miller, sono molto seguiti, tanto è vero che le grandi catene di librerie stanno predisponendo settori a loro dedicati, al di là degli scaffali già riservati ai generi forti (poliziesco, fantasy, manga…): questi ultimi, peraltro, hanno da tempo superato in lunghezza quelli dedicati alle categorie letterarie fondamentali (narrativa, poesia, teatro…). Cosa succederebbe se un booktoker suggerisse di previlegiare proprio Omero e non una sua riscrittura recente? Qualcosa di simile si era tentato qualche anno fa (Alessandro Baricco ha rielaborato l’Iliade per la scena teatrale, salvaguardando molto dell’originale), di norma con esiti modesti. È probabile che pure adesso le cose non andrebbero diversamente: la spinta a leggere testi, persino cospicui, sembra ormai legata alla possibilità di riappropriarsene in varie forme ma nell’ambito di una tendenza collettiva. Non si tratta più di percorsi individuali bensì di incontri-confronti su una stessa opera  da parte di una comunità (per esempio quella dei giovani nati in un determinato anno, o al massimo nel giro di due o tre), come avviene per i videogame in internet o per le tante varietà di memi da condividere.

 

Persino il sistema di fruizione di opere contemporanee più compatibile con quello dei classici d’antan produce di fatto esiti lontani da una formazione complessiva e rischia di rendere inerti le buone pratiche imparate in ambito scolastico. Questo è forse il rischio maggiore su cui riflettere molto rapidamente, per bilanciare in maniera innovativa e complessiva la tendenza attuale a una totale autonomia della formazione di giovani Z e non solo.

1 thought on “La didattica della letteratura e la Generazione Z

  1. Poco coglibile il nocciolo del messaggio (o riflessione).
    Vari incipit allusivi e oscuri , come l’ultimo capoverso “Persino il sistema di fruizione di opere contemporanee…”: quale sarebbe? Ne esiste “uno”?
    E similmente in altri passaggi.
    Se c’era una tesi dell’autore , non l’abbiamo capita.
    Se c’era una proposta definita , non l’abbiamo colta.

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