di Jean-Charles Vegliante
[E’ uscita in questi giorni, per InternoPoesia, Incontri, seguito da Altre Babeli, una raccolta plurilingue di Jean-Charles Vegliante. Ne presentiamo qui cinque testi]
Povria
(una risposta)
No, Antonella, la polvere non sale, cade
esattamente come piccole pietre o foglie
staccate dall’autunno che anche noi insidia
e insidioso attende all’alternativa futura
dei vivi, al rinnovo della macchina natura.
Senti, è il rumorio lento del tempo che rode
come un’acqua torrida su levigata pietra
o lieve ronzio di turbine giù nell’orecchio:
e come in fondo tutto va cadendo nel vuoto.
C’è nulla o vuoto o caduta universale dei
gravi, anche delle cose leggere, la polvere
per esempio che soffice ricopre le spine
e le foglie e tutto attutisce dell’esistente.
Stiamo sospesi nell’attesa della caduta.
(A. Anedda, Historiae, 2018)
***
Dello sterminio
Ti piacevano… scrive il vecchio vate.
A te invece provocano una smania
oggi, mentre siamo minacciati
pure noi di estinzione, gli avvistamenti
di zebre a pois, tigri di Tasmania,
o il cane selvaggio delle Highlands,
dei delfini baiji, scherzosi lipoti,
dei picchi dal becco avorio, del pesce
orrido preistorico (è il timido
celacanto), senza ibridazioni.
Per quanto tempo saremo latitanti
ti chiedi, mentre tutto, luna e rondini
e foglie di yucca e perfino i guanti
del fruttivendolo già ti falcidiano?
(E. M., mio primo amore)
***
Dolet, per dire
Cima di geranio
rosso – banale per terra
un poco ammaccatiello
l’ho raccolto mentre passavo
di là nonchalant sotto quel palazzo
imposant dai tetri balconi
fioriti da magri garzoni
innaffiatori scarni prezzolati
(ma: garçon, l’addition!)
sempre nonchalant l’ho messo a mollo
si è riposato ripreso poco a poco
ha fatto qualche bianca radichetta
eccolo là che butta un po’ di verde
e mi porta a mente quei versi di Fortini
quasi moribondo les herbes les petites
pousses, ma questa non è che una mia traduzione,
pensando pure alle cime di rapa che qua non ci sono,
per dire: il gregge di foglie è qui che mi guarda –
senza requie, ma sia in pace l’amico più grande,
quel rosso banale per terra
come il fiorellino giallo era
nel secondo Blade Runner e
ci compromette pe’ sempe
per sempre ci duole.
Gli piacevano le chiuse lampanti, non la trovo.
***
Lo scartatore
(pensando a “L’Imballatore” di
Valerio Magrelli, ovviamente)
Il sarcofago ha viaggiato,
andata e ritorno e poi altra andata
eccolo sul tavolo del chirurgo di libri.
Ci sono tutti, quasi respirano, avvolti
in soffici bende per bambini malati e
all’esterno – per un eterno –
in scorze rudi e terribile scotch marrone
e cartone e plastica contro ogni umidore
che potesse aggredire l’opera delicata.
Ci sono scritti pure, geroglifici strani, e
le delizie della pittrice lieve di fiori
foglie e quasi “voici mon cœur” ecc.
come scrisse l’antico poeta barbuto.
C’è tutto quasi per un’eternità,
si spera, almeno
fino a quando ci saranno fiori e foglie.
Quanto a “mon cœur”, con gli altri umani
avrà cessato di palpitare, di stare
su questa terra. Chissà dove
vi ritroverà, amici cari.
Intanto, l’autopsia rivela tutta
la bellezza degli interni, chissà
fino a quando eterni,
basta crederci. O no?
(12-11-’21, la pittrice era F. Santoro)
***
Romance with Moon
Sono a Milano meneghin
e sul tazzone del bidè
vedo scritto non so perché
mentre guardo la luna in
un fenester ch’el s’apre no:
“To love onself is beginning
of a lifelong Romance of You” –
sarà variante d’Oskarò…
Ché com’acqua recepe, fu
l’etterna margherita, o:
Lou n’a qu’à racoler sous
et c’tel aigri geai mord, hé !
lune à Lou, nacre ou dodo nau !
Ne l’idol suo se transmuait…
Eppur la tazza ne bougeait.
Ved’ el noster sì fragel stao,
se la lüna l’è gramm tosè!
Né Giacomo era sì osé.
[passo francioso trascritto (in italiese): “Luna
cara colle sue stelle grigie e more! luna luna
crudo dono!”…]